Usucapione del lastrico solare? I chiarimenti della Cassazione

Usucapione del lastrico solare? I chiarimenti della Cassazione

E’ possibile usucapire il lastrico solare condominiale?

La Suprema Corte, Sez. civile con ordinanza n. 9380 del 21 maggio 2020 si è pronunciata nuovamente sull’annosa questione relativa alla disciplina applicabile al lastrico solare ed, in particolare, alle condizioni di operatività dell’usucapione.

La decisione prende le mosse da un ricorso avverso la sentenza della Corte d’Appello di Roma con cui veniva riconosciuto agli attori l’acquisto a titolo originario per usucapione della proprietà di lastrici solari posti a copertura di alcuni edifici in quanto aveva ritenuto sussistenti gli elementi oggettivi e soggettivi dell’usucapione.

Il ricorrente adiva la Suprema Corte ritenendo di essere lui il proprietario esclusivo per averli acquistati nel 1996 dal legittimo proprietario e che tale acquisto aveva interrotto il possesso esercitato dagli attori. Sosteneva inoltre che, trattandosi di beni di proprietà comune a tutti i condomini ex art. 1117 cc, gli attori avrebbero dovuto dimostrare di averli posseduti escludendo gli altri comproprietari.

La Corte si pronuncia accogliendo il ricorso e chiarisce a quali condizioni è ammissibile l’usucapione su beni condominiali.

Solitamente l’usucapione di un bene immobile si realizza su una casa o su un terreno di proprietà esclusiva a condizione: che il proprietario non usi la cosa; che un altro soggetto si atteggi a esclusivo proprietario, ponendo in essere delle condotte che solo il titolare avrebbe il potere di fare; che ciò si protragga per almeno 20 anni senza che il proprietario rivendichi la proprietà della cosa.

Il condominio, invece, è un immobile formato da parti esclusive e parti comuni e per questo è necessario un quid pluris e cioè il compimento da parte del possessore di atti volti ad escludere gli altri condomini dall’uso e godimento del bene.

Il lastrico solare, comunemente chiamato “tetto piano”, è la superficie del condominio, ha funzione di copertura dell’edificio e trova espressa disciplina all’art. 1126 cc.

Proprio in ragione della funzione di utilità comune a tutti i condomini, il lastrico è compreso nel catalogo delle parti comuni del fabbricato ex art. 1117 cc con conseguente presunzione di condominialità, superabile solo da un titolo in forma scritta o se la cosa, in ragione delle sue caratteristiche strutturali, serve in modo esclusivo all’uso o al godimento di una parte dell’immobile così da far venir meno il presupposto per il riconoscimento della contitolarità, dal momento che la destinazione particolare del bene prevale sull’attribuzione legale al pari di un titolo contrario.  (ciò è stato sostenuto da Cass.civile n.9035 del 5 maggio 2016). Tuttavia, ai sensi dell’art. 1126 cc che si occupa della ripartizione delle spese per la manutenzione, è ammissibile l’ipotesi di “uso esclusivo“del lastrico da parte di uno o di alcuni condomini alla quale la giurisprudenza ha assimilato il caso in cui il lastrico sia di proprietà esclusiva. Pertanto, in questi termini, è possibile ritenere configurabile l’acquisto della proprietà del lastrico solare per usucapione da parte di un condomino.

L’orientamento giurisprudenziale precedente  riteneva il lastrico un bene non usucapibile dal momento che, oltre al presunto proprietario esclusivo, anche gli altri condomini avrebbero tratto utilità dal lastrico non potendo venire meno la sua primaria funzione ed il servizio cui è preposto e cioè la copertura della struttura sottostante. Il condomino avrebbe potuto rivendicare esclusivamente il possesso di uno ius in re aliena come ad esempio il diritto di superficie e, precisamente il diritto di mantenere la proprietà di una eventuale costruzione edificata al di sopra e di edificare sull’area senza che operi il principio di accessione, ma non l’acquisto della proprietà del bene.

La giurisprudenza più recente ritiene però superato questo orientamento, dal momento che le utilità del lastrico non sono connesse al diritto di proprietà ma sono tratte dal bene in sé considerato, mentre sono altre le utilità che possono rilevare ai fini dell’usucapione e cioè il godimento del bene.

Ebbene, ammessa l’usucapibilità del lastrico condominiale, è necessario tener conto della particolarità del bene anche in relazione alla verifica dei requisiti oggettivi e soggettivi necessari ai fini dell’acquisto della proprietà per usucapione, trattandosi comunque di un bene comune a più condomini.

Infatti, la Cassazione ritiene che il condomino che vuole dedurre di aver usucapito la cosa comune deve provare un quid pluris e cioè di aver sottratto la cosa all’uso comune per tutto il periodo utile all’usucapione, e cioè deve dimostrare di aver tenuto una condotta diretta a rivelare in modo non equivoco che si è verificato un mutamento di fatto nel titolo del possesso. E’ dunque necessario dimostrare l’esistenza di atti univocamente rivolti contro i compossessori, e tali da rendere riconoscibile a costoro l’intenzione di non possedere più come semplice compossessore, non bastando al riguardo la prova del mero non uso da parte degli altri condomini, stante l’imprescrittibilità del diritto in comproprietà.

Per comprendere con maggior chiarezza la portata e il contenuto dell’onere probatorio a carico del condomino è opportuno far riferimento alle applicazioni giurisprudenziali in materia. In particolare, la Corte con sentenza n.6371 del 13 marzo 2013 ha ritenuto non sufficiente ai fini del possesso utile all’usucapione un contratto di divisione con cui erano stati assegnati dei lastrici solari in proprietà esclusiva ad un condomino, dal momento che è necessario un profilo di fatto e le previsioni di un contratto possono solo attribuire valenza rafforzativa ad un convincimento.

E’ considerata sufficiente alla prova del proprio possesso esclusivo la sostituzione della porta di ingresso al lastrico senza consegnare le chiavi agli altri condomini così di fatto ostruendo loro l’utilizzo del bene.

Con particolare riguardo al caso concreto, la Suprema Corte ritiene anzitutto che il giudice d’appello nell’accogliere la domanda di usucapione non ha accertato la natura condominiale o meno degli immobili di cui i lastrici facevano parte.

In secondo luogo rileva che gli attori non hanno dato prova di un loro uso esclusivo del lastrico e per questo la Corte accoglie il ricorso pronunciando la seguente massimo di diritto: “Il condomino che deduce di avere usucapito la cosa comune deve provare di averla sottratta all’uso comune per il periodo utile all’usucapione, e cioè deve dimostrare una condotta diretta a rivelare in modo inequivoco che si è verificato un mutamento di fatto nel titolo del possesso, costituita da atti univocamente rivolti contro i compossessori, e tale da rendere riconoscibile a costoro l’intenzione di non possedere più come semplice compossessore, non bastando al riguardo la prova del mero non uso da parte degli altri condomini, stante l’imprescrittibilità del diritto in comproprietà”


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