
La prelazione impura
La prelazione è quel meccanismo che si inserisce nel procedimento di formazione del contratto e ne condiziona la conclusione.
Sebbene non regolata dalla legge come figura generale, ma solo in relazione a fattispecie particolari, la prelazione attribuisce a chi la riceve il diritto di essere preferito a parità di condizioni, nella conclusione di un contratto, se e quando colui che attribuisce tale diritto deciderà di contrarre.
Il diritto di prelazione può nascere o da un contratto (prelazione convenzionale) o essere attribuito dalla legge (prelazione legale).
Dalla prelazione non nasce un obbligo a contrarre né a carico del concedente, né a carico del prelazionario.
Il concedente ha l’obbligo di non concludere il contratto con terzi se non dopo aver “interpellato” il prelazionario.
La tesi prevalente evidenzia come dalla prelazione nascono due obblighi diversi: il primo riguarda il divieto di contrarre con soggetti diversi dal preferito, il secondo riguarda il comportamento del concedente volto a comunicare la propria intenzione contrattuale, attraverso la formulazione di una proposta al prelazionario (denuntiatio).
La prelazione non limita la libertà di determinazione del contenuto contrattuale (art. 1322 co. 1 c.c.), infatti la preferenza è accordata al prelazionario solo a parità di condizioni rispetto all’offerta formulata dalla parte sottoposta all’obbligo prelatizio.
Nell’ambito dei contratti traslativi, la prelazione trova il suo campo naturale di applicazione con riferimento alla vendita.
L’elemento della “parità di condizioni” spiega anche perché il contratto di permuta ne resti escluso.
L’esclusione della permuta dalla sfera operativa della prelazione ha ragion d’essere soltanto nelle ipotesi in cui la prevista attribuzione patrimoniale a vantaggio del permutante abbia ad oggetto un bene o un diritto infungibile.
Tuttavia, vi sono dei casi in cui l’interesse preferito sia ritenuto tanto rilevante da fare premio anche sul contrapposto interesse del titolare del diritto alienando alla libera scelta delle condizioni contrattuali.
In alcune ipotesi, la permuta contrariamente alle conclusioni raggiunte è assoggettata dalla legge a prelazione, anche laddove l’attribuzione corrispettiva a quella sottoposta al vincolo di preferenza sia infungibile, basti pensare all’articolo 60 d. lgs. n. 42 del 22 gennaio 2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) prevede al comma 2, che i soggetti pubblici indicati dal comma 1 siano preferiti nell’acquisto dei beni culturali anche laddove la loro cessione debba essere attuata mediante permuta.
In dottrina vi sono altri casi di prelazione impura non previsti dalla legge.
Inoltre, è oramai opinione largamente condivisa quella secondo cui la sottoposizione della permuta alla prelazione operi anche rispetto alla prelazione volontaria, dal momento che il requisito della parità di condizioni si ritiene non sia più da ritenere essenziale per la configurabilità del diritto di essere preferiti.
La questione si pone soprattutto rispetto alle clausole di prelazione inserite negli statuti di società per azioni e a responsabilità limitata, le quali attribuiscono ai soci il diritto di essere preferiti nell’acquisto di azioni o quote sociali, rispetto all’alienazione che il loro titolare voglia farne a terzi o ai soci stessi.
Il diritto di essere preferiti, salvo diversa previsione della clausola di prelazione, sussisterebbe in ogni caso, anche nell’ipotesi in cui il contratto di alienazione ipotizzato sia diverso dalla vendita e preveda prestazioni infungibili.
Tale conclusione si spiega in relazione alla funzione tipica di tali clausole, ovvero quella di impedire l’ingresso nella compagine societaria a soggetti sgraditi e di evitare di alterare gli equilibri esistenti con una differente distribuzione del capitale sociale e del connesso potere decisionale.
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Michela Falcone
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