Da delatore a risorsa: la nuova disciplina del whistleblower ex D. Lgs. 24/2023

Da delatore a risorsa: la nuova disciplina del whistleblower ex D. Lgs. 24/2023

Sommario: 1. La nuova disciplina – 2. I requisiti e le sanzioni – 3. La disciplina precedente e le implementazioni del nuovo decreto – 4. L’iter e le modalità per effettuare una segnalazione – 5. Le tutele in favore del whistleblower – 6. Considerazioni conclusive

 

1. La nuova disciplina

Il 15 marzo è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto Legislativo 24/2023, che introduce nuove disposizioni in materia di whistleblowing, consentendo la segnalazione di attività illecite da parte di dipendenti, collaboratori o professionisti nell’ambito dei loro rapporti lavorativi.

Si fa notare come esistessero già procedure finalizzate ad attuare tale pratica, ma queste normative sono state oggetto di critiche dal momento che offrivano una protezione insufficiente ai denuncianti (c.d. whistleblower).

Il nuovo decreto rappresenta, quindi, un punto di svolta significativo rispetto alle disposizioni precedenti; approvato dal Consiglio dei Ministri, il documento prevede il potenziamento delle pratiche esistenti, con l’introduzione di nuove regolamentazioni e solide tutele per i denuncianti.

2. I requisiti e le sanzioni

Due date sono state individuate per l’attuazione delle nuove disposizioni di cui al decreto in esame.
Le aziende con più di 250 dipendenti hanno dovuto conformarsi entro il 15 luglio 2023; per le imprese con una media di almeno 50 dipendenti in riferimento all’ultimo anno, la scadenza è fissata invece per il 17 dicembre 2023.

Nel computo dei dipendenti è importante sottolineare come sia ininfluente la qualifica di tempo indeterminato o determinato.

L’inosservanza di tali scadenze comporterà l’irrogazione di sanzioni amministrative pesanti, con importi che variano a seconda della situazione specifica; le multe andranno da 5.000 a 30.000 euro in caso di comportamenti ostili e da 10.000 a 50.000 euro in caso di mancata attuazione dei canali di segnalazione.

3. La disciplina precedente e le implementazioni del nuovo decreto

Prima dell’adozione del D. Lgs. 24/2023, la tutela prevista nel settore pubblico per il segnalatore era garantita dall’art. 54 bis del D. Lgs. 165/2001, che proibiva soltanto le ritorsioni contro il dipendente pubblico che segnalava attività illecite.

Per le imprese private era invece la Legge 179/2017 a regolamentare l’obbligo per le società di dotarsi di canali di segnalazione per le condotte illecite rilevanti.

Salta subito all’occhio come ambedue fossero formulazioni alquanto vaghe, tanto da rimanere nell’alveo di empirici tentativi.

Il D. Lgs. 24/2023 ha abrogato tali “sperimentali” disposizioni e ha novellato la questione con un’ampia rilettura dell’intera disciplina.

Il recente decreto riconosce il ruolo chiave delle segnalazioni nella prevenzione delle violazioni e assicura una maggiore protezione ai segnalanti, sia nel settore pubblico che in quello privato.

Il decreto allinea la legislazione italiana alle normative dell’Unione Europea in materia di protezione dei whistleblower.

Viene esteso l’ambito di applicazione della disciplina del whistleblowing, includendo anche collaboratori autonomi, liberi professionisti, volontari, azionisti e amministratori, figure che erano state colposamente estromesse dalla precedente normativa.

Inoltre, viene finalmente stabilita le modalità attraverso le quali i whistleblower possono effettuare segnalazioni, inclusi canali interni e esterni, offrendo loro maggiori garanzie di riservatezza e protezione contro le ritorsioni.

4. L’iter e le modalità per effettuare una segnalazione

Con riferimento ai canali di segnalazione interna sia enti pubblici sia di privati, il decreto attribuisce la gestione della segnalazione a personale individuato, o ad un ufficio aziendale interno, autonomo e costituito da impiegati specificatamente formati o, in alternativa, a soggetti esterni qualificati.

Nel caso di ente dotato del modello organizzativo previsto dal D. Lgs. 231/2001, sarà il M.O.G. la figura individuata per occuparsi di eventuali segnalazioni.

Ad ogni modo, la nuova disciplina prevede che: l’ente deve rilasciare al whistleblower una quietanza di ricevimento della sua segnalazione entro sette giorni dalla sua presentazione; il soggetto deputato alla ricezione di tali segnalazioni deve mantenere i contatti con il segnalante, informando il whistleblower, entro tre mesi presentazione della segnalazione, dello stato del “procedimento” di quest’ultima.

Tali informazioni dovranno essere facilmente reperibili, sia sul posto di lavoro che sul sito internet dell’impresa o azienda, per poter ampliare la fruizione a tutto il plateatico di lavoratori.

Si potrà accedere al canale esterno dell’ANAC (Associazione Nazionale Anticorruzione in una serie tassativa di ipotesi: il segnalante lavora in un contesto nel quale non è prevista l’attivazione obbligatoria del canale o la sua predisposizione non risulta conforme ai requisiti de quo; il segnalante ha già effettuato una “denuncia” a cui non è stato dato seguito; il segnalante ritiene che un’eventuale segnalazione interna possa determinare il rischio di ritorsione, o comunque pericolo per sé o per altri, o che la sua segnalazione possa avere un rilievo nell’interesse pubblico.

È prevista anche la possibilità di divulgazione pubblica delle segnalazioni in determinate circostanze, garantendo al contempo la protezione del segnalante.

Questa è da intendersi come l’extrema ratio, che opera solo nel caso in cui vi sia un interesse pubblico o un pericolo fondato nel ricevere ritorsioni a seguito della segnalazione “interna”.

Infine, il decreto stabilisce sanzioni amministrative pecuniarie per il mancato rispetto delle disposizioni, con sanzioni anche per coloro che commettono ritorsioni contro i segnalanti.

5. Le tutele in favore del whistleblower

La legislazione prevede una fondamentale inversione dell’onere della prova a favore del whistleblower nel caso di azioni legali originate a seguito della sua denuncia; sarà controparte, dunque, a dover accollarsi l’onere probatorio pieno nell’evidenziare l’infondatezza della segnalazione.

Il D. Lgs. 24/2023 enuncia poi che l’identità del whistleblower non può essere rivelata, se non con l’espresso consenso del segnalante stesso, a persone diverse da quelle competenti a ricevere le segnalazioni, ovvero figure qualificate autorizzate a trattare tali dati. Con riguardo alle segnalazioni che abbiano originato l’instaurazione di un procedimento penale, la riservatezza del whistleblower è tutelata solo nei limiti previsti dall’art. 329 c.p.p. La disposizione impone l’obbligo di segretezza degli atti delle indagini preliminari sino al momento in cui l’indagato non abbia il diritto ad averne conoscenza (fino al momento della c.d. discovery processuale); non si ha quindi un obbligo di riservatezza assoluto, come ad esempio avviene invece per gli informatori qualificati che assumono una posizione del tutto anonima all’interno del relativo procedimento penale.

6. Considerazioni conclusive

Da ultimo, il Decreto Legislativo rappresenta un importante passo avanti nel garantire un’adeguata protezione e supporto per i whistleblower, promuovendo una cultura di integrità e trasparenza all’interno delle organizzazioni.

In un’ottica concatenata, il D.LGS. 231/2001 e D.LGS 24/2023 hanno l’ambizione preminente di ridurre al minimo la possibile commissione di illeciti all’interno di un ente e, in un quadro di equiparazione agli standard europei, speriamo si corregga la visione negativa del denunciante – o whistleblower per l’appunto – visto fino ad oggi più come un delatore che come sentinella dal prezioso apporto preventivo.


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