Test medicina: il documento d’identità sul banco viola il principio di anonimato

Test medicina: il documento d’identità sul banco viola il principio di anonimato

T.A.R. Lazio, Sez. III-bis, 20 agosto 2015, n. 10903

a cura di Paolo Ferone

Se nel corso di una procedura selettiva l’Amministrazione richiede, con direttive assunte formalmente, che il documento di identità dei candidati venga lasciato aperto sul banco, congiuntamente al codice a barre, tale fattispecie è sufficiente a ritenere violato il principio di imparzialità e trasparenza nello svolgimento delle prove selettive ad evidenza pubblica.

Nel ricorso in oggetto la controversia atteneva alla legittimità del concorso per l’ammissione al corso di laurea magistrale in medicina e chirurgia ed in odontoiatria e protesi dentaria per l’a.a. 2014/2015.

Il Collegio non ha ritenuto di discostarsi dai numerosi precedenti, che hanno riconosciuto le ragioni dei ricorrenti (ex multis, Cons. di Stato, Sez VI, n. 15/2015).

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Invero, anche nel caso in esame ,è stata attribuita rilevanza dirimente alla censura relativa alla violazione dei principi dell’anonimato e della segretezza delle prove sostenute nel concorso, con assorbimento, nel caso in esame, delle ulteriori censure dedotte.

A tal proposito è interessante ricordare che solo a seguito delle pronunzie dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato del 20 novembre 2013, nn. 26, 27 e 28, si è assistito ad un cambio di orientamento (precedentemente negativo nei confronti dei ricorrenti), con cui si è ritenuto qualificare “la garanzia e l’effettività dell’anonimato quale elemento costitutivo dell’interesse pubblico primario al cui perseguimento tali procedure selettive risultano finalizzate”. Proprio sul punto i Giudici del T.A.R. hanno specificato nella recente sentenza n. 3984 del 10 marzo 2015 che, “di per sé sola, la circostanza dell’apposizione del ”codice a barre” tanto sulla scheda delle risposte quanto sulla scheda anagrafica (modalità che, a fronte di centinaia di partecipanti, vale anzi a scongiurare la possibilità di errori ed anzi a garantire che le risposte fornite da un candidato non possano essere “scambiate” con quelle di un altro) non sia tale da integrare la violazione dei principi dell’anonimato, qualora non ricorrano, in concreto, ulteriori indizi tali da potere (obbligo di tenere il documento di riconoscimento sul banco), anche solo astrattamente, insinuare il dubbio della segretezza della procedura concorsuale”.

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In conclusione, il T.A.R. ha ribadito, aderendo totalmente alla sentenza del Consiglio di Stato n. 15/2015, che se nel corso della procedura selettiva, l’amministrazione avesse richiesto, con direttive assunte formalmente, che il documento di identità dei candidati venisse lasciato aperto sul banco, il codice apposto sulla scheda dei test, in quanto corrispondente a quello stampigliato sulla scheda anagrafica dei candidati, ben avrebbe potuto consentire l’associazione dell’elaborato al nominativo di ciascun candidato; il che è sufficiente a ritenere violato il principio di imparzialità e trasparenza nello svolgimento delle prove selettive ad evidenza pubblica, la cui osservanza va osservata in astratto, senza cioè prova concreta della sua violazione, come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza.

Pertanto, essendosi le medesime condizioni verificate anche con riferimento alla graduatoria unica nazionale 2014/2015, il Collegio ha accolto il ricorso e, per l’effetto, ha annullato la graduatoria impugnata e ha disposto l’ammissione dei ricorrenti, anche in sovrannumero, al corso di laurea in medicina e chirurgia, presso le Università di interesse, senza pregiudizio dei candidati utilmente inseriti in graduatoria.

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