Eliogabalo: un princeps tra damnatio memoriae e rilettura queer

Eliogabalo: un princeps tra damnatio memoriae e rilettura queer

Abstract. Il regno di Vario Avito Bassiano, noto come Eliogabalo (218-222 d.C.), rappresenta una delle parentesi più controverse dell’Impero Romano. Le fonti antiche e la storiografia tradizionale lo hanno condannato per i suoi presunti eccessi religiosi e la sua scandalosa performance di genere. Il presente saggio riesamina la figura di Eliogabalo attraverso una lente critica, trascendendo la dicotomia tra condanna moralistica e riabilitazione semplicistica. Attraverso un’analisi delle fonti primarie (Cassio Dione, Erodiano, Historia Augusta), delle interpretazioni storiografiche (tradizionali, revisioniste e queer) e della teoria queer contemporanea, si argomenta a favore di una comprensione più sfumata di Eliogabalo. Egli emerge come una figura paradossale, incarnazione di “eccesso” e “alterità”, che sfida le norme della romanitas e la mascolinità imperiale. L’analisi si concentra sul suo tentativo di imporre il culto del dio solare El-Gabal, sulla sua performance di genere non conforme e sulla sua damnatio memoriae. Si esplora inoltre la sua ricezione post-antica, con particolare attenzione alla sua riappropriazione come icona queer nel XX e XXI secolo. In conclusione, Eliogabalo si configura come uno specchio deformante ma lucido, che riflette le tensioni e le contraddizioni della società romana e sollecita una riflessione critica sui concetti di identità, potere e alterità attraverso i secoli.

Parole chiave: Eliogabalo, Impero Romano, damnatio memoriae, identità di genere, teoria queer, culto di El-Gabal, storiografia romana, eccesso, alterità, performance di genere, romanitas, mascolinità imperiale, ricezione post-antica.

Sommario: 1. Introduzione: l’enigma di Eliogabalo2. Eliogabalo: eccesso e alterità nella Roma imperiale3. Condanna e oblio: la damnatio memoriae e il dibattito storiografico4. Ricezione post-antica e riappropriazione: Eliogabalo nella cultura contemporanea5. Eliogabalo e altri imperatori “problematici”: un breve confronto6. Oltre la condanna e la riabilitazione7. Conclusioni

1. Introduzione: l’enigma di Eliogabalo 

L’imperatore severiano Eliogabalo (regno 218-222 d.C.) occupa una posizione singolare e destabilizzante nel pantheon imperiale romano. Le fonti classiche, segnatamente Cassio Dione, Erodiano e la Historia Augusta, lo dipingono come un’entità di inaudita depravazione, ossessionato dall’innovazione religiosa e da comportamenti sessuali trasgressivi. Questa rappresentazione negativa ha profondamente influenzato le successive percezioni storiche e culturali, portando a secoli di ostracismo morale e a una damnatio memoriae particolarmente severa. Tuttavia, gli ultimi decenni hanno visto una rivalutazione di Eliogabalo, non solo in ambito culturale e artistico, ma anche all’interno della storiografia revisionista e degli studi queer. Questo contributo intende quindi partecipare a questa continua rivalutazione, superando le semplicistiche dicotomie di condanna e riabilitazione per esplorare la complessa interazione di “eccesso” e “alterità” che definisce il regno e la persistente, seppur controversa, eredità di Eliogabalo. L’obiettivo non è né di demonizzare né di santificare l’imperatore, ma di comprenderlo nella sua complessità e ambiguità, come figura che sfida le nostre categorie interpretative e ci costringe a ripensare la storia romana da una prospettiva inedita.

2. Eliogabalo: eccesso e alterità nella Roma imperiale

La persona e le strategie politiche di Eliogabalo rappresentarono una cesura netta rispetto ai canoni imperiali romani, incarnando tanto l'”eccesso” quanto l’ “alterità” in modalità che si rivelarono profondamente perturbanti per le élites romane coeve. Come acutamente osserva Gualerzi, nei confronti di Eliogabalo si attuò un “radicale processo di rimozione”, associandolo in modo sistematico all’infamia [1]. I principali testimoni storici, Cassio Dione, Erodiano e la Historia Augusta, rimarcano con insistenza la sua presunta renitenza ad abbracciare il proprio officium politico, tratteggiandolo come un sacerdote piuttosto che come un imperatore, e ponendo in tal modo in dubbio la sua stessa legittimità [2]. Tale percepita negligenza del munus imperiale, in combinazione con la sua origine siro-orientale e il suo ruolo sacerdotale, lo ascrisse ipso facto al novero degli alieni, configurandosi quale epitome della “alterità” all’interno della compagine imperiale romana.

Le sue politiche religiose amplificarono ulteriormente tale senso di estraneità. Il tentativo di Eliogabalo di elevare la divinità solare emesena El-Gabal all’apice del pantheon romano, sovvertendo le divinità e i rituali tradizionali, fu percepito quale inaccettabile “eccesso religioso e politico” [3]. Il culto di El-Gabal, con le sue pratiche rituali considerate esotiche e “barbariche” dai Romani (inclusi, secondo alcune fonti, sacrifici umani e automutilazioni rituali), rappresentò uno shock culturale per l’establishment romano. Siffatta condotta si pose in antitesi rispetto al mos maiorum e al culto tradizionale romano, alienando l’aristocrazia senatoria e le élites egemoni che si sentirono progressivamente marginalizzate dalle sue innovative iniziative in ambito religioso [4]. Non è chiaro se Eliogabalo intendesse instaurare un vero e proprio monoteismo o un’enoteismo (la supremazia di un dio su tutti gli altri), ma il suo tentativo di imporre un culto straniero al vertice del pantheon romano fu comunque percepito come una minaccia all’ordine religioso e politico tradizionale.

Oltre alle strategie politiche in materia religiosa, la “performance di genere” di Eliogabalo assurse a ulteriore e significativo polo di “eccesso” e “trasgressione”. La sua ostentata effeminatezza, le presunte relazioni omosessuali e i reiterati tentativi di riassegnazione sessuale si configurarono quale aperta sfida nei confronti delle norme di genere romane e delle aspettative connesse alla virilità imperiale [5]. In una società ove la sottomissione sessuale era tradizionalmente relegata a categorie sociali “subalterne” – schiavi, mulieres e pueri – la percepita passività sessuale e la non-conformità di genere di Eliogabalo furono interpretate alla stregua di indici di debolezza e inettitudine politica [6]. La sua presunta volontà di essere chiamato “domina” (signora) anziché “dominus” (signore), e le voci su un suo possibile matrimonio con l’atleta Ierocle, rappresentarono un’ulteriore sfida alle convenzioni sociali e politiche romane. Inoltre, la sua associazione con l’androginia, cifra distintiva della divinità El-Gabal, risultava ontologicamente estranea alle tradizioni religiose e culturali romane [7].

È importante sottolineare che la nostra comprensione della performance di genere di Eliogabalo è filtrata attraverso fonti ostili, che potrebbero aver esagerato o distorto alcuni aspetti. Tuttavia, anche tenendo conto di questo bias, è evidente che il suo comportamento si discostava radicalmente dalle aspettative associate alla figura dell’imperatore romano.

3. Condanna e oblio: la damnatio memoriae e il dibattito storiografico

Le immediate conseguenze all’assassinio di Eliogabalo coincisero con l’attuazione della damnatio memoriae, editto senatorio deliberatamente volto a obliterarne la memoria. Tale damnatio, implicante la distruzione delle imagines e la rimozione del nomen dai fasti pubblici, sortì un impatto dirompente e protratto nel tempo, concorrendo a edificare una rappresentazione negativa e stereotipata che si perpetuò nei secoli a venire [8].

La storiografia su Eliogabalo può essere suddivisa, grosso modo, in tre filoni principali:

  • Storiografia tradizionale: Fortemente influenzata dalle fonti antiche, questa corrente (rappresentata, ad esempio, da storici come Michael Grant e Christopher Scarre) tende a condannare Eliogabalo come un imperatore degenere, folle e crudele, enfatizzandone gli eccessi e la presunta inettitudine politica [9].

  • Storiografia revisionista: A partire dalla seconda metà del XX secolo, alcuni storici (come Paul Veyne e Gerrit H. Halsberghe) hanno iniziato a riesaminare criticamente le fonti, mettendo in discussione la loro attendibilità e proponendo interpretazioni più contestualizzate e meno moralistiche. Questi studiosi tendono a sottolineare il contesto politico e religioso in cui operò Eliogabalo, e a ridimensionare l’immagine di un imperatore completamente folle e incapace [10].

  • Interpretazioni queer: Più recentemente, studiosi come Leonardo P. Arrizabalaga, Simone Gualerzi, e Shaun Williams hanno analizzato la figura di Eliogabalo da una prospettiva queer, esplorando la sua performance di genere non conforme e la sua possibile identità transgender (nei limiti in cui questo concetto può essere applicato al mondo antico) [11]. Questi studi mettono in luce come la figura di Eliogabalo sia stata utilizzata, nel corso della storia, per costruire e decostruire le norme di genere e sessualità.

La storiografia medievale e moderna ha in larga misura avvalorato siffatta condanna, raffigurando Eliogabalo quale paradigmatico “imperatore scellerato”, enfatizzandone la crudeltà, la follia, la libidine e l’effeminatezza [9]. Tale vulgata ha consolidato uno stereotipo univoco e deteriore, ostacolando una comprensione più articolata e sfumata della sua figura e del suo regno. In consequentia, Eliogabalo è rimasto relegato ai margini e pressoché obliato nella cultura occidentale, eclissato da imperatori convenzionalmente più “egregi” [10].

4. Ricezione post-antica e riappropriazione: Eliogabalo nella cultura contemporanea 

Il XX e XXI secolo hanno invertito questa tendenza, dischiudendo uno scenario sensibilmente mutato, connotato da molteplici tentativi di riabilitare e rivalutare Eliogabalo, in primis in ambito artistico, letterario e in determinati contesti storiografici. Tale rinnovato interesse risulta intrinsecamente connesso all’evoluzione del clima culturale e sociale, all’emersione di identità queer e gender non-conforming, nonché alle revisioni critiche della storiografia mainstream.

Nell’ambito extra-accademico e letterario, Eliogabalo è stato riplasmato ad hoc quale figura maudite, entità incompresa e perseguitata, e alla stregua di icona queer ante litteram [11]. Esempi significativi includono l’opera teatrale “Heliogabale” (1910) di Stefan George, che ritrae l’imperatore come un esteta decadente, e il romanzo “Héliogabale ou l’Anarchiste couronné” (1934) di Antonin Artaud, che lo presenta come un ribelle e un sovversivo. Più recentemente, Eliogabalo è apparso in romanzi, film e opere teatrali che esplorano la sua identità di genere e la sua sessualità da una prospettiva queer. Siffatta riappropriazione artistica ha promosso una raffigurazione più complessa e multiforme, confutando gli stereotipi negativi ed evidenziando le componenti trasgressive e sovversive della sua persona e della sua performance di genere.

Contemporaneamente, la storiografia revisionista ha intrapreso una decostruzione critica della narrazione tradizionale. Gli studiosi hanno riesaminato le fonti primarie, ponendone in dubbio l’attendibilità e i bias ideologici, e propugnando un approccio maggiormente contestualizzato e meno incline al giudizio morale [12]. Queste reinterpretazioni hanno concorso fattivamente a una riabilitazione di Eliogabalo, suggerendo che la sua performance di genere non costituisse tout court un indice di insania o degenerazione, bensì un fenomeno culturale e politico complesso, suscettibile di plurime interpretazioni di matrice psicologica, culturale e queer.

In ultimo, in seno alle comunità queer e LGBTQ+, Eliogabalo è stato accolto quale figura ancestrale e modello identitario [13]. La sua performance di genere trasgressiva e le relazioni omosessuali vengono rilette in chiave contemporanea quali precedenti storici ante litteram delle identità queer odierne, offrendo un simbolo di resilienza e liberazione. Tuttavia, è importante evitare anacronismi e riconoscere che l’identità di Eliogabalo non può essere semplicemente equiparata a quella di una persona transgender o non-binary moderna. Il suo caso deve essere compreso nel contesto specifico della società romana del III secolo.

5. Eliogabalo e altri imperatori “problematici”: un breve confronto 

Per comprendere meglio la singolarità di Eliogabalo, è utile confrontarlo brevemente con altri imperatori romani che, per vari motivi, sono stati considerati “problematici” dalla storiografia:

  • Nerone: Come Eliogabalo, Nerone fu accusato di eccessi, crudeltà e performance di genere non conformi (ad esempio, il suo presunto matrimonio con Sporo). Tuttavia, Nerone è anche ricordato per il suo interesse per le arti e per la sua politica a favore del popolo, aspetti che mancano nella rappresentazione di Eliogabalo.

  • Caligola: Anche Caligola fu dipinto come un tiranno folle e crudele, ma la sua figura è stata in parte riabilitata dalla storiografia moderna, che ha messo in luce il contesto politico e sociale in cui operò.

  • Commodo: Figlio di Marco Aurelio, Commodo fu accusato di negligenza politica, eccessi e di identificarsi con Ercole. La sua figura, come quella di Eliogabalo, è stata oggetto di una damnatio memoriae.

Tuttavia, Eliogabalo si distingue da questi imperatori per la combinazione unica di eccesso religioso, performance di genere radicalmente non conforme e tentativo di imporre un culto straniero al vertice del pantheon romano. Questi elementi, combinati insieme, lo rendono un caso sui generis nella storia imperiale romana.

6. Oltre la condanna e la riabilitazione 

Eliogabalo sembra collocarsi in una dimensione intrinsecamente situata in uno spazio liminale e ambiguo, oscillante perennemente tra condanna e riabilitazione, eccesso e alterità. Il suo casus pone in crisi le dicotomie semplicistiche e sollecita una comprensione più complessa e sfumata della sua persona e della sua performance di genere. Alla stregua di uno specchio paradossale che riflette la società romana, Eliogabalo ci induce a riesaminare il passato attraverso inedite prospettive e stringenti quaestiones.

Al fine di progredire verso una comprensione più sofisticata e approfondita  di Eliogabalo, si rende necessario operare:

  • Contestualizzazione storica: Una rigorosa contestualizzazione de plano nel milieu politico, religioso e culturale del III secolo d.C., riconoscendo i pre- iudicia e le agende specifiche delle fonti primarie;

  • Decostruzione degli stereotipi: Uno smantellamento critico degli stereotipi negativi reiterati dalla storiografia tradizionale, riconoscendone le fondamenta moralistiche e sovente tranchant;

  • Interpretazione sfumata della performance di genere: Il superamento delle interpretazioni semplicistiche della performance di genere di Eliogabalo sic et simpliciter quale indice di insania o depravazione, esplorandone le potenziali dimensioni culturali, politiche e psicologiche. Ciò implica anche considerare la possibilità che la sua performance di genere fosse, almeno in parte, una forma di espressione religiosa legata al culto di El-Gabal;

  • Impegno critico con la riappropriazione Queer: Pur riconoscendo il valore euristico delle letture queer, mantenere una distanza critica ed evitare anacronismi presentisti, riconoscendo la specificità storica e la potenziale violenza connaturata al contextus antico. È fondamentale evitare di proiettare acriticamente categorie e concetti moderni (come “transgender” o “non-binary”) su una realtà storica e culturale profondamente diversa. Tuttavia, ciò non significa negare la rilevanza della performance di genere di Eliogabalo per le riflessioni contemporanee sull’identità e la sessualità.

In definitiva, il fascino perennemente esercitato da Eliogabalo risiede nella sua capacità di sovvertire le convenzionali comprensioni dell’identità imperiale romana e delle norme di genere. Oltrepassando la condanna semplicistica e la riabilitazione acritica, possiamo confrontarci con la sua complessa eredità in una prospettiva inedita che illumina non unicamente il passato romano, ma altresì i dibattiti contemporanei concernenti l’identità, il potere e l’alterità.

7. Conclusioni

In chiusura di questa disamina, si può azzardare una tesi personale, forse definitiva nella sua natura alternativa: Eliogabalo, al di là delle categorie di condanna o riabilitazione, si configura come uno specchio perennemente inquietante per ogni società che si interroghi sui confini tra norma e trasgressione, tra identità e alterità, tra potere e sovversione. Non si tratta semplicemente di ascrivere Eliogabalo al novero delle figure “eccessive” o “scandalose” della storia romana, né tantomeno di riabilitarlo acriticamente come precursore di sensibilità contemporanee. Piuttosto, la sua vicenda, così come ci è filtrata dalle fonti e rielaborata dalla storiografia, ci pone di fronte a un modello dirompente, capace di mettere in crisi le nostre categorie interpretative e di sollecitare una riflessione profonda sui meccanismi di costruzione dell’identità, sulla gestione del potere e sulla reazione di fronte a ciò che percepiamo come “altro” o “eccessivo”.

Come ha efficacemente sintetizzato Veyne, Eliogabalo incarna “l’eccesso”, un eccesso che non è solo individuale, ma che interroga i limiti e le convenzioni di una società intera [14]. Questo eccesso non si limita alla sfera sessuale o religiosa, ma investe anche la dimensione politica. Il tentativo di Eliogabalo di imporre un culto straniero e di trasformare radicalmente le tradizioni romane può essere interpretato come una forma di “eccesso di potere”, un tentativo di andare oltre i limiti impliciti del ruolo imperiale. In tal senso, Eliogabalo non rappresenta unicamente un caso storico isolato, bensì un archetipo universale, un catalizzatore di ansie e di tensioni che attraversano le epoche e le culture. La sua figura, per quanto controversa e problematica, ci invita a interrogare la nostra stessa capacità di accogliere l’alterità, di gestire la diversità e di confrontarci con ciò che sfida le nostre certezze.

In questa prospettiva, la “gender performance” di Eliogabalo, lungi dall’essere ridotta a mero capriccio individuale, può essere interpretata come una sfida radicale alle norme di genere e alle ideologie di mascolinità dominanti nella Roma antica, e, per estensione, in altre società [15]. La sua presunta volontà di essere trattato come una donna, di assumere ruoli femminili e di sottoporsi (secondo alcune fonti) a pratiche di modificazione corporea, può essere letta come una forma di resistenza, seppur inconsapevole, alle rigide strutture di potere patriarcale della società romana. Questa interpretazione non implica necessariamente una riabilitazione acritica di Eliogabalo, ma invita a considerare la sua performance di genere come un fenomeno complesso, con molteplici significati e implicazioni.

La figura di Eliogabalo trascende la semplice aneddotica storica e si erge a paradigma complesso delle tensioni insite in ogni sistema di potere e in ogni costruzione identitaria. Egli ci offre un riflesso deformante, sì, ma proprio per questo straordinariamente lucido, della nostra stessa umanità.  Uno specchio che riflette le nostre contraddizioni, i nostri limiti, le nostre paure di fronte all’alterità, ma anche le nostre infinite potenzialità di cambiamento, di sovversione e di ridefinizione dei confini del possibile. Parafrasando e rielaborando il concetto espresso da Antonin Artaud nel suo “Héliogabale ou l’Anarchiste couronné” [16], Eliogabalo non è solo un “anarchico” nel senso letterale del termine – un individuo che rifiuta l’autorità costituita – ma, in un senso più profondo e metaforico, un “rivelatore”. Egli rivela, con la sua stessa esistenza e con le sue azioni, le tensioni latenti, le contraddizioni inespresse e le potenzialità sovversive che si annidano in ogni ordine costituito, in ogni sistema di norme sociali e culturali, anche in quelli apparentemente più monolitici e inattaccabili.

La sua storia, filtrata attraverso il prisma delle fonti antiche e delle successive riletture storiografiche, ci ricorda prepotentemente che il potere, anche quello apparentemente assoluto dell’imperatore romano, è sempre un potere negoziato, contestato, soggetto a resistenze e a tentativi di sovversione. Non è un’entità monolitica e immutabile, ma un campo di forze in continua tensione, un terreno di scontro tra diverse istanze e diverse visioni del mondo.

Le norme sociali e culturali, quelle che definiscono ciò che è “normale”, “accettabile”, “desiderabile” in una determinata società, non sono mai date una volta per tutte, non sono realtà statiche e immutabili. Sono, al contrario, costruzioni storiche, frutto di processi complessi e dinamici, sempre soggette a trasformazione, a rinegoziazione, a contestazione. La performance di genere di Eliogabalo, la sua sfida alle convenzioni della mascolinità imperiale romana, la sua stessa esistenza “al di fuori” delle categorie prestabilite, rappresentano un potente esempio di questa continua tensione tra norma e trasgressione, tra identità imposte e identità rivendicate.

In questo senso, la vicenda di Eliogabalo può essere letta non solo come una cronaca di “eccessi” individuali, ma come una parabola sulla fragilità di ogni ordine costituito e sulla perenne possibilità di cambiamento. Egli incarna, in modo estremo e provocatorio, la forza dirompente dell’alterità, la capacità dell'”altro” – l'”altro” religioso, l'”altro” culturale, l'”altro” di genere – di mettere in discussione le certezze, di scardinare le convenzioni, di aprire spazi di possibilità inaspettate. La sua damnatio memoriae non è riuscita a cancellare questa forza, anzi, in un certo senso, l’ha amplificata, trasformando Eliogabalo in un simbolo, per quanto controverso, di resistenza alle norme imposte e di affermazione di un’identità “altra”.

Potremmo persino azzardare un’interpretazione più radicale: Eliogabalo, con il suo tentativo di imporre un nuovo culto e di ridefinire i canoni della romanitas, potrebbe essere visto come una sorta di “anti-Costantino” ante litteram. Mentre Costantino, un secolo dopo, avrebbe utilizzato il cristianesimo (un altro culto “straniero” inizialmente percepito come minaccioso) per consolidare il proprio potere e rifondare l’Impero, Eliogabalo fallì nel suo tentativo, forse perché troppo radicale, forse perché prematuro, forse perché privo del necessario sostegno politico e militare. Tuttavia, il suo fallimento non sminuisce la portata del suo gesto, che rimane un potente monito sulla natura instabile e contingente di ogni ordine politico e religioso.

In conclusione, lo studio di Eliogabalo non è solo un esercizio di erudizione storica, ma un’occasione per riflettere su questioni fondamentali che riguardano il potere, l’identità, la norma e la trasgressione. 

La sua figura, controversa e ambigua, continua a interrogarci e a sfidarci, costringendoci a riconsiderare le nostre categorie interpretative e ad aprire la nostra mente alla complessità e alla molteplicità del reale.

 

 

 

 

 

 

Note 
[1] S. Gualerzi, Né uomo, né donna. Né dio, né dea. Ruolo sessuale e ruolo religioso dell’imperatore Elagabalo, Bologna 2005, p. 9.
[2] Gualerzi, Né uomo, né donna, cit., p. 10. Si veda anche Cassio Dione, Storia Romana, 79(80).3.2-4; Erodiano, Storia dell’Impero dopo Marco Aurelio, V.3.1-3; Historia Augusta, Heliogabalus, 3.4-5. (Nota: La Historia Augusta è una fonte notoriamente inaffidabile, ma viene utilizzata qui, con cautela, per integrare le informazioni fornite da Cassio Dione ed Erodiano, e sempre tenendo presente il suo bias.)
[3] L. Cracco Ruggini, “Elagabalo, Costantino e i culti siriaci nella ‘Historia Augusta’”, in G. Bonamente – N. Duval (a cura di), Historiae Augustae Colloquium Parisinum 1990, Macerata 1991, pp. 126-127; Cassio Dione, Storia Romana, 79(80).11.1; Erodiano, Storia dell’Impero, V.5.6-11. Si veda anche G. H. Halsberghe, The Cult of Sol Invictus, Leiden 1972; L.P. Arrizabalaga, The Emperor Elagabalus: Fact or Fiction?, Cambridge 2010, pp. 85-115.
[4] Halsberghe, The Cult of Sol Invictus, cit.; P. Veyne, Eliogabalo, ovvero, l’eccesso, Roma-Bari 1987; Arrizabalaga, The Emperor Elagabalus, cit., pp. 116-145.
[5] C. Edwards, Unspeakable professions: Public performance and sexuality in Roman Italy, Princeton 1997; S. Williams, Elagabalus: Sex, Power and Ancient Rome, London-New York 2018; Cassio Dione, Storia Romana, 79(80).13-16; Erodiano, Storia dell’Impero, V.5.8, V.6.9; Historia Augusta, Heliogabalus, 4-12.
[6] Gualerzi, Né uomo, né donna, cit., pp. 37-48; C.A. Williams, Roman homosexuality: ideologies of masculinity in classical antiquity, Oxford 1999.
[7] A. Artaud, Eliogabalo o l’anarchico incoronato, Milano 1978 (ed. or. 1934); Gualerzi, Né uomo, né donna, cit., pp. 74-85; Arrizabalaga, The Emperor Elagabalus, cit., pp. 59-84.
[8] Veyne, Eliogabalo, cit., pp. 15-20; S. McCormack, The Wicked Emperor: Elagabalus and the Decline of Rome, New Haven-London 2018, pp. 1-10.
[9] M. Grant, Gli imperatori romani, Roma 1997; C. Scarre, Chronicle of the Roman emperors: the reign-by-reign record of the rulers of Imperial Rome, London 1995.
[10] Halsberghe, The Cult of Sol Invictus, cit.; P. Southern, The Severan Dynasty, London 2001; Veyne, Eliogabalo, cit.
[11] Arrizabalaga, The Emperor Elagabalus, cit.; Gualerzi, Né uomo né donna, cit; Williams, Elagabalus, cit.
[12] McCormack, The Wicked Emperor, cit.; O. Hekster & H. Van den Berg, “Flavius Philostratus’ Life of Apollonius and the Historia Augusta’s Life of Elagabalus: Two case studies in the afterlife of the Second Sophistic”, in The Afterlife of the Second Sophistic (pp. 215-244), Berlin-Boston 2018.
[13] A. Jagose, Queer theory: an introduction, New York 2014; J. P. Hallett & M. B. Skinner (Eds.), Sex, desire, and gender in the ancient world: revised essays, Chicago 2017.
[14] Veyne, Eliogabalo, cit.
[15] Williams, Roman homosexuality, cit.
[16] Artaud, Eliogabalo, cit.

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  • Whittaker, C. R. (1970). Herodian. Harvard University Press.
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Marco Bencivenga

PhD in Scienze Giuridiche e Politiche , avvocato, docente. Laureato in Giurisprudenza, in Scienze dell'Educazione, Licenciatura en Derecho, ha conseguito diversi master, corsi di perfezionamento e abilitazioni all'insegnamento. Scrive su diverse riviste scientifiche in materia di Diritto Amministrativo e Storia del Diritto Romano

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