Il Decreto Sicurezza dall’Europa all’Italia col rischio di eccesso di sicurezza

Il Decreto Sicurezza dall’Europa all’Italia col rischio di eccesso di sicurezza

Sommario: 1. Introduzione – 2. La situazione europea – 3. Decreto Sicurezza – 4. Conclusioni

1. Introduzione 

Il governo Meloni ha recentemente introdotto il “decreto sicurezza”[1], una misura complessa che mira a potenziare i livelli di sicurezza interni e internazionali. Il decreto si caratterizza per la sua natura composita, aggregando norme che spaziano dalla lotta all’occupazione abusiva delle abitazioni al potenziamento delle strategie di antiterrorismo, includendo anche un rafforzamento delle tutele per gli agenti dei servizi segreti.

L’iniziativa italiana riflette una tendenza più ampia in atto in tutta Europa. L’acuirsi di crisi geopolitiche, come la guerra russo-ucraina e il conflitto israelo-palestinese, unito al timore di attacchi terroristici e altre minacce ibride, ha spinto molti governi a riconsiderare le proprie politiche di sicurezza.

Emerge così una tensione fondamentale tra due principi cardine delle democrazie liberali: la sicurezza collettiva e le libertà individuali. Il confine tra i due è labile e oggetto di un acceso dibattito, come dimostrano le discussioni in sede di Europarlamento sul controverso disegno di legge “ChatControl”[2], che esemplifica lo scontro tra la tutela della privacy e le esigenze di prevenzione e controllo.

In questo articolo si comporrà dunque di una prospettiva europea analizzando l’evoluzione della normativa europea in materia di sicurezza e il progetto di legge di chat control, proseguirà con una disamina del testo legislativo con anche commenti da parte della mondo giuridico ed infine le conclusioni.

2. La situazione europea

A seguito dell’acme di atti terroristici che ha colpito Francia e Germania nel 2015, si è avviata una profonda riflessione sulle politiche di sicurezza, sia a livello nazionale che europeo. Tale processo, graduale ma inesorabile, si è intensificato con l’insorgere del conflitto russo-ucraino, amplificando l’urgenza di potenziare gli strumenti di contrasto a crimini quali la pedofilia, il terrorismo, l’elusione delle sanzioni contro la Russia e le minacce ibride. Un dominio cruciale di tale azione è rappresentato dallo spazio virtuale e dalle reti, ove le esigenze di sicurezza hanno trovato concretizzazione nell’adozione della Direttiva Network and Information Security (NIS) nel 2016. 

Tale direttiva ha posto le fondamenta per una rete europea di sicurezza informatica, promuovendo la standardizzazione di procedure e istituzioni tra gli Stati membri dell’Unione Europea. In Italia, l’implementazione della NIS ha condotto alla costituzione dell’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale (ACN), all’adozione sistematica di una strategia di sicurezza cibernetica e alla definizione di protocolli per identificare le imprese maggiormente esposte ad attacchi informatici, imponendo loro adeguamenti procedurali e miglioramenti strutturali. Questo sistema è stato completato dall’istituzione di procedure per la notifica degli incidenti informatici, coordinate dal CSIRT-Network, e dal supporto consulenziale offerto dall’ENISA, ente preposto ad assistere gli Stati membri nell’allineamento delle pratiche di sicurezza cibernetica. 

Nel 2017, l’inasprimento normativo si è manifestato attraverso un rafforzamento del controllo sulle armi, con la revisione della Direttiva 91/477/CEE, e, soprattutto, con l’emanazione della Direttiva 2017/541, provvedimento cardine in materia di contrasto al terrorismo. Quest’ultima, pur riaffermando la punibilità di attività preparatorie o attive a scopo terroristico, nonché di ruoli accessori come il finanziamento o il reclutamento, ha ampliato il proprio ambito applicativo, sfiorando il delicato confine tra esigenze di sicurezza e tutela dei diritti individuali. In particolare, l’articolo 9, paragrafo 1, stabilisce l’obbligo di incriminazione per il semplice atto di viaggiare verso un Paese diverso da quello di cittadinanza o residenza, con l’intento di «commettere o contribuire alla commissione di un reato di terrorismo». Analogamente, l’articolo 14 consente il respingimento, su base presuntiva, di soggetti che abbiano viaggiato in aree ad alta proliferazione terroristica. Tuttavia, la direttiva ha suscitato perplessità non solo per tali disposizioni, ma anche per le implicazioni in ambito cibernetico, specialmente riguardo alla rimozione di contenuti propagandistici a sfondo terroristico e il potenziale conflitto con il diritto alla libertà di espressione.

Un ulteriore progresso si è registrato in seguito al massiccio attacco cibernetico a SolarWinds [5], che ha catalizzato l’adozione del Cyber Resilience Act (CRA) [6]. Questo provvedimento, incentrato sulla sicurezza di software e hardware, introduce il principio di Security by Design, imponendo requisiti di sicurezza fin dalla fase di progettazione dei prodotti. A partire dal 2027, il CRA implementerà un sistema di certificazioni per garantire la conformità ai requisiti minimi, tra cui la trasparenza sulla composizione del prodotto, l’aggiornabilità non automatica e l’adozione di misure di sicurezza per l’accesso, come PIN, OTP o password. Tali disposizioni, tuttavia, hanno sollevato critiche, in particolare da parte dei produttori di software open-source, che, in una lettera aperta [7], hanno denunciato gli elevati costi imposti per il rispetto degli standard di sicurezza.

Parallelamente, nel contesto delle crescenti minacce di disinformazione, l’Unione Europea ha varato il Digital Services Act (DSA) [8], destinato a sostituire la Direttiva sul commercio elettronico 2000/31/CE. Anche questo provvedimento ha suscitato dibattiti, soprattutto in merito al ruolo dei moderatori di contenuti e all’obbligo per piattaforme come Meta di mitigare, nel rispetto della libertà di espressione, contenuti potenzialmente rischiosi a livello sistemico. Tale processo richiede una revisione degli algoritmi e la creazione di un’infrastruttura di enti e istituzioni preposti alla verifica delle segnalazioni, un compito tanto complesso quanto arduo. Le pressioni governative emerse, come evidenziato dai Twitter Files [9] e dalle dichiarazioni del CEO di Meta, Mark Zuckerberg [10], hanno ulteriormente complicato il quadro.

Sul piano strettamente europeo, si segnala il rinnovato impulso alla proposta di legge ChatControl, fortemente sostenuta dall’ex Commissaria agli Affari Interni, Ylva Johansson. Tale disegno, qualora approvato, imporrebbe l’installazione di backdoor per accedere alle comunicazioni via chat, configurando una grave violazione del diritto alla riservatezza delle comunicazioni, sancito dall’articolo 15 della Costituzione italiana, dal diritto europeo e da una consolidata giurisprudenza in materia di diritti umani, come evidenziato dalla sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo nel caso Podchasov v. Russia, che ha dichiarato le backdoor incompatibili con l’articolo 8 della Convenzione [12]. Sebbene l’intento della legge sia encomiabile, ovvero il contrasto alla pedofilia e al traffico di minori, il provvedimento solleva il rischio di una forma di giustizia preventiva. Inoltre, qualora includa le raccomandazioni del gruppo di esperti consultati [12], la legge potrebbe estendersi all’accesso a dati video e audio dei dispositivi, all’identificazione degli autori e alla conservazione indefinita dei dati, rendendoli accessibili a tutti gli Stati membri.  Infine proprio i paesi di Francia e Germania stanno avanzando l’ipotesi di una espansione dunque modifica degli atti legislativi europei Regolamento (UE) 2024/1624 e Direttiva (UE) 2024/1640 noti come IV direttiva anti-riciclaggio.

Questo articolato quadro normativo riflette la tensione tra l’imperativo della sicurezza collettiva e la salvaguardia dei diritti fondamentali, ponendo sfide complesse per il futuro della governance europea. 

3. Decreto Sicurezza

L’indirizzo politico del governo presieduto da Giorgia Meloni si distingue per un approccio normativo orientato al contrasto di condotte percepite come particolarmente lesive del sentire comune della cittadinanza italiana. Tale strategia si concretizza in interventi legislativi mirati a reprimere fenomeni di degrado sociale e criminalità, spesso attraverso l’adozione di decreti d’urgenza che hanno suscitato dibattiti circa la loro legittimità costituzionale e proporzionalità. Un esempio emblematico è rappresentato dal cosiddetto “decreto rave” (DL n. 162/2022), che ha inasprito le sanzioni penali e pecuniarie per l’organizzazione di raduni abusivi, noti come rave party. Tale provvedimento ha riformulato l’art. 434-bis del Codice Penale, definendo il reato come: «L’invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica consiste nell’invasione arbitraria di terreni o edifici altrui, pubblici o privati, commessa da un numero di persone superiore a cinquanta, allo scopo di organizzare un raduno, quando dallo stesso può derivare un pericolo per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica» .

Le critiche al decreto si sono concentrate sia sull’uso dello strumento emergenziale, ritenuto sproporzionato, sia sull’ampia formulazione della norma, che rischiava di includere condotte eterogenee, compromettendo il principio di tassatività.

Un ulteriore caso di decretazione d’urgenza in materia di sicurezza è rappresentato dal Decreto-legge 11 aprile 2025, n. 48, denominato “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica, tutela del personale in servizio nonché di vittime dell’usura e di ordinamento penitenziario” [14]. Tale decreto, convertito in legge il 4 giugno 2025, trae origine da un iter legislativo complesso: un primo disegno di legge (A.C. 1660) era stato depositato nel novembre 2023, ampliato nel gennaio 2024, ma lasciato in sospeso fino all’adozione del decreto d’urgenza nel 2025. Questo percorso, definito “irrituale” da osservatori giuridici[15], evidenzia un approccio pragmatico, volto a ottenere risultati politici immediati, ma solleva interrogativi sulla sussistenza dei requisiti di necessità e urgenza richiesti dall’art. 77 della Costituzione. La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 22/2012, aveva già stigmatizzato l’uso improprio di decreti omnibus, rilevando nell’eterogeneità delle norme un indicatore di abuso dello strumento emergenziale. Inoltre, il carattere repressivo del decreto, che introduce ben 14 nuove fattispecie penali, ha alimentato critiche circa la sua compatibilità con i principi di proporzionalità e offensività.

Tra le innovazioni più significative del decreto si annovera l’introduzione del reato di “occupazione arbitraria di immobile destinato a domicilio altrui” (art. 634-bis c.p.), che punisce con la reclusione da 2 a 7 anni chiunque occupi abusivamente un immobile o ne impedisca l’uso al proprietario, anche mediante artifizi o raggiri. Rispetto alla disciplina previgente (art. 633 c.p.), che prevedeva pene più lievi (fino a 2 anni) e la procedibilità a querela, la nuova norma elimina l’obbligo di querela, consente la procedibilità d’ufficio e introduce procedure accelerate per il ripristino della proprietà, anche attraverso decreti giudiziari. Tale intervento si giustifica alla luce della rilevanza del fenomeno, che coinvolge circa 50.000 unità abitative, di cui 30.000 di edilizia residenziale pubblica e 20.000 di proprietà privata [16]. Inoltre, il decreto agevola la demolizione di edifici abusivi mediante decreti giudiziari, rafforzando la tutela della proprietà.

In materia di terrorismo, l’articolo 1 modifica gli articoli 270-bis e 270-quinquies del Codice Penale, punendo con maggiore severità chi procura o detiene materiali contenenti istruzioni per la fabbricazione o l’uso di congegni bellici micidiali o destinati ad attività terroristiche. Tra le altre fattispecie introdotte si segnalano:

– Resistenza passiva nei centri di permanenza per il rimpatrio (CPR) e nelle carceri, punita con la reclusione fino a 3 anni, volta a garantire la sicurezza delle strutture detentive.

– Blocco stradale con finalità di protesta, sanzionato con pene fino a 2 anni, con aggravanti per condotte reiterate o organizzate, suscitando critiche per il potenziale impatto sulla libertà di manifestazione.

– Maltrattamenti in famiglia aggravati da violenza assistita, puniti con la reclusione da 3 a 7 anni, innovando il quadro normativo attraverso il riconoscimento del danno psicologico subito da minori o persone vulnerabili.

– Aggressione a pubblico ufficiale con strumenti pericolosi, punita con pene da 2 a 5 anni, ascrivibile a una logica di ipertutela delle forze dell’ordine.

– Deturpamento di beni culturali, che inasprisce le sanzioni per il danneggiamento del patrimonio culturale, spesso commesso da turisti, riaffermando un’azione politica simbolica.

– Articolo 31, che modifica la Legge n. 124/2007, ampliando le garanzie funzionali per gli operatori dei servizi segreti e rendendo permanenti le scriminanti penali del Decreto Antiterrorismo (DL n. 7/2015) [citazione originale]. Tra le innovazioni si annoverano la possibilità di dirigere o organizzare associazioni con finalità terroristiche o eversive, la fabbricazione, detenzione o utilizzo di materiali esplosivi, e l’istigazione a delitti di terrorismo o crimini contro l’umanità, sempre entro i limiti costituzionali e con autorizzazione della Presidenza del Consiglio.

Il Decreto Sicurezza 2025, con le sue 14 nuove fattispecie penali e l’ampio ricorso alla decretazione d’urgenza, riflette un indirizzo politico orientato a rispondere alle istanze securitarie della cittadinanza, affrontando fenomeni come le occupazioni abusive, il terrorismo, la violenza familiare e il degrado culturale. Tuttavia, l’approccio repressivo e l’eterogeneità delle norme sollevano interrogativi sulla loro compatibilità con i principi costituzionali di proporzionalità, offensività e necessità, come evidenziato dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale [17]. L’introduzione del reato di occupazione arbitraria (art. 634-bis c.p.) rappresenta un tentativo di tutelare la proprietà privata, ma rischia di penalizzare situazioni di disagio abitativo, richiedendo un bilanciamento con politiche abitative efficaci. Analogamente, l’articolo 31, pur rafforzando le prerogative dei servizi segreti per contrastare minacce terroristiche, solleva preoccupazioni circa il controllo democratico e il rispetto dei diritti fondamentali.

In prospettiva, il successo di tali interventi normativi dipenderà dalla capacità del legislatore di integrare misure repressive con politiche strutturali che affrontino le cause profonde dei fenomeni criminali, come l’emergenza abitativa e le disuguaglianze sociali. La probabile revisione da parte della Corte Costituzionale sarà cruciale per valutare la legittimità delle nuove norme, specialmente in materia di scriminanti penali e limitazioni dei diritti. Nel frattempo, il dibattito pubblico e accademico dovrà vigilare affinché l’imperativo della sicurezza non comprometta il delicato equilibrio dello Stato di diritto, garantendo che la repressione non prevalga sulla prevenzione e sulla tutela dei principi costituzionali.

4. Conclusioni

L’analisi condotta ha inteso porre in evidenza le innovazioni normative in materia di sicurezza, tanto a livello europeo quanto italiano, in risposta a un contesto di crescenti complessità e minacce. Le crisi geopolitiche regionali, l’espansione del dominio virtuale come terreno fertile per attività illecite, il fenomeno delle occupazioni abusive di immobili, nonché l’evoluzione dei fenomeni terroristici e mafiosi, hanno spinto governi e istituzioni sovranazionali, come l’Unione Europea, a rafforzare le proprie politiche securitarie. Tali interventi, tuttavia, si accompagnano a una compressione delle libertà individuali, sollevando interrogativi sulla loro effettiva capacità di garantire una sicurezza sostanziale.

In Italia, il Decreto Sicurezza 2025 (Decreto-legge 11 aprile 2025, n. 48, convertito in legge il 4 giugno 2025) rappresenta un paradigma di questa tendenza, privilegiando lo strumento penale per proiettare un’immagine di maggiore sicurezza. Tuttavia, l’approccio repressivo adottato, che innalza i massimi edittali delle pene mantenendo invariati i minimi, rischia di tradursi in un impatto limitato: le condanne, infatti, potrebbero risolversi in misure alternative alla detenzione o sanzioni pecuniarie, vanificando l’intento dissuasivo. Tale strategia sembra rispondere più a una logica di “apparenza” securitaria che a un’effettiva risoluzione delle problematiche sottostanti.

Il fenomeno delle occupazioni abusive, che coinvolge circa 50.000 unità abitative in Italia è emblematico di un disagio sociale radicato, spesso legato alla carenza di alloggi popolari e alla crisi economica. Analogamente, le proteste dei movimenti ecologisti, che attraverso blocchi stradali esprimono istanze di natura politica, riflettono un malessere che richiede risposte strutturali piuttosto che repressive. L’uso del diritto penale per affrontare tali questioni, come previsto dal Decreto Sicurezza con fattispecie come il blocco stradale o l’occupazione arbitraria di immobili (art. 634-bis c.p.), appare una soluzione di superficie, che trascura le cause profonde del disagio.

Un approccio alternativo potrebbe privilegiare politiche sociali mirate a mitigare le disuguaglianze, incrementare l’offerta di edilizia popolare e rispondere alle richieste dei movimenti ambientalisti attraverso il dialogo e l’adozione di misure sostenibili. La scelta di ricorrere al diritto penale, strumento intrinsecamente delicato per la sua capacità di incidere sulle libertà fondamentali, solleva dubbi sulla sua adeguatezza a risolvere problematiche strutturali, rischiando di alimentare una percezione di sicurezza effimera senza affrontare le sacche di disagio che continuano a persistere.

 

 

 

 

 

 

 

Fonti
[1] Decreto Sicurezza n. 48/2025 https://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2025/04/11/25G00060/sg 
[2]Regolamento 2021/1232 Chat Control. https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32021R1232 
[3] Direttiva (UE) 2016/1148 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 luglio 2016, recante misure per un livello comune elevato di sicurezza delle reti e dei sistemi informativi nell’Unione. La direttiva è stata aggiornata con l’adozione della NIS2.https://eur-lex.europa.eu/eli/dir/2016/1148/oj?locale=it 
[5] S.Oladimeji, S.M. Kerne,  SolarWinds hack explained: Everything you need to know,Techtarget.https://www.techtarget.com/whatis/feature/SolarWinds-hack-explained-Everything-you-need-to-know
[4]S.Santini, ’Unione Europea  compie  un  nuovo  passo  nel  cammino  della  lotta  al terrorismo: una prima lettura della direttiva 2017/541, Diritto Penale Contemporaneo. 5-13. https://archiviodpc.dirittopenaleuomo.org/d/5527-lunione-europea-compie-un-nuovo-passo-nel-cammino-della-lotta-al-terrorismo-una-prima-lettura-della
[6]BSI TR-03183: Cyber Resilience Requirements for Manufacturers and Products. Requisiti per la certificazione del prodotto.
[7] S.Nichols,EU’s Cyber Resilience Act contains a poison pill for open source developers: https://www.theregister.com/2023/05/12/eu_cyber_resilience_act/  Securing software is a long, painful process. Many open source developers have neither the revenue nor resources to secure their programs to a government standard. The notional open source developer in Nebraska, thanklessly maintaining a vital small program, may not even know where Brussels is in Europe (it’s in Belgium). They can’t afford to secure their software to meet EU specifications. They often have no revenue. They certainly have no control over who uses their software. It’s open source, for pity’s sake!”
[8] Regolamento (UE) 2022/2065(Digital Service Act) 
[9]G.Audiello, I Twitter Files scoperchiano il vaso di Pandora della censura nei sistemi democratici, l’indipendente 30 dicembre 2022.
[10]R.Demaio, Zuckerberg ha confessato le pressioni della Casa Bianca per censurare i contenuti sul Covid, l’Indipendente, 28 Agosto 2024.
[11] CEDU Podchasov vs Russia, https://hudoc.echr.coe.int/eng/#{“itemid”:[“001-230854”]}
[12] Report, Recommendations from the High-Level Group on Access to Data for Effective Law Enforcement, https://cdn.netzpolitik.org/wp-upload/2024/06/2024-05-22-Recommendation-HLG-Going-Dark-c.pdf
[13]Decreto Rave ,
[14]d.l. 11 aprile 2025, n. 48 
[15] C. Domenicali,  Il decreto-legge “sicurezza” n. 48 del 2025: questioni di metodo, osservatorio costituzionale ISSN: 2283-7515 Fasc. 3/2025 6 maggio 2025
[16]L.Miliella, Alfonso Sabella: “Il decreto Sicurezza sulle occupazioni fa un gran regalo alle mafie dei racket”, il fatto quotidiano, 7 giugno 2025.https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2025/06/07/il-decreto-sicurezza-sulle-occupazioni-fa-un-gran-regalo-alle-mafie-dei-racket/8017811/?utm_medium=Social&utm_source=Twitter#Echobox=1749249648-2
[17] C. Domenicali,  Il decreto-legge “sicurezza” n. 48 del 2025: questioni di metodo, osservatorio costituzionale ISSN: 2283-7515 Fasc. 3/2025 6 maggio 2025

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