Tesina sulla buona scuola

Tesina sulla buona scuola

Sommario: Introduzione – 1. Premessa – 1.1. La scuola nella Costituzione Repubblica – 1.2. La scuola dalla Costituzione alla legge 107/20 – 2. La Legge 107/2015 e le sue finalità – 3. Conclusioni

 

Introduzione

La scuola dalla Costituzione del 1948 alla legge 107 del 2005 “Buona Scuola”.

Il presente lavoro si propone di ripercorre gli sviluppi normativi sulla scuola dalla legge costituzionale   del 1948 (approvata dall’Assemblea Costituente il 22 dicembre del 1947 ed entrata in vigore il 1 gennaio 1948, legge fondamentale in quanto al vertice nelle gerarchie delle fonti dello Stato italiano) alla legge 107/2015.

La scuola, materia estremamente delicata e in continua evoluzione, ha subito nel tempo notevoli e frequenti cambiamenti.

Quando si parla della scuola ci si riferisce ad un organismo molto importante che pone le fondamenta della società futura, essa nel formare i giovani di oggi costruisce la società del domani.

Per questo motivo, soprattutto negli ultimi 20/30 anni, il settore dell’istruzione è stato oggetto di molto interesse da parte dei partiti politici, nonché delle istituzioni.

Quasi tutti i paesi dell’U.E., anche se in forma diversa, hanno promosso riforme volte alla formazione di una scuola dotata di autonomia.

I diversi approcci e la diversità sono dovuti al fatto che ogni realtà statale nasce da un contesto storico e politico particolare e diverso.

Proprio l’istruzione è interpretata come opportunità indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana e al rafforzamento del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali.

Nel secondo dopoguerra, il problema della scuola fu subito all’attenzione dei partiti politici, tanto che fu oggetto di dibattito già durante le elezioni del 1946 per l’Assemblea Costituente.

La stessa Costituzione repubblicana, peraltro sancisce nel primo comma dell’art. 34, che l’istruzione inferiore sia obbligatoria e abbia durata di otto anni.

In realtà, già la <<Riforma Gentile>>promulgata nel 1923, stabiliva l’obbligo scolastico fino al quattordicesimo anno di età.

Il fatto che l’istruzione obbligatoria fino alla scuola media inferiore venisse formalizzata nella Costituzione, costituiva un netto passo avanti.

La scuola democratica sancita nella Costituzione, era intesa come ponte di passaggio tra famiglia, primo nucleo formativo della persona e la società come luogo di integrazione tra individui.

La repubblica italiana si fa, dunque, portatrice di cultura e ne fornisce le condizioni e i presupposti per il libero sviluppo della cultura.

L’art. 34, che sancisce la necessità di una scuola aperta a tutti, coniuga, infatti, il diritto allo studio con il principio di uguaglianza di cui all’art. 3 che, al primo comma recita:” tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali dinanzi alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinione politiche, di condizioni personali e sociali”

Tale principio di uguaglianza , detto, formale, non è per sembrato sufficiente al Costituente che ha voluto, invece, riferirsi alla  “ pari dignità sociale” integrando così l’esigenza dell’uguaglianza “ formale” avente a contenuto la parità di trattamento davanti alla legge, con l’uguaglianza “ sostanziale” che conferisce a ciascuno il diritto al rispetto inerente alla qualità e alla dignità di uomo o di donna , in altri termini di “ persona “ che può assumere la pretesa di essere messo nelle condizioni idonee ad esplicare le proprie attitudini personali, quali esse siano.[1]

In Italia, nella seconda metà del ‘900 la scuola fu scandita da numerose riforme che determinarono rilevanti cambiamenti riguardanti l’istruzione.

Ecco di seguito le più significativi:

– nel 1962 viene abolita la scuola di avviamento professionale, istituita nel 1928 con la Riforma Gentile; l’abolizione della scuola di avviamento porta alla istituzione di un’unica tipologia di scuola media che permetteva agli studenti di accedere a tutti gli istituti superiori;

– nel 1969 gli accessi all’università vengono estesi anche agli studenti provenienti da qualsiasi istituto superiore togliendo il privilegio al liceo classico;

– nel 1974 vengono approvati i decreti delegati che introducono le figure dei: rappresentanti degli studenti delle scuole superiori; rappresentanti del personale ATA; rappresentanti dei genitori;

– nel 1977, la legge Falcucci introduce l’assegnazione di docenti di sostegno alle classi che comprendono studenti diversamente abili;

– nel 1979 il latino viene rimosso dalle discipline autonome delle scuole medie;

– nel 1997 Luigi Berlinguer ministro della pubblica istruzione, emana il “Documento di discussione sulla riforma dei cicli di istruzione” con il quale si propone importanti obiettivi: l’innalzamento dell’obbligo scolastico, la riforma dell’esame di maturità, l’autonomia scolastica ed il riordino del ciclo. Nello stesso anno, con la legge 1° dicembre 1997 n. 425 viene riformato l’esame di maturità. La riforma introdusse tre prove scritte e un colloquio. Il punteggio passa dai sessantesimi ai centesimi e, l’esame di Stato viene valutato da una commissione composta per metà da membri interni e per metà da membri esterni;

– nel 2003 viene varata la legge 53/2003, meglio nota come riforma Moratti, che abroga la 30/2000 che si prefigge di adattare la scuola alle attese del mondo del lavoro;

– con la legge 133/2008 il ministro Tremonti e il ministro Gelmini avviano una vasta operazione di Razionalizzazione del sistema istruzione, tagliando 8 miliardi di euro sul numero delle cattedre e sul “tempo scuola”.

La legge 107/2015 innova profondamente l’universo scuola. Si tratta di una legge proposta come DDDL dal governo Renzi con lo scopo di operare una riforma significativa nel grande universo della scuola, focalizzandosi in modo maggiore su studenti e docenti, considerati i due protagonisti principali del processo di insegnamento, apprendimento che edifica i pilastri della società futura.

Pur tuttavia la riforma, nonostante fosse attesissima, e sia stata salutata con favore dalla maggior parte della dottrina, non è stata immune da critiche e da censure di legittimità costituzionale.

Secondo alcuni studiosi[2] nel criticare la riforma affermano che, “è assente un quadro complessivo di riassetto e di riorganizzazione dell’intero sistema di istruzione. Siamo lontanissimi. E il paese ne aveva bisogno per riagganciare la scuola ai valori della Costituzione Vigente. Nella nostra Carta, più che il diritto. è sancito il principio, ancora più fondamentale, del dovere della Repubblica a fornire un sistema scolastico con obiettivi e modalità di   insegnamento. Nella buona scuola non c’è traccia di questi elementi “.

Lo studioso prosegue affermando “non si tenta di risolvere nemmeno il problema della disuguaglianza, eppure la scuola italiana è la più disuguale d’Europa, quella in cui i rendimenti scolastici dipendono più che in ogni altro Paese dalla condizione socioeconomiche della famiglia…”

Pur tuttavia, e nonostante le impietose critiche, se oggi la legge …è una realtà del nostro ordinamento un plauso va a chi ha contribuito alla stesura del testo normativo.

1. La scuola nella Costituzione Italiana

1.1. Premessa

Il presente lavoro mira a ricostruire nei suoi tratti essenziali i mutamenti che hanno contraddistinto – lungo un arco di tempo di 100 anni- il modo di essere, di vivere ed operare della scuola italiana.

Saranno considerati sia gli interventi di carattere ordinamentale che – a partire della riforma Gentile- sino a quelli dei nostri giorni – hanno modificato l’architettura complessiva del nostro sistema istruzioni e formazione sia quelle innovazioni di segno metodologico e organizzativo; ad esempio i Decreti Delegati e il Regolamento dell’autonomia, che hanno di volta in volta contribuito a mutare il rapporto della scuola con la società civile.

Qualunque trattazione sulla disciplina relativa alla scuola, per vero, non può esaurirsi in una sterile analisi delle modifiche del sistema normativo, ma deve necessariamente involgere una indagine della realtà sociale e l’individuazione dei valori e degli interessi in cui la collettività si riconosce.

Nella storia della scuola italiana si è usata molto spesso la parola “riforma” come se le varie leggi che si sono succedute a partire del periodo unitario in poi, avessero apportato delle modifiche radicali all’interno del sistema, in realtà ogni provvedimento legislativo ha significato solo degli aggiustamenti dovuti all’insorgere di nuove problematiche.

Già dall’Unità d’Italia, il dibattito sulla riforma della scuola, si incentra su temi importanti come: la libertà d’insegnamento e la laicità della scuola, l’asse culturale che l’avrebbe dovuta caratterizzare specie nel suo corso più qualificante del ginnasio-liceo.

Le cose cambiano quando il fascismo diviene regime e vuole una propria scuola che formi il fascista perfetto, una scuola che possa formare l’emblema del fascista.

La più grande riforma per repubblicana fu varata nel 1923 con la legge n. 3126 da Giovanni Gentile, ministro della Pubblica istruzione nel governo Mussolini.

La scuola designata da Gentile è rigida ed elitaria, volta a selezionare, attraverso una serie di esami di difficoltà crescente, i migliori che avrebbero costituito poi la classe dirigente italiana.

Non si può non prendere in considerazione la riforma Gentile, posto che essa è stata alla base del sistema scolastico italiano, per un lungo periodo, sopravvissuta alla caduta del fascismo stesso, fino al 1962.

Punti salienti della riforma furono:

– innalzamento dell’obbligo scolastico sino al quattordicesimo anno di età. Dopo i primi cinque anni di scuola elementare uguali per tutti, l’alunno deve scegliere tra la scuola media consente l’accesso ai licei e a sua volta solo il liceo classico permette l’iscrizione a tutte le facoltà universitarie;

– disciplina dei vari tipi di istruzione scolastiche, statali, private e parificate;

– insegnamento obbligatorio della religione cattolica nelle scuole elementari, considerata “fondamento e coronamento” dell’istruzione primaria mentre nei licei era previsto lo studio della filosofia come forma di acculturamento superiore riservato alla futura classe dirigente nazionale. Tuttavia dopo la firma dei Patti Lateranensi l’insegnamento della religione cattolica venne esteso anche ai licei.

– creazione dell’istituto magistrale per la formazione dei futuri insegnanti elementari;

– istituzioni di scuole speciali per gli alunni portatori di handicap;

– la messa al bando dagli istituti scolastici di ogni ordine e grado delle lingue delle comunità nazionali appena annesse all’Italia (tedesco, sloveno e croato)

La scuola di Gentile è severa ed elitaria. Gli studi superiori, nella concezione del filosofo, sono “aristocratici” nell’ottimo senso della parola, studi di pochi, dei migliori.

La riforma, rimase sostanzialmente in vigore inalterata anche dopo l’avvento della Repubblica, fino a quando il Parlamento italiano, con la legge 31 dicembre 1962 n. 1859, abolendo la scuola di avviamento, diede vita alla scuola media unificata.

Il maggiore spazio dato nella scuola gentiliana alle materie umanistiche –filosofiche a scapito di quelle scientifiche , non fu tuttavia esente da critiche anche al tempo della sua approvazione , sia da parte di oppositori del regime sia da parte di studiosi; contrari furono per esempio diversi membri dell’Accademia dei Lincei che ritenevano un errore allontanare gli allievi , soprattutto i più giovani , dal rigore e dalla precisione insita  nelle materie scientifiche, per fargli seguire invece una visione più astratta e non ben definita legata alle varie correnti del pensiero filosofico.

1.2 La scuola nella Costituzione

La Costituzione nella prima parte, dedica ai diritti e doveri del cittadino, in particolare tra i rapporti etico-sociali, agli artt. 33 e 34 si occupa dell’istituzione scolastica. Prevede il diritto all’istruzione, affinché debba essere una possibilità per chiunque, a prescindere dalla condizione economica dello stesso.

Non è solo un diritto, in quanto è gratuita e non soggetta a tasse e tributi, ma è anche è soprattutto un dovere. Il mancato adempimento da parte del minore dell’istruzione obbligatoria, è sanzionato dalla legge.

Anche la Carta dei diritti fondamentali U.E. menziona il diritto all’istruzione obbligatoria, così come afferma l’art. 11.

Appare evidente, allora, come si renda necessaria una analisi attenta della riforma sulla scuola debbano essere rapportate non solo alle esigenze sociale, ma essenzialmente ai principi consacrati nella Carta Costituzionale.

La Costituzione della Repubblica italiana promulgata il 27 dicembre 1947 ed entrata in vigore il 1° gennaio 1948 dedica alcuni articoli all’istruzione considerata come uno dei fini di benessere perseguiti dallo Stato, ovvero dei fini di cui ogni Stato, in relazione al momento storico e alla ideologia politica della classe al potere, può farsi carico per procurare un maggiore benessere alla collettività e per migliorare ed elevare le condizioni di vita dei cittadini. In particolare è sottesa alla Costituzione l’opzione della neonata Repubblica Italiana in favore di una scuola democratica, ponte di passaggio tra la famiglia, primogenito nucleo formativo della persona e la società come luogo di integrazione con gli altri individui e di esplicazione della propria personalità.

La Costituzione dedica gli artt. 3, 9, 30 33, 34 e 38: – art. 3) tutti i cittadini hanno pari dignità e sono eguali davanti alla Legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese; – art 9) la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico ed artistico della nazione; -art. 30) È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio. Nel caso di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti; – art 33) L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento. La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi. Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole e istituti di educazione, senza oneri per lo Stato. La legge nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali. Che chiedono la parità deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali È prescritto un esame di Stato per l’ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l’abilitazione all’esercizio professionale. Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato; – art 34) la scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso; – art 38) Gli inabili e minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale. Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato. Appare chiaro che la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità.

La libertà di insegnamento diventa, in altri termini, strumento attraverso il quale dare corso alla libertà e ai diritti del docente, diritto dell’apprendimento, diritto alla continuità dell’azione educativa, diritto alla diversità.

Strettamente collegata alla libertà di insegnamento alla libertà di insegnamento è la libertà di istruzione, nel senso che al dovere statale di istruire su tutto il territorio nazionale, scuola di ogni ordine e grado, fa fronte un diritto dei cittadini da intendersi come diritto ad una prestazione: il diritto di accedere liberante al sistema scolastico, enucleabile dalla lettura dell’art. 34, 1° comma Costi. che recita “la scuola è aperta a tutti”

La Costituente nel prefigurare i principi e i valori costituzionali ha assegnato pari importanza alla società e all’individuo, superando ogni pregiudizio ideologico. [3]

Il dato più immediato che viene in rilievo è dato dal fatto che la scuola sia entrata nella Costituzione.

È stato, infatti, un atto di sensibilità democratica sancire nella Carta fondamentale del nuovo Stato repubblicano i principi di fondo destinati a regolare la vita scolastica ed educativa di ogni cittadino.

Tuttavia il sistema scolastico precedente –Scuola Gentile- si protrarrà ancora per anni, ben 17 anni prima che trovi attuazione i principi costituzionali.

1.3 La scuola dalla Costituzione alla legge 107/2015

In attuazione dei principi costituzionale dell’obbligatorietà e gratuità dell’istruzione impartita per almeno otto anni trova attuazione solo nel 1962 con la legge n. 1859.

Questi i suoi tratti essenziali: – unifica tutti i corsi medi inferiori in un solo percorso triennale; la istituita scuola media unica dispone: “l’istruzione obbligatoria successiva a quella elementare è impartita gratuitamente nella scuola media, che ha la durata di tre anni, ed è scuola secondaria di I° grado”; – ridimenziona l’insegnamento del latino; – innalza per tutti l’obbligo scolastico a 14 anni; – si conclude con l’esame di licenza che ha valore di esame di Stato; – apre la via ad ogni indirizzo secondario.

La nuova scuola secondaria, unitaria, obbligatoria e gratuita abolisce le preesistenti scuole inferiori e cioè i primi tre anni di ginnasio, i primi quattro anni degli istituti magistrali e tecnici, le scuole secondarie di avviamento professionale, i corsi inferiori delle scuole d’arte e dei conservatori di musica, le classi post elementari previste dall’art. 172 del T.U. 577/1928.

La legge n° 1859 si prefigge il recupero dei ragazzi svantaggiati con l’istituzione delle classi differenziali, le quali purtroppo si riveleranno ben presto uno strumento di disgregazione.

Il carattere democratico della nuova scuola media unica si rivela tanto più auspicabile in un contesto sociale in cui l’evolversi costante , dal dopo guerra in poi, rende anacronistico ed inadeguato il vecchio ordinamento scolastico di taglio squisitamente classista e selettivo ancorato alla ideologia e all’impostazione gentiliana, e trova un preciso riscontro nell’introduzione di nuovo strategie educative e di un progetto di rinnovamento della didattica in chiave orientativa che punta alla qualità e non alla quantità di contenuti

Nel 1968 viene istituita la Scuola materna statale.

Nel 1969, anche sotto la spinta di una rilevante stagione di movimenti studenteschi, vengono approvate norme che liberalizzano l’accesso agli studi universitari, fono ad allora, infatti, solo con il diploma di liceo classico si poteva accedere a tutte le facoltà. Tutti i diplomati possono iscriversi a qualsiasi facoltà

Nello stesso anno, viene modificato l’esame di maturità che prevede due prove scritte e un colloquio orale che verte due materie di cui una scelta dallo studente e l’altra dalla commissione composta da un professore della classe e da professori esterni. Questo tipo di esame previsto come sperimentale e provvisorio durerà fino al 1998, anno in cui farà ingresso il nuovo esame che si chiamerà esame di Stato.

Gli anni “70/80 sono caratterizzati da iniziative legislative orientate a soddisfare istanze di natura “sociale” emerse sia prepotentemente attraverso le lotte studentesche del “68 sia pacatamente attraverso la riflessione delle diverse componenti della società ed espressa, tra l’altro, nel “documento di Frascati” del 1970 e nel rapporto della Commissione Basini del 1971.

Il cambiamento maggiore riguarda la scuola elementare. Infatti, la legge 820/71, in risposta ai bisogni sociali dell’utenza, istituisce la scuola elementare a tempo pieno. con il tempo essa diventa un laboratorio di innovazione in virtù dei tempi distesi per l’apprendimento e per lo spazio curriculare che si apre per il nuovo sapere.

Altra legge di fondamentale importanza e di grande sensibilità è la legge n. 517/77 (legge Falcucci) che introduce il principio dell’integrazione mediante l’assegnazione di insegnanti di sostegno alle classi che accolgono alunni portatori di handicap.

Tra gli anni ’80 è90, mentre in Europa i responsabili delle politiche formative concentrarono la loro attenzione sulla questione della “qualità dell’istruzione “,nel nostro Paese venne posta nell’ambito del tema più generale della “qualità sociale” come ebbe a precisare lo studioso Ruffolo nel 1985. [4]

Si osserva che in questi anni, nonostante qualche riforma e molteplici aggiustamenti e sperimentazione, la scuola nel Nostro Paese è rimasta pressoché immobile.

Il sistema scolastico ritorna ad essere al centro dell’interesse della classe politica negli ultimi anni del Novecento, andando incontro a profondi mutamenti, sia qualitativi che quantitativi.

Si segnalano alcuni cambiamenti di maggiore rilievo:

Riforma Berlinguer del 1997

Questa riforma sarà poi abrogata nel 2003, dalla Riforma Moratti, per cui è rimasta sostanzialmente inapplicata, se si eccettua a riforma dell’esame di maturità, denominato sinteticamente con Berlinguer “Esame di Stato” che prevedeva, come oggi, tre prove scritte e un colloquio orale pluridisciplinare mentre la commissione, presieduta da un presidente esterno, è composta per metà da professori interni.

La riforma Berlinguer intendeva sostituire la tradizionale suddivisione del sistema scolastico (scuola elementare, e scuola superiore) con una struttura basata su due cicli: primario o di base, per bambini da 6 ai 13 anni e secondario per i ragazzi dai 13 ai 18 anni.

Ha elevato l’obbligo scolastico a 15 anni

Nella scuola superiore, prevedeva un biennio e un triennio di specializzazione.

Riforma Moratti (2003)

Come già detto la riforma Moratti abroga la riforma Berlinguer anche se mantiene la struttura dell’esame di Stato, modificandolo in alcune parti: le commissioni, eccettuato il presidente, sono formati da professori interni.

Anche la riforma Moratti avrà vita breve, perché verrà bloccata l’attuazione dei provvedimenti per la scuola secondaria di secondo grado dal governo Prodi.

La riforma Moratti ha: – abolito l’esame di Licenza elementare ei programmi di storia, geografia e scienze subiscono una decisiva variazione: la storia romana, lo studio delle regioni italiane e del corpo umano sono gli argomenti che concludono quel corso di studi; introdotto nella scuola primaria il “portfolio”, successivamente abrogato; eliminato nella scuola secondaria di 1°grado il tempo prolungato.

Riforma Gelmini 2008

Con la legge n.  133 del 6agosto 2008,ancora una volta e nel giro di pochi anni la scuola è oggetto di riforma.

La riforma è caratterizzata da un criterio che mira ad un taglio della spesa nell’istruzione, dato che si riducono sensibilmente gli insegnanti.

Si riportano alcuni degli elementi essenziali e caratterizzanti.

Vengono reintrodotte le ore 60 minuti, lo studio, in tutto il sistema scolastico, dell’educazione civica

È consentita l’adozione di libri di testo, per i quali l’editore si impegna a non pubblicare edizioni nuove prima dei cinque anni nella scuola primaria e secondaria di 1° grado e 6 anni della scuola secondaria di 2° grado

Nella scuola di infanzia è possibile anticipare l’iscrizione a 2 anni e mezzo

Viene reintrodotto nella scuola il maestro unico e la valutazione numeriche decimali

La laurea in scienze della formazione primaria è titolo abilitante all’insegnamento nella scuola dell’infanzia e nella Scuola primaria

I docenti migliori potranno ricevere un premio di produttività per una cifra che non essere superiore a 7.000.

In questo excursus storico non possiamo infine non parlare della legge 107, “Buona Scuola” approvata dal Consiglio dei Ministri il 07 aprile 2017 in vigore da 31 maggio 2017

2. La legge 107 /2015 e le sue finalità

Negli ultimi anni si è molto discusso della riforma operata nel mondo delle scuole: la Legge 107/2015 o Buona Scuola, costituita di un solo articolo, suddiviso in 212 commi.

Il Parlamento, attraverso tale legge, ha approvato, in maniera definitiva, il disegno di legge, denominato “buona scuola”, che è, secondo il Governo, il risultato di un lavoro di ascolto, iniziato a settembre del 2014 e continuato con le audizioni in parlamento e gli incontri con i sindacati, le associazioni, gli alunni e i genitori.

Pur tuttavia, la riforma, nonostante enfaticamente elogiata, non è stata esente da forte critiche, addirittura definita da alcuni studiosi “una grottesca riforma per una chimera “buona scuola “

Le novità dei contenuti di tale legge, tranne che per alcuni punti, come la programmazione/progettazione del Prof. trasformata da annuale a triennale(Ptof), la titolarità e la sede di servizio non più di una singola istituzione scolastica ma dell’ambito territoriale e il comitato di valutazione degli insegnanti, dove è prevista anche la presenza dei genitori , degli alunni e di un rappresentante dell’ufficio scolastico regionale, nella stragrande maggioranza dei casi erano già presenti nella vigente legislazione scolastica. Pertanto, gli esiti, che la riforma della “buona scuola” si attendeva potevano essere raggiunti in ugual misura con qualche semplice circolare ministeriale (PietroBocca, già docente di filosofia nei licei, commento su internet)

La Buona Scuola risulta essere un approccio nuovo nel mondo dell’istruzione, osteggiata da alcuni, condivisa da molti essa rappresenta il rafforzamento dell’autonomia scolastica.

Alcuni ne parlano come una rivoluzione, altri, quelli più conservatori, hanno visto questa come uno stacco troppo repentino dal passato, dal vecchio concetto di scuola.

La legge n. 107 del 13 luglio 2015, che concerne la riforma della “buona scuola” stabilisce, nei primi commi, di dare piena attuazione all’autonomia delle istituzioni scolastiche, di cui all’art. 21 della legge n. 59/1997 e succi. modificazioni, anche per quanto concerne la dotazione finanziaria, non solo per affermare il ruolo centrale dell’istituzioni scolastica nella società della conoscenza, ma anche per migliorare i livelli di istruzione e le competenze degli studenti, rispettandone i tempi e gli stili di apprendimento.

L’autonomia intesa, altresì, come funzionale a contrastare le diseguaglianze socio culturali e professionali dei diversi gradi di istruzione, a realizzare “una scuola aperta” quale laboratorio permanente di ricerca, sperimentazione e innovazione didattica, di partecipazione e di educazione alla cittadinanza attiva, ad assicurare il diritto allo studio, le pari opportunità di successo formativo e d’istruzione permanente dei cittadini.

Tanti sono i punti che la Riforma prende in considerazione.

La maggior parte degli obiettivi è contenuta nel comma n. 7 quali: – agli studenti viene garantita un’offerta formativa alquanto ricca che guarda alla tradizione ma anche al futuro, infatti, si parla di piùmusica,arte, più lingue, competenze digitali, economia; – dà alle scuole gli strumenti finanziari e operativi per dare piena attuazione al processo di realizzazione dell’autonomia e di riorganizzazione dell’intero sistema di istruzione. *valorizzazione e potenziamento delle competenze linguistiche;- assicura alle scuole la possibilità di realizzare i progetti previsti dal piano triennale per migliorare l’offerta formativa; – garantisce più risorse umane, nonché un finanziamento aggiuntivo di 3 miliardi a regime sul capitolo istruzione e un piano di assunzioni per la copertura delle cattedre vacanti e il potenziamento della didattica;- i concorsi per gli insegnanti tornano ad essere banditi regolarmente; – le scuole potranno attivare materie opzionali per rispondere meglio alle esigenze educative dei ragazzi; – i dirigenti scolastici diventano leader educativi: meno burocrazia e più attenzione all’organizzazione della vita scolastica.

I dirigenti scolastici, punta di forza della riforma, dovranno essere i promotori del Piano dell’offerta formativa e avranno la possibilità di mettere in campo i docenti che con i loro curricula saranno ritenuti più adatti alla realizzazione del progetto formativo del loro istituto.

Il dirigente scolastico diventa proprio un organo monocratico con funzione di indirizzo al collegio dei docenti, organo tecnico ed operativo della scuola, con responsabilità in materia di funzionamento didattico-educativo, venendosi così a creare un cambio di marcia rispetto al passato perché gli indirizzi per le attività della scuola e le scelte di gestione o di amministrazione non sono più definiti dal consiglio di istituto, organo di indirizzo per eccellenza.

Al collegio di istituto compete l’approvazione del piano.

Si assiste così ad un processo che comprende tre fasi complementari per il raggiungimento di uno scopo unico: il dirigente scolastico per gli indirizzi, il collegio dei docenti per l’elaborazione del piano, consiglio di istituto per l’approvazione.

Altro pilastro cui si fonda la riforma e rappresenta uno dei più significativi obiettivi della riforma è la “Scuola digitale” che guida le scuole in un percorso di innovazione e digitalizzazione, avvicinando sempre più la scuola italiana a quelle più avanzate d’Europa.

Altro punto di forza è rappresentato dall’introduzione di un percorso di orientamento nel mondo del lavoro, che sarà utile agli studenti una volta che avranno terminato il ciclo di studi obbligatori, quando si troveranno a scelte importanti per la propria vita. Si vuole in tal senso accorpare all’esperienza scolastica quella lavorativa con i cosi detta “alternanza scuola- lavoro”

Infatti si tratta di un metodo didattico in cui gli studenti affiancano un periodo di formazione teorica in classe con uno di esperienza più pratica in un luogo di lavoro.

Al vertice del nuovo impianto normativo sono posti i principi essenziali cui deve mirare l’offerta normativa : innalzare i livelli e le competenze delle studentesse e degli studenti , contrastare le disuguaglianze socio-culturali e territoriali, prevenire e recuperare l’abbandono e la dispersione scolastica , nel rispetto del profilo educativo , culturale e professionale dei diversi gradi di istruzione , per realizzare una scuola aperta , quale laboratorio permanente di ricerca , sperimentazione e innovazione didattica, di partecipazione e di educazione alla cittadinanza attiva, per garantire il diritto allo studio, le pari opportunità di successo formativo e di istruzione permanente dei cittadini.

3. Conclusioni

È evidente che gli obiettivi delle recenti riforme sull’istruzione, dalla fase per scolastica all’università, sono stati individuati attraverso l’analisi dei punti più deboli del vecchio ordinamento e la riflessione sui mutamenti intervenuti nella società nel corso degli ultimi decenni.

La riflessione ha riguardata, innanzitutto, la funzione stessa della formazione ed il concetto di “autonomia” delle istituzioni scolastiche. Certamente oggi sono presenti nella nostra società non pochi elementi che possono mettere in pericolo una corretta realizzazione della autonomia della scuola.

Tra i vari pericoli si sintetizzano: la cronaca incuria per la scuola in generale e, soprattutto, la mancanza di istituzione e criteri per la formazione l’aggiornamento e il reclutamento dei docenti e dei dirigenti.

Lo Stato senza arrogarsi nessuna preminenza nella gestione dell’istruzione, deve salvaguardarla come controllore e garante dalle prevaricazioni che contro la scuola possono essere perpetrate.

L’autonomia non deve dare adito ad un disinteresse dello Stato nei confronti della scuola, al suo sbando nei confronti del privato, ad una cieca pluralizzatine.

Il sistema di istruzione non deve coincidere con una scuola a gestione statale, ma con una scuola che lo Stato garantisce come tale i, indipendentemente da chi sia gestita

La scuola ha finalità che non possono cambiare in funzione del sistema di gestione, ciò che occorre è un controllo affinché tali sistemi di gestione non prevarichino le finalità della scuola stessa. Se non vi è questo controllo centrale, non solo negli obiettivi, ma nei modi con cui si cerca di raggiungerli, è inutile affermare l’autonomia non è privatizzazione, perché di fatto, la diventa.

La scuola, “mater et magistra” della coscienza delle vecchie generazioni deve esserlo per le nuove generazioni e non può quindi tirarsi indietro rispetto alle realtà sociali, politiche, culturali ed economiche che il Terzo Millennio porta con sé.

La scuola è certamente una delle strade che maggiormente porta alla libertà dell’individuo, un essere pensante che solo attraverso la sua cultura, istruzione può definirsi davvero indipendente e autonomo.

La scuola è intesa come uno dei fondamentali strumenti per assicurare a una società la continuità e il miglioramento della cultura che la caratterizza.

La scuola ha il dovere di creare le nuove generazioni di alunni capaci di interpretare i simboli della cultura e quindi fornire loro gli strumenti per fruire in maniera critica di quelle attività che occupano gran parte del loro tempo.

La scuola ha un ruolo imprescindibile ed è uno dei settori sociali fondamentali, centro propulsore di una formazione di lungo respiro non solo per i cittadini del Nord o del Sud, italiani o europei, ma per gli uomini del mondo.

La scuola, proprio perché è il luogo, per eccellenza, di formazione, dovrebbe essere ed avere una organizzazione che permetta a tutti, indifferentemente dal sesso, razza, o religione, la stessa educazione e opportunità scolastica.

La responsabilità dello Stato, dei docenti, delle famiglie, nella formazione nell’istruzione di nuovi individui, nel rispetto della loro personalità e della realizzazione delle loro aspirazioni, sono forse il segno più bello che tanti anni di guerre, di lotte, di cambiamenti e di speranze hanno lasciato nel percorso della democrazia. È solo in questa sottile, ma determinante mescolanza di diritti, doveri, di responsabilità e memoria che la scuola sarà “Mater et Magistra” dei popoli.

 

 


*Baldacci M., Brocca B., Frabboni F., Salatin A., La Buona Scuola. Sguardi critici dal Documento alla Legge., Milano, Franco Angeli, 2015.
*Raimo C., 4 giugno 2015, Cos’è che proprio non va nella Buona Scuola, in “Internazionale”,https://www.internazionale.it/opinione/christian-raimo/2015/06/04/buona-scuola-senato-emendamenti.
*Renda E., Legislazione scolastica, Roma, 1962.
* Scogliamiglio C., 10 settembre 2015, Guida minima ai problemi della buona scuola, in ,“Internazionale”,https://www.internazionale.it/opinione/carlo-scognamiglio/2015/09/10/buona-scuola-glossario.
*Semeraro A., Il sistema scolastico italiano: profilo storico, Carocci Editore, 1999.

[1] MIUR, linee giuda per l’integrazione scolastica, www.istruzione.it, 4 agosto 2009.
[2]Tullio De Mauro, illustre italianista, storico docente universitario.
[3] E. Renda, Legislazione scolastica, Roma 1962.
[4]cfr. A. Semeraro, il sistema scolastico,pag. 208.

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