Corte Cost. 69/2025: PMA e donne singole

Corte Cost. 69/2025: PMA e donne singole

Nota breve a Corte Cost. n. 69 del 2025

Sommario: 1. Introduzione – 2. Il quadro normativo e la questione sollevata – 3. Le argomentazioni delle parti e degli intervenienti – 4. La motivazione della Corte – 4.1 Ammissibilità e perimetro della decisione – 4.2 Principio di precauzione e discrezionalità legislativa – 4.3 Autodeterminazione e diritto alla vita privata – 4.4 Non omogeneità delle situazioni giuridiche – 4.5 Il profilo economico e il ricorso all’estero – 5. Conclusioni

 

1. Introduzione

Con la sentenza n. 69 del 2025, la Corte Costituzionale è nuovamente intervenuta sulla legge n. 40 del 2004 in materia di procreazione medicalmente assistita (PMA), rigettando le censure sollevate contro l’art. 5 della stessa, nella parte in cui esclude l’accesso alla PMA per le donne singole. La questione, di grande impatto etico, sociale e giuridico, investe il tema dell’autodeterminazione nelle scelte riproduttive e il bilanciamento tra gli interessi individuali e tutela del nascituro.

La Corte ha riaffermato un approccio prudente e deferente verso il legislatore, pur riconoscendo l’evoluzione dei modelli familiari e l’apertura verso nuove configurazioni genitoriali.

2. Il quadro normativo e la questione sollevata

L’art. 5 della legge n. 40 del 2004 consente l’accesso alla PMA unicamente alle coppie maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi; in virtù di ciò il Tribunale di Firenze ha sollevato questione di legittimità costituzionale di tale disposizione, nella parte in cui esclude le donne singole, ritenendola lesiva di numerosi parametri costituzionali ossia degli artt. 2, 3, 13, 32 e 117 co. 1 Cost e sovranazionali.

La questione è sorta in seguito al rifiuto, da parte di un centro specializzato, di ammettere una donna singola all’accesso alla fecondazione eterologa, sulla base del divieto legislativo vigente.

3. Le argomentazioni delle parti e degli intervenienti

La parte ricorrente ha lamentato la lesione del diritto all’autodeterminazione procreativa, la discriminazione tra coppie e persone singole, e l’incidenza del divieto sulla salute psico-fisica della donna, in relazione al fattore tempo e alla sua fertilità. Ulteriore profilo evidenziato è la disparità economica: solo le donne facoltose possono accedere alla PMA all’estero.

Di segno opposto le argomentazioni del Presidente del Consiglio dei Ministri: l’accesso alla PMA è inteso come strumento terapeutico per superare le patologie dell’apparato riproduttivo e la finalità della legge è coerente con la tutela del nascituro all’interno di un contesto bigenitoriale.

4. La motivazione della Corte

4.1 Ammissibilità e perimetro della decisione

La Corte così compie una triplice operazione: respinge le eccezioni dell’Avvocatura generale dello Stato, dichiara inammissibili le censure fondate sull’art. 13 Cost. e sugli artt. 3,7,9 e 35 ss. della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, per carenza di motivazione e difetto di rilevanza nel giudizio a quo; ha ritenuto invece ammissibili e da esaminare nel merito le questioni fondate sugli artt. 2,3,32 e 117 Cost.

Il Presidente del Consiglio dei Ministri aveva sollevato due eccezioni di inammissibilità: 1. che l’intervento richiesto dal giudice a quo si situasse in un ambito, ossia quello della procreazione medicalmente assistita, riservato alla discrezionalità legislativa trattandosi di temi eticamente sensibili; 2. che la decisione auspicata implicasse una pronuncia additiva- manipolativa, ritenuta inammissibile in assenza di una soluzione costituzionalmente obbligata.

La Corte respinge entrambe le eccezioni, affermando che: la riconducibilità della materia discrezionale del legislatore riguarda il merito e non costituisce causa ostativa all’esame di ammissibilità; inoltre in punto di pronunce additive, ribadisce che non è necessaria una soluzione costituzionalmente obbligata, bensì l’esistenza di precisi punti di riferimento già presenti nel sistema e costituzionalmente adeguati. In questo caso il giudice rimettente propone come riferimento il regime attualmente previsto per le coppie eterosessuali, il che rende l’intervento ipotizzato coerente e sistematicamente inseribile.

Dunque la Corte dichiara inammissibili per difetto di motivazione: la questione sollevata in riferimento all’art. 13 Cost., in materia di libertà personale, poiché il giudice si limita ad affermare la violazione della libertà di autodeterminazione, senza spiegare come la compressione di tale facoltà non corporea configuri una violazione dell’habeas corpus; e le questioni fondate sull’art. 117 co. 1 Cost., in relazione agli artt. 3,7,9 e 35 della Carta di Nizza, per non avere il giudice rimettente motivato sulla loro applicabilità, come imposto dall’art. 51 della Carta, che ne condiziona l’invocabilità al rispetto del campo di applicazione del diritto dell’Unione europea.

In entrambi i casi la Corte fa applicazione rigorosa del principio secondo cui una generica evocazione del parametro costituzionale o sovranazionale non consente di attivare il sindacato di legittimità.

Pertanto la Corte individua con precisione l’oggetto della questione, ossia osserva che l’ordinanza di rimessione non limita la richiesta di estensione dell’accesso alla PMA ai casi di sterilità o infertilità patologica, né a quelli di trasmissione di gravi malattie genetiche. Al contrario, il petitum mira ad una piena equiparazione della donna singola alla coppia eterosessuale convivente o coniugata, precisandone dei presupposti clinici. La Corte esclude espressamente la possibilità di delimitare l’eventuale accoglimento a casi selezionati di patologia; la richiesta, nella sua formulazione attuale, riguarda l’infertilità fisiologica e no patologica.

Tale precisazione ha un ruolo decisivo poiché consente alla Corte di ritenere non manifestatamente irragionevole la scelta del legislatore di riservare la PMA a situazioni di difficoltà procreativa patologica e a nuclei familiari bigenitoriali.

4.2. Principio di precauzione e discrezionalità legislativa

La Corte ha ribadito che il legislatore, in una materia eticamente sensibile come la PMA dispone di ampia discrezionalità, vincolata unicamente al rispetto del principio di ragionevolezza e proporzionalità. La legge n. 40 del 2004, nel limitare l’accesso alla PMA a coppie eterosessuali, è espressione del principio di precauzione ossia mira a garantire, in astratto, le migliori condizioni di partenza per il nascituro.

4.3. Autodeterminazione e diritto alla vita privata

L’autodeterminazione procreativa trova tutela nell’art. 2 Cost. e nell’art. 8 CEDU ma, precisa la Corte, non si configura come un diritto assoluto alla genitorialità. La compressione del desiderio genitoriale della donna singola non è manifestatamente irragionevole essendo finalizzata alla tutela preventiva del figlio non ancora nato.

4.4. Non omogeneità delle situazioni giuridiche

La Corte ha rigettai anche la censura fondata sull’art. 3 Cost e sull’art. 14 CEDU: le situazioni della donna singola e della coppia affetta da sterilità patologica non sono comparabili perché nel primo caso si tratta di infertilità fisiologica. La disuguaglianza, dunque, non è ingiustificata.

4.5. Il profilo economico e il ricorso all’estero

Quanto alla presunta discriminazione indiretta legata alla possibilità di ricorrere alla PMA all’estero, la Corte ha ribadito che la sola elusione del divieto in altri ordinamenti non rende incostituzionale la disciplina nazionale, che ben può divergere da normative più permissive.

5. Conclusioni

La Corte, con una motivazione articolata e coerente, con precedenti consolidati, ha ribadito che la disciplina della PMA è finalizzata a tutelare interessi delicatissimi, primo fra tutti quello del futuro nascituro. La mancata apertura della donna singola non è vietata dalla Costituzione ma resta una scelta di merito affidata al legislatore.

La pronuncia, pur nel suo rigore, lascia intravedere spazi per futuri interventi normativi, alla luce del mutato contesto sociale e della crescente valorizzazione delle famiglie monoparentali.


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Fabiana Cavicchia

Giurista. Specializzata in Diritto Amministrativo presso la Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali dell’Università degli Studi di Napoli Federico II. Laureata in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II, con tesi finale in Prevenzione della corruzione e trasparenza nella pubblica amministrazione.

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