Autonomia europea tra geopolitica e resilienza strategica

Autonomia europea tra geopolitica e resilienza strategica

La competizione geoeconomica globale sta spingendo l’Unione europea a evolvere — finalmente, direbbero in molti — verso una vera e propria politica di stato economico: una cornice in cui strumenti industriali comuni, coordinamento fiscale e capacità di investimento condivise diventano leve per colmare i divari tecnologici, diversificare le forniture critiche e rendere più resilienti le catene del valore.

L’obiettivo dichiarato è quello di un’autonomia aperta, non autarchica: rafforzare capacità e standard europei, restando connessi ai mercati globali.

Ma, come spesso accade nel diritto dell’Unione, la virtù risiede nella proporzione — e il rischio, negli eccessi. L’uso estensivo di aiuti di Stato per sostenere progetti strategici in settori come clean-tech e difesa può infatti generare asimmetrie tra Paesi con spazi fiscali diseguali, alimentando tensioni tra solidarietà e concorrenza.

Da qui l’urgenza di definire “corrimano comuni”: cornici temporanee, criteri di proporzionalità, strumenti finanziari e fondi europei condivisi, che impediscano al sostegno pubblico di degenerare in frammentazione o, peggio, in competizione fiscale intra-UE.

Negli ultimi anni, Bruxelles ha virato da una politica commerciale “aperta per default” a una politica economica integrata, che combina sicurezza, industria e strategia.
Nel lessico comunitario, “autonomia strategica aperta” significa capacità di agire da soli quando necessario, cooperando quando possibile: un equilibrio più da trapezista che da burocrate.

Il passaggio dalla teoria alla pratica è avvenuto con la Strategia di Sicurezza Economica (giugno 2023) e con i pacchetti 2024-2025, che segnano il passaggio dalla risk awareness alla risk mitigation attraverso l’uso coordinato di strumenti commerciali, industriali e di sicurezza.

La Presidente von der Leyen lo ha sintetizzato con efficacia: “de-risking, not decoupling”. In altre parole, proteggere senza chiudersi, gestire l’interdipendenza senza demonizzarla.

La Commissione e il Parlamento hanno cominciato a operazionalizzare l’autonomia strategica aperta, sviluppando indicatori su innovazione, produzione e dipendenze critiche: numeri e metriche per guidare decisioni politiche “basate su evidenze” — un concetto che in Europa resta più una promessa che una prassi consolidata.

Questi strumenti si affiancano ai Temporary Crisis and Transition Frameworks (TCTF) e ai progetti IPCEI, pensati per attrarre investimenti in tecnologie di frontiera senza compromettere il level playing field interno.

La loro efficacia, tuttavia, dipenderà da un uso selettivo e coordinato, come hanno già segnalato la Corte dei Conti europea e numerosi osservatori indipendenti, preoccupati per l’amplificarsi del divario tra grandi e piccoli Stati membri.

Sul piano regolatorio, il mosaico delle riforme si arricchisce:

  • la riforma del market design elettrico (Reg. 2024/1747 e Dir. 2024/1711) consolida i contratti a lungo termine (PPA e CFD) per stabilizzare i prezzi;

    REMIT II (Reg. 2024/1106) rafforza i presìdi contro la manipolazione di mercato;

  • il pacchetto gas-idrogeno (Reg. 2024/1789 e Dir. 2024/1788) apre finalmente un mercato europeo dell’idrogeno e integra i gas rinnovabili.

    Sono tasselli essenziali di una resilienza economica sistemica, con impatti diretti sul costo del capitale e sulla bankability degli investimenti industriali.

La postura europea non punta alla chiusura, bensì alla diversificazione intelligente: moltiplicare fornitori, mercati e interconnessioni lungo le filiere critiche (materie prime, digitale, sanità, energia), gestendo l’interdipendenza con pragmatismo e strumenti misurati.

L’approccio è oggi tradotto in linee guida operative che popolano il nuovo toolbox europeo.

Quattro principi ne scandiscono la bussola:

  1. Proporzionalità – individuare i rischi reali, non quelli mediatici;

  2. Temporalità – mantenere la reversibilità e la clausola sunset;

  3. Coerenza intrabraccio UE – evitare sovrapposizioni e gold-plating nazionali;

  4. Misurabilità – adottare KPI concreti su diversificazione, tempi autorizzativi e time to market.

Il Parlamento ha chiesto, entro il 2025, una vera e propria dottrina dell’autonomia strategica, che trasformi i principi in criteri operativi di attivazione degli strumenti.

Sul fronte esterno, la Global Gateway (≈€300 mld, 2021-2027) funge da braccio finanziario di una diplomazia industriale orientata alla connettività sostenibile e alla diversificazione geopolitica delle forniture.

Parallelamente, il Trade & Technology Council (TTC) con gli Stati Uniti agisce come piattaforma di standard e interoperabilità sulle tecnologie emergenti: un “tavolo transatlantico” dove l’UE gioca, per una volta, non solo in difesa.

L’espansione dei regimi di aiuto di Stato e delle deroghe settoriali, sebbene utile per catalizzare investimenti, può distorcere il mercato unico e acuire le disuguaglianze fiscali.

Servono dunque criteri stringenti di addizionalità, valutazioni ex-ante ed ex-post, e meccanismi di cooperazione (come gli IPCEI) capaci di internalizzare gli spillover positivi.

Non è solo questione di contabilità: è di coerenza strategica.

Il dibattito — alimentato dai rapporti Letta e Draghi — converge su tre priorità: scala, velocità, e beni pubblici europei.

Un mercato dei capitali unificato, procedure più snelle (SMET), e un finanziamento europeo dei grandi beni comuni (energia, difesa, ricerca).

Perché, come ricorda spesso Mario Draghi, “in Europa la sovranità è condivisa o non è”.

Per evitare che la politica di stato economico si traduca in un protezionismo di ritorno, occorrono metriche pubbliche e comparabili:

Dipendenze critiche: quota di importazioni concentrate su singoli Paesi o filiere e tempi di sostituzione;

Diversificazione: indici Herfindahl-Hirschman e resilience index settoriali;

Efficacia degli strumenti: misurazione del chilling effect del Foreign Subsidies Regulation, durata media delle indagini antitrust, tempi autorizzativi NZIA/CRMA;

Costo-beneficio degli aiuti: grado di addizionalità, crowding-in privato, impatti su produttività e salari;

Allineamento esterno: cooperazione TTC, standard comuni, mutual recognition con partner like-minded.

In sintesi, la transizione verso una politica economica europea matura non è un ripiegamento, ma un esercizio di lucidità geopolitica.
Resilienza e autonomia non equivalgono a isolamento: rappresentano, piuttosto, la condizione per restare un polo aperto ma sovranamente consapevole in un’economia mondiale sempre più politicizzata.

O, per dirla con un sorriso, “l’arte tutta europea di tenere il piede in due staffe — purché siano solide, ben forgiate e rigorosamente conformi agli standard CE”.


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Avv. Gianluca Galofaro

Si laurea nel 2005 presso l’Università degli Studi di Catania con una tesi sperimentale in Informatica giuridica, dedicata all’analisi dei sistemi informativi nel diritto. Consegue nel 2008 l’abilitazione all’esercizio della professione forense ed è iscritto all’Ordine degli Avvocati di Siracusa dal 2009. Patrocinante innanzi alla Corte di Cassazione, svolge attività professionale presso il proprio studio legale con sedi in Augusta e Roma, occupandosi prevalentemente di diritto civile, tributario, del lavoro, ambientale e marittimo. È avvocato fiduciario di diversi enti pubblici e aziende private, per i quali presta consulenza continuativa in materia di contenzioso, contrattualistica, gestione della compliance e responsabilità amministrativa ex D.Lgs. 231/2001. Ha conseguito un Master di II livello in Diritto della Navigazione e dei Trasporti e un Master di I livello in Discipline economiche, statistiche e giuridiche, approfondendo le competenze in ambito economico-gestionale e nella regolazione dei trasporti. Esperto in management della Pubblica Amministrazione, ha maturato una significativa esperienza nella consulenza a enti pubblici, società partecipate e amministrazioni locali, anche nell’ambito di partenariati pubblico-privati e progetti di sviluppo territoriale. Dal 2009 al 2011 ha collaborato con il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, presso l’Ufficio Affari Legali, occupandosi di problematiche giuridiche in materia ambientale, sicurezza e responsabilità d’impresa. È inoltre membro della Camera Arbitrale Internazionale, dove ha svolto incarichi di arbitro e giudice in controversie di diritto commerciale e contrattuale. Abilitato all’insegnamento, è docente di corsi di Diritto della Navigazione e partecipa a iniziative di formazione professionale e aziendale su tematiche di diritto ambientale, sicurezza nei luoghi di lavoro e sostenibilità.

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