TFR e indennità risarcitoria nel pubblico impiego: la Corte costituzionale chiarisce con la sentenza n. 144/2025

TFR e indennità risarcitoria nel pubblico impiego: la Corte costituzionale chiarisce con la sentenza n. 144/2025

Abstract. La sentenza n. 144/2025 della Corte costituzionale ha chiarito la legittimità del riferimento al trattamento di fine rapporto (TFR) come parametro uniforme per la quantificazione dell’indennità risarcitoria spettante al lavoratore pubblico contrattualizzato reintegrato dopo un licenziamento illegittimo. Il presente contributo analizza la natura giuridica e la funzione sistemica dell’indennità risarcitoria, collocandola nel quadro del pubblico impiego privatizzato e confrontandola con modelli comparati. Si evidenzia come la scelta del TFR risponda a esigenze di semplificazione e uniformità, pur sollevando tensioni tra personalizzazione previdenziale ed effettività della tutela. La pronuncia costituzionale è letta come momento di razionalizzazione normativa, ma anche come banco di prova per la tenuta assiologica del sistema.

Sommario: 1. Introduzione – 2. La nozione di indennità risarcitoria e la sua funzione nel sistema – 3. L’inquadramento sistemico: pubblico impiego, privatizzazione e pluralità di regimi – 4. Ricostruzione normativa e giurisprudenziale – 5. Ratio e natura giuridica del parametro TFR – 6. Diritto comparato: modelli europei e common law – 7. Le tutele nel sistema italiano: reintegrazione, risarcimento, equità – 8. Profili critici e prospettive di riforma – 9. Conclusioni

1. Introduzione

 Quando si affronta il tema della tutela del lavoratore pubblico illegittimamente licenziato, si entra in un terreno in cui diritto del lavoro, diritto amministrativo e diritto costituzionale si intrecciano in modo profondo. La sentenza n. 144/2025 della Corte costituzionale, depositata il 7 ottobre 2025, offre un’occasione preziosa per riflettere su questo intreccio, a partire da una questione apparentemente tecnica: quale parametro utilizzare per calcolare l’indennità risarcitoria spettante al dipendente pubblico reintegrato dopo un licenziamento illegittimo?

La questione, sollevata dal Tribunale di Trento, verteva attorno all’art. 63, comma 2, del d.lgs. n. 165/2001, come modificato nel 2017. Il giudice rimettente dubitava della legittimità costituzionale del riferimento al trattamento di fine rapporto (TFR) come base di calcolo dell’indennità, in quanto tale parametro sarebbe stato applicato anche a lavoratori che, in virtù della loro anzianità di servizio, erano rimasti nel regime dell’indennità premio di servizio (IPS). Da qui il sospetto di una disparità di trattamento, e dunque la richiesta di intervento della Corte.

Ma come spesso accade, dietro una questione apparentemente limitata si cela un nodo sistemico: qual è la natura dell’indennità risarcitoria nel pubblico impiego? Qual è la sua funzione? E soprattutto: può il legislatore utilizzare un parametro astratto, come il TFR, per garantire uniformità, anche a costo di sacrificare la corrispondenza con la posizione previdenziale concreta del lavoratore?

Per rispondere a queste domande, è necessario ricostruire il quadro normativo, comprendere la ratio della riforma del 2017, analizzare la posizione della Corte e confrontarla con i modelli comparati. Solo così sarà possibile cogliere la portata della decisione e valutarne le implicazioni, non solo sul piano tecnico, ma anche su quello assiologico e sistemico.

2. La nozione di indennità risarcitoria e la sua funzione nel sistema

 L’indennità risarcitoria che viene in rilievo nel caso di specie non è un semplice ristoro economico. Essa è parte integrante del sistema di tutele che l’ordinamento appronta per il lavoratore illegittimamente licenziato. In particolare, nel pubblico impiego contrattualizzato, essa si affianca alla tutela reale, cioè alla reintegrazione nel posto di lavoro, e ha la funzione di compensare il danno subito per effetto della estromissione illegittima.

Ma per comprendere appieno questa funzione, occorre distinguere tra ciò che l’indennità risarcitoria è e ciò che non è. Non si tratta di una retribuzione arretrata, perché non remunera una prestazione lavorativa effettivamente resa. Non si tratta nemmeno di un emolumento previdenziale, perché non è legata alla cessazione fisiologica del rapporto. È, piuttosto, una misura che si colloca nella fase patologica del rapporto, e che mira a ristabilire un equilibrio violato, a riparare una lesione, a compensare un danno.

Questa funzione compensativa, tuttavia, non è priva di implicazioni sistemiche. Essa deve essere esercitata in modo coerente con i principi di eguaglianza, proporzionalità e ragionevolezza. E proprio qui si innesta il problema sollevato dal giudice a quo: può il legislatore prevedere un parametro uniforme (il TFR) per tutti i lavoratori, anche per quelli che non vi hanno aderito, senza violare il principio di eguaglianza?

3. L’inquadramento sistemico: pubblico impiego, privatizzazione e pluralità di regimi

 Per rispondere a questa domanda, è necessario collocare la questione nel suo contesto sistemico. Il pubblico impiego contrattualizzato, com’è noto, è il frutto di un processo di privatizzazione avviato negli anni ’90, che ha portato a una progressiva assimilazione del rapporto di lavoro pubblico a quello privato. Tuttavia, questa assimilazione non è mai stata totale. Il pubblico impiego conserva tratti peculiari, che derivano dalla sua origine pubblicistica e dalla sua funzione istituzionale.

Uno di questi tratti è la pluralità dei regimi previdenziali. I lavoratori assunti prima del 1° gennaio 1996, salvo opzione contraria, restano nel regime dell’IPS, mentre quelli assunti successivamente sono automaticamente assoggettati al TFR. Questa distinzione, che riguarda la fase fisiologica della cessazione del rapporto, ha riflessi anche sulla quantificazione degli emolumenti di fine servizio.

Ma può questa distinzione riflettersi anche sulla fase patologica del rapporto, e in particolare sulla determinazione dell’indennità risarcitoria? È qui che si misura la tenuta del sistema, ed è qui che la Corte è chiamata a intervenire.

4. Ricostruzione normativa e giurisprudenziale

 Per comprendere la portata della sentenza n. 144/2025, è necessario ripercorrere l’evoluzione normativa dell’art. 63 del d.lgs. . n. 165/2001, che disciplina le conseguenze del licenziamento illegittimo nel pubblico impiego contrattualizzato. In origine, la norma si limitava a recepire il principio della reintegrazione, mutuato dall’art. 18 dello Statuto dei lavoratori, senza soffermarsi sulla quantificazione dell’indennità risarcitoria. La giurisprudenza, nel tempo, ha progressivamente colmato tale lacuna, elaborando criteri di quantificazione alternativi fondati ora sul regime previdenziale effettivo, ora su principi di parità di trattamento.

La svolta è avvenuta con il d.lgs. n. 75/2017, che ha modificato il comma 2 dell’art. 63, introducendo un riferimento esplicito al TFR come parametro di calcolo dell’indennità risarcitoria. Questa scelta ha suscitato dubbi interpretativi, soprattutto in relazione ai lavoratori che, per ragioni anagrafiche o per mancata opzione, erano rimasti nel regime dell’IPS. Da qui la questione sollevata dal Tribunale di Trento, che ha ritenuto discriminatorio il riferimento al TFR per chi non vi aveva aderito.

La Corte costituzionale, nel rigettare la questione, ha chiarito che il parametro TFR non è da intendersi come riferimento individualizzato, ma come criterio astratto e uniforme, in coerenza con i principi di eguaglianza e ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost., che impongono trattamenti uniformi per situazioni comparabili. La pronuncia si colloca nel solco di una giurisprudenza che, pur riconoscendo la pluralità dei regimi previdenziali, ne limita la rilevanza nella fase patologica del rapporto, privilegiando la funzione compensativa dell’indennità risarcitoria.

5. Ratio e natura giuridica del parametro TFR

 La scelta del legislatore di utilizzare il TFR come parametro di calcolo dell’indennità risarcitoria risponde a una duplice esigenza: da un lato, semplificare il sistema, evitando che la quantificazione dell’indennità risenta di variabili individuali; dall’altro, garantire una tutela uniforme, svincolata dalla fase fisiologica della cessazione del rapporto.

La Corte costituzionale, nella sentenza n. 144/2025, ha valorizzato questa ratio, sottolineando che il riferimento al TFR non incide sulla spettanza dell’indennità, ma ne determina la misura secondo un criterio standardizzato. In questo modo, il legislatore ha inteso armonizzare la disciplina del licenziamento illegittimo, assicurando a tutti i lavoratori pubblici contrattualizzati lo stesso meccanismo risarcitorio, indipendentemente dal regime previdenziale prescelto.

La sua natura è dunque quella di un criterio tecnico di quantificazione, funzionale alla razionalizzazione del sistema e alla parità sostanziale delle tutele, piuttosto che alla riproduzione delle specificità previdenziali individuali. Il parametro TFR opera come strumento di uniformazione, e non come elemento discriminatorio. La sua funzione è sistemica, non personalizzata, e risponde a una logica di semplificazione normativa e di effettività della tutela.

6. Diritto comparato: modelli europei e common law

 Il confronto con altri ordinamenti consente di cogliere la specificità del modello italiano. In Francia, la tutela contro il licenziamento illegittimo nel settore pubblico è limitata, e la reintegrazione è rara. L’indennità risarcitoria è calcolata sulla base della retribuzione effettiva, ma non esiste un parametro uniforme come il TFR. In Germania, il diritto dei funzionari pubblici (Beamtenrecht) prevede tutele specifiche, mentre nel settore contrattualizzato si applicano regole simili a quelle del lavoro privato, con indennità commisurate alla retribuzione e alla durata del rapporto.

Nel Regno Unito, il concetto di wrongful dismissal comporta compensazioni economiche, ma la reintegrazione è eccezionale. L’indennità è calcolata in base al salario effettivo, senza parametri astratti. In tutti questi ordinamenti, la tutela risarcitoria è meno strutturata rispetto al modello italiano, che combina reintegrazione, indennità risarcitoria e conservazione dei diritti previdenziali.

In tal senso, il modello italiano, pur inserendosi nella tendenza europea alla semplificazione delle tutele, conserva un carattere peculiare: la combinazione tra uniformità risarcitoria e permanenza della tutela reale rappresenta un unicum nel panorama continentale.

7. Le tutele nel sistema italiano: reintegrazione, risarcimento, equità

Nel pubblico impiego contrattualizzato, il lavoratore illegittimamente licenziato ha diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro, alla corresponsione delle retribuzioni maturate, e all’indennità risarcitoria. Quest’ultima, come chiarito dalla Corte, è calcolata secondo il parametro TFR, anche per chi non vi ha aderito. La tutela è dunque articolata su più livelli, e mira a ristabilire l’equilibrio violato dal recesso illegittimo.

La funzione dell’indennità risarcitoria è compensativa, ma anche deterrente. Essa disincentiva il ricorso al licenziamento arbitrario, e rafforza la responsabilità del datore pubblico. La scelta di un parametro uniforme garantisce equità, prevedibilità e coerenza, evitando che la tutela risarcitoria sia condizionata da scelte previdenziali individuali.

La sentenza n. 144/2025, pertanto, ribadisce che il pubblico impiego contrattualizzato, pur nella sua natura privatistica, resta permeato da principi costituzionali di imparzialità e buon andamento (art. 97 Cost.), che impongono soluzioni normative improntate a coerenza, uniformità e prevedibilità.

8. Profili critici e prospettive di riforma

 La sentenza n. 144/2025, pur risolvendo il nodo interpretativo sollevato dal giudice rimettente, lascia aperti alcuni profili problematici che meritano attenzione. Il primo riguarda la tensione tra uniformità normativa e personalizzazione previdenziale. Il legislatore, nel prevedere il TFR come parametro di calcolo dell’indennità risarcitoria, ha scelto una soluzione semplificatrice, ma ha inevitabilmente sacrificato la corrispondenza tra il rimedio e la posizione previdenziale concreta del lavoratore. Ciò può talvolta determinare un disallineamento percettivo tra l’entità del danno subito e la misura del ristoro riconosciuto.

Un secondo profilo critico concerne la tenuta del principio di effettività della tutela. Se l’indennità risarcitoria è parametrata a un regime non effettivamente applicabile al lavoratore, si pone il problema di garantire che il risarcimento sia realmente proporzionato al pregiudizio subito. La Corte, nella sua pronuncia, ha risolto questo nodo valorizzando la funzione astratta del parametro, ma la questione resta aperta sul piano della giustizia sostanziale.

Infine, occorre interrogarsi sulla compatibilità di questa soluzione con l’evoluzione del pubblico impiego contrattualizzato. La tendenza alla semplificazione normativa, pur necessaria, non può prescindere dalla considerazione delle specificità individuali, soprattutto quando esse incidono su diritti patrimoniali consolidati. Una possibile prospettiva di riforma potrebbe essere individuata nell’introduzione di meccanismi correttivi, che consentano al giudice di adeguare l’indennità risarcitoria in presenza di scostamenti significativi tra il parametro astratto e la posizione concreta del lavoratore.

Tali criticità evidenziano come il tema dell’indennità risarcitoria continui a rappresentare un banco di prova per la capacità del legislatore di bilanciare uniformità, effettività e personalizzazione delle tutele.

9. Conclusioni

 La sentenza n. 144/2025 della Corte costituzionale rappresenta un momento di chiarificazione normativa e sistemica. Il riferimento al TFR come parametro di calcolo dell’indennità risarcitoria nel pubblico impiego contrattualizzato è stato ritenuto legittimo, in quanto funzionale alla semplificazione del sistema e alla parità sostanziale delle tutele. La Corte ha ribadito che tale parametro non incide sulla spettanza dell’indennità, ma ne determina la misura secondo un criterio uniforme, coerente con i principi di eguaglianza e ragionevolezza.

Il pubblico impiego contrattualizzato, pur nella sua natura privatistica, resta permeato dai principi di eguaglianza (art. 3 Cost.) e di imparzialità e buon andamento (art. 97 Cost.), che impongono soluzioni normative improntate a coerenza, uniformità e prevedibilità. La funzione dell’indennità risarcitoria, in questo contesto, non è solo compensativa, ma anche sistemica: essa contribuisce a garantire l’effettività della tutela, la responsabilità del datore pubblico e la tenuta dell’ordinamento.

In definitiva, la sentenza n. 144/2025 si colloca nel solco di un processo di razionalizzazione del pubblico impiego, nel quale la tutela del lavoratore non è solo un presidio individuale, ma un elemento essenziale dell’efficienza e della credibilità dell’amministrazione pubblica.


Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
Direttore responsabile Avv. Giacomo Romano
Listed in ROAD, con patrocinio UNESCO
Copyrights © 2015 - ISSN 2464-9775
Ufficio Redazione: redazione@salvisjuribus.it
Ufficio Risorse Umane: recruitment@salvisjuribus.it
Ufficio Commerciale: info@salvisjuribus.it
***
Metti una stella e seguici anche su Google News

Articoli inerenti

Disabilità e licenziamento per comporto: la sentenza CGUE C-5/24 tra diritto dell’Unione e ordinamento interno

Disabilità e licenziamento per comporto: la sentenza CGUE C-5/24 tra diritto dell’Unione e ordinamento interno

Abstract. La sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea dell’11 settembre 2025, causa C-5/24, offre un’occasione paradigmatica per...

TFR: la retribuzione che resiste. Natura, funzione e tutela del credito di lavoro

TFR: la retribuzione che resiste. Natura, funzione e tutela del credito di lavoro

Abstract. Il Trattamento di Fine Rapporto (TFR) rappresenta un istituto centrale del diritto del lavoro italiano, in cui si intrecciano dimensione...

Sicurezza sul lavoro e sequestro probatorio: analisi della sentenza Cass. Pen. n. 37434/2025

Sicurezza sul lavoro e sequestro probatorio: analisi della sentenza Cass. Pen. n. 37434/2025

Abstract. La sentenza Cass. Pen., Sez. IV, n. 37434/2025 affronta il caso dell’esplosione di un forno industriale che ha causato lesioni a una...