L’esclusione dell’operatore economico per vendita di prodotti extra UE

L’esclusione dell’operatore economico per vendita di prodotti extra UE

Il nuovo codice appalti, entrato in vigore, il 1 luglio u.s. è nuovamente oggetto di attenzione della giurisprudenza amministrativa, stante anche le ripercussione di quanti, specie gli operatori del diritto e del mondo della contrattualistica pubblica che devono lavorarci ogni giorno.

Oggetto della pronuncia del Tar di Catania del 28.09.2023 n.01125 è l’articolo 137 del codice degli appalti secondo cui: “Qualsiasi offerta presentata per l’aggiudicazione di un appalto di forniture può essere respinta se la parte dei prodotti originari di Paesi terzi, ai sensi del regolamento (UE) n. 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, supera il 50 per cento del valore totale dei prodotti che compongono l’offerta”.

Nel caso concreto la società lamentava una mancata motivazione circa il respingimento della propria offerta; in particolare l’operatore economico sosteneva che la stazione appaltante avesse dovuto motivare il respingimento della sua offerta e che il comportamento della stessa stazione appaltante era contraria ai principi di massima partecipazione e proporzionalità.

Aggiungeva, inoltre, che la legislazione italiana nel recepimento della direttiva comunitaria avesse ancor di più aumentato il gap tra prodotti UE e quelli extra UE. Questo secondo punto viene respinto dal giudice amministrativo rilevando la sua infondatezza in quanto: la corretta applicazione del diritto comunitario si pone con chiarezza, univocità ed evidenza tale da non dare adito a nessun ragionevole dubbio interpretativo.

Venendo all’esame del primo ed unico motivo che giunge alla trattazione, il giudice amministrativo si sofferma sulla portata della norma del codice degli appalti, confermando la sua adiacenza ai dettami del diritto unionale. Infatti l’articolo 137 cda non obbliga la stazione appaltante a motivare il respingimento dell’offerta contenente prodotti extra UE superiori al 50% bensì a motivare, al contrario, il mancato respingimento dell’offerta; tale obbligo realizza, come si legge nella relazione di accompagnamento al codice, il principio di derivazione comunitaria del c.d. ”comply or explain”.

La logica “escludente” dell’art. 85 della Direttiva 2014/25/UE possa costituire la regola mentre l’opposta ammissione dell’operatore straniero costituisca l’eccezione è, del resto, ulteriormente confermato dal disposto del terzo paragrafo dello stesso articolo 85, ove si legge che, in caso di equivalenza tra due offerte, se una “può” essere respinta ai sensi della disposizione in oggetto l’altra “viene preferita”.

Il giudice continua nella sua analisi del testo della norma in commento ed evidenzia come le due opzioni di “escludere” o “ammettere” un’offerta concernente prodotti originari di Paesi terzi che non soddisfano i requisiti richiesti dalla norma non sono poste dal legislatore europeo sullo stesso piano; conseguentemente, il testo dell’art. 137 del d.lgs. 50/2016 non costituisce un “travisamento” o “un erroneo recepimento della disposizione eurounitaria”, come sostenuto dall’odierna ricorrente, ma anzi ne esalta maggiormente la matrice ispiratrice, la quale risulta ancorata alla ferma tutela della concorrenza e della par condicio tra gli operatori del mercato.

Tale precipitato non è di poco conto, anzi dimostra che non vi alcun pregiudizio in capo agli operatori economici che si avvalgono di forniture di prodotti extra UE; inoltre il giudice amministrativo rileva come anche sotto il profilo di “impegno” di risorse e tempo dato che una granitica giurisprudenza non rinviene nella partecipazione ad una gara da parte degli operatori economici alcun “importante” sacrificio.

Importante è la ricostruzione teleologica dell’articolo 137, questo ha quale ratio quella di garantire condizioni minime di tutela della par condicio tra le imprese che partecipano alle gare sul mercato degli appalti comunitari, con specifico riferimento ai casi in cui le forniture abbiano ad oggetto prodotti originari di Paesi terzi; in particolare essa costituisce “una forma specifica di tutela del generale e fondamentale principio della par condicio, che viene messo a rischio di lesione quando vengono offerti beni prodotti in paesi terzi con costi di produzione molto bassi e regole di mercato ben più competitive.” Tale assunto giurisprudenziale è corroborato dalla delibera ANAC (Delibera n. 696 del 3 luglio 2019).

Infine il TAR di Catania rammenta che un granitico orientamento giurisprudenziale lascia nella piena discrezionalità della stazione appaltante la determinazione del contenuto del bando di gara; quest’ultimo rappresenta espressione del potere discrezionale dell’Amministrazione; la cui scelta è, salvo non sia ictu oculi manifestamente irragionevole, arbitraria, sproporzionata, insindacabile da parte del  giudice amministrativo (Consiglio di Stato sez. III, 01/02/2022, n. 707).


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