Chi ha commesso maltrattamenti in famiglia ed atti di violenza non può fare il buttafuori

Chi ha commesso maltrattamenti in famiglia ed atti di violenza non può fare il buttafuori

L’istanza di iscrizione nell’elenco del personale addetto ai servizi di controllo delle attività di intrattenimento e di spettacolo in luoghi aperti al pubblico o in pubblici esercizi (art. 1 d.m. 6 ottobre 2009) può essere respinta qualora l’Amministrazione ravvisi la mancanza del requisito della buona condotta.

Il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 3820 del 06.09.2016, ha affermato che il requisito della buona condotta può dirsi carente quando l’interessato abbia commesso maltrattamenti in famiglia o atti caratterizzati da violenza.

I ricorrenti in particolare lamentavano il contrasto tra le disposizioni del d.m. 6 ottobre 2009 e quelle del testo unico sulla pubblica sicurezza.

Il CdS, nel dichiarare infondato il motivo di impugnazione, ha affermato che il regolamento è stato emanato in attuazione dell’art. 3 della legge n. 94 del 15 luglio 2009 e contiene, ratione materiae, regole speciali concernenti l’iscrizione nell’elenco e le modalità di selezione del personale addetto ai servizi di controllo, attività di per sé non disciplinata in quanto tale dal testo unico.

Difatti, si legge nella sentenza, il principio generale, desumibile anche dall’art. 11, secondo comma, del testo unico è nel senso che le autorizzazioni di polizia “possono essere negate a chi non può provare la sua buona condotta”, nonché a chi ha commesso uno dei reati ivi previsti; inoltre la Corte ricorda che, in relazione a fattispecie nelle quali si controverteva sulla legittimità di provvedimenti che hanno inibito l’uso delle armi, la stessa Sezione aveva ritenuto che del tutto legittimamente gli organi del Ministero dell’Interno avevano ravvisato l’assenza della buona condotta in ipotesi di maltrattamenti in famiglia o atti caratterizzati da violenza ad opera dell’istante (Sez. III, 24 agosto 2016, n. 3687; Sez. III, 3 maggio 2016, n. 1702).

Similmente il Collegio ritiene che l’Amministrazione possa ravvisare la carenza del requisito della «buona condotta», e respingere l’istanza proposta ai sensi dell’art. 1 del d.m. 6 ottobre 2009, quando l’interessato abbia commesso maltrattamenti in famiglia o atti caratterizzati da violenza


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