Immissioni intollerabili: nuova lettura della Cassazione sull’art. 844 c.c.

Immissioni intollerabili: nuova lettura della Cassazione sull’art. 844 c.c.

Nota a sentenza, Cass. civ., sez. II, ord., 25 marzo 2025, n. 7855

di Flora Miranda, trainee presso Studio Lex&Tax Consulting

Abstact. A brief analysis of Article 844 of the Civil Code to understand the ordinance Cass. civ., sez. II, ord., 25 marzo 2025, n. 7855. Article 844 of the Italian Civil Code regulates “immissions,” which are disturbances caused by human activity that affect the enjoyment of neighboring property. Immessions must be material, indirect, and positive. Two legal actions are provided: an injunction action, to stop the disturbance, and a compensation action, to obtain damages. The Court of Cassation recognizes the possibility of urgent actions when immissions threaten health. In particular, the Court of Cassation has ruled that intolerable noise emissions violate the right to rest and liveability, entitling individuals to compensation for moral damages. Technical expert reports are essential for determining the tolerance of emissions, especially concerning noise.

 

Sommario: 1. Cenni introduttivi  – 2. Il caso di specie – 3. Analisi degli istituti giuridici in rilievo: l’art. 844 c.c. – 4. Brevi considerazioni conclusive

1. Cenni introduttivi

La Corte di Cassazione, nell’ordinanza oggetto della presente nota ha rilevato che a seguito dell’accertamento di immissioni superiori alla soglia della normale tollerabilità, non è sufficiente da parte del giudice di merito il mero accertamento dell’esecuzione dei lavori di ripristino previsti dal CTU ma il medesimo è tenuto a verificare se, in concreto, i predetti lavoro siano stati idonei in concreto alla risoluzione della problematica.

Orbene, ai fini della corretta disamina dell’istituto del divieto di immissioni disciplinato dall’art 844 c.c occorre analizzare la fattispecie sottesa all’ordinanza n.7855 del 25 marzo 2025.

2. Il caso di specie

Nella fattispecie in esame, con atto di citazione ritualmente notificato la Alfa s.r.l. n.q di proprietaria di un immobile all’interno del condominio Beta sito in Roma alla Via **** n.123, citava in giudizio dinanzi al Giudice di Pace di Roma l’ente di gestione e l’amministratrice Gamma in un’azione volta a far accertare il superamento del limite di tollerabilità delle immissioni rumorose causate dal motore dell’ascensore del predetto condominio, con la condanna dei convenuti all’esecuzione delle opere necessarie alla rimozione delle summenzionate immissioni, nonché al risarcimento del danno.

A sostegno di quanto esposto, la società assumeva di aver molteplici volte fatto presente al condominio la problematica nascente dal malfunzionamento dell’ascensore e/o dal non sostenibile rumore da quest’ultimo prodotto, senza ricevere qualsivoglia tipo di riscontro.

Inoltre, il ricorrente precisava che già in precedenza l’ascensore era stato oggetto di fermi tecnici da parte della società che ne curava la manutenzione, la quale in più occasioni prescriveva lavori necessari per la messa in sicurezza dell’impianto.

A seguito dei plurimi fermi tecnici, in data 10.03.2005 l’assemblea condominiale deliberava in merito alla vicenda prevedendo la sostituzione delle porte con delle nuove semiautomatiche e degli argani, poiché dichiarati pericolosi dalla società incaricata per la manutenzione e messa in sicurezza.

Tuttavia, i lavori non venivano effettuati e la situazione di pregiudizio permaneva.

Il Giudice di Pace di Roma, con sentenza n.27406/2014, rigettava le istanze proposte dalla società Alfa s.r.l. ritenendola priva di legittimazione ad agire e rigettava le analoghe domande proposte dagli intervenienti, concludeva compensando le spese del giudizio.

Veniva proposto appello e con sentenza n.23437/2024 il Tribunale di Roma accertava l’esistenza delle immissioni rumorose oltre la soglia di tollerabilità lamentate dagli appellanti condannando il Condominio Beta al pagamento in favore di ognuno di essi dell’ammontare di euro 500 ad esclusione della società Alfa, nei confronti della quale il giudice di secondo grado riteneva non fosse configurabile il danno non patrimoniale.

A seguito della pubblicazione della sentenza di secondo grado, la società Alfa s.r.l. ed alcuni dei condomini già precedentemente intervenuti nel giudizio di merito, non ritenendo tutelata la propria pretesa dal giudice di seconde cure, ricorrevano in giudizio innanzi la Corte di cassazione.

Il ricorso si fondava sulla violazione e/o falsa applicazione degli artt. 844 c.c, 100 c.p.c., 24 e 111Cost., 19 del Trattato sull’Unione Europea, 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (cd. “Carta di Nizza”) e 13 della Convenzione E.D.U., in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, c.p.c., poiché il Tribunale in sede decisionale, riteneva erroneamente risolte le problematiche circa le immissioni rumorose oltre la soglia della normale tollerabilità a seguito degli interventi indicati dal C.T.U, nonostante i ricorrenti avessero in corso di causa ribadito la persistenza delle immissioni.

Il giudice di seconde cure, infatti, riteneva risolutivi gli interventi eseguiti senza dar rilievo alle contestazioni dei ricorrenti sulla inidoneità degli interventi che, a loro detta, non avevano risolto neppure in parte la problematica originaria. Non solo, non veniva disposta neanche un’indagine circa la persistenza delle immissioni denunciate dalle parti.

Il Tribunale si limitava ad affermare che “essendo incontestato che sia stato eseguito un intervento, a questo punto non può più ritenersi che permanga la pregressa situazione di immissioni illegittime”; è’ chiaro che laddove l’opera non sia stata eseguita in modo adeguato, e soprattutto laddove la mutata situazione determini comunque la persistenza di immissioni illegittime, il condominio potrà nuovamente subire una azione giudiziaria ma su presupposti di fatto diversi da quelli per i quali oggi è in giudizio ed in ordine ai quali il Tribunale è chiamato a pronunciarsi” risultando impensabile dedurre che il problema fosse risolto solo in base all’esecuzione degli interventi previsti dal C.T.U. il quale non assicurava l’eliminazione delle immissioni a seguito degli stessi. Inoltre, prevedendo la proposizione di un nuovo procedimento laddove i lavori non fossero stati eseguiti ad opera d’arte, viene meno anche il principio di economicità dell’apparato processuale.

La Corte di Cassazione accoglieva le doglianze dei ricorrenti, ritenendo le istanze di questi ultimi fondate su tre punti principali:

– L’esecuzione di un lavoro non è prova provante della risoluzione dei problemi che ne hanno scaturito la necessità di attuazione, seppur coincidenti con quanto previsto dal C.T.U, il tribunale non poteva giungere alla conclusione che le immissioni fossero stata soppresse solo sulla scorta dell’effettuazione dei lavori, poiché qualunque opera inadatta o erroneamente eseguita non varrebbe come soluzione al problema esistente.

– Non è corretto prevedere che in caso di persistenza delle immissioni i ricorrenti possano promuovere una nuova azione giudiziaria, poiché le immissioni non sono un fenomeno isolato ma persistente nel tempo motivo per cui l’On.le giudice di merito non può soffermarsi al mero accertamento della presenza delle stesse ma chiamato ad accertare anche se il fenomeno dannoso sia stato soppresso ed in quale misura.

– Ed ancora, il giudice di merito, una volta accertata la presenza di immissioni oltre la normale tollerabilità, a seguito delle prescrizioni da parte del C.T.U. circa la possibile risoluzione della problematica, è tenuto a verificare se le prescrizioni siano state adeguate correttamente e risultino idonee anche avvalendosi di un’ulteriore indagine.

Il ricorso veniva quindi accolto, anche sull’omessa pronuncia relativa alla richiesta di riconoscimento di interessi e rivalutazione monetaria sulla somma riconosciuta a titolo di danni, né sull’istanza di condanna del Condominio ai sensi dell’art. 96, sesto comma, c.p.c.

Prevedendo, inoltre, una nuova valutazione da parte del giudice del rinvio al fine di verificare l’efficienza delle opere effettuate dal condominio, valutare l’eventuale risarcimento da riconoscere, nonché per esprimersi sulla specifica domanda ex art.96, sesto comma, c.p.c.

3. Analisi degli istituti giuridici in rilievo: l’art. 844 c.c.

Come già anticipato in epigrafe, al fine di una comprensione più approfondita dell’ordinanza in oggetto appare necessaria l’analisi del divieto di immissioni ex art. 844 c.c. e delle diverse applicazioni ed interpretazioni giurisprudenziali.

L’art 844[1] c.c definisce le immissioni come propagazioni di fattori disturbanti causati dall’opera dell’uomo[2].

Le immissioni devono possedere le seguenti caratteristiche: materiali, indirette e positive.

– Materiali: Devono generare sostanze che possano essere percepite dai sensi umani o da dispositivi di rilevamento. Sono escluse le cosiddette immissioni ideali o immateriali (come, ad esempio, attività illecite svolte su un fondo vicino che rendono invivibile un altro fondo o appartamento).

– Indirette: Le immissioni devono derivare da attività svolte su un fondo, finalizzate a soddisfare gli interessi del fondo stesso o del suo proprietario, ma che causano effetti indiretti sul fondo vicino. È importante sottolineare che le immissioni dirette rientrano nel divieto generale previsto dall’art. 2043 c.c.

– Positive: Non vengono considerate le immissioni negative, ossia quelle che consistono semplicemente nella sottrazione di utilità senza alcun effetto propagativo sul fondo altrui.

Il prevalente orientamento ermeneutico ha distinto le immissioni a seconda delle diverse tipologie di atti da cui derivano. In particolare, gli atti scatenanti possono essere distinti in base ai seguenti criteri: alla durata, episodici o duraturi; all’influenza, immediati o mediati; agli effetti, sensibili o meno al vicino; all’oggetto, possono toccare direttamente la cosa o le persone; alle conseguenze, possono essere materiali o immateriali.

L’art. 844 c.c si innesta sistematicamente con altri valori costituzionali, poiché trattasi di un diritto trasversale ed allo stesso tempo intrinseco e necessario al godimento di ulteriori diritti, posti a tutela della persona e della proprietà, tra cui si annoverano in maniera esemplificativa e non esaustiva gli artt. 32 e 42 Cost..

Immediato precipitato di quanto esposto è che l’art. 844 deve essere studiato e compreso alla stregua degli strumenti posti alla difesa della salute dei cittadini[3].

Al fine di far valere i propri diritti, il titolare del fondo danneggiato dalle immissioni può porre in essere due differenti tipi di azioni: la prima c.d inibitoria[4], finalizzata all’eliminazione della causa delle immissioni; la seconda c.d risarcitoria, a carattere personale, soggetta al termine di prescrizione quinquennale ed ancorata alla disciplina generale dell’art. 2043 c.c volta a far riconoscere, quantificare e risarcire il danno patito. Si pensi, a tal guisa, all’ipotesi di immissioni rumorose in danno di un appartamento situato all’interno di un condominio (proprio come nel caso di specie), in cui sono “eccedenti la normale tollerabilità, sussiste la responsabilità del condominio ex art. 2043 c.c di risarcire i danni subiti dal proprietario dell’unità immobiliare, senza che assuma rilievo la circostanza che l’impianto sia a norma e mantenuto a regola d’arte, in quanto le immissioni moleste integrano comunque gli estremi di un’attività vietata[5]” .

Di recente, in tale ambito è stata riconosciuta anche la possibilità di ricorrere alla procedura d’urgenza ex Art. 700 c.p.c. qualora i diritti che si ritengano violati dalle immissioni pongano in essere un concreto pericolo per la salute e la salubrità dell’ambiente[6].

A parere di chi scrive la distinzione tra le due diverse tipologie di azioni (inibitoria e risarcitoria) è necessaria ma al contempo evidenzia una stretta interdipendenza.  Infatti, nel momento in cui viene accolta l’istanza relativa alla rimozione dell’opera o alla cessazione dell’attività del proprietario confinante, sarebbe illogico non riconoscere automaticamente il diritto al risarcimento del danno già subito, poiché la prima azione mira ad eliminare il danno che potrebbe verificarsi in futuro.

Pertanto, in un’ottica meramente logica (e giuridica) se si presupponesse la responsabilità per il danno futuro si dovrebbe altresì riconoscere il diritto al risarcimento per il danno già verificatosi.

Inoltre, anche laddove il proprietario del fondo danneggiato non avesse agito tempestivamente ai fini preventivi, non avesse proposto l’azione di danno temuto art.1172 c.c. impedendo così la realizzazione del danno consequenziale, il ritardo nell’introduzione dell’azione non potrebbe configurarsi come una decadenza, giacché l’azione ha quale fine ultimo la tutela della proprietà (non soggetta a decadenza).

Sul punto, la Cass. Civ. n.11930/2022 ha evidenziato che le immissioni intollerabili possono causare lesioni del diritto al riposo notturno e alla vivibilità nella propria abitazione[7]. Sulla scorta dell’art. 8 CEDU[8] , posto a tutela della vita privata e familiare[9], la giurisprudenza di legittimità ha riconosciuto alle parti assoggettate ad immissioni intollerabili[10]  un consistente risarcimento del danno morale pur non sussistendo alcuno stato di malattia, da determinarsi in via equitativa, in relazione alla perduranza nel tempo della turbativa.: “la accertata esposizione ad immissioni sonore intollerabili può determinare una lesione del diritto al riposo notturno e alla vivibilità della propria abitazione, la cui prova può essere fornita dal danneggiato anche mediante presunzioni sulla base delle nozioni di comune esperienza[11]“, senza che sia necessario dimostrare un effettivo mutamento delle proprie abitudini di vita. La Cassazione confermava la sentenza di merito che aveva già accolto la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale proposta dal proprietario di un appartamento limitrofo a un fondo nel quale veniva effettuata attività di stoccaggio e commercio di carte, cartoni et similia.

In materia di immissioni rumorose i mezzi di prova esperibili per determinare il livello di normale tollerabilità ex art.844 c.c. sono principalmente consulenze tecniche, generalmente richieste nel corso del giudizio con funzione percettiva, in quanto soltanto l’esperto grazie alle sue conoscenze e agli strumenti a sua disposizione, è in grado di misurare l’intensità del rumore e di valutarne il grado di tollerabilità per le persone. In questo ambito, la prova testimoniale può essere adoperata solo quando si riferisce a fatti percepiti direttamente dai testimoni, evitando che si tratti di valutazioni soggettive.

La nozione di “normale tollerabilità”: un criterio elastico*

Il concetto di “normale tollerabilità” rappresenta il cuore interpretativo dell’art. 844 c.c. La dottrina[12] ha evidenziato la natura relativa di tale criterio, che deve essere valutato caso per caso, tenendo conto di fattori oggettivi (intensità, frequenza, durata delle immissioni) e soggettivi (sensibilità del destinatario, destinazione d’uso del fondo). La flessibilità del criterio consente di adattare la norma a contesti diversi, ma genera inevitabilmente incertezze interpretative.

La giurisprudenza ha cercato di colmare tali lacune. La Corte di Cassazione[13] ha ribadito che la tollerabilità deve essere valutata non solo in base a parametri tecnici, ma anche considerando il contesto socio-ambientale e le aspettative legittime dei proprietari. In un recente caso[14] , la Corte ha precisato che il superamento della normale tollerabilità può derivare anche da immissioni non materiali, come l’ostruzione visiva o la compromissione estetica del fondo, purché tali effetti siano significativi.

L’art. 844 c.c. richiede che la valutazione della tollerabilità tenga conto della “condizione dei luoghi”. Questo parametro consente di contestualizzare l’analisi, distinguendo, ad esempio, tra zone residenziali, industriali o agricole. La dottrina[15] ha interpretato tale espressione come un invito a considerare non solo le caratteristiche fisiche del luogo, ma anche il suo assetto normativo, come i regolamenti urbanistici o le norme ambientali.

Sul punto, la giurisprudenza ha offerto indicazioni precise. In un caso riguardante rumori derivanti da un’attività industriale in una zona residenziale[16], la Corte ha ritenuto intollerabili le immissioni, nonostante il rispetto dei limiti acustici previsti dalla normativa di settore, valorizzando la destinazione residenziale del fondo leso. Tale orientamento conferma l’autonomia dell’art. 844 c.c. rispetto alle discipline amministrative, come il D.P.C.M. 14 novembre 1997 sui limiti di emissione sonora.

L’Art.844, impone nei limiti della normale tollerabilità[17] e dell’eventuale contemperamento delle esigenze della proprietà con quelle della produzione[18], l’obbligo di sopportare quelle inevitabili propagazioni che si verificano nel rispetto delle normative generali e speciali che ne regolano l’attuazione. Il limite di tollerabilità delle immissioni rumorose non è mai assoluto, ma relativo alla situazione ambientale, variabili da luogo a luogo, secondo le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti.  Il limite non può prescindere dalla rumorosità di fondo, ossia il livello costante di rumore ambientale, su cui si innestano i suoni denunciati come immissioni anormali, secondo il cosiddetto criterio comparativo. Pertanto, la valutazione per stabilire se i rumori rientrano o meno nei limiti della norma deve prendere in considerazione, da un lato, la sensibilità dell’uomo medio e, dall’altro, la situazione locale.

Al contrario, nell’ipotesi in cui venga accertato il superamento della soglia di normale tollerabilità di cui all’art.844 c.c la liquidazione del danno da immissioni, esclude qualsiasi bilanciamento di interessi, poiché l’illecita del fatto che ha causato il danno a terza porta ad applicare lo schema dell’azione generale di risarcimento danni ex art. 2043 c.c. In particolare, per quanto riguarda il danno non patrimoniale, si fa riferimento all’art. 2059 c.c. per la sua risarcibilità.

In particolare “è costante l’orientamento secondo cui l’art. 844, comma 2, c.c., nella parte in cui rimette alla valutazione del giudice il contemperamento delle esigenze della produzione con le ragioni della proprietà, considerando eventualmente la priorità di un determinato uso, va letto tenendo conto che il limite della tutela della salute è da ritenersi ormai intrinseco nell’attività di produzione, oltre che nei rapporti di vicinato, alla luce di una interpretazione costituzionalmente orientata, sicché deve sempre considerarsi prevalente – rispetto alle esigenze della produzione – la soddisfazione di una normale qualità della vita. Ne deriva l’esclusione, in siffatta evenienza, dell’impiego di qualsiasi criterio di contemperamento di interessi contrastanti e di priorità dell’uso[19]”.

4. Brevi considerazioni conclusive

Dall’analisi effettuata emerge in maniera adamantina che l’art. 844 c.c. è posto a presidio non solo del diritto di proprietà ma anche del diritto alla salute[20], costituzionalmente garantito dall’art. 32[21]. Immediato precipitato del primo orientamento è la primarietà del diritto alla salute rispetto al diritto di proprietà o di iniziativa economica nelle ipotesi di conflitto.

Un secondo orientamento ha al contrario evidenziato la diversità applicativa poiché l’art. 844 c.c. è posto a tutela del diritto reale o personale di godimento mentre il diritto alla salute trova tutela nel combinato disposto dagli artt. 2043, 2058 e 2059 c.c.

Occorra allora chiedersi, sulla scorta di quanto analizzato, quali sono le conseguenze economiche e processuali, poiché le immissioni intollerabili devono essere sempre interrotte e non solo monetizzate attraverso un indennizzo.

Qualora venga accertata la violazione dei limiti stabiliti dall’art. 844 c.c., il giudice non può esimersi dall’accertare il concreto ripristino delle condizioni di salubrità dell’ambiente e non la mera previsione delle opere da attuare per la possibile risoluzione[22].

Inoltre, il giudice è tenuto ad esprimersi anche in merito al risarcimento del danno, quantificandolo non solo sotto il profilo della lesione (anche potenziale) del diritto alla salute e alla qualità della vita  ma anche sotto l’aspetto economico in relazione al possibile deprezzamento dell’immobile causato dal rumore e alla minore appetibilità commerciale del bene stesso a causa delle immissioni.

L’art. 844 c.c. si conferma una disposizione di straordinaria vitalità, capace di adattarsi alle trasformazioni sociali, economiche e ambientali. La sua flessibilità, unita alla discrezionalità giudiziale, consente di rispondere alle esigenze di tutela dei proprietari senza sacrificare il valore delle attività produttive. Tuttavia, l’elasticità dei suoi criteri interpretativi richiede un costante sforzo ermeneutico da parte della dottrina e della giurisprudenza, chiamato a bilanciare principi concorrenti in un contesto in continua evoluzione.

La recente giurisprudenza, in particolare, evidenzia un approccio sempre più attento alla dimensione ambientale e alla tutela della qualità della vita, suggerendo che l’art. 844 c.c. possa continuare a svolgere un ruolo centrale nel diritto civile del futuro. Resta compito degli interpreti assicurare che tale evoluzione avvenga nel rispetto dei principi di ragionevolezza e proporzionalità che informano la norma.

La violazione dell’art.844 cc in ambito condominiale (come nel caso in analisi) è più complessa, poiché, in tale contesto, l’immobile danneggiato è parte dell’immobile danneggiante[23]. La giurisprudenza in materia di immissioni all’interno del condominio evidenzia che la parte danneggiata in tale fattispecie, tende principalmente ad agire per ottenere la cessazione dell’immissione, talvolta includendo una richiesta di risarcimento per danno biologico, ma raramente proponendo e, ancora più raramente, perseguendo una domanda di risarcimento per danno patrimoniale.

Le ragioni di tale comportamento sono doppie. In primo luogo, si tratta generalmente di un immobile adibito a residenza: pertanto l’obiettivo principale dell’attore è la cessazione dell’immissione. In secondo luogo, va considerata la relativa mobilità delle proprietà immobiliari condominiali, che consente ad un acquirente di un appartamento che subisce immissioni intollerabili dovute a cause preesistenti al suo acquisto di ottenere la tutela prevista contro il venditore. In tali ipotesi, infatti, l’acquirente può agire per la riduzione del prezzo ai sensi dell’art. 1490 c.c.: questa rappresenta un’azione generalmente più agevole rispetto alla richiesta di risarcimento del danno all’immobile, con un risultato sostanzialmente equivalente.

In tale contesto, la giurisprudenza, più che la dottrina, ha elaborato una tutela adeguata, considerando che la nozione di «fondo» include quella di proprietà. Pertanto, la tutela prevista dall’art. 844 c.c. si estende anche alle unità immobiliari di proprietà separata, pur se situate nello stesso edificio[24]. Inoltre, con un passo ulteriore, essa si applica anche ai rapporti tra le singole unità immobiliari e le parti comuni dell’edificio, offrendo così protezione anche contro le immissioni rumorose derivanti dagli impianti tecnologici condominiali[25]. In tali casi, la situazione viene ricondotta alle ipotesi generali di tutela precedentemente esaminate.

Indipendentemente dal fatto che si faccia riferimento a una clausola del regolamento condominiale o alla tutela ordinaria contro le immissioni, il giudice, nel determinare il danno, si atterrà ai criteri precedentemente enunciati.

 

 

 

 

 

 

[1] Art. 844. Immissioni.   Il proprietario di un fondo non puo’ impedire le immissioni di fumo o di calore, le  esalazioni,  i  rumori,  gli  scuotimenti  e  simili propagazioni derivanti dal fondo  del  vicino,  se  non  superano  la normale tollerabilita’, avuto  anche  riguardo  alla  condizione  dei luoghi.
 Nell’applicare   questa   norma   l’autorita’   giudiziaria    deve contemperare le  esigenze  della  produzione  con  le  ragioni  della proprieta’. Puo’ tener conto della priorita’ di un determinato uso.
[2] Cfr.  F. De Santis, Quousque tandem, Catilina, abutere patientia nostra? Sul concetto di «normale tollerabilità» delle immissioni acustiche alla luce della l. n. 13 del 2009, in Giur. mer. 2009, 2670 ss.; Sesta, Rapporti personali di vicinato: immissioni, atti emulativi, privacy, in Riv. not. 2006, 1471 ss; G. Alpa – V. Mariconda (a cura di), Codice civile commentato, Milano, 2008, 1899; S. Rosolen – S. Corbetta, Per le immissioni acustiche forniti alcuni chiarimenti sulla «normale tollerabilità», in Amb. e sicur., 2009, 7, 83;  F. Gazzoni, Manuale di diritto privato, Napoli, 2008, 222.
[3] Cfr., Di recente, pur se precedente a Cass., sez. un., 11 novembre 2008, nn. 26972/3/4/5 (su cui cfr. AA.VV., Il danno non patrimoniale, Milano, 2009), G. D’amore, Risarcibilità e quantificazione del danno esistenziale da immissioni eccedenti la normale tollerabilità, commento a Trib. Montepulciano 14 febbraio 2007, n. 40, in Resp. civ. e prev., 2007, 11, 2391
[4] G. Basilico, La tutela civile preventiva, Milano, 2013, 209-210: “il contenuto primario della tutela inibitoria è rappresentato dall’ordine di cessazione: inibire significa impedire, pertanto il provvedimento giudiziale invocato si dirige nei confronti di un comportamento illegittimo, che viene, così, interdetto e che non può più essere proseguito o reiterato. È evidente che quel comportamento, qualificato come illecito, sia pure attraverso varie e diverse sfumature, è un comportamento già esaurito nella sua fattispecie, ma di cui si protraggono ancora gli effetti – pregiudizievoli o, quanto meno, pericolosi – oppure è un comportamento fisiologicamente destinato alla reiterazione, di talché l’ordine inibitorio servirà ad impedirla
[5] Cfr. Cass. Civ., Sez. II, 31.10.2014, n. 23283.
[6] L. Cameriero. Il divieto di immissioni tutela la proprietà ma anche la salute del proprietario, in www.diritto24.ilsole24ore.com, Gli Approfondimenti, n. 3/2011, 36.
[7] Cfr. anche Cass. Civ., Sez. III, 11  dicembre 2014 , n. 26899.
[8] Il rinvio all’art. 8 della Convenzione è il presupposto di diverse sentenze della Corte di Strasburgo in cui è riconosciuta la violazione del diritto fondamentale al benessere della persona nel godimento della propria abitazione per immissioni determinate da inquinamento ambientale. Cfr. Corte eur. dir. uomo, 9 dicembre 1994, n. 16798/90, Lopez Ostra c. Spagna, in Riv. giur. amb., 1996, p. 745, con nota di Arcari. Si veda, anche, Piccinni, Immissioni e tutela della persona. Contaminazioni personalistiche dell’art. 844 cod. civ., in Nuova giur. civ., 2012, p. 28 ss
[9] Per approfondimenti di veda Cass. Civ., Sez.. II, 20 gennaio 2023, n.1823: “Pur quando non rimanga integrato un danno biologico, non risultando provato alcuno stato di malattia, la lesione del diritto al normale svolgimento della vita familiare all’interno della propria casa di abitazione, tutelato anche dall’art. 8 della Convenzione Europea dei diritti umani, nonché del diritto alla libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane, integra una lesione che non costituisce un danno “in re ipsa”, bensì un danno conseguenza e comporta un pregiudizio ristorabile in termini di danno non patrimoniale. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, che aveva ritenuto dovuta la riparazione del pregiudizio del diritto al riposo, sofferto dalle parti lese in conseguenza delle immissioni sonore – in particolare notturne – dipendenti dall’installazione di un nuovo bagno in un appartamento contiguo, siccome ridondante sulla qualità della vita e, conseguentemente, sul diritto alla salute costituzionalmente garantito
[10] Sul punto cfr. Per approfondimenti cfr. A. Gambaro, Giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo e influenza sul diritto interno in tema di diritto di proprietà, in Riv. dir. civ., 2010, p. 115 ss.; Salvi, La proprietà privata e l’Europa, diritto di libertà o funzione sociale?, in Riv. crit. dir. priv., 2009, p. 409 ss. In virtù del particolare rilievo che l’art. 117 Cost. attribuisce all’ordinamento comunitario e agli obblighi internazionali, il giudice nazionale è chiamato ad una costante attività di coordinamento tra i contenuti precettivi del diritto interno e quelli disposti dal diritto europeo. È necessario, quindi, richiamare Corte cost., 24 ottobre 2007, n. 348 e 349, ove, in relazione alla diffusa prassi dell’occupazione acquisitiva di immobili privati da parte della pubblica amministrazione in vista della realizzazione di opere pubbliche, si è dichiarata l’illegittimità costituzionale del criterio legale di calcolo dell’indennità da esproprio e, per quanto qui interessa, si è affermata soprattutto la necessità che, in caso di apparente contrasto tra norme di diritto interno e norme di diritto sovranazionale, nella specie sancite dalla CEDU, il giudice ordinario attribuisca alle norme di diritto interno un significato conforme alle disposizioni internazionali, sempre che ciò sia consentito dalla formulazione del testo della norma di diritto interno, dovendosi altrimenti sottoporre al giudizio di legittimità costituzionale la disposizione del diritto sovranazionale.
[11] Cass. Civ., Sez. III, sent. 19 dicembre 2014, n. 26899; Cass. Civ., Sez. VI, 13 aprile 2022, n.11930.
[12] P. Trimarchi, Istituzioni di diritto privato, Milano, 2019, p. 432; F. Galgano, Trattato di diritto civile, Padova, 2022, p. 654; 5. P. Cendon, Il diritto civile nella società contemporanea, Torino, 2023, p. 321; M. Franzoni, Dei fatti illeciti, Bologna, 2020, p. 298
[13] Cass. Civ., Sez. II, 10 novembre 2020, n. 25264.
[14] Cass. Civ., Sez. III, 15 marzo 2024, n. 7231.
[15] P. Rescigno, Manuale di diritto privato, Napoli, 2021, p. 789
[16] Cass. Civ., Sez. II, 5 luglio 2022, n. 21134
[17] L. La Battaglia, Immissioni intollerabili e risarcimento del danno non patrimoniale: il ritorno del danno esistenziale?, Il corriere giuridico, 10/2018, p. 1249.
[18] G. Pandolfelli – G. Scarpello – M. Stella Richter- G. Dallari, cit., 82, Il richiamo della dottrina si riferisce a Bonfante, Scritti giuridici vari, II, Proprietà e servitù, Torino, 1918, 838 ove si critica l’ossessione dell’immissione, precisando che l’immissioni di sostanze negli altrui fondi avvenivano senza i macchinari dell’industria moderna; S. Pugliatti, Della proprietà fondiaria, in Comm. al cod. civ. diretto da D’Amelio, III, sub art. 35, 174 ss.
[19] Cfr. Corte App.Brescia, Sez. II, 14.06.2022, n.734.
[20] NAVARRETTA, Diritti inviolabili e responsabilità civile, cit., 354.
[21] G. D’angelo, L’art. 844 c.c. e il diritto alla salute, in F. Busnelli – U. Breccia (a cura di), Tutela della salute e diritto privato, Milano, 1978. Con riferimento alle connesse questioni relative al riparto di giurisdizione, cfr. Cass., sez. un., 15 ottobre 1998, n. 10186
[22] Cfr. L. Delle Sedie, Legittimazione del conduttore per il risarcimento del danno provocato dalle immissioni, in Nuov dir., 1964.
[23] Cfr. R. Dolce, Azione negatoria e cessazione negatoria di turbativa e molestie, in Mon. trib., 1968, 188.
[24] Cfr. R. Pardolesi, Circolazione del fondo soggetto ad<< immissioni industriali>> e diritto all’indennizzo, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1978.
[25] M. Ciocia, Lesione del diritto all’abitazione, in Danno e resp., 2013, 356..

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Flora Miranda

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