Il cervello, “le memorie” e l’intervista cognitiva

Il cervello, “le memorie” e l’intervista cognitiva

Sommario: 1. Introduzione: il cervello e la memoria umana – 2. Le diverse tipologie di memoria: sensoriale, a breve termine e a lungo termine – 3. La problematica dell’oblio e dell’imperfezione delle sentenze – 4. Le tecniche innovative di intervista per il recupero di informazioni: l’I.C.

1. Introduzione: il cervello e la memoria umana

Uno dei principali obiettivi delle scienze psicologiche applicate è da sempre stato lo studio della memoria in campo testimoniale, in particolare l’analisi dell’accuratezza e dell’affidabilità della memoria, per stabilire la fondatezza complessiva della dichiarazione testimoniale.

Se si intende l’attendibilità come la conformità tra quello che si racconta e ciò che è accaduto, l’accuratezza si sostanzia nella corrispondenza tra contenuto dell’evento e quello della memoria.[1]

Una testimonianza senza memoria non ha ragion d’essere.

“Il tratto distintivo della memoria è, per natura, l’imperfezione”.[2]

I ricordi non sono mai una riproduzione fotografica dello stato delle cose del mondo esterno, piuttosto, sono l’esito di un processo ricostruttivo dell’esperienza originaria.

“Il ricordo, riguarda più che l’evento in sé, la ricostruzione che se ne è fatta in seguito”.[3]

La rielaborazione è eseguita dal cervello a seconda delle preesistenti conoscenze ed aspettative del soggetto.

Ogni ricordo è sviluppato, ricostruito, manipolato, riprodotto. Ciascuno non è dormiente nel cervello umano, bensì è labile e passibile di continue modificazioni.

La memoria è la capacità di elaborare, conservare e recuperare informazioni.[4]

L’informazione proveniente dall’ambiente esterno deve, in primis, essere recepita dagli organi sensoriali, in secondo luogo, elaborata a livello cosciente per essere percepita.

Non esiste una memoria, ma molti sistemi diversi e molte memorie distinte e dissociabili. Non viene impiegata la medesima memoria per ricordare un numero telefonico per il tempo necessario ad effettuare una telefonata o per studiare per un esame.

Le tre operazioni essenziali della memoria sono:

– Acquisizione dello stimolo e codifica, ovvero trasformazione dello stimolo in una rappresentazione interna. Trattasi della formazione del ricordo.

– Immagazzinamento, attraverso cui l’informazione è conservata per un determinato lasso di tempo.

– Recupero o rievocazione che consente di far riemergere l’informazione archiviata.

2. Le diverse tipologie di memoria: sensoriale, a breve termine e a lungo termine

Particolarmente rilevante è la distinzione classica tra i diversi tipi di memoria, la quale rispecchia i tre tipi di immagazzinamento dell’informazione: memoria sensoriale, memoria a breve termine (MBT) e memoria a lungo termine (MLT).

La memoria sensoriale trattiene in una modalità preattentiva e precategoriale le informazioni in entrata dagli stimoli esterni, per il tramite dei sensi.

Vi sono diversi depositi a seconda del sistema sensoriale d’interesse: la vista possiede il proprio registro sensoriale (iconico), lo stesso vale per l’udito (ecoico).

La conservazione dell’informazione è effettivamente minima: dopo uno o due secondi l’informazione decade. “Perché l’informazione venga trattenuta è necessario prestare attenzione.”[5]

L’attenzione è il processo mediante il quale il sistema cognitivo opera una selezione delle informazioni provenienti dal mondo esterno, ossia concentra le sue risorse e la sua elaborazione su alcuni input, ignorando gli altri.

L’attenzione può distinguersi in:

– Volontaria o endogena, quando è l’individuo a concentrarsi volontariamente su un determinato stimolo;

– Automatica o esogena, quando è qualcosa di esterno a catturare l’attenzione indipendentemente dalla volontà del soggetto.

L’informazione così selezionata è trasferita nella memoria a breve termine dove è trattenuta per circa trenta secondi.

In questa fase la mente deve scegliere come rappresentare in memoria l’informazione (codifica dell’informazione: ad esempio stimoli visivi sono rappresentati da linguaggi simbolici visivi); è “estremamente fragile e il minimo disturbo può provocare la rimozione dell’elemento immagazzinato”.[6]

In concreto, la differenza sussistente tra le due tipologie di memoria (a breve e lungo termine) è la medesima che concerne il ricordare un numero di telefono subito dopo averlo letto sull’elenco telefonico e il ricordare il proprio numero di telefono. La MBT consente di rammentare un numero telefonico finché non lo si compone. Il numero personale è per ciascuno immagazzinato nella MLT, come il proprio nome, le conoscenze e gli avvenimenti relativi alla propria vita. Questi ultimi sono stabili, diversamente, l’ultima frase pronunciata da un interlocutore o il nome di una persona sconosciuta e poi presentata, sono prototipi di informazioni ritenute dalla MBT solo momentaneamente. Salvo “non si faccia uno sforzo cosciente per concentrare su di esse la nostra attenzione e mettere in atto una strategia di mantenimento (c.d. reiterazione), questo tipo di informazioni andrà rapidamente perduta”.[7]

Così, la limitata capacità della MBT consente di tenere a mente un numero limitato di dati, quando questi superano i limiti, ogni nuovo dato in entrata fa perdere un dato già presente.

La capacità circoscritta della MBT emerge in maniera evidente da prove di span di cifre con cui si dimostra la capienza della MBT: esclusivamente quando la serie è di poche cifre la MBT mantiene le cifre perfettamente in ordine!

La capacità della memoria a lungo termine è teoricamente illimitata e può trattenere l’informazione per un tempo indefinito. Secondo l’opinione di alcuni autorevoli studiosi, alcune delle più rilevanti informazioni entrate nella MLT non scompaiono mai, semplicemente diventano meno accessibili.

Vi sono diversi tipi di memoria a lungo termine: la memoria semantica, la memoria episodica o autobiografica e la memoria procedurale.

La memoria semantica “cattura il significato concettuale degli eventi al di fuor di una specifica situazione spazio-temporale”.[8] Essa comprende tutte le conoscenze derivanti dallo studio o dall’esperienza, in particolare, il significato è l’aspetto centrale di tali conoscenze. La conoscenza semantica consiste in un sistema basato su schemi, concetti, categorie. In questa tipologia di memoria sono presenti tutti i significati delle parole conosciute da un individuo.[9]

La memoria episodica o autobiografica comprende i ricordi relativi a specifici eventi chiaramente collocabili nel tempo e nello spazio. Proprio questa è la tipologia di memoria che consente all’individuo di risalire a fatti, circostanze, dettagli del passato, pertanto, i ricordi contenuti in questa sono solitamente il contenuto di una testimonianza.

Un teste che riferisca di un furto avvenuto in un negozio diverso e in un lasso temporale differente, non avrebbe alcuna utilità ai fini delle indagini, anche se costui possiede una perfetta conoscenza di cosa sia un furto e cosa sia un negozio. Il ruolo della memoria episodica nella testimonianza è preponderante![10]

Non tutte le memorie di tipo episodico diventano autobiografiche, ma solo quelle significative per l’esistenza del singolo (informazioni che si riferiscono alla propria identità, al proprio sé, alla propria stori di vita).

Infine la memoria procedurale è preposta alla conservazione delle sequenze comportamentali finalizzate a raggiungere determinati scopi, l’esecuzione delle sequenze avviene automaticamente senza alcun controllo. Per esempio, per guidate l’automobile si impiega la memoria procedurale.

3. La problematica dell’oblio e dell’imperfezione delle sentenze

Comprendere le funzioni della memoria umana costituisce la premessa per affrontare la problematica dell’oblio, essendo quest’ultimo “uno degli aspetti più frustranti della prova orale”.[11]

Nella memoria umana la perdita dell’informazione, può avvenire in uno qualsiasi dei diversi processi di memorizzazione: codifica, immagazzinamento e recupero, e diversi sono i fattori che possono causare l’oblio, primo fra questi il trascorrere del tempo. Vi sono inoltre l’attenzione, i fattori emotivi, le interferenze di altri ricordi. L’oblio può avere anche cause organiche come traumi cranici o danni cerebrali.

Le ricerche psicologiche si muovono alla ricerca di un intervallo di tempo ottimo, a partire dal momento della percezione, che consenta di ottenere la più fedele descrizione del fatto.

In concreto, il rimedio alle interpolazioni delle deposizioni testimoniali, cui segue la più o meno grave imperfezione delle sentenze, può consistere “nello studio e nell’adozione di protocolli che permettono di garantire un certo grado di completezza e accuratezza delle deposizioni testimoniali.”[12]

4. Le tecniche innovative di intervista per il recupero di informazioni: l’I.C. 

Diversi autori hanno sviluppato delle tecniche innovative di intervista per il recupero di informazioni tenendo conto delle caratteristiche del soggetto, della situazione testimoniale e della relazione tra intervistatore e testimone.

Per l’appunto, risulta paradigmatica quella che, nella metà degli anni Ottanta (con rivisitazione negli anni Novanta), negli Stati uniti, viene introdotta da due psicologi americani Ed Geiselman[13] e Ron Fisher[14]ossia una combinazione di metodologia scientifica e prassi di approccio umano per supportare i professionisti nell’interrogatorio di un teste[15]: l’intervista cognitiva (IC)[16].

La sua origine teorica può apparire datata ed alcune ipotesi sono state criticate, ciononostante il metodo è efficace.

Questa tecnica si basa sulle conoscenze e teorie della psicologia cognitiva[17], e in particolare si concentra sulle scoperte della ricerca nel campo della memoria, al fine di incrementarne la capacità e qualità. Il suo scopo principale è il recupero della memoria autobiografica.

Chi conduce un’intervista ha di solito davanti a sé una persona che a causa dello stress ed intensità emotiva determinate dall’aver assistito ad un evento delittuoso può codificare l’evento in maniera incompleta.

Una ricerca scientifica coeva ha dimostrato che il teste ricorda solo 12 su 20 elementi rilevanti in una scena di crimine, rappresentata in video. Confermando che sia l’ansia sia la comunicazione influenzano il risultato dell’interrogatorio.

L’IC fa proprio il criterio per cui “c’è più di un modo per recuperare dalla memoria la rappresentazione di un evento. Questo vuol dire che se un metodo non funziona, o se uno stimolo chiave specifico non apre i ricordi, ci potrebbe essere un altro metodo o un altro stimolo che potrebbe farlo”.[18]

Secondo gli studiosi l’intervista cognitiva ha il vantaggio di aumentare in maniera significativa (25 – 30 %) il numero di informazioni accurante, riducendo la quantità di informazioni errate.

“L’obiettivo di questa tecnica è di indurre chi ascolta a ripercorrere nella propria mente l’evento in tutti i suoi passaggi, poiché sembra che questo aumenti la produzione mnestica e il livello di qualità dei ricordi”.[19]

L’ IC ha cinque livelli principali: presentazione, libera narrazione, sondaggio dei codici di memoria, riesame e chiusura.

La presentazione, nonché introduzione dell’interrogatorio, è fase fondamentale affinché l’intervistatore dedichi del tempo al testimone per entrare in empatia con lui e quindi creare un buon rapporto. Deve mostrare un atteggiamento comprensivo, calmarlo se è in uno stato di agitazione, immedesimarsi nel vissuto del soggetto, non giudicare e non minacciare (per esempio deve salutare l’interrogato caldamente, preferibilmente con una stretta di mano) deve, in sostanza, guadagnarsi la sua fiducia.

“Dare identità” è il primo passo che l’interrogante deve fare per ottenere collaborazione, è opportuno chiamare il teste col suo nome o soprannome se si tratta di persona più anziana. Deve sottolineare all’esaminato che non deve modificare nessun pensiero, né inventare, deve rassicurarlo sul fatto che “c’è tutto il tempo necessario” e deve solo concentrarsi sul recupero delle informazioni. L’investigatore deve mostrare sensibilità nei confronti del teste prestando attenzione alle sue parole, riconoscere i suoi sentimenti e sensazioni, ascoltare senza dare consigli o esternare approvazione o disaccordo.

L’interrogante deve considerare il testimone una sorgente e se stesso un contenitore!

La fase della libera narrazione non deve essere accompagnata da verbalizzazione, non è adatta alla registrazione dettagliata degli eventi, piuttosto è volta ad ottenere un quadro d’insieme della situazione per poi sviluppare la strategia da mettere in pratica nelle restanti parti dell’interrogatorio. Anche in questo stadio l’intervistatore deve rivolgersi con tatto all’intervistato, deve prestare attenzione al cambiamento eventuale del suo stato emotivo e tentare di tranquillizzarlo. Se questo non accade, il testimone può trasformarsi da collaborante in riluttante o reticente.

La fase dell’indagine sui codici del ricordo è dedicata alla minuziosa ricerca delle informazioni, per tale motivo, devono evitarsi interruzioni, e deve essere annotato ogni dato. Per incrementare le risorse cognitive l’interrogato deve essere invitato a ricostruire il contesto originale: chiudendo gli occhi. In virtù di ciò diminuisce la quantità di stimoli distraenti e disturbanti le risorse mentali dell’individuo.

Se le prime domande non suscitano risposte, si devono sperimentare altri stimoli “per il motivo che, se una traccia mnesica non funziona, potrebbe agirne una differente (Fisher, Geiselman, 1992), secondo il principio del ricordo multiplo”.[20]Pertanto è possibile far disegnare la scena traumatica, farla raccontare in base a differenti prospettive, stimolare varie percezioni sensoriali (visuo-spaziale, uditivo-temporale), prima ordine cronologico poi ordine inverso, ed infine, impiegare anche intervistatori differenti.

Secondo Fischer e Geiselman il teste possiede i cosiddetti concepts codes (codici del ricordo) una sorta di dizionario mentale di parole ed aggettivi che determinano un’esposizione piuttosto generica (alto, basso, veloce, lento), troppo, per essere fedelmente descrittiva dell’evento. Per acquisire una descrizione più accurata è opportuno che chi interroga usi il codice dell’immagine. Gli image codes sotto ottenuti tramite mimiche volte a rappresentare la scena originaria, con rumori ed espressioni non verbali.

Seguono le ultime due fasi della revisione e chiusura dell’intervista per perfezionare l’opera di raccolta delle informazioni.

Si conviene che tradurre in toto in norme giuridiche i risultati degli studi di psicologia della testimonianza appare impraticabile anche in ragione del tecnicismo di tali formulazioni. Tuttavia è possibile intervenire nella metodologia di conduzione dell’esame: in primis formando tutti gli intervistatori (a partire dagli organi di polizia) e poi promuovendo l’adozione di quelle ottimali per la conduzione dei colloqui, finalizzate ad ottenere il maggior numero di informazioni esatte.

L’Intervista Cognitiva è una dimostrazione della possibilità di trasferire i risultati della ricerca psicologica cognitiva in ambito giudiziario, “essa ha infatti trovato applicazione negli USA e lentamente si sta facendo spazio in Gran Bretagna”.[21]

 

 

 

 

 

 


[1] A. D’Ambrosio, La memoria del testimone. La tecnica dell’intervista cognitiva con l’adulto e il minore. Aspetti giuridici, teorici e pratici., contributi di A. D’Avino, E. Volpe, M. Luna, FrancoAngeli, Milano, 2010, p. 11.
[2] G. Gulotta e A. Curci, Mente, Società e diritto, Giuffrè, Milano, 2010, cit. p. 135.
[3] G.L. Fanuli, Il “vuoto di memoria” nella prova dichiarativa (scenari psicologici e rimedi giuridici), in Arch. Nuova proc. Pen. 2007, fasc. 3, cit. p. 285.
[4] L. Mecacci, Manuale di psicologia generale, Giunti, Firenze, 2001, p. 282.
[5] L. Algeri, Associazione tra gli studiosi del processo penale, Verso uno statuto del testimone nel processo penale: atti del Convegno Pisa-Lucca 28-30 Novembre 2003, Milano, Giuffrè, 2005, cit. p.226.
[6] A. D’Ambrosio, La memoria del testimone. La tecnica dell’intervista cognitiva con l’adulto e il minore. Aspetti giuridici, teorici e pratici., contributi di A. D’Avino, E. Volpe, M. Luna, FrancoAngeli, Milano, 2010, cit., p. 91.
[7] G.L. Fanuli, Il “vuoto di memoria” nella prova dichiarativa (scenari psicologici e rimedi giuridici), in Arch. Nuova proc. Pen. 2007, fasc. 3, cit. p. 284.
[8] A. D’Ambrosio, La memoria del testimone. La tecnica dell’intervista cognitiva con l’adulto e il minore. Aspetti giuridici, teorici e pratici., contributi di A. D’Avino, E. Volpe, M. Luna, FrancoAngeli, Milano, 2010, cit., p. 110.
[9] L. Algeri, Associazione tra gli studiosi del processo penale, Verso uno statuto del testimone nel processo penale: atti del Convegno Pisa-Lucca 28-30 Novembre 2003, Milano, Giuffrè, 2005, p.227.
[10] G. Mazzoni, Psicologia della testimonianza, Carrocci editore, Roma, 2015, p.73.
[11] G.L. Fanuli, Il “vuoto di memoria” nella prova dichiarativa (scenari psicologici e rimedi giuridici), in Arch. Nuova proc. Pen. 2007, fasc. 3, cit. p. 285.
[12] B. Cavallone, A proposito dell’imperfezione delle sentenze, in Rivista di diritto processuale, 2011, fasc. 4, cit. p. 903.
[13]University of California, Los Angeles.
[14] Florida International University.
[15] Nel loro libro del 1992: Memory-enhancing techniques in investigative interviewing: the cognitive interview.
[16] Il termine si riferisce ad un’intervista individuale finalizzato al recupero della memoria.
[17] Psicologia cognitiva o cognitivista, anche nota col nome di cognitivismo è una branca della psicologia che si occupa dello studio dei processi mentali basate sul principio che la mente sia un sistema di elaborazione delle informazioni.
[18] A. D’Ambrosio, La memoria del testimone. La tecnica dell’intervista cognitiva con l’adulto e il minore. Aspetti giuridici, teorici e pratici., contributi di A. D’Avino, E. Volpe, M. Luna, FrancoAngeli, Milano, 2010, p. 203.
[19] G. De Leo, M. Scali, V. Cuzzocrea, M. Giannini, G.L. Lepri, Psicologia investigativa: una nuova sfida della psicologia giuridica, in Rassegna italiana di criminologia, 2000, fasc. 3-4, cit. p. 397.
[20] A. D’Ambrosio, La memoria del testimone. La tecnica dell’intervista cognitiva con l’adulto e il minore. Aspetti giuridici, teorici e pratici., contributi di A. D’Avino, E. Volpe, M. Luna, FrancoAngeli, Milano, 2010, p. 213.
[21]O. Campisi, La “contaminazione” della prova dichiarativa, in Diritto penale e processo, 2013, fasc. 5, cit. p. 612.

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Alessia Aversa

Scopre presto la sua passione per la scrittura, così la coltiva iscrivendosi al Liceo Classico. Durante gli studi liceali, viene selezionata per effettuare due brevi programmi operativi nel Regno Unito, tra cui stage lavorativo presso un ufficio di consulenza d'affari. Consegue la maturità classica con il massimo dei voti, elaborando la Tesi: "La parola come strumento di accesso relativistico alla realtà" e dimostrando già un’attenzione particolare per le potenzialità performative delle parole. Frequenta la Facoltà di Legge dell'Università degli Studi di Bari "Aldo Moro" e sostiene esami extra-curriculari in psicologia sociale e filosofia morale. Consegue la Laurea in Giurisprudenza Magistrale cum laude e menzione alla carriera accademica, discutendo la Tesi in Diritto Processuale Penale: "La manipolazione della memoria del testimone". In quest'ultima confluiscono non solo studi giuridici relativi all'istituto della testimonianza ed alla cross-examination, ma anche studi -da autodidatta- di psicologia della testimonianza, scienza della memoria e neuroscienze. Anche in materia testimoniale, sottolinea la rilevanza delle potenzialità delle parole, in quanto tese alla ricostruzione della verità processuale. Iscritta al Registro Praticanti Avvocati dell'Ordine di Bari, svolge la pratica forense presso uno Studio Legale che opera in ambito civile e penale, fornendo anche consulenza a società.E' selezionata come tirocinante per l'ufficio legale e contenzioso di ARPA Puglia, dove attualmente svolge un'attività intensa e proficua.

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