Titolo esecutivo: le conseguenze della sua caducazione rimesse alle Sezioni Unite

Titolo esecutivo: le conseguenze della sua caducazione rimesse alle Sezioni Unite

Con l’ordinanza interlocutoria n. 6422/2020 – depositata il 6 marzo 2020 – la Terza Sezione della Corte di Cassazione rimette al Primo Presidente due importanti questioni in tema di opposizione alla esecuzione affinché lo stesso valuti l’assegnazione alle Sezioni Unite.

La prima questione concerne la rilevanza della caducazione del titolo esecutivo giudiziale nel corso del giudizio di opposizione all’esecuzione: il che è di particolare importanza in virtù delle conseguenze che ne seguono circa la “decisione da adottare e delle conseguenti ricadute in ordine alla liquidazione delle spese di lite” (Cass. Civ., Sez. III, 6 marzo 2020, n. 6422, pag. 3).

La seconda questione riguarda la corretta individuazione del giudice competente avanti a cui proporre la domanda risarcitoria dei danni provocati da una esecuzione intrapresa in difetto della normale prudenza ex art. 96, secondo comma, c.p.c. (dovuta dalla caducazione del titolo esecutivo): se nel giudizio sul merito in cui si contesta il titolo, o nel giudizio di opposizione all’esecuzione.

In sintesi la vicenda

In seguito all’ordinanza di convalida di sfratto – resa in assenza dell’intimato – l’inquilino-sfrattato proponeva opposizione tardiva alla convalida, che veniva rigettata dal Tribunale. Una volta iniziata l’esecuzione, il conduttore-sfrattato propose altresì opposizione all’esecuzione, pure rigettata dal Tribunale.

L’inquilino-sfrattato impugnava così la decisione che aveva stabilito l’infondatezza dell’opposizione tardiva. La Corte d’Appello accoglieva la domanda e ribaltava la decisione, con conseguente declaratoria di nullità dell’ordinanza di convalida dello sfratto.

Il medesimo impugnava anche la decisione resa nel giudizio di opposizione all’esecuzione, allegando come fatto sopravvenuto il venire meno del titolo esecutivo in ragione dell’intervenuta declaratoria di nullità. Rigettando l’impugnazione la Corte d’Appello affermava che, trattandosi di fatto estintivo successivo, lo stesso non poteva essere preso in considerazione, poiché in un giudizio di opposizione all’esecuzione poteva riconoscersi rilevanza “solo ai fatti sopravvenuti idonei a determinare l’inesistenza del titolo esecutivo” (idem, pag. 2). Inoltre riteneva che non potessero trovare accoglimento sia la domanda di risarcimento dei danni proposta ai sensi dell’art. 96 c.p.c., che la domanda di condanna generica al risarcimento del danno: per entrambe la Corte d’Appello indicava come competente il giudice che accerta l’inesistenza del diritto per il quale si è proceduto con l’esecuzione forzata.

La decisione veniva cosi impugnata avanti alla Corte di Cassazione in via principale dall’inquilino e in via incidentale dal proprietario.

La prima questione

La questione posta con il primo motivo riguarda l’ipotesi della caducazione del titolo esecutivo giudiziale in corso del giudizio di opposizione all’esecuzione, ed in particolare come tale circostanza debba essere valutata dal giudice ai fini della decisione da adottare e delle conseguenti ricadute in ordine in ordine alla liquidazione delle spese di lite.

Sul punto è pacifico che in sede di opposizione all’esecuzione l’accertamento dell’idoneità del titolo a legittimare l’azione esecutiva si pone come preliminare dal punto di vista logico per la decisione sui motivi di opposizione, anche se questi non investano direttamente la questione.

Muovendo da questo punto, la Suprema Corte ha trattato le conseguenze del venir meno del titolo esecutivo in corso di causa in modo diverso, dando così vita ad un vero e proprio contrasto.

Inizialmente un primo orientamento ha stabilito che la sopravvenuta caducazione del titolo esecutivo non determina di per sé la fondatezza dell’opposizione, bensì la cessazione della materia del contendere per difetto di interesse, sicché, nel regolare le spese di lite il giudice dell’opposizione non può porle a favore dell’opponente, ma deve utilizzare il criterio della soccombenza virtuale, secondo il principio di causalità, considerando, a tal fine, l’intera vicenda processuale (cfr. Cass. Civ., n. 6016/2017; n. 31955/2018; n. 1005/2020).

Nel 2019 la Seconda Sezione della Corta di Cassazione è entrata in aperto contrasto con il citato orientamento, affermando il principio secondo cui l’avvenuta caducazione del titolo esecutivo, pur portando ad una pronuncia di cessazione della materia del contendere presuppone una sostanziale fondatezza dell’opposizione. L’opposizione deve ritenersi fondata, ed il giudice non può – in violazione del principio della soccombenza – condannare l’opponente al pagamento delle spese di lite (Cass. Civ. n. 21240/2019). Il principio affermato si ricollega a precedenti orientamenti giurisprudenziali secondo cui l’esecuzione diviene “ingiusta” se durante lo svolgimento del processo esecutivo sopravviene la caducazione del titolo esecutivo, con conseguente accoglimento dell’opposizione all’esecuzione medio tempore proposta (Cass. Civ. n. 3977/2012; n. 20868/2017).

Risulta evidente come l’adesione ad uno o all’altro orientamento comporti evidenti ricadute pratiche soprattutto in termini di regolamentazione delle spese di lite.

Da qui la necessità di richiedere al Primo Presidente una valutazione circa la necessità di un intervento risolutivo delle Sezioni Unite.

La seconda questione

La Terza Sezione della Suprema Corte ha ritenuto opportuno sollecitare un intervento delle Sezioni Unite anche con riferimento all’individuazione del giudice competente avanti cui proporre le domande di risarcimento dei danni provocati da una esecuzione intrapresa in difetto della normale prudenza (come sarebbe quella proseguita in seguito alla caducazione del titolo esecutivo). Secondo la Corte non è chiaro se quest’ultimo debba essere inteso con riferimento al giudice avanti il quale si contesta il titolo (soluzione, come detto, sostenuta dalla Corte d’Appello), o nel giudizio di opposizione all’esecuzione.


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Dott. Filippo Foca

Laureato all'Università di Bologna nel 2017 con tesi di laurea correlata in Diritto Commerciale e Penale dal titolo "L’abuso di informazioni privilegiate tra normativa italiana ed europea" ottenendo dalla stessa il massimo punteggio disponibile. Fin subito dopo il titolo di laurea ha iniziato a svolgere la pratica forense presso lo Studio CMI Studio Legale & Associati. Ad oggi collabora con lo Studio Legale BCT. L'attività professionale svolta riguarda il campo del diritto civile, commerciale, societario, bancario, e sportivo. Partecipa inoltre ad eventi di natura giuridica come moderatore o relatore.

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