La sostituzione fedecommissaria
Sommario: 1. Inquadramento storico dell’istituto – 2. La struttura della fattispecie – 3. La natura del diritto spettante all’istituito – 4. Differenze con l’usufrutto successivo
1. Il presente contributo si pone l’obiettivo di analizzare l’istituto della sostituzione fedecommissaria, attraverso la disamina in via preliminare della disciplina delle sostituzioni, così come delineate dal legislatore storico, per poi soffermarsi sulla struttura e sugli elementi caratterizzanti un istituto, quale appunto quello della sostituzione fedecommissaria, che ha posto nel tempo diverse e delicate questioni di carattere pratico all’attenzione degli studiosi del diritto.
Infine, si farà luce sulle differenze intercorrenti con l’usufrutto successivo, istituto che viene in considerazione come una delle tante vicende affini alla sostituzione fedecommissaria.
La materia delle sostituzioni per la sua complessità in passato era considerata da alcuni studiosi come la “metafisica dei leggisti”.
Nel corpo dell’abrogato codice civile del 1865, il legislatore aveva ben chiara la distinzione dei concetti di sostituzione e di fedecommesso universale.
Al legislatore ottocentesco, inoltre, premeva la necessità di bandire in ogni modo dal sistema del diritto successorio la sostituzione fedecommissaria, dal momento che la stessa costituiva un pericolo per l’economia pubblica, a causa dell’immobilizzazione della ricchezza e della sottrazione delle cose al commercio, attraverso il ben noto fenomeno della manomorta, ma anche perché nociva alla concordia delle famiglie.
Il codice civile del 1865, nonostante l’enorme influsso del Code Napoleon sull’intero corpus normativo, preferì intraprendere una strada rigorosa ed epurare completamente l’istituto, non operante nemmeno a favore dei nipoti del testatore o del donante, come accadeva nella disciplina d’Oltralpe.
Un divieto così rigido, tuttavia, arrecava con sé conseguenze non sempre favorevoli; erano frequenti, infatti, i fenomeni di abbandono del fondo da parte degli istituiti, i quali dovendo restituirli, non avevano alcun interesse al loro miglioramento.
Nell’attuale sistema codicistico il legislatore prevede due tipologie di sostituzione testamentaria: la sostituzione ordinaria e la sostituzione fedecommissaria.
La sostituzione ordinaria, anche nota come volgare, e disciplinata dagli articoli 688 ss c.c., ricorre laddove il testatore dispone che colui che è stato istituito come erede o legato, ma che non voglia o non possa succedere, venga sostituito da un altro soggetto nominato nel testamento.
La norma, tutela la volontà del testatore, che prevale sul diritto di rappresentazione come sull’accrescimento, e gli consente di evitare l’applicazione della disciplina sulla successione legittima.
La legge ammette che più persone possano sostituirsi ad una sola persona, prima chiamata, e, viceversa, che una sola persona sia indicata come sostituta di una pluralità di chiamati.
La sostituzione fedecommissaria, invece, come già prima evidenziato, è sempre stata oggetto di valutazioni divergenti in relazione alla sua liceitàe alla sua configurabilità.
Il codice civile del 1942, diversamente dal codice civile del 1865 che vietava del tutto l’istituto, in un primo momento ne aveva ammesso la validità al ricorrere di limiti di tipo oggettivo e di tipo soggettivo.
Quanto ai limiti soggettivi occorreva che il primo istituito fosse un figlio o un fratello o una sorella del testatore, e che come sostituiti fossero indicati tutti i figli nati e nascituri dell’istituto, ovvero un ente pubblico.
Quanto ai limiti oggettivi la sostituzione fedecommissaria poteva comprendere solo i beni parte della quota disponibile, senza ledere la legittima.
A seguito della riforma del diritto di famiglia, il legislatore ha modificato del tutto l’articolo 692 c.c.
Il nuovo testo della norma, infatti, ammette l’operatività dell’istituto solo rispetto a specifiche finalità di protezione di soggetti incapaci, essendo ammissibile solo se l’istituito è un interdetto o un minore di età in condizioni di abituale infermità, ma esclude la validità della sostituzione fedecommissaria in tutti gli altri casi.
2. Nella sostituzione fedecommissaria, in cui l’eredità si devolve al sostituito solo alla morte dell’istituito, la delazione è successiva.
La sostituzione fedecommissaria è la disposizione attraverso la quale il testatore pone in capo all’erede o al legatario l’obbligo di conservare e restituire i beni ricevuti alla sua morte.
La fattispecie si caratterizza: per una duplice delazione, un ordine successivo e un obbligo di conservare i beni e restituirli ad un’altra persona.
Il nostro ordinamento giuridico, come già prima evidenziato, ammette soltanto una forma di fedecommesso, cd. assistenziale, che si caratterizza anche per la cura dell’incapace.
3. La natura giuridica del diritto spettante all’istituito sui beni oggetto della sostituzione ha suscitato nel corso del tempo un vivace dibattito in ambito dottrinale, in quanto risulta difficile giustificare e ammettere un diritto di proprietà non pieno ed assoluto, ma limitato dall’obbligo in capo all’istituito di conservare e restituire alla sua morte i beni oggetto della successione a favore di altre persone o di altri enti.
Diverse sono state le tesi prospettate sul punto, anche se oggi soltanto una di queste si considera prevalente e preferibile in ambito dottrinale.
Prima di soffermare l’attenzione sulla tesi maggioritaria, occorre fare menzione, anche, delle altre tesi prospettate.
Una prima ricostruzione sosteneva che il diritto spettante all’istituto sui beni oggetto del fedecommesso fosse una proprietà fiduciaria, caratterizzata dall’obbligo a carico dell’istituito derivante da un rapporto fiduciario con il testatore.
Non sono mancate, tuttavia, le tesi volte a sostenere che il diritto dell’istituito fosse un diritto di usufrutto, rimarcando il richiamo normativo a tale istituto all’articolo 693 co.2 c.c.
Occorre, inoltre, non dimenticare di menzionare anche quelle tesi che hanno fatto riferimento alla proprietà temporanea.
La tesi prevalente e preferibile, tuttavia, qualifica la fattispecie come una proprietà risolubile e l’istituito sarebbe titolare di un diritto di proprietà sottoposto a condizione risolutiva legale non retroattiva, della sua premorienza e della cura che il sostituito deve avere dell’istituito.
4. Un tema che si è posto spesso con riferimento alla sostituzione fedecommissaria è stato l’accostamento con l’istituto dell’usufrutto successivo.
Per capire il problema oggetto di attenzione da parte degli studiosi, va preliminarmente definito il concetto di usufrutto successivo.
Trattasi di un istituto attraverso il quale il diritto di usufrutto viene attribuito a più soggetti con godimento del bene non congiuntivo ma successivo tra di essi, con passaggio del diritto al momento della morte del precedente titolare.
Le disposizioni del codice civile che si occupano di tale fattispecie sono due: l’articolo 698 c.c. in ambito successorio e l’articolo 796 c.c. con riferimento al contratto di donazione.
Tali norme evidenziano lo sfavore da parte del legislatore nei confronti dell’usufrutto successivo rispetto agli atti di ultima volontà e alla donazione, in quanto si vuole evitare di privare a lungo il diritto dominicale delle facoltà di godimento.
L’usufrutto successivo, tuttavia, non può considerarsi come una forma speciale di fedecommesso, nonostante alcuni Autori, soprattutto in passato, lo avessero sostenuto.
Le argomentazioni spese dalla dottrina, in merito all’accostamento tra i due istituti, erano in buona sostanza tre.
Si evidenziava come in entrambi i casi si cercasse di evitare una eccessiva dissociazione tra proprietà e godimento, l’affinità del risultato pratico consistente in un ordine successivo di godimento, nonché per il rischio che attraverso gli usufrutti successivi si violasse il divieto di sostituzione fedecommissaria.
Le differenze tra gli istituti sono evidenti e portano ad escludere che vi possa essere una sovrapposizione.
Nell’usufrutto successivo manca un obbligo di conservare per restituire, inoltre, esiste un diritto di nuda proprietà che appartiene ad un soggetto diverso.
Tali considerazioni portano ad escludere che l’usufrutto successivo non sia una ipotesi speciale di sostituzione fedecommissaria, essendo, tra l’altro, l’usufrutto un diritto che non può eccedere la vita dell’usufruttuario, escludendo d conseguenza la doppia vocazione e l’obbligo di conservazione e restituzione propri del fedecommesso.
Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
Direttore responsabile Avv. Giacomo Romano
Listed in ROAD, con patrocinio UNESCO
Copyrights © 2015 - ISSN 2464-9775
Ufficio Redazione: redazione@salvisjuribus.it
Ufficio Risorse Umane: recruitment@salvisjuribus.it
Ufficio Commerciale: info@salvisjuribus.it
***
Metti una stella e seguici anche su Google News
The following two tabs change content below.
Michela Falcone
Ultimi post di Michela Falcone (vedi tutti)
- La sostituzione fedecommissaria - 21 Settembre 2025
- Il trust: il regime dell’azione revocatoria - 21 Settembre 2025
- Il sale and lease back: natura giuridica e divieto del patto commissorio - 14 Settembre 2025