Cointegrazione welfare statale/aziendale: la prova nei fringe benefit

Cointegrazione welfare statale/aziendale: la prova nei fringe benefit

Indiscussa l’origine del welfare aziendale, nato dall’esigenza di far fronte alle carenze del welfare state, sembra talvolta perdersi di vista la cointegrazione tra i due mondi.

Considerando da vicino le dinamiche interne ad un’azienda si finisce, talora, per smarrire la consapevolezza che queste non sono monadi isolate, bensì parte di un sistema più complesso che trova un raccordo intrinseco con le norme che lo regolano, che, d’altra parte, isolatamente prese, appaiono distanti e rigide rispetto alla fluida realtà lavorativa quotidiana che vorrebbero disciplinare.

È al contrario opportuno considerare sempre esistente la primitiva relazione tra welfare statale ed aziendale, idonea a dare origine ad un corto circuito virtuoso che vede le realtà produttive intervenire a dettare regole ed applicare prassi interne, talvolta sollecitate dal legislatore, tali da essere fonte di beneficio per l’intera collettività, su quei terreni sui quali il sistema statale più difficilmente attecchisce.

Una prova tangibile di questo può trarsi nell’ambito dei fringe benefit, considerando la recente regolamentazione del “prototipo” di essi: l’autovettura aziendale.

L’ art. 51 del TUIR, nel dettare il principio di onnicomprensività del reddito da lavoro dipendente, stabilisce che tutte le somme ed i valori percepiti in relazione al rapporto di lavoro concorrono alla formazione del reddito imponibile.

Una disciplina particolare riguarda però le auto aziendali, per le quali, in base al comma 4 lettera a, vengono stabilite regole di determinazione forfettaria del valore soggetto a tassazione che la Manovra del 2020 ha modificato al fine di favorire la diffusione di autovetture a basse emissioni di Co2.

Sulla Gazzetta Ufficiale n. 307 del 28 dicembre 2021 sono state pubblicate le nuove tabelle ACI utilizzate per la determinazione del fringe-benefit, cioè della retribuzione in natura che deriva dalla concessione in uso ai dipendenti dei veicoli aziendali destinati ad uso promiscuo.

Per i contratti stipulati entro il 30 giugno 2020, continueranno ad applicarsi le precedenti regole, in base alle quali tali veicoli concorrono alla formazione del reddito da lavoro dipendente per il 30 per cento dell’importo corrispondente ad una percorrenza annua di 15.000 chilometri, calcolato sulla base dei costi indicati nelle tabelle menzionate.

Per i contratti stipulati a decorrere dal 1º luglio 2020, si assume invece, una percentuale di importo, sempre corrispondente ad una percorrenza convenzionale di 15 mila chilometri, che, sulla base delle predette tabelle che definiscono un innovativo sistema a scalare, varia come segue: 25 %, per i veicoli con valori di emissione di Co2 non superiori a grammi 60 g/Km; 30% per i veicoli con valori di emissione superiori a 60 g/Km, ma non a 160 g/Km; 50%, per i veicoli con valori di emissione superiori a 160 g/Km, ma non a 190 g/Km; 60% per i veicoli con valori di emissione superiori a 190 g/Km.

Ecco dunque che il legislatore detta regole precise per disciplinare quel “compenso in natura” che, baluardo del welfare aziendale, finisce per produrre un beneficio per la collettività, incentivando l’utilizzo e la diffusione di veicoli meno inquinanti, testimonianza attuale di un processo legislativo che parte dal basso, dalle singole realtà produttive, che si rendono promotrici di best practices che senza di esse sarebbe più difficile diffondere nella società.

Ne risulta così valorizzato quel circolo virtuoso dell’esistenza del quale il legislatore, almeno a volte, come in questo caso, si dimostra consapevole e del quale con ragionamenti sistematici come quello che precede, che da un lato guardano alla norma e dall’altro non perdono di vista le regole esistenti nelle realtà che questa vuole regolare, possiamo facilmente trarre evidenza.

 

 

 

 

 


Sitografia
Tabelle ACI 2022, rimborso chilometrico e fringe benefit: come fare il calcolo (informazionefiscale.it)

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