Il trust: il regime dell’azione revocatoria
Sommario: 1. Il trust – 2. Il trust e il rapporto con l’art. 2645 ter c.c. – 3. L’actio pauliana – 4. Il trust e il regime dell’azione revocatoria
1. Il trust è un istituto giuridico di origine prettamente anglosassone che affonda le proprie origini nel Medioevo nei Tribunali di Equity.
Il trust opera secondo un preciso schema negoziale che determina una traslazione di ricchezza, nello specifico trattasi di un trasferimento di tipo fiduciario di beni e di diritti, dal settlor al trustee, quest’ultimo il quale ha il compito di amministrare beni e diritti in favore di un terzo soggetto, il cd. beneficiary, ovvero per realizzare uno scopo determinato (cd. trust di scopo), il tutto secondo le modalità predefinite nel cd. deedof trust, l’atto costitutivo del trust, in base ai desideri del settlor che sono stati specificamente delineati nella letter of wishes.
Non di rado, può accadere, che oltre ai soggetti prima individuati, vi possa essere anche un ulteriore soggetto il guardiano o cd. protector, il cui scopo è quello di garantire, a mò di supervisore, il corretto svolgimento dell’operazione negoziale
L’oggetto del trust può riguardare, oltre ai beni immobili o mobili, anche i titoli di credito, trattandosi di un complesso di rapporti giuridici facenti capo ad una persona determinata.
Il trust produce un effetto segregativo sul patrimonio, infatti, si assiste ad una vera e propria frammentazione o sdoppiamento della proprietà: al trustee spetta la proprietà formale e al beneficiario spetta, invece, la proprietà sostanziale.
I beni conferiti in trust costituiscono un patrimonio separato dai beni che compongono il patrimonio del trustee, infatti, i creditori personali del trustee non possono sequestrare o pignorare i beni del trust, questi ultimi, inoltre, non fanno parte dell’asse ereditario del trustee e non fanno parte nemmeno del suo regime matrimoniale.
Quando si analizza l’istituto del trust è opportuno distinguere le diverse tipologie di trust.
La struttura del trust permette di rinvenire due tipologie di trust: il trust con beneficiari, il più frequente nella prassi, e il trust di scopo che è, invece, privo di beneficiari e si caratterizza solo per la sussistenza di un vincolo di finalità.
Il trust con beneficiari, inoltre, prevede una ulteriore distinzione: il trust eterodestinato, in cui il settlor ed il beneficiario sono due soggetti distinti, ed il trust autodestinato, ove vi è la coincidenza di settlor e beneficiario.
Appare opportuno, ai fini della presente trattazione, distinguere l’atto costitutivo del trust e l’atto istitutivo del trust.
Mentre l’atto istitutivo del trust rappresenta un negozio di tipo programmatico a carattere recettizio, attraverso il quale il settlor indica al trustee il programma negoziale, e individua eventualmente i beneficiari, invece, l’atto costitutivo del trust che può essere inter vivos o mortis causa, è normalmente irrevocabile, a meno che il disponente non abbia previsto diversamente.
2. Il trust è un istituto che oggi trova pieno riconoscimento in Italia, a seguito della ratifica da parte del nostro Stato della Convenzione dell’Aja del 1luglio 1985, avvenuta il 1gennaio 1992.
La ratio perseguita dalla Convenzione dell’Aja è stata quella di consentire e regolare il riconoscimento dell’efficacia giuridica di tutti quei trust costituiti in Paesi anglosassoni, da parte di Paesi il cui ordinamento non disciplina l’istituto in esame, situazione che si è verificata per l’appunto in Italia.
La disamina del trust impone, necessariamente, delle precisazioni.
Vi sono diverse tipologie di trust: il trust internazionale, il trust nazionale e il trust interno, per cui non si può “parlare” di trust al singolare, bensì, al plurale.
Si è soliti discorrere di trust internazionale, laddove il trust sia regolato dalla legge straniera e si caratterizza per elementi sostanziali internazionali, in quanto i beni sono siti all’estero o i soggetti coinvolto sono cittadini esteri o, comunque, residenti all’estero.
Oltre al trust internazionale, vi sono i cd. trust interni della cui ammissibilità in passato si è alquanto discusso.
I trust interni, fatta eccezione per la legge internazionale che li regolamenta, si caratterizzano per l’assenza di ulteriori elementi di internazionalità, infatti, i beni e i soggetti coinvolti sono appartengono all’ordinamento italiano.
In passato si tendeva ad escludere l’ammissibilità di tali tipi di trust adducendo una serie di motivazione.
La Convenzione dell’Aja, si evidenziava, era una norma di diritto internazionale privato, che trovava conferma nell’articolo 13 della Convenzione medesima, ed era volta a risolvere conflitti con l’ordinamento nazionale di fattispecie presentanti collegamenti con gli ordinamenti stranieri.
Inoltre, sempre in senso contrario all’ammissibilità dei trust interni, si riteneva che il vero ostacolo era rappresentato dal principio del numero chiuso dei diritti reali, che non permette la creazione di forme inedite di tali diritti: in buona sostanza, attraverso il trust, si realizzava una scissione tra proprietà formale e proprietà sostanziale, non riconducibile al modello codicistico proprietario delineato dall’articolo 832 c.c.
Altri ostacoli all’ammissibilità del trust interno erano rappresentati dal principio di tassatività degli atti soggetti a trascrizione e dal principio di universalità della responsabilità patrimoniale generica.
L’indirizzo oggi prevalente ammette la configurabilità del trust interno facendo leva sulla possibilità di creare vincoli reali di destinazione in base all’articolo 2645 ter c.c., norma introdotta dal legislatore nel 2005.
Tale norma, collocata nell’ambito della disciplina delle fattispecie trascrivibili, consente la piena configurabilità del trust interno sia per quanto riguarda gli elementi sostanziali della fattispecie che sono collocati in Italia, sia dal punto di vista della disciplina regolatrice.
Autorevole dottrina ha evidenziato come per effetto del vincolo reale di destinazione, l’Italia è divenuta uno Stato trust, ammettendo di conseguenza il trust interno.
Numerosi sono i punti di contatto tra il trust e la fattispecie di nuovo conio delineata dall’articolo 2645 ter c.c., infatti, a sostegno di tale tesi la dottrina indica l’esistenza di un nucleo comune.
Il vincolo reale di destinazione presenta gli elementi minimi e necessari ai fini della costituzione del trust, individuati agli articoli 2 e 11 della Convenzione dell’Aja.
In entrambi i casi si realizza un effetto di tipo segregativo sul patrimonio e una funzionalizzazione della proprietà.
3. L’azione revocatoria, anche nota come actio pauliana, è un mezzo di conservazione della garanzia patrimoniale che trova disciplina agli articoli 2901 ss c.c.
Tale istituto, che ha origine nel diritto romano, ove costituiva un importante rimedio contro gli atti fraudolenti posti in essere dai debitori a danno dei creditori, è giunta sino ai giorni nostri grazie alla compilazione giustinianea.
Tale azione ha l’obiettivo di privare di efficacia, nei confronti del creditore, gli atti dispositivi del debitore che vanno a limitare la garanzia patrimoniale.
I presupposti necessari, ai fini dell’esperibilità della suddetta azione, sono di tipo oggettivo e soggettivo.
Quanto ai rapporti oggettivi serve innanzitutto un credito del revocante verso chi ha compiuto l’atto da revocare.
Occorre, inoltre, l’eventus damni, ossia un pregiudizio arrecato dall’atto dispositivo alle ragioni creditorie.
Tale atto dispositivo deve aver causato o alimentato ulteriormente il pericolo dell’incapienza patrimoniale del debitore, il pericolo, inoltre, deve essere attuale e concreto.
A livello soggettivo è necessaria la cd. scientia fraudis, che consiste nella conoscenza del pregiudizio da parte del debitore, il quale deve essere ben consapevole di aver leso le ragioni creditorie.
L’onere probatorio, rispetto a tale conoscenza, è posto a carico dell’attore e può essere fornita anche attraverso presunzioni.
Laddove l’atto dispositivo sia a titolo oneroso, ai fini della revocatoria, può essere necessaria anche la conoscenza da parte del terzo del pregiudizio arrecato alle ragioni del creditore cd. participatio fraudis.
Invece, negli atti a titolo gratuito, la conoscenza del terzo non è mai richiesta: gli atti a titolo gratuito, infatti, sono revocabili a prescindere da considerazioni soggettive del destinatario.
Quando l’atto dispositivo è antecedente alla nascita del credito, l’azione revocatoria può essere esperita solo se l’atto dispositivo è stato dolosamente preordinato in danno del creditore, e il terzo deve essere stato partecipe della dolosa preordinazione.
Se l’atto dispositivo è successivo alla nascita del credito, non è mai richiesta la sussistenza di un dolo specifico, ma soltanto generico.
L’actio pauliana non ricostituisce il patrimonio del debitore, ma comporta un’inefficacia relativa dell’atto dispositivo, che diventa inopponibile al revocante, ma al tempo stesso conserva la sua efficacia verso le parti e gli altri creditori.
L’azione in esame si prescrive nel termine di cinque anni da quando si è perfezionato l’atto dispositivo, a prescindere dalla conoscenza che ne abbia avuto il creditore.
4. Il trust, come ha più volte chiarito la giurisprudenza, non dispone di un’autonoma soggettività giuridica.
Le azioni revocatorie, ma anche quelle esecutive, proposte contro la costituzione di un trust, non vanno mai notificate al trust, ma soltanto al trustee che è titolare di un potere di disposizione e di gestione dei beni.
Il trust di regola si caratterizza per una causa gratuita e non onerosa, per cui, nel giudizio che si instaura a seguito dell’esperimento dell’azione revocatoria, il beneficiario non può essere qualificato come un litisconsorte necessario.
La gratuità o onerosità del trust, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, deve essere valutata sempre con riguardo alla posizione del soggetto beneficiario e non con riguardo alla posizione del trustee.
Non è escluso, tuttavia, che il trust possa presentare una giustificazione causale onerosa, in tal caso, si ha una deroga al normale atteggiarsi dello schema negoziale, che implica un corrispettivo o un onere a carico del soggetto beneficiario.
Soltanto laddove si verifichi una siffatta situazione, il beneficiario nell’eventuale giudizio revocatorio assume la qualifica di litisconsorte necessario, infatti, ai sensi dell’articolo 2901 c.c. l’azione revocatoria esperita rispetto ad acquisti di carattere oneroso, richiede la scientia damni o il consilium fraudis a carico dell’acquirente.
Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica
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Michela Falcone
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