Il pegno omnibus, una garanzia reale atipica

Il pegno omnibus, una garanzia reale atipica

Il pegno rappresenta, per eccellenza, lo strumento attraverso il quale il creditore può tutelare in modo incisivo le proprie ragioni, gravando su beni mobili, universalità di mobili, crediti e su altri diritti aventi ad oggetto beni mobili del debitore (art. 2784 c.c.).

Il credito garantito può essere presente, futuro o eventuale, e assumere le forme più disparate: dalla classica somma di denaro sino a prestazioni di natura diversa. La fantasia delle obbligazioni, come spesso accade, è ben più ricca delle rigide formule codicistiche.

Secondo l’orientamento largamente prevalente, tanto in dottrina quanto in giurisprudenza, il contratto di pegno conserva natura reale e si perfeziona con la traditio. Non si tratta di un dettaglio da azzeccagarbugli: l’elemento essenziale, infatti, è lo spossessamento del debitore, quel passaggio fisico o giuridico che segna la differenza tra promessa e vincolo effettivo.

L’art. 2787, comma 3, c.c. rafforza questo impianto prescrivendo, a pena di inefficacia verso i terzi, la necessità di un atto scritto con data certa, recante l’indicazione dell’ammontare del credito garantito e la descrizione della cosa oggetto di pegno. La forma qui non è mero orpello, ma presidio di certezza giuridica.

Le garanzie reali, a differenza di quelle personali, sono sempre rimaste vincolate al principio del numerus clausus, un recinto giuridico che ha imposto agli interpreti una lettura tradizionalmente restrittiva. La loro peculiarità sta nel fatto che esse seguono la cosa e consentono al creditore garantito di soddisfarsi con preferenza rispetto ai creditori chirografari: una sorta di “corsia preferenziale” nel complesso traffico dell’esecuzione forzata.

Tuttavia, il diritto – per quanto ancorato alla tradizione – non smette di adattarsi. Ed ecco che, superando la ritrosia iniziale, dottrina e giurisprudenza hanno progressivamente ammesso le garanzie reali atipiche, ossia quei patti che, pur non previsti espressamente dal Codice, si inseriscono nell’alveo della disciplina codicistica ampliando gli strumenti di tutela del creditore.

Tra queste spicca il pegno omnibus, creatura giuridica di origine bancaria che, con la disinvoltura tipica degli istituti di credito, ha trasformato uno strumento di garanzia puntuale in una clausola di portata generale. Attraverso di esso, infatti, la garanzia si estende a tutti i crediti – liquidi o illiquidi, esigibili o futuri, già garantiti o meno – purché vantati dalla banca. Una sorta di “ombrello universale” sotto il quale l’istituto si ripara da ogni rischio.

Naturalmente, tanta estensione non poteva che sollevare delicati problemi di validità. In dottrina è stato rilevato come il pegno omnibus finisca per collidere con i principi generali, configurandosi quale pegno di cosa futura e di beni indeterminati. La giurisprudenza, più pragmatica, lo ha ritenuto non nullo, ma limitato nei suoi effetti: valido tra le parti, ma inefficace nei confronti dei terzi.

In ogni caso, la Corte di Cassazione ha chiarito che, perché il pegno omnibus sia valido, è necessario che il credito futuro trovi origine in un rapporto già esistente: non dunque un salto nel buio, ma un’estensione naturale di un legame giuridico già instaurato.

Uno sguardo oltre: Il pegno omnibus ci mostra come il diritto, pur restando fedele ai propri canoni di certezza, sia costretto a dialogare con la prassi economica e bancaria, spesso molto più veloce e creativa. Forse, in prospettiva, sarà necessario che il legislatore – anziché inseguire con diffidenza tali costruzioni – definisca confini più chiari, così da bilanciare esigenze di tutela del creditore e di trasparenza per i terzi. In fondo, ogni garanzia non è solo un vincolo patrimoniale, ma anche un indice della fiducia che il sistema giuridico ripone nel futuro.


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