Obbligo timbrature per il datore di lavoro privato

Obbligo timbrature per il datore di lavoro privato

L’art. 39, c. 1 del d.l. 112/2008 convertito nella L. 133/2008 prevede che “Il datore di lavoro privato, con la sola esclusione del datore di lavoro domestico, deve istituire e tenere il Libro unico del lavoro nel quale sono iscritti tutti i lavoratori subordinati, i collaboratori coordinati e continuativi e gli associati in partecipazione con apporto lavorativo. Per ciascun lavoratore devono essere indicati il nome e cognome, il codice fiscale e, ove ricorrano, la qualifica e il livello, la retribuzione base, l’anzianità di servizio, nonché le relative posizioni assicurative”. Il comma 2 aggiunge che “Il Libro unico del lavoro deve contenere un calendario delle presenze, da cui risulti, per ogni giorno, il numero di ore di lavoro effettuate da ciascun lavoratore subordinato, nonché l’indicazione delle ore di straordinario”.

Questa disciplina nulla prescrive in capo al datore di lavoro circa l’indicazione degli orari di entrata e di uscita, ma semplicemente riportare nel Libro unico le ore lavorate da ciascun dipendente.

Il problema pratico che gli organi ispettivi hanno dovuto affrontare, consegue dalla scarna normativa in materia. Per esempio, al fine di verificare l’esatta corrispondenza tra le ore effettivamente lavorate ed eventuali scritturazioni fittizie, soccorre l’art. 14 del d.lgs 124/2004, il cui comma 1 così dispone: “Le disposizioni impartite dal personale ispettivo in materia di lavoro e di legislazione sociale, nell’ambito dell’applicazione delle norme per cui sia attribuito dalle singole disposizioni di legge un apprezzamento discrezionale, sono esecutive”.

Inoltre, parafrasando l’art. 4 dello Statuto dei lavoratori, il cui comma 2 asserisce che le disposizioni che interessano gli impianti audiovisivi e di controllo non si applicano agli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa e agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze, rileva come nel luogo di lavoro vi debba essere un sistema (sia esso cartaceo o informatico) atto a stabilire gli accessi e le presenze dei lavoratori subordinati.

Il Consiglio di Stato, con la pronuncia 2210/2015, in relazione al controllo del rispetto delle disposizioni impartite in materia di orario di lavoro, riposi settimanali, pause di lavoro e lavoro notturno quali, ad esempio la disposizione di cui all’art. 7 del d.lgs. 8 aprile 2003, n. 6 laddove si stabilisce che “…il lavoratore ha diritto a undici ore di riposo consecutivo ogni ventiquattro ore”; ovvero la disposizione di cui al successivo art. 8, primo comma, dello stesso decreto laddove è stabilito che “qualora l’orario di lavoro giornaliero ecceda il limite di sei ore il lavoratore deve beneficiare di un intervallo per pausa (…) ai fini del recupero delle energie psico-fisiche e dell’ eventuale consumazione del pasto” evidenzia che se questa è la funzione, è ovvio che un’ indicazione nel libro unico del quantitativo complessivo delle ore lavorate per ciascun lavoratore non consente all’amministrazione di adempiere ai compiti di controllo che la legge le assegna, giacché tale indicazione complessiva non le consente di controllare se effettivamente il lavoratore abbia potuto beneficiare di pause intermedie ovvero di riposi giornalieri di almeno undici ore consecutive. Deve pertanto ritenersi che l’Amministrazione alla quale sono stati affidati tali compiti possa impartire agli operatori prescrizioni esecutive che, specificando quanto già imposto in via generale dalle legge, siano funzionali ad un proficuo espletamento delle proprie funzioni di controllo.

Il Consiglio di Stato motiva così la propria statuizione: “La vicenda in esame può riassumersi nella seguente esemplificazione. I ricorrenti sostengono che, in un foglio di lavoro, nel quale sono indicati, giorno per giorno, i dipendenti della società, al fine di annotare la relativa prestazione lavorativa, debba essere occupata una sola colonna, con l’indicazione delle ore lavorate giornalmente. L’amministrazione richiede, invece, che in luogo di una sola colonna, ne siano previste due, contenenti, rispettivamente, l’orario di inizio e di fine della prestazione lavorativa, dalle quali, per sottrazione, si ottiene il numero di ore lavorate giornalmente. La Sezione ritiene che tale adempimento sia così poco oneroso da poter essere chiesto alla società anche in ragione dell’assenza di modelli vincolanti, approvati anche da norme di carattere regolamentare, non richiamati in alcun modo dai ricorrenti”.

Per quanto riguarda il rifiuto del datore di lavoro di presentare le timbrature agli ispettori, l’art. 13 del d.lgs. 124/2004 dipana ogni dubbio in merito: il personale ispettivo accede presso i luoghi di lavoro nei modi e nei tempi consentiti dalla legge. Alla conclusione delle attività di verifica compiute nel corso del primo accesso ispettivo, viene rilasciato al datore di lavoro o alla persona presente all’ispezione, con l’obbligo alla tempestiva consegna al datore di lavoro, il verbale di primo accesso ispettivo contenente (…) ogni richiesta, anche documentale, utile al proseguimento dell’istruttoria finalizzata all’accertamento degli illeciti.

L’art. 6 D.M. 9 luglio 2008 sancisce l’obbligo per il datore di lavoro della conservazione del Libro unico del lavoro per la durata di 5 anni dalla data dell’ultima registrazione. Non rileva, pertanto, la tenuta dei cartellini, poiché privi di qualsiasi valore legale.

Riassumendo, il combinato disposto della normativa citata e, senza soffermarsi troppo sulla sentenza del Consiglio di Stato, dimostra come il datore di lavoro deve conservare per legge il Libro unico del Lavoro per la durata di cinque anni, mentre i cartellini dei dipendenti non hanno alcun valore legale.

Tuttavia, la tenuta dei cartellini è consigliata al datore di lavoro, poiché, in caso di ispezione, è in grado di dimostrare il reale ed effettivo monte ore lavorato dai dipendenti. La tenuta delle timbrature si rivela così uno strumento idoneo a comprovare quanto, in maniera più stringata e del tutto sommaria, è presente nel Lul.

Nel caso in cui, come nella fattispecie illustrata dalla sentenza del Consiglio di Stato già citata, gli organi ispettivi diffidassero il datore di lavoro di dotarsi di un sistema “a due colonne”, al fine di veder rappresentata l’effettiva durata della giornata lavorativa dei dipendenti, registrando in tal modo l’entrata e l’uscita, esso deve rispettare le indicazioni impartite dagli organi ispettivi.

Gli organi ispettivi possono, ai sensi dell’art. 13 L 689/81 avere accesso alle varie scritturazioni al fine di accertare un’eventuale violazione. Ciò sta a significare che se il datore di lavoro conserva i cartellini dei dipendenti e l’ispettore chiede di visionarli, questi devono essere messi a disposizione dell’autorità richiedente.

 

 

 

 

 


Sitografia
Il “nuovo” potere di disposizione dell’ispettore del lavoro. Una prima lettura – Ius in itinere
LE ISPEZIONI IN AZIENDA: poteri e limiti del personale ispettivo (informaimpresa.it)

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