T.A.R. Lazio, ambito soggettivo di applicazione delle cause di esclusione dalla procedura di gara

T.A.R. Lazio, ambito soggettivo di applicazione delle cause di esclusione dalla procedura di gara

Il T.A.R. Lazio, con sentenza n° 7836/2019, ha statuito un interessante principio di diritto attinente alla corretta individuazione dell’ambito soggettivo di operatività delle cause di esclusione dalla procedura di gara di cui all’art. 80 del d.lgs. 50/2016, con particolare riferimento a quelle previste dal comma 3 e 5 della citata norma.

Nel caso di specie, la Società ricorrente impugnava il provvedimento mediante il quale l’Agenzia delle Entrate disponeva, ex art. 80, comma 5, lett. a), c) ed f-bis) del d.lgs. 50/2016, la propria esclusione dalla procedura di gara a fronte dell’omessa dichiarazione, nella domanda di partecipazione, di una sentenza di condanna per il reato di cui all’art. 590, comma 3, c.p., riguardante il socio di maggioranza.

Un’omissione che, a parere della P.A., tenuto conto della grave infrazione in materia di norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, assumerebbe una portata escludente anche se riferita ad un soggetto diverso dall’operatore economico stricto sensu inteso, sebbene ad esso riconducibile.

Di parere contrario il difensore della ricorrente, il quale, chino sul dato letterale del quadro normativo di riferimento, sosteneva che alcun obbligo informativo di tal genere potesse sussistere in capo alla propria assistita.

L’art. 80, comma 3, d.lgs. 50/2016, infatti, estende al socio di maggioranza le sole cause escludenti di cui ai commi 1 e 2, tra le quali non rientra la consumazione del reato di cui all’art. 590.

Ipotesi delittuosa ricompresa, ex adverso, nel comma 5, lett. a), il quale, interpretato tassativamente, non può che applicarsi al solo operatore economico.

Il T.A.R. Lazio, con la sentenza ad oggetto, privilegiando il criterio ermeneutico letterale, ha aderito alla tesi del ricorrente.

Una ricostruzione, per la verità, sostenuta, recentemente, da molteplici pronunce dei tribunali amministrativi regionali (ex multis T.a.r. Lombardia, Milano sent. del 29 gennaio 2019, n. 14).

Secondo il Consesso Amministrativo, il codice dei contratti pubblici è chiaro nell’individuazione dell’ambito soggettivo di operatività delle cause di esclusione e dei, rispettivi, obblighi dichiarativi cui è tenuto il concorrente.

Cause di esclusione da interpretare, secondo la granitica ed unanime giurisprudenza amministrativa, a garanzia dei principi assoluti del favor partecipationis e della trasparenza, in modo tassativo.

Al “socio di maggioranza” delle società di capitali, l’art. 80, comma 3, expressis verbis, riconduce le sole ipotesi elencate nei commi 1 e 2 della medesima norma. Ipotesi tra le quali non rientrano le gravi infrazioni professionali di cui alla legge 81/2008.

Infrazioni che, al contrario, la norma, al comma 5, individua quali cause di esclusioni per il solo “operatore economico che partecipi alla gara e, in taluni casi, per il sub appaltatore”.

Una chiara scelta tecnica da parte del legislatore che, consapevole dei vari soggetti riconducibili alle imprese coinvolte nelle procedure di gara, nulla dispone in merito al socio di maggioranza, giocando, così, un ruolo chiave, anche, il principio esegetico secondo cui “Ubi lex voluit, dixit. Ubi noluit, tacuit”.

Orbene, rebus sic stantibus, non può essere condivisa la diversa impostazione giurisprudenziale (ex multis Consiglio di Stato del 28 gennaio 2019, n. 702) assunta dalla Stazione Appaltante nel caso di specie, poichè foriera di una interpretazione estensiva (in malam partem) chiaramente in contrasto con principi assoluti del sistema ordinamentale nazionale e sovranazionale.


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