Compatibilità tra lavoratore dipendente e amministratore di S.r.l.

Compatibilità tra lavoratore dipendente e amministratore di S.r.l.

La società XYZ S.r.L. è un azienda che si occupa della distribuzione di carburanti.

Il CdA delle società, presieduto dal presidente, ha nominato Tizio membro del Consiglio di Amministrazione della XYZ S.r.L.. Nella medesima data è stata conferita a Tizio la carica di Consigliere Delegato, la quale comporta la delega ad operare esclusivamente al punto vendita (distributore carburante) assegnato con lettera d’incarico del Presidente e con la quale potrà compiere solo operazioni di ordinaria amministrazione, ovverosia la gestione degli incassi, il versamento degli stessi sui c/c della Società, la gestione degli adempimenti fiscali e potrà prelevare somme dai conti correnti sociali o dagli incassi solo se debitamente autorizzati per iscritto dal Presidente. Non potrà altresì aprire, chiudere o gestire c/c sociali, salvo espressa delega del Presidente, richiedere finanziamenti ed altre operazioni di finanziamento/indebitamento a medio lungo termine, rilasciare garanzie e fidejussioni di qualunque natura e genere, acquistare, permutare, vendere o gestire beni immobili, mobili registrati o rami d’azienda, potere riservato esclusivamente al Presidente. Sarà, inoltre, personalmente responsabile dell’osservanza di tutte le norme (civili, fiscali, amministrative) riguardanti il punto vendita (distributore carburante) lui assegnato e lo gestirà con la massima diligenza.

La questione che interessa il presente parere insiste sulla compatibilità tra la carica di amministratore (consigliere delegato) della XYZ S.r.L. e la figura di lavoratore dipendente, senonché valutare se la circostanza de qua rientra nella fattispecie del rapporto di lavoro etero-organizzato.

È opportuno premettere che è applicabile la disciplina del CCNL commercio, terziario, distribuzione e servizi.

Al fine di vagliare tutte le possibilità di soluzione, si può callidamente affermare che il caso di che trattasi rientra nell’alveo delle situazioni in cui la governance si confonde con il ruolo di dipendente: tra questi ricorre certamente il caso di una piccola S.r.L.

Inevitabile che il connubio amministratore-dipendente porti con sé problematiche societarie. La Corte di Cassazione soccorre nel dare alcuni riferimenti che delineano le peculiarità che caratterizzano la posizione di amministratore e dipendente nella stessa società. La Corte di Cassazione sez. lav., 13/6/1996, n. 5418 ha affermato che “per la configurabilità di un rapporto di lavoro subordinato fra un membro del consiglio di amministrazione di una società di capitali e la società stessa è necessario che colui che intende far valere tale tipo di rapporto fornisca la prova della sussistenza del vincolo di subordinazione e cioè l’assoggettamento al potere direttivo, di controllo e disciplinare dell’organo di amministrazione della società nel suo complesso, nonostante la suddetta qualità di membro del consiglio di amministrazione”.

Sempre la Suprema Corte (25/5/1991, n. 5944) ha precisato che “la qualità di amministratore di una società di capitali è compatibile con la qualifica di lavoratore subordinato della medesima, ove sia accertato in concreto lo svolgimento di mansioni diverse da quelle proprie della carica sociale rivestita, con l’assoggettamento a effettivo potere di supremazia gerarchica e disciplinare”.

In altri termini, devono sussistere contemporaneamente le seguenti condizioni: 1) i poteri attribuiti devono essere tali da non pregiudicare l’esistenza di un vincolo di subordinazione; 2) l’attività esercitata dal lavoratore dipendente non deve essere assorbita dall’attività esercitata dallo stesso nella sua funzione di amministratore.

La prima condizione andrà rispettata all’atto della nomina o della distribuzione di deleghe/compiti nell’ambito del consiglio di amministrazione: dovrà risultare evidente che l’amministratore/dipendente non ha poteri illimitati e risponde al consiglio di amministrazione stesso.

Con la seconda condizione dovrà essere rispettata la non coincidenza dei poteri/funzioni/attività che l’amministratore dipendente svolge nella sua funzione apicale di amministratore con compiti che lo stesso andrà a svolgere quale lavoratore dipendente. È opportuno che le mansioni del dipendente siano chiaramente descritte, in modo che non siano sovrapponibili ai compiti di amministratore.

Calando il quadro normativo e giurisprudenziale sopra descritto nel caso in esame, rileva come le condizioni che consentono la figura di amministratore dipendente non siano rispettate. Le attività svolte dal Tizio, pur essendo chiaramente delineate nell’atto di nomina a consigliere delegato, non si discostano da quelle da lui svolte come lavoratore dipendente.

Posto che non si configura la posizione di Tizio come amministratore dipendente, resta da inquadrare il suo ruolo o come lavoratore subordinato o come collaborazione etero-diretta.

L’art. 2094 c.c. stabilisce che è prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore.

L’art. 2 del d.lgs. 81/2015 (Jobs Act) prevede che a far data dal 1° gennaio 2016, si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente (etero-organizzazione) anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro. La disposizioni di cui al comma 1 non trova applicazione con riferimento – tra le altre – alle attività prestate nell’esercizio della loro funzione dai componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società e dai partecipanti a collegi e commissioni.

A fronte di quanto esposto nella presente narrativa e al fine di predisporre al meglio la fase transattiva tra la società XYZ S.r.L. e Tizio, tenendo conto che lo stesso Tizio percepiva un’indennità di € 500,00, si deve inquadrare l’attività svolta dallo stesso nel livello corrispondente previsto dal CCNL. Tizio chiede che gli venga riconosciuto uno stipendio di primo livello del CCNL corrispondente come lavoratore subordinato per gli anni in cui egli ha prestato la propria attività.

L’art. 3 del CCNL Commercio, terziario, distribuzione e servizi prevede che il lavoratore deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti all’inquadramento superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni riconducibili allo stesso livello e categoria legale di inquadramento delle ultime effettivamente svolte.

Pertanto, si ritiene che non è ascrivibile il primo livello di inquadramento al Tizio, in quanto egli non era un lavoratore con funzioni di responsabilità di direzione esecutiva ad alto contenuto professionale che sovraintendeva alle unità produttive o ad una funzione organizzativa, con iniziativa e autonomia operativa nella sfera delle responsabilità delegate.

Il primo riferimento utile si trova nel sesto livello del CCNL, del quale fanno parte i lavoratori che eseguono mansioni per la cui esecuzione sono richieste semplici conoscenze pratiche, id est come previsto alla lettera o), ossia pompista comune senza responsabilità di cassa, lavatore, asciugatore.

Salendo di livello, si può, tuttalpiù, far rientrare Tizio nel quarto: appartengono al quarto livello i lavoratori che eseguono compiti operativi, comprese le operazioni di vendita e ausiliarie alla vendita, e i lavoratori che eseguono mansioni che richiedono specifiche conoscenze tecniche e particolari capacità tecnico-pratiche acquisite. Alla lettera cc) è prevista la figura di pompista specializzato, il quale attende all’erogazione dei carburanti ed alla vendita di tutti i prodotti esitati dal punto di vendita, attende ai servizi di assistenza tecnica, piccola manutenzione e ricambi nei confronti dell’utenza; provvede alla riscossione con responsabilità di cassa, alla fatturazione, alla pulizia del proprio posto di lavoro, fornisce informazioni ed assistenza.

Concludendo, le possibili soluzioni, percorribili per quanto riguarda il caso oggetto del presente parere, sono: la prima, più netta e più distante dalla soluzione transattiva, che porta a considerare il Tizio un collaboratore della XYZ S.r.L. ai sensi dell’art. 2 del d.lgs 81/2015 (Jobs Act) e pertanto nulla ha da che pretendere circa e il riconoscimento come lavoratore subordinato e l’essere qualificato nel livello del CCNL corrispondente (tantomeno nel primo livello); la seconda, più conciliante e tesa a colmare la distanza tra le richieste di Tizio e la posizione societaria, muove nell’ottica del riconoscimento del lavoro subordinato – di fatto – svolto da Tizio, classificando le sue mansioni nel sesto o, tuttalpiù, nel quarto livello, con il conseguente riconoscimento della retribuzione corrispondente, dalla quale va scomputata, in ogni caso, l’indennità corrispostagli negli anni in cui egli ha ricoperto la posizione di consigliere delegato/dipendente.


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