Sulla donazione di enfiteusi

Sulla donazione di enfiteusi

L’enfiteusi, che trova disciplina nel Titolo IV del Libro IV del Codice Civile, viene definita come quel rapporto giuridico in base al quale il soggetto concedente e proprietario del fondo e titolare del cd. dominio diretto, accorda al soggetto enfiteuta e titolare del cd. dominio utile, il diritto perpetuo o temporaneo di utilizzazione del suolo, del sottosuolo e dei frutti del fondo, dietro il pagamento di un corrispettivo di carattere periodico e dietro l’obbligo di apportare migliorie al fondo.

Il diritto di enfiteusi è un diritto reale di godimento della cosa altrui che ha origini antiche, risalenti addirittura al mondo ellenico, infatti, il termine enfiteusi deriva dal verbo greco “enfiteuo” che vuol dire coltivare.

Tale diritto recepito dai Romani in epoca repubblicana, ma inizialmente operante solo nei rapporti pubblici, è grazie all’Imperatore Giustiniano che conosce una diretta e concreta applicazione anche nei rapporti tra privati.

Ma è soprattutto durante l’epoca delle invasioni germaniche che l’istituto in esame conosce la sua massima utilizzazione.

Gli invasori, infatti, che erano poco avvezzi alle conoscenze dell’agricoltura, ritennero opportuno concedere ai coltivatori del luogo la cura delle terre depredate e limitarsi alla percezione di canoni periodici.

Tale diritto, che ha sempre rappresentato un ottimo strumento per il proprietario di sfruttamento del suolo, oggi può dirsi caduto in desuetudine.

Nonostante tutto, però, l’enfiteusi costituisce ancora oggi un diritto che offre agli studiosi spunti critici e di riflessione.

Nel codice civile preunitario l’enfiteusi veniva annoverata nell’ambito dei contratti, invece, il codice del 1942 sul punto è rimasto silente lasciando l’arduo compito di definire la natura giuridica dello stesso agli interpreti.

La tesi di gran lunga prevalente, sia in dottrina che in giurisprudenza, qualifica da sempre l’enfiteusi come un diritto reale di godimento.

Le motivazioni a sostegno di tale tesi sono diverse: innanzitutto si evidenzia la collocazione dell’enfiteusi, da parte del legislatore storico, nell’ambito dei diritti reali di godimento, subito dopo la disciplina dell’usufrutto; si valorizza, inoltre, la possibilità di una sua temporaneità e, infine, si richiama all’articolo 959 c.c. la possibilità di attribuire all’enfiteuta la titolarità di un diritto identico a quello del proprietario.

Il diritto di enfiteusi può nascere a titolo originario e può essere costituito o trasferito a titolo derivativo, con atto inter vivos o mortis causa.

Un tema che merita di essere analizzato è quello relativo alla possibilità di dedurre l’enfiteusi in un contratto di donazione.

La donazione di enfiteusi pone senza dubbio delle perplessità.

Ai fini della breve trattazione in oggetto, appare doveroso richiamare all’attenzione la distinzione tra la costituzione ex novo del diritto di enfiteusi ed il trasferimento di un’enfiteusi già costituita, senza che ciò necessiti il pagamento di un corrispettivo.

Per quanto concerne la prima ipotesi, ovvero la costituzione ex novo di enfiteusi, la dottrina prevalente esclude che possa ammettersi questa possibilità, in quanto il negozio giuridico attraverso il quale viene costituita l’enfiteusi ha una causa onerosa del tutto incompatibile con l’attribuzione di tipo liberale caratterizzante il contratto di donazione ai sensi dell’articolo 769 c.c.

Con riferimento alla donazione di enfiteusi già esistente, invece, si ritiene non vi siano ostacoli, poiché l’arricchimento del donatario-enfiteuta già sussiste, egli ha acquistato un diritto nuovo senza pagare un corrispettivo e il donante si è impoverito privandosi di questo diritto.

Tale orientamento che ammette tale possibilità, giunge a tale conclusione, in quanto focalizza l’attenzione non sugli obblighi gravanti in capo all’enfiteuta, bensì sui benefici derivanti dall’attribuzione gratuita del diritto in questione.

Il donatario, infatti, ottiene la possibilità di utilizzare il fondo, di fare propri i frutti, di affrancare il fondo, di disporre del diritto; tutte possibilità che, chiaramente, senza la costituzione del diritto, non avrebbe.


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