I confini dell’assegno di divorzio

I confini dell’assegno di divorzio

Con la recente ordinanza n. 3661 del 13.02.2020 la sezione I della Corte di cassazione, nel ripercorrere gli orientamenti giurisprudenziali succedutisi nel tempo, dal 1990 in poi, in tema di attribuzione e quantificazione dell’assegno divorzile, ne delimita ulteriormente i confini rispetto alla pronuncia a Sezioni Unite n. 18287/18 ed all’ulteriore decisum n. 21234/19.

Se negli anni ’90 (cfr Cass. Sez. Unite n. 11490/90), infatti, si era radicato il principio in base al quale l’assegno divorzile doveva avere la funzione di far mantenere al richiedente il medesimo tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, tale orientamento, negli anni, ha subito radicali modifiche e se ne é ridimensionata sia la portata che la ratio.

Già con la sentenza n. 11504/17, intervenuta dopo quasi venti anni, la Suprema Corte ha negato l’attribuzione di un assegno di mantenimento nel caso in cui fosse accertata l’autosufficienza economica della parte richiedente.

Tale mutato orientamento, ed i numerosi contrasti giurisprudenziali ai qualai ha dato adito, con pronunce difformi, frastagliate, soggette a riforme, etc, é stato poi oggetto di un radicale ri-assestment con la pronuncia a Sezioni Unite n. 18287/18 che, nel riordinare i contrasti giurisprudenziali precedenti, ha specificato la natura cd composita dell’assegno divorzile, identificata nelle due funzioni assistenziale e perequativa/ compensativa.

Tale pronuncia ha espressamente statuito che le richieste dovessero essere considerate con una specifica contestualizzazione nelle singole vicende familiari oggetto di analisi, e ciò attraverso la valorizzazione dell’intera storia coniugale nel suo completo evolversi, prevdendo la necessità, per il giudicante, di accertare rigorosamente non solo l’inadeguatezza dei mezzi del richidente e l’impossibilità di procurarseli per ragioni obiettive, ma anche il contributo effettivamente fornito dal richiedente alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio comune e personale di ciascuno degli ex coniugi, con sacrificio delle aspettative professionali e reddituali.

Principio ulteriormente circoscritto dalla rponuncia della Corte di cassazione n. 21234/19 e maggiormente approfondito dalla recente ordinanza di cui si dirà appresso.

L’ordinanza n. 3661 del 13.02.2020, infatti, aggiunge a tale confermato principio un ulteriore elemento fondato sulle potenzialità professionali e reddituali personali che il richiedente deve valorizzare con una “condotta attiva” che si fondi sui principi di autodeterminazione ed autoresponsabilità e non manifestando un contegno attendista e delegante sul coniuge abbiente.


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