Lecita la natura subordinata nel rappoto di lavoro dei call center

Lecita la natura subordinata nel rappoto di lavoro dei call center

In tema di differenziazione tra lavoro autonomo e subordinato, la mancata manifestazione del potere disciplinare può costituire indice sintomatico dell’autonomia del lavoro solo se significativa di una esclusione del potere stesso in linea di principio, ma non quando esso non sia stato semplicemente esercitato in concreto per l’assenza di fatti rilevanti sul piano disciplinare” (così, Cass. Civ.-Sez. Lav.- n. 13452/2000).

L’esistenza del vincolo di subordinazione, inoltre, va valutata dal Giudice di merito, con riguardo alla specificità dell’incarico conferito al lavoratore ed al modo della sua attuazione, fermo restando che, ove l’assoggettamento del prestatore d’opera alle direttive etero imposte non sia agevolmente apprezzabile a causa delle peculiarità delle mansioni, occorre fare riferimento a criteri complementari e sussidiari (ad esempio: collaborazione, continuità delle prestazioni, osservanza di un orario predeterminato, versamento a cadenza fissa della retribuzione, coordinamento dell’coordinamento dell’attività lavorativa all’ assetto organizzativo imposto dal datore, assenza in capo al lavoratore di ogni attività imprenditoriale) che, privi ciascuno di valore decisivo, possono essere valutati globalmente come elementi probanti del vincolo di subordinazione.

L’accertamento del Giudice di merito, inoltre, è censurabile in sede di legittimità quanto all’ individuazione dei criteri generali ed astratti da applicare al caso concreto, mentre la valutazione delle risultanze processuali si sottrae al sindacato, se sorretta da motivazione adeguata ed immune da vizi logici (cfr. Cass. Civ.-Sez. Lav.- n. 2009/9256).

Alla luce di questo orientamento ormai consolidato, la Cassazione, con la sentenza n. 21710/2016, ha confermato la natura subordinata del rapporto di lavoro di un dipendente di call center dal momento in cui, in sostituzione di una dipendente licenziata, era stato adibito alla mansione di responsabile.

Sulla base del corredo probatorio acquisito, infatti, era emerso che il lavoratore, nello svolgere la mansione di responsabile, era presente tutti i giorni in ufficio, rispettando un orario di lavoro più lungo rispetto a quello degli altri operatori e ricevendo, inoltre, direttive sulla chiusura del call center, sugli orari da rispettare, sulle strategie da seguire nell’attività di recupero.

La Suprema Corte, conformandosi al decisum del Giudice dell’Appello, ha rilevato che la natura subordinata del rapporto non poteva essere esclusa per il solo fatto che non fosse provato l’esercizio del potere disciplinare, in assenza di un qualsiasi comportamento inadempiente da parte del lavoratore, e per il fatto che non sarebbe emerso un controllo quotidiano e costante da parte del datore di lavoro. Infatti, allorquando, come nella specie, il lavoratore assuma la responsabilità di una filiale o di una dipendenza, il potere datoriale di direzione ben può manifestarsi non in ordini e controlli continui e pervasivi, bensì attraverso l’emanazione di indicazioni generali e programmatiche.

Giuseppe Rossini
avvocato in Potenza


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