Truffa on line tramite accredito su Postepay: danno alla persona offesa ed individuazione del giudice competente territorialmente

Truffa on line tramite accredito su Postepay: danno alla persona offesa ed individuazione del giudice competente territorialmente

La maggior parte delle operazioni che effettuiamo vengono realizzate tramite la rete virtuale, che consente di soddisfare in modo immediato qualsiasi nostra esigenza. Ciò comporta, però, il rischio di cadere in truffe “on line“, come nel caso in cui decidiamo di comprare un bene su internet, effettuando il pagamento con la nostra Postepay ma senza ricevere quanto acquistato.

Per comprendere il momento in cui si consuma il reato di truffa ed il giudice competente a decidere sulla controversia, occorre soffermarsi sulle rispettive disposizioni normative.

La truffa è disciplinata dall’art. 640 c.p. e rientra nei delitti contro il patrimonio, in particolare attuati mediante frode, e si raffigura come un reato comune in quanto il soggetto attivo può essere chiunque, senza che sia necessario rivestire una determinata qualifica. Si tratta di un reato plurioffensivo poiché si concretizza la lesione di più beni giuridici tutelati, ravvisabili nella libera formazione del consenso e nell’integrità patrimoniale. Il legislatore, descrivendo in modo specifico la fattispecie, ha inteso ricomprendere il delitto in parola tra i reati a forma vincolata, in cui la realizzazione dell’evento deve concretizzarsi con determinate modalità. Invero, la condotta incriminata prevede al comma 1 che “chiunque con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da € 51 a € 1.032“.

Gli artifizi e i raggiri si intendono la simulazione o dissimulazione della realtà esterna ed ogni attività simulatrice consistente anche in argomentazioni, tali da incidere sulla volontà del soggetto passivo e inducendo in errore la persona offesa. Gli ulteriori elementi necessari per la sussistenza del reato, che costituiscono il fine della condotta posta in essere dal reo, sono l‘ingiusto profitto e l’altrui danno. In relazione al primo aspetto, il carattere dell’ingiustizia è attribuito al fatto di aver conseguito il profitto senza averne diritto, intendendo con il termine profitto non solo l’aspetto patrimoniale ma anche il soddisfacimento di un interesse psicologico o morale. Per quanto concerne l’altrui danno, questo può essere inteso solo in senso patrimoniale ovvero consiste nella lesione concreta del bene della vittima e, quindi, nella diminuzione del suo patrimonio.

Per quanto attiene l’elemento soggettivo del delitto di truffa, lo stesso è costituito dal dolo generico, diretto o indiretto, rappresentato dalla coscienza e volontà di indurre in errore, con artifizi e raggiri, la persona offesa in modo da poterla determinare a compiere un atto di disposizione patrimoniale arrecante un pregiudizio.

Infine, la disposizione normativa prevede al comma 2 delle circostanze aggravanti speciali che contemplano diverse modalità di condotta e un differente soggetto passivo.

Ulteriore disamina della fattispecie ex art. 640 c.p. concerne il momento in cui si consuma il delitto di truffa, il quale, essendo un reato istantaneo e di danno, si perfeziona quando alla condotta tipica dell’autore consegue la deminutio patrimonii. Il momento consumativo del delitto in parola assume rilevanza ai fini della determinazione della competenza territoriale.

La regola generale di cui all’art. 8 comma 1 c.p.p. dispone che la competenza per territorio è determinata dal luogo in cui il reato è stato consumato e stabilisce i criteri generali per individuare il giudice che dovrà pronunciarsi sulla controversia. Il criterio generale del locus commissi delicti intende il luogo dove si sono perfezionati tutti gli elementi costitutivi della fattispecie di reato. In relazione a tale principio, anche la regola suppletiva dell’art. 9 c.p.p. è orientata in tal senso, poiché al comma 1 dispone che se le competenza non può essere determinata a norma dell’art. 8 c.p.p., è competente il giudice dell’ultimo luogo in cui è avvenuta una parte dell’azione od omissione.

Poste tali premesse normative, occorre soffermarsi sulla difficoltà di individuare il giudice territorialmente competente in ipotesi di truffe on line avvenute mediante carta ricaricabile Postepay.

Invero, la Postepay è una moneta elettronica che consiste in un carta prepagata – non necessariamente abbinata ad un conto corrente – che consente al titolare di effettuare varie operazioni nell’importo massimo disponibile. Tale carta può essere utilizzata sia presso qualsiasi sportello automatico o ufficio postale, che per via telematica tramite operazioni on line. Per tale ragione, risulta difficoltoso individuare il luogo di consumazione del reato e, di conseguenza, il giudice competente a decidere.

In tale contesto, è ormai pacifico l’orientamento giurisprudenziale maggioritario il quale sostiene che nel delitto di truffa quando il profitto è conseguito mediante accreditamento su carta di pagamento ricaricabile, nella specie Postepay, il tempo e il luogo di consumazione del reato sono quelli in cui la persona offesa ha proceduto al versamento del denaro sulla carta. Ciò, in quanto con tale operazione ha realizzato contestualmente sia l’effettivo conseguimento del profitto da parte dell’agente, il quale ottiene l’immediata disponibilità della somma versata, sia la definitiva diminuzione del patrimonio della vittima. Pertanto, con il ricorso a tale modalità di pagamento si ha l’immediata ed irrevocabile spoliazione della persona offesa con contestuale acquisizione del denaro da parte del reo. Di conseguenza, il giudice competente a decidere sarà quello del luogo nella cui circoscrizione è avvenuta la ricarica alla carta Postepay da parte della vittima.

In ultima analisi, occorre evidenziare l’ipotesi in cui la modalità di pagamento adottata dalla persona offesa non sia una carta ricaricabile Postepay, bensì un bonifico bancario. La truffa perpetrata tramite il ricorso al bonifico bancario comporta che il pagamento deve essere eseguito dalla banca, che lo effettua dopo qualche giorno. Con ciò non si determina l’immediata perdita del denaro e la conseguente recezione da parte del reo della somma versata, ma il reato si consuma solo nel momento in cui si consegue l’effettivo accreditamento del denaro sul conto corrente del destinatario. Tale modalità, inoltre, consente di poter sempre revocare il bonifico effettuato. Pertanto, in tal caso, la competenza territoriale verrà determinata in riferimento all’istituto bancario del luogo dove il destinatario ha aperto il proprio conto corrente.


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Aurora Blancato

Laurea Magistrale in Giurisprudenza. Praticante avvocato penale abilitata al patrocinio sostitutivo. Diplomata presso la Scuola di Specializzazione per le professioni legali con stage presso la Corte di Appello di Catania e la Procura della Repubblica di Catania. Studiato danza e frequentato corso di Krav maga. Socia del Rotaract Club Caltagirone, in cui ha ricoperto il ruolo di Prefetto, Vice Presidente, Segretario, Presidente e Prefetto Distrettuale. Partecipazione corso del CAV di Caltagirone. Volontario Expo Milano.

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