Ammesso il riconoscimento del figlio nato fuori dal matrimonio anche se il padre maltratta la madre
La filiazione è un istituto di fondamentale importanza che può essere definito come quel rapporto che intercorre tra i genitori e i figli. In materia di filiazione è intervenuto il legislatore con la L. 219/2012, la quale ha modificato le norme del codice civile che ponevano su piani differenti i figli legittimi ossia quelli nati in costanza di matrimonio e i figli naturali ossia quelli nati fuori dal matrimonio; infatti, il novellato art. 315 del codice civile dispone che tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico, quindi figli legittimi e naturali sono stati definitivamente equiparati.
I figli legittimi e naturali devono essere riconosciuti.
Il riconoscimento avviene secondo due diverse modalità a seconda che il figlio sia nato o meno in costanza di matrimonio, infatti:
– per accertare che il figlio è stato concepito in costanza di matrimonio occorre la sussistenza di due presunzioni: la presunzione di paternità e la presunzione di concepimento;
– per riconoscere il figlio nato fuori dal matrimonio le modalità sono differenti, in quanto il figlio può essere riconosciuto: nell’atto di nascita; in un atto pubblico; in un testamento; con un’apposita dichiarazione successiva alla nascita o al concepimento dinnanzi all’ufficiale di stato civile.
Per riconoscere un figlio occorrono dei presupposti:
– chi intende riconoscere il figlio deve aver compiuto sedici anni;
– che vi sia il consenso del figlio che deve essere riconosciuto; se lo stesso ha compiuto quattordici anni o se più piccolo che vi sia il consenso dell’altro genitore che abbia effettuato il riconoscimento.
Il problema sorge proprio quando il genitore che abbia riconosciuto il figlio non presti il suo consenso affinché l’altro genitore possa riconoscerlo, ed è proprio in relazione a tale profilo che appare opportuno analizzare una recente sentenza emanata dalla Corte di Cassazione, in modo particolare la sentenza nr. 5634/2023.
La vicenda sottoposta all’ attenzione della Corte ha avuto ad oggetto la richiesta di rigetto da parte di una donna avverso la decisione del Tribunale di primo grado riconfermata in Appello di far riconoscere al suo ex compagno il figlio nato dalla precedente convivenza, in quanto la stessa lamentava di aver subito delle aggressioni durante la convivenza e in modo particolare durante la gravidanza. La ricorrente, quindi presentava ricorso alla Corte di Cassazione in quanto riteneva che la stessa dovesse accogliere le sue richieste che si sostanziavano nel non far riconoscere il figlio all’ ex compagno in quanto lo stesso avrebbe potuto assumere comportamenti aggressivi anche avverso il minore derivanti, secondo quanto affermato dalla donna, da un disturbo post traumatico da stress sviluppatosi a seguito della sua infanzia, in quanto lo stesso era stato adottato; infatti, la ricorrente fondava il suo ricorso su supposti vizi commessi dal CT durante l’espletamento della consulenza tecnica all’esito della quale veniva accertato che il compagno non presentava nessun disturbo della personalità.
La corte, tuttavia, rigettava il ricorso della ricorrente sulla base di due motivazioni:
– in tema di riconoscimento dei figli nati fuori dal matrimonio il giudice, se il genitore che ha riconosciuto il figlio rifiuti la richiesta di riconoscimento dell’altro è tenuto ad effettuare un bilanciamento tra il diritto soggettivo del genitore che vuole riconoscere il figlio e l’interesse del minore a non subire una compromissione del suo sviluppo psico-fisico che potrebbe derivare dal non aver mai conosciuto l’altro genitore; sicché ai sensi dell’art.240 co.4 c.c. il diritto di riconoscimento del figlio naturale può essere sacrificato solo quando vi è un pericolo di danno gravissimo per lo sviluppo psico-fisico del minore, requisito mancante nella vicenda in esame, in quanto gli episodi di aggressione erano oggetto di accertamento nel procedimento penale in corso e gli stessi erano stati dichiarati occasionali perché verificatisi a seguito della rottura del rapporto;
– la ricorrente ha omesso di indicare le norme di legge che sarebbero state violate fondando i motivi del suo ricorso su un supposto vizio di erroneità della consulenza esperita sull’ex compagno dal consulente tecnico, il quale non avrebbe evidenziato i disturbi di cui la stessa, riteneva fosse affetto l’ex compagno.
Ne consegue che, a seguito della nascita di un figlio fuori dal matrimonio, la condotta violenta e non abituale di uno dei genitori avverso l’altro non può essere motivo di esclusione per il riconoscimento del figlio, atteso che nel rispetto del preminente interesse del minore è opportuno che quest’ultimo cresca con la presenza di entrambi i genitori al fine di tutelarlo, ed evitare che da adulto possa sviluppare dei traumi derivanti dalla mancata conoscenza di un genitore.
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Avvocato Antonella Fiorillo
Laureata in giurisprudenza.
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