Immissioni sonore intollerabili: il danno è in re ipsa

Immissioni sonore intollerabili: il danno è in re ipsa

Con atto di citazione notificato in data 07.04.2008 i sig.ri “Tizio” e “Caia” convennero in giudizio innanzi al Tribunale di Pavia la Società “Sempronia”, deducendo di aver subito per diversi anni, le immissioni sonore provenienti dall’esercizio commerciale sottostante, eccedenti il limite della normale tollerabilità, in orario notturno, dalle ore 22 alle ore 6.

Ciò premesso, parte attrice, chiedeva la condanna della convenuta al risarcimento dei danni non patrimoniali subiti a causa delle stesse. La convenuta, costituitasi tempestivamente, resisteva negando che le immissioni sonore prodotte, eccedessero la normale tollerabilità.

Il Giudice di prime cure rigettò le richieste risarcitorie avanzate dagli attori, ritenendo non provata l’esistenza di una vera e propria patologia a carico degli attori e, quindi, l’esistenza di danni risarcibili. Avverso codesta sentenza, parte attrice fece appello. La Corte d’Appello Milano, in riforma della sentenza di primo grado, condannava la Società “Sempronia” al risarcimento dei danni, quantificati in euro 10.000,00 a favore del sig. “Tizio” e di euro 20.000,00 a favore della sig.ra “Caia”. La Corte territoriale, affermava che con riferimento al sig. “Tizio”, la carenza di documentazione obiettiva del danno subito comportava la necessità di una valutazione equitativa, mentre, con riferimento alla sig.ra “Caia”, il danno risultava provato sulla base della documentazione medica prodotta.

Per la cassazione di detta sentenza propose ricorso la Società “Sempronia”, rilevando, fra l’altro, l’inesistenza della prova di un danno risarcibile e l’impossibilità della sua quantificazione, nonché l’inesistenza della prova della perdurante sussistenza di immissioni rumorose oltre la normale tollerabilità ed altresì l’insussistenza del presupposto per dar luogo ad una liquidazione equitativa del danno.

La Suprema Corte di Cassazione, ribadendo il recente orientamento giurisprudenziale, ha rigettato il ricorso, precisando che il danno non patrimoniale conseguente ad immissioni illecite è risarcibile indipendentemente da un danno biologico “documentato”, quando sia riferibile alla lesione del diritto al normale svolgimento della vita, familiare all’interno della propria abitazione e del diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane, trattandosi di diritti costituzionalmente garantiti, la cui tutela è ulteriormente rafforzata dall’art. 8 Conv. Eur. Dir. Uomo, norma alla quale il giudice interno è tenuto ad uniformarsi (Cass. Ss.Uu. 2611/2017; Cass. 20927/2015 e Cass. 26899/2014). Ne consegue che, considerata la natura del pregiudizio oggetto di tutela, la relativa prova può essere fornita anche mediante presunzioni, sulla base delle nozioni di comune esperienza.

L’accertata esposizione per diversi anni, nella casa di abitazione e per di più prevalentemente nelle ore notturne, ad immissioni rumorose eccedenti la normale tollerabilità, è di per sé fonte di stress, da cui deriva una lesione della sfera personale e dell’integrità psico-fisica (Cass. civ. 16408/2017).

Il danno dunque è da considerarsi sussistente in re ipsa.


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