Corte Cost. 68/2025: sì alla madre non biologica
Sommario: 1. La vicenda che arriva alla Corte – 2. Cosa ha deciso la Corte costituzionale – 3. Il cuore della pronuncia: l’interesse del minore – 4. Una riflessione finale
1. La vicenda che arriva alla Corte
Con la sentenza n. 68 del 2025, la Corte costituzionale interviene su una questione che ha assunto crescente rilevanza nella giurisprudenza e nel dibattito politico: la possibilità per una coppia di donne, che ha avuto un figlio attraverso la procreazione medicalmente assistita (PMA) all’estero, di vedersi riconosciute entrambe come madri fin dalla nascita del bambino.
Il caso nasce da un procedimento davanti al Tribunale di Lucca, nel quale il pubblico ministero aveva chiesto la cancellazione del riconoscimento effettuato dalla madre non biologica, ritenendolo contrario all’ordinamento. Di fronte a una disciplina che non contempla espressamente questa situazione, il giudice rimettente ha sollevato la questione di legittimità costituzionale, evidenziando il rischio di una violazione dei diritti fondamentali del minore e del principio di eguaglianza.
2. Cosa ha deciso la Corte costituzionale
La Corte ha dichiarato incostituzionale l’articolo 8 della legge n. 40 del 2004 – che disciplina gli effetti giuridici della PMA – nella parte in cui non consente alla madre intenzionale, cioè non biologica, ma parte del progetto genitoriale e consenziente alla PMA, di riconoscere il figlio al momento della nascita.
In origine l’art. 8 prevedeva che il figlio nato da PMA fosse considerato come figlio nato nel matrimonio oppure come figlio riconosciuto dalla coppia che aveva fatto ricorso alla PMA. Tale previsione è stata sempre interpretata in chiave restrittiva in quanto riferita unicamente alle coppie eterosessuali. Di conseguenza, in assenza di legame biologico, alla madre intenzionale non era consentito alcun riconoscimento diretto del figlio: l’unica via era quella dell’adozione in casi particolari, con i suoi tempi lunghi e la sua natura eventuale.
Secondo la Corte, questa esclusione è irragionevole e lesiva di diversi valori costituzionali, in primis del principio di eguaglianza (art. 3 Cost.), perché discrimina le coppie dello stesso sesso rispetto a quelle eterosessuali. Ma soprattutto, la pronuncia valorizza l’interesse superiore del minore, richiamando l’art. 30 della Costituzione e le fonti sovranazionali (CEDU e Carta di Nizza), che impongono allo Stato di garantire continuità e stabilità nei rapporti familiari del bambino.
La Corte dunque ritiene che l’esclusione della madre intenzionale si traduce, per il minore, in una condizione di vulnerabilità ossia lo priva di una figura genitoriale che già esercita quel ruolo e lo espone ad incertezza giuridica, proprio nel momento in cui il legame affettivo si è già formato.
3. Il cuore della pronuncia: l’interesse del minore
Ciò che rende questa sentenza davvero significativa è il punto di vista adottato: la centralità dell’interesse del minore come criterio guida. La Corte afferma con chiarezza che il figlio ha diritto a una relazione giuridicamente riconosciuta con entrambi i genitori che lo hanno voluto e cresciuto, indipendentemente dal dato biologico o dall’orientamento sessuale della coppia.
È un passaggio culturale importante: la genitorialità non è più solo un fatto di natura, ma diventa anche – e sempre più – una questione di responsabilità condivisa, di progetto comune, di relazione affettiva e stabile. In questo senso, la Corte si allinea alle evoluzioni giurisprudenziali europee e internazionali.
4. Una riflessione finale
Con questa sentenza, la Corte costituzionale conferma il suo ruolo di garante dei diritti fondamentali, soprattutto quando il legislatore tarda a prendere posizione. In assenza di una disciplina aggiornata e inclusiva, è il giudice delle leggi che assicura tutela al minore e riconoscimento alla pluralità delle forme familiari oggi esistenti.
È un messaggio chiaro: la giustizia costituzionale non è un gioco formale, ma uno strumento vivo, chiamato a rispondere ai bisogni delle persone reali, in contesti in continua evoluzione.
Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
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Fabiana Cavicchia
Giurista.
Specializzata in Diritto Amministrativo presso la Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali dell’Università degli Studi di Napoli Federico II.
Laureata in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II, con tesi finale in Prevenzione della corruzione e trasparenza nella pubblica amministrazione.
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