Una chiave di lettura della politica: il carisma

Una chiave di lettura della politica: il carisma

Un tema centrale, quello della politica, nella storia delle nazioni e dei popoli, che può essere indagato alla luce della funzione assolta dal carisma, del quale si intende qui delineare i lineamenti, nonché l’elaborazione di idee, pensieri, teorie che ne hanno interessato lo sviluppo.

Il carisma configura una vera e propria funzione normativa, in seno alla quale la filosofia non si riduce a mero deposito di concetti e valori a fondamento della teoria del diritto, ma strumento in grado di sondare e conciliare il dialogo tra la legge e gli altri ordinamenti sociali. L’antica nozione di carisma è stata riportata in auge dalla fine del diciannovesimo secolo dalle culture giuridica, politica e sociologica. Pertanto, possiamo ora delineare le tappe del nostro excursus, chiedendoci, in primis, quale sia la definizione di carisma; in secondo luogo, come si configura il potere carismatico e, pertanto, quali fattori ne determinino la genesi; in terzo luogo, quale sia il ruolo e la posizione assunti dai seguaci di un leader carismatico; in quarto stato, come il carisma si affermi quale forza rivoluzionaria e volano di cambiamento; in ultima istanza, come si pone il problema principale afferente al carisma, ovverosia come possa avverarsi il processo di routinizzazione e di trasmissione della leadership carismatica da un’autorità ad un’altra e attraverso quali metodi esso venga tramandato.

La distinzione tra differenti tipologie di potere ed autorità può essere dettata dall’esistenza di regole, di carattere universale e, dunque, impersonali; così come dalla presenza di un individuo che spicchi come figura di riferimento. Nel momento in cui sono le regole a svolgere il ruolo nevralgico in un determinato sistema, si afferma un potere legale-razionale, che esplica la propria identità mediante il ricorso alla burocrazia. Ciò può avvenire, più specificamente, tanto negli ordinamenti moderni liberal-democratici quanto in quelli non permeati dalla democrazia che, seppur in misura nettamente diversa, si ergono parimenti su regole di legge. Difatti, esistono regime autoritari ove vige il governo della legge, che risulta essere amministrato ed implementato, ma ciò non comporta automaticamente che l’autorità legale-razionale identifichi una democrazia liberale. Significa esclusivamente che in siffatto sistema viene riconosciuto un ruolo alla legge, nonostante possa esserci un leader a capo di un regime non democratico. La democrazia, nel modo in cui risulta essere concepita nell’epoca contemporanea, è un fenomeno piuttosto recente. Il suffragio universale, che si assume oggi come un pilastro dei moderni ordinamenti giuridici del mondo occidentale, solo dopo la Seconda guerra mondiale è divenuto la forma con la quale più tipicamente viene manifestato il consenso inerente alla sfera politica. Dunque, la democrazia liberale è una conquista recente, mentre il potere legale-razionale non lo è. Una vivida testimonianza è rappresentata dalla costellazione composta dagli innumerevoli complessi normativi, imperniati sulla legge, che hanno permeato la storia del diritto medievale e moderno, ai quali non corrispondeva affatto l’istituzione di una democrazia liberale, con le caratteristiche che ad oggi le sono proprie. Ciò significa che la legge può avere un proprio dominio anche in assenza di un sistema democratico. Ad ogni modo, occorre indagare, partendo dall’analisi di un sistema nel quale si riconosce obbedienza ad un leader. Ciò può avvenire attraverso due differenti percorsi. Si obbedisce in quanto la tradizione, di cui si avvalora la dimensione sacrale, colloca un determinato soggetto in una posizione tale per cui ad egli si deve siffatta obbedienza; oppure, si è condotti all’obbedienza perché in un individuo si rinvengono peculiarità chiaramente di natura carismatica. Storicamente, sono state due grandi forme a spiccare: l’autorità tradizionale, destinata a divenire, per il tramite del processo di razionalizzazione, autorità legale-razionale; nonché l’autorità carismatica, sovente rappresentativa di una fase di transizione. L’autorità carismatica promana da un leader carismatico in grado di ergersi ed emergere in tempi caratterizzati da allarmanti carenze, disperazione, precarietà e da un urgente desiderio di reale cambiamento. Il soggetto che qui rileva, al quale i seguaci riconoscono l’essere ammantato di qualità straordinarie, conserva il diritto di dispiegare legittimamente il proprio potere, la propria autorità, sino a che tale riconoscimento effettivamente continua a concretizzarsi. Nel momento in cui esso dovesse venir meno, si sgretola il fondamento sul quale poggia la legittimazione della sua autorità. Abbiamo, in questo modo, delineato un quadro generale.

Ci accingiamo, ora, a comprendere cosa definisca il termine “carisma”. Il primo ad avvalersi del presente concetto fu San Paolo, nelle lettere che egli rivolse ai Romani e ai Corinzi. Con tale nozione – che deriva dal greco χάρις – egli identificò l’estrinsecazione, nell’uomo, della grazia divina nell’ambito della comunità cristiana. Pertanto, tale veniva qualificato il possesso di virtù, da parte di taluni membri, di carattere sì straordinario da essere ritenute evocative nella società di riferimento, irradiata da tali benefici. La ricostruzione, più specificamente, veniva avvalorata dalle figure di apostoli e profeti. Secondo tale concezione, strettamente connessa alla sfera teologica, di carisma si poteva disquisire con riferimento a quelle virtù sovraumane, proprie di taluni individui, in ragione delle quali essi avevano instaurato con il proprio Dio un rapporto intimamente esclusivo. Di conseguenza, a differenza degli altri esseri umani, essi, potendo in certa misura dialogare con Dio, potevano interpretare i segni della sua volontà e, in questo modo, renderne partecipe il popolo. Dunque, nelle definizioni più risalenti, il carisma inerisce ai personaggi più significativi nella storia delle religioni, come Gesù, Mosè, Maometto. Tale concezione rimase in vigore sino a quando il sociologo Max Weber, attivo dalla fine del 1800 sino al 1920, anno della sua morte, non provvide ad emanciparla da tale legame, concependo una teoria del carisma che, a partire da quel momento, considerò ulteriori realtà sociali. Weber, difatti, estese il significato di tale termine. Asserendo che il carisma è determinato “da una certa qualità della personalità di un individuo, in virtù della quale egli si eleva dagli uomini comuni ed è trattato come uno dotato di poteri o qualità soprannaturali, sovraumane”, egli avvalora la concezione classica, ma compie un ulteriore step, superandola, nel momento in cui specifica che tali qualità e poteri possono altresì essere anche “quanto meno specificamente eccezionali […] o esemplari, e sulla loro base l’individuo in questione è trattato come un leader”. Così egli ha affermato che, per poter parlare di carisma, non è necessario credere che in un determinato individuo si riveli un’aura divina; è sufficiente ritenere che egli abbia abilità e qualità esemplari, per le quali venga contemplato come leader.

Ciò induce a chiederci quale sia la fonte, l’origine del carisma. Essa si rinviene nel riconoscimento. È opportuno che il carisma venga riconosciuto. Esso trae la propria origine e la propria forza dalla relazione interpersonale esistente tra leaders e comunità. Il carisma, con Weber, non resta più confinato al dono della grazia concesso da Dio a specifici soggetti, ma è direttamente instaurato da coloro che sono sottoposti ad una autorità. Coloro che supportano il leader carismatico sono generalmente considerati come seguaci o discepoli. Essi profondono estrema dedizione nei confronti del leader. Quest’ultimo è in grado di provocare eccitazione in seno alla comunità e, così facendo, gli individui sentono di far parte di un gruppo, nel quale essi sono seguaci, o discepoli. Si pensi alla figura di Martin Luther King. Egli è stato certamente un leader carismatico, in grado di parlare e muoversi tra le genti, di dar voce alle loro ingiustizie, ai loro sentimenti, di accenderne l’entusiasmo e il desiderio di riscatto.

È importante notare, come ben evidenziato da Weber, che il riconoscimento del carisma può venire meno. Laddove il leader si lasci travolgere troppo a lungo dal successo e la fama proiettati sulla sua figura, molto probabilmente l’autorità carismatica verrà meno. Qualora egli, difatti, non riesca a realizzare il cambiamento, la rivoluzione di cui doveva essere autore, in quanto oggetto della promessa rivolta alla comunità, questa può sottrarsi dal continuare ad ascrivergli il carisma. In questo modo egli diviene semplicemente un individuo ordinario, nella misura in cui non gli è più riconosciuta l’aura carismatica. Per conservare la propria autorità, dunque, è fondamentale che il leader carismatico dia un seguito, una effettiva concretizzazione, a quanto promesso. Il carisma è profondamente radicato nella situazione nella quale la comunità eleva il proprio leader. Nel momento in cui ci si trova di fronte a realtà disperate, pressoché irrisolvibili, si confida nella forza di un leader carismatico, che viene così riconosciuto perché si ritiene che egli possa intervenire, inibendo o eliminando tali ostilità. Si concentrano, difatti, nella definizione dell’aura carismatica la speranza, il cambiamento, il riscatto. Questi sono elementi tipici dell’agire di un leader carismatico. C’è un carattere di urgenza, di estremo bisogno e di necessità che caratterizza le situazioni nelle quali gli individui sentono di dover contare su una leadership; motivo per il quale attendono e confidano in un leader carismatico, al quale affidare tale autorità. Il problema sorge quando tali non leader non concretizzino quanto promesso, quando non riescono a perpetuare attorno a sé il consenso della comunità e dei propri seguaci.

La posizione della comunità dei seguaci assolve ad un ruolo fondamentale nella nostra ricostruzione. Weber specificò come il più delle volte siano i legami affettivi a fondare e tenere uniti i seguaci di un leader carismatico; e in questo modo essi danno vita ad una comunità definita da tale appartenenza emotiva. Nell’essere parte di una siffatta comunità, ciascun membro nutre una personale devozione nei confronti del leader ed è pervaso da entusiasmo. Questo entusiasmo può essere sintomo della disperazione che affligge i membri della comunità; membri che confidano nell’abilità del leader nel colmare un vuoto e risolvere le presenti avversità. Leader carismatici come Fidel Castro e Aung San Suu Kyi si sono affermati, più specificamente, in questo modo. Si trattava di comunità provate da violente umiliazioni, alla disperata ricerca di un cambiamento radicale della società e delle istituzioni; e, dunque, di una figura che li avrebbe traghettati fuori da una realtà infernale.

È altrettanto interessante notare come nelle comunità carismatiche prevalga, seppure possa esserlo in minima parte, l’elemento della gerarchia, e non quello della burocrazia. La comunità seguace di un leader carismatico, sovente, non opera in ragione della percezione di un salario o del conseguimento di un proprio beneficio personale. Si pensi ai corpi di volontari impegnati a supportare i leaders politici. Il loro operato è motivato dal fatto che essi sposano una causa, a tal punto da sacrificare e donare il proprio denaro e il proprio tempo. Secondo Weber, il carisma, quale fattore straordinario, si pone a fondamento di un’autorità carismatica, nettamente distante dalle autorità legale-razionale e tradizionale. Per il suo tramite emerge, così, qualcosa di irrazionale, nella misura in cui il potere carismatico si afferma in modo estraneo rispetto a tutti gli ordini, normativi ed istituzionali, precostituiti. Difatti, poiché il leader carismatico si trova nella posizione che gli è propria? Proprio per generare un cambiamento. Il cambiamento implica un nuovo ordine, una nuova realtà, fondati su uno schema di cui ancora non si conoscono strutture e dominio. Laddove l’autorità carismatica operi attivamente, provoca una scossa tanto profonda all’ordine precostituito. Se si pensa a figure come Nelson Mandela e Martin Luther King, è fondamentale cogliere come essi siano stati leader carismatici che hanno interagito nell’ambito di un sistema legale-razionale. Certamente, l’ostacolo più arduo da affrontare, per un leader carismatico che si opponga ad un ordine così eretto e concepito, è dar vita ad una rivoluzione. Difatti, in questi casi, il leader non può semplicemente dichiarare che a partire da un determinato momento si dovrà far riferimento ad una nuova realtà, imperniata su nuove e differenti regole e istituzioni, ma egli dovrà trovare la chiave, il modo di realizzare la rivoluzione attesa dalla comunità, confrontandosi e superando la realtà istituzionale e fattiva preesistente. Storicamente, un trascorso differente si ebbe con figure come Lenin. A capo della rivoluzione voluta dal popolo russo, egli fu il fautore della genesi dell’URSS. Non fu guidato da regole preesistenti, ma fu egli stesso a concepirne di nuove, dando vita ad una nuova realtà.

Veniamo così a considerare il carisma come una forza rivoluzionaria. Weber disse che è sempre nelle epoche dominate da autorità tradizionali che il carisma si svela come la più rivoluzionaria delle spinte. Difatti, nelle società moderne fondate sull’autorità legale-razionale, non è tanto il carisma, quanto piuttosto le innovazioni tecnologiche, così come sistemi che si riproducono in modo periodico, come le elezioni politiche, a generare in seno ad esse, in modo graduale e non radicale, definitivo ed improvviso, cambiamenti. Il passaggio più drastico si ha nel momento in cui venga meno il potere di un’autorità tradizionale, a favore di un differente tipo di autorità, così come quando si intende cambiare l’assetto di valori costitutivi di una specifica tradizione, volendo attuarne un’altra. In tali frangenti, si afferma il bisogno di leader carismatici. Così Weber giunse alla conclusione che la razionalizzazione, che definisce il cambiamento della società attraverso il ricorso alla burocrazia, costituisce la prima forza rivoluzionaria. Ma nei moderni sistemi burocratici, la rivoluzione si attua dall’esterno. Si pensi alla rivoluzione tecnologica, che ha investito ogni tipo di realtà e che ha determinato la comparsa di un nuovo linguaggio, di cui milioni di cittadini si avvalgono quotidianamente. Si è trattato di un qualcosa proveniente dal mondo esterno. Il carisma, invece, determina una rivoluzione operando dall’interno, agendo sulla sfera interiore ed emotiva degli individui. Ciò che di fatto il carisma è in grado di realizzare è il cambiamento del sistema di valori che si considerano consolidati all’interno di una data comunità. I leader carismatici riescono a persuadere i seguaci dell’esistenza di un sistema di valori, che si assume essere in netta contrapposizione con il complesso valoriale ed istituzionale sino ad allora accreditato. Dunque, si può affermare come la leadership carismatica possa operare non solo nell’ambito di contesti dominati dall’autorità tradizionale. È noto come leader carismatici, strenui oppositori di autorità legali-razionali, abbiano svolto un ruolo determinante nel provocare un cambiamento reale, non effimero, del sistema dei valori vigenti in pluralità di ordinamenti. Si pensi ai movimenti sorti a tutela dei diritti civili. I loro membri, con dedizione, sacrifici ed estenuanti battaglie, sono riusciti a far breccia in assetti che per millenni sono stati caratterizzati da ingiuriosi pregiudizi, discriminazioni e privazioni della dignità. E grazie a leader carismatici ed attive comunità di seguaci, si è avverato un ripensamento delle idee di sesso e razza, che ha sovvertito completamente il modo di concepire il relazionarsi tra individui. In questi trionfi storici, emblematico è stato il ruolo dei leader carismatici, a capo e difesa di tali movimenti. Ritornando a Martin Luther King, è in nome del suo coraggio e del suo sogno di poter vivere in una società libera da ogni pregiudizio, odio, intolleranza e discriminazione razziale che sono stati compiuti innumerevoli passi in tale direzione. Ed è così che egli ha contribuito a far sì che il mondo avvalorasse una nuova visione, nella cui dimensione è concepito il riconoscimento fondamentale dei diritti civili. Si coglie immediatamente come quanto detto si ponga in netto contrasto con la routine. Nel modello carismatico, tutto viene compiuto con la volontà di sovvertire lo status quo. Nel suo opporsi all’ordine costituito, nella mutevolezza del suo assetto, il sistema carismatico rivela la sua forza e, al contempo, la sua più grande debolezza. Giacché, per penetrare a fondo nella realtà sociale, per divenire permanente, è fondamentale che esso affronti un cambiamento, con il quale divenga fattore costitutivo di un archetipo tradizionale o razionale-legale.

Si perviene in questo modo all’ultimo dei presenti quesiti. Quando si affronta il tema della routinizzazione del carisma, ci si domanda, anzitutto, cosa accade nel momento in cui viene meno un leader carismatico. Il carisma di un leader ispiratore può tradursi nella concreta istituzione di un’organizzazione formalizzata da strutture e schemi di azioni proprie? Egli può essere sostituito? La questione è complessa. Vengono in rilievo differenti criteri di successione. Il primo è rappresentato dalla ricerca; il secondo dalla rivelazione; il terzo dalla designazione da parte del leader fondatore del movimento; il quarto dalla designazione da parte della comunità di seguaci, considerata depositaria del potere di procedere alla nomina del futuro leader carismatico; infine, l’ereditarietà. In che modo è possibile, dunque, far sì che un sistema carismatico possa continuare ad esistere?

Quando si parla di ricerca, si conferisce validità al rinvenimento di un soggetto che, in qualità delle virtù in esso innate e manifestate, sia accolto come colui che possa effettivamente portare avanti il progetto al centro del programma del sistema carismatico di riferimento; ne costituisce esempio il sistema di successione inerente alla figura del Dalai Lama. Ulteriore modalità di successione è la rivelazione. Di rivelazione si è per molto tempo parlato con riferimento a pratiche e rituali, ritenuti evocativi nel dichiarare la presenza del futuro leader carismatico ed il cui accesso risultava essere riservato a pochi ed eletti individui. Si pensi al ruolo storicamente assunto dagli oracoli. Nell’epoca contemporanea, un simile compito è affidato alla stampa, ai mass media e ai professionisti della comunicazione, capaci di cogliere i tratti della personalità che propriamente potrebbero far emergere una persona in virtù del suo carisma. Si pensi alla fascinazione delle rock star, alimentata e rinvigorita da stampa e mass media. Un terzo criterio di successione è la designazione voluta personalmente dal leader originario. Un esempio paradigmatico è rappresentato dalla scelta intrapresa dal Presidente del Venezuela, Hugo Chávez, che personalmente consacrò Nicolas Maduro come suo erede politico. Un leader può, in quarto luogo, essere scelto da un organo direttamente preposto all’espletamento di tale compito. Si pensi all’elezione del Pontefice, a capo della Chiesa cattolica romana. Ogniqualvolta un Papa muoia o abdichi, viene convocato il conclave di cardinali affinché essi eleggano il Romano Pontefice che, secondo il giuramento pronunciato nel corso della fase iniziale, “si impegnerà a svolgere fedelmente il munus Petrinum di pastore della Chiesa universale e non mancherà di affermare e difendere strenuamente i diritti spirituali e temporali, nonché la libertà della Santa Sede”. Per i cardinali, così riuniti nella Cappella Sistina della Basilica di San Pietro in Vaticano, vige l’obbligo di permanenza, sino al momento in cui essi non convergono su un accordo, pervenendo alla decisione consensuale inerente all’elezione del nuovo Papa. Rispetto a tale figura, si parla di “carisma di ufficio”. Ci si aspetta, difatti, che colui al quale venga affidata una tale missione, sia un leader carismatico, all’altezza del ruolo, in ragione delle peculiarità caratteristiche di una posizione, che reca spontaneamente con sé la valenza carismatica. Tra i criteri di successione, infine, può spiccare un fattore ereditario, nel momento in cui prevalga una linea ereditaria definita. Qui, ben si comprende il riferimento alle monarchie ereditarie che, come affermato da Weber, sorsero in ragione delle gesta eroiche condotte da colui che fu il primo sovrano e che, attraverso la routinizzazione del suo carisma, hanno fatto sì che esso divenisse anima fondante di una istituzione tradizionale.


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Laureanda in studi giuridici. Principali campi di interesse: storia del diritto; diritto e storia del patrimonio culturale; Law and the Humanities.

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