Il trust e il suo utilizzo nell’arte

Il trust e il suo utilizzo nell’arte

Sommario: 1. Il trust – 2. Il trust ed il passaggio generazionale della ricchezza – 3. Il trust nel mondo dell’arte

1. Il trust è un istituto nato nel diritto anglosassone, in virtù del quale il soggetto, cd. settlor, che istituisce il trust- o mediante un atto unilaterale inter vivos o mediante un atto mortis causa-pone un bene o dei beni “sotto il controllo” di un altro soggetto, il trustee, in modo che quest’ultimo amministri, gestisca o disponga dei beni conferiti nel trust sulla base delle disposizioni impartite dal costituente.

Il trustee deve agire in vista dell’interesse di un terzo soggetto, il beneficiario del trust, individuato dal costituente stesso, ovvero in funzione di un fine prestabilito e definito dal costituente.

In Italia il trust trova riconoscimento a partire dal 1 gennaio 1992 anno in cui è entrata in vigore anche nel nostro paese la Convenzione internazionale relativa alla legge regolatrice dei trusts ed al loro riconoscimento, firmata a L’Aja il 1 luglio 1985.

Il trust costituisce uno strumento di tutela e protezione del patrimonio, infatti, la sua peculiarità consiste nel fatto che i beni del trust, come specifica l’articolo 2 della Convenzione, nonostante siano intestati al trustee, non fanno parte del patrimonio dello stesso e costituiscono una massa distinta e separata: per tale motivo i creditori del trustee non possono pignorare o sequestrare i beni del trust, che danno vita ad un patrimonio separato ed autonomo.

Si tratta, a ben vedere, di una importante differenza rispetto alla tradizione propria degli ordinamenti di derivazione romanistica, non caratterizzati dalla cd. frammentazione del dominio.

Il sistema di diritto italiano, infatti, si basa sul concetto di fiducia romanistica e non sul concetto di fiducia germanistica.

Il trust non è regolamentato dalla legge italiana, ma è riconosciuto nel nostro ordinamento giuridico come istituto di diritto privato.

La Convenzione dell’Aja, infatti, venne stipulata con l’obiettivo di regolare il riconoscimento, da parte dei Paesi il cui ordinamento interno non conosceva il trust, dell’efficacia giuridica dei trusts costituiti nei paesi anglosassoni.

Autorevole dottrina ha ormai evidenziato come in Italia sia possibile ammettere i cd. trusts interni, ovvero trusts costituiti da parte di cittadini italiani e relativamente a beni siti in Italia, alla luce dell’introduzione nel codice civile dell’articolo 2645 ter c.c.(ad opera della legge n.51 del 2006) che, ammette la trascrizione di determinati atti di destinazione di beni, con effetti assimilabili a quelli propri di un trust.

Con tale norma, quindi, il legislatore avrebbe sancito in maniera definitiva la compatibilità del trust con l’ordinamento giuridico italiano.

Il trust, di regola, comporta il coinvolgimento di due soggetti: il settlor ed il trustee, tuttavia, è possibile istituire anche un trust privo di beneficiario: il cd. trust di destinazione, ove i beni sono destinati esclusivamente al perseguimento di uno scopo ritenuto meritevole di tutela.

Inoltre può accadere che il disponente mantenga la titolarità dei beni vincolati e assuma egli stesso i poteri e gli obblighi di attuazione dello scopo di destinazione.

In questo caso il trust è definito autodichiarato, poiché il settlor ed il trustee sono il medesimo soggetto, e si forma un vincolo di destinazione all’interno dello stesso patrimonio del disponente, senza che vi sia il trasferimento della titolarità dei diritti vincolati a terzi soggetti.

Inoltre è ben possibile che nel trust sia contemplata la figura del guardiano o protector, il quale avrà compiti di supervisione e controllo dell’attività di amministrazione del trust.

2. Il passaggio generazionale della ricchezza e del patrimonio oggi costituisce un tema di grande attualità che vede famiglie ed imprese essere chiamate a confrontarsi continuamente con lo stesso.

La pianificazione patrimoniale deve essere attuata secondo ordini e modelli predefiniti, dal momento che buona parte della produttività dell’Italia si basa su aziende a conduzione familiare.

Il passaggio del patrimonio comporta inevitabilmente un passaggio anche di responsabilità, di modifiche soggettive nell’ambito dell’organigramma aziendale che necessita di strumenti giuridici adeguati, per salvaguardare non solo dinamiche familiari, ma anche i delicati profili fiscale e tributari che vengono in rilievo.

Il trust costituisce senza dubbio il modello negoziale privilegiato nell’ambito delle operazioni volte a pianificare il passaggio intergenerazionale dei patrimoni familiari e dei beni che li compongono.

La dottrina e la giurisprudenza sono solite utilizzare la locuzione express trust in relazione al passaggio generazionale della ricchezza e dei beni.

In modo particolare si deve distinguere l’express trust istituito dal disponente mediante un atto inter vivos, a favore anche di sé stesso finché è in vita, o a favore di terzi beneficiari a partire dal momento della sua morte, dall’trust di tipo testamentario.

Tale tipologia di trust viene utilizzata per i passaggi dei beni morti causa e si distingue dalla prima tipologia individuata, quella dell’express trust, poiché questa nel sistema di diritto successorio italiano va a configurare una liberalità non donativa disciplinata dall’articolo 809 c.c., nell’ambito dei rapporti che intercorrono tra il settlor ed i terzi beneficiari.

3. L’istituto del trust nei paesi di common law costituisce un importante strumento volto a preservare e al tempo stesso a valorizzare il passaggio generazionale dei patrimoni artistici e culturali.

Nel sistema anglosassone, in particolar modo in Inghilterra, viene adoperato il trust di scopo attraverso le cd. charity caratterizzate da una durata perpetua e dalla realizzazione di uno scopo di tipo altruistico o filantropico.

La disciplina delle Charities è stata rimodulata del tutto con una imponente riforma nel 2006 che ha previsto un sistema unico e la necessaria iscrizione delle stesse in un registro, oltre alla vigilanza di un’apposita Commissione, la quale è titolare anche di una legittimazione attiva alle azioni in caso di inadempimento del trustee.

In Italia, invece, per la cura e la tutela dei patrimoni artistici e culturali, si fa ricorso ad una particolare forma di trust, il cd. trust con beneficiari.

Mentre il trust di scopo ha una durata perpetua, invece, il trust con beneficiari si caratterizza per avere una durata limitata nel tempo.

Inoltre nell’atto istitutivo del trust si prevede che alla scadenza i beni dovranno essere devoluti a determinati soggetti.

Se i beneficiari del trust sono gli eredi del settlor, allora il trust avrà una funzione di pianificazione successoria.

Il trust con beneficiari laddove il disponente sia un’artista puòassumere anche la funzione di organizzazione di un lascito artistico.

Tale tipologia di trust permette al collezionista di pianificare la propria collezione sia durante la vita dello stesso sia nel momento in cui avrà cessato di vivere.

Appare doveroso precisare che per quanto riguarda il regime di circolazione dei beni di interesse culturale così come dichiarati dal Codice dei beni culturali e del Paesaggio, tale tipologia di trust non potrà operare, mentre potrà operare in assenza di tale dichiarazione.

Infine, nel caso di trust di tipo liberale il trasferimento effettuato nei confronti del trustee deve essere considerato come una donazione indiretta e deve escludersi il diritto di prelazione da parte dello Stato.


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