Il lavoratore in malattia all’estero: obblighi e adempimenti

Il lavoratore in malattia all’estero: obblighi e adempimenti

Sommario1. La malattia nel codice civile, nella dottrina e nella giurisprudenza – 2. Il periodo di comporto secondo le regole della contrattazione collettiva – 3. La malattia sul territorio italiano – 4. La malattia nel territorio dell’Unione Europea – 5. La malattia nei paesi extra-Ue

 

1. La malattia nel codice civile

L’art. 2110 del codice civile, facendo propria la c.d. traslazione del rischio nel caso di inoperatività del lavoratore dovuta a caso fortuito o forza maggiore, evocando, ma non definendo il concetto di malattia, disciplina le ipotesi di sospensione del rapporto di lavoro (malattia, infortunio, gravidanza e puerperio) e i relativi effetti.[1] L’articolo in disamina, si pone in antitesi rispetto al disposto degli articoli 1363 e 1364 c.c., costituendo, pertanto, una deroga alle regole generali della materia dei contratti; deroga la cui genesi è rinvenibile nella legislazione protettiva, tradizionale – sotto questo punto di vista – del lavoro subordinato.[2] La ratio di siffatta natura protettiva della norma risiede, inoltre, nella tutela di interessi costituzionalmente tutelati.[3]

Quali conseguenze della c.d. traslazione del rischio richiamata in introduzione, vi sono i seguenti: conservazione del posto di lavoro; diritto a percepire la retribuzione; maturazione dell’anzianità di servizio.[4]

Per quanto attiene, infine, alla definizione di malattia, nonché di stato di salute, possiamo rinvenire diverse attestazioni in punto.

Autorevole dottrina asserisce che le definizioni di malattia e infortunio sono legate ad altri concetti in un complesso di relazioni reciproche che vedono, al proprio apice, il principio di salute.[5]

Quest’ultimo è stato interpretato, da non meno autorevole dottrina, come assenza di malattia,[6] come stato anatomico-fisiologico normale,[7] come stato di benessere, fisico e morale, che consente il regolare svolgimento della vita umana.[8]

La giurisprudenza ha rilevato la fattispecie della malattia nelle “situazioni nelle quali l’infermità abbia determinato, per intrinseca gravità e/o per incidenza sulle mansioni normalmente svolte dal dipendente, una concreta ed attuale – sebbene transitoria – incapacità al lavoro del medesimo”.[9]

Ad ogni modo, la nozione di malattia accolta dalla dottrina, del tutto condivisibile, e finanche confortata dall’Inps per l’assicurazione contro le malattie comuni, è quella riferibile a un’incapacità lavorativa del lavoratore, ancorché provvisoria, dovuta ad una grave infermità intrinseca e/o ad una infermità che abbia una incidenza sulle mansioni normalmente svolte dal prestatore di lavoro. È chiaro, orbene, che la malattia, secondo il diritto del lavoro, non può essere intesa lato sensu come quella medico-legale.[10]

2. Il periodo di comporto secondo le regole della contrattazione collettiva

Nel precedente paragrafo, nella parte prolusiva, l’autore ha significato che il dettame civilistico accoglie un principio, ovverosia quello della traslazione di rischio, in un’ottica di tutela del prestatore di lavoro subordinato. Tuttavia, detta tutela non può essere illimitata e incondizionata, giacché in tal senso si verificherebbe un eccessivo onere in capo al datore imprenditore.[11] Sicché la contrattazione collettiva è chiamata a regolamentare le fattispecie del periodo di comporto c.d. secco, nel quale – ai fini della computabilità del periodo de quo – viene considerato un unico e ininterrotto periodo di malattia in un dato arco temporale, e del periodo di comporto c.d. per sommatoria, nel quale vengono presi più periodi, benché frammentati, all’interno di una definita cornice temporale. Ad esempio: la contrattazione collettiva può prevedere un periodo massimo di comporto secco (un unico periodo di malattia) di 180 giorni in un anno solare. Così come può stabilire un periodo di comporto per sommatoria (più periodi) di 180 giorni in un anno solare.

In ogni caso, ciò che rende inopinabile l’assunto che segue, è che durante la vigenza del comporto il lavoratore conserva l’occupazione, nonché la retribuzione secondo le regole del regolamento negoziale collettivo.[12] A riprova della autenticità e della veridicità di quanto appena asserito, vi è, non solo la specifica tutela per i lavoratori che godono delle guarentigie dell’art. 18, ma l’orientamento consolidato del giudice di legittimità che considera applicabile la tutela ex art. 18 anche ai lavoratori  assunti con contratto di lavoro c.d. a tutele crescenti, ovvero ai prestatori alle dipendenze di datori sino a 15 dipendenti.[13]

Nel periodo di comporto, infine, devono essere computati i giorni non lavorativi festivi, oltreché i giorni non lavorati a causa di sciopero effettuato da altri dipendenti.[14]

3. La malattia sul territorio italiano

Rispetto al quadro europeo, l’assenza dal lavoro per malattia nel territorio italiano non comporta particolari incombenze per il lavoratore. Questi, preliminarmente, è tenuto a comunicare – prima dell’inizio del servizio e, ove ciò non fosse possibile, in tempo utile, la sua assenza dal lavoro. Il lavoratore non è tenuto a trasmettere il numero di protocollo, poiché il datore di lavoro può verificare lo stato di malattia dei propri dipendenti mediante il servizio dedicato del portale Inps.[15] Pur tuttavia, il lavoratore può essere chiamato a rendere il numero di protocollo per adempimento imposto dalla contrattazione collettiva, ovvero qualora il datore lo richieda per “proprie motivate e temporanee esigenze”.[16]

L’assenza dal servizio senza il previo esperimento delle formalità sopra indicate, dà luogo ad assenza ingiustificata sanzionabile disciplinarmente.

Giova ricordare, infine, che nell’impossibilità di ottenere un certificato di malattia telematico,[17] al lavoratore viene rilasciato il certificato cartaceo di malattia che deve essere trasmetto, entro due giorni, al datore di lavoro e, se il medesimo è assicurato Inps, all’istituto previdenziale.

4. La malattia nel territorio dell’Unione Europea

Non di rado al lavoratore all’estero sopraggiunge uno stato di salute cagionevole che non gli consente la ripresa in servizio, ovvero il ritorno in Italia. Cosicché risulta necessario, prima facie, passare in rivista, fugacemente, le indicazioni Inps circa gli obblighi e gli adempimenti da rispettare onde vedersi riconosciuto il diritto alla malattia, rectius alla corresponsione dell’indennità economica.

Per quanto attiene al territorio Ue,[18] nulla questio, in quanto la legge applicabile è quella dello stato dove è assicurato il lavoratore.[19]

Dunque, il lavoratore assicurato presso l’ente previdenziale italiano è tenuto a recarsi presso il medico del Paese nel quale si trova e inviare – entro due giorni dalla data del rilascio – il certificato medico alla sede Inps competente, nonché al datore di lavoro. Se il giorno di scadenza del termine dell’invio del certificato in parola è festivo, lo stesso viene prorogato al primo giorno utile non festivo.

Fermo l’obbligo di consegna del certificato medico in originale, lo stesso può essere anticipato mediante l’invio telefax, o mail, o posta elettronica certificata.

Se il paese nel quale il lavoratore si trova non prevede il rilascio del certificato di malattia da parte del medico curante, è indispensabile rivolgersi alla istituzione competente, la quale – per il tramite del proprio medico trasmette, utilizzando i flussi informativi previsti dagli accordi comunitari, il certificato nella propria lingua, giacché l’onere di traduzione grava sulla sede Inps.[20]

Il lavoratore, pertanto, deve adempiere a quanto sopra palesato, sicché in assenza di tali adempimenti, questi deve essere considerato assente ingiustificato con conseguente esposizione a iter disciplinare ex art. 7 legge 20 maggio 1970, n. 300.

5. La malattia nei Paesi extra-Ue

Preliminarmente è bene distinguere due tipi di Paesi extra-Ue nei quali può realizzarsi l’evento malattia: il primo tipo è quello annoverato nei Paesi che hanno stipulato accordi bilaterali con l’Italia per la sicurezza sociale; il secondo – di converso – è ascrivibile nella lista dei Paesi con i quali l’Italia, in tema di sicurezza sociale, non è addivenuta a nessun accordo bilaterale.

Per gli eventi occorsi in Paesi extra-Ue con i quali sono stati convenuti accordi bilaterali, è necessario recarsi dal medico del Paese nel qual si soggiorna, ovvero all’istituzione competente, per il rilascio del certificato indicante l’intestazione, i dati anagrafici del lavoratore, la prognosi, la diagnosi di incapacità al lavoro, l’indirizzo di reperibilità, la data di redazione, il timbro e la firma del medico. Per la maggior parte di questi Paesi non è necessaria la legalizzazione del certificato, ossia “l’attestazione che il documento è valido ai fini certificativi secondo le disposizioni locali, obbligatoria nel caso di Paese extra UE con il quale l’Italia non ha stipulato accordo o convenzioni per la malattia”. Ad ogni modo, gli accordi bilaterali devono espressamente sancire che i certificati medici sono esenti da procedura di legalizzazione.

Tra i Paesi esenti si riportano, a mero titolo esemplificativo e non esaustivo, i seguenti: Argentina; Bosnia-Erzegovina; Brasile; Jersey e Isole del Canale; Macedonia; Montenegro; Principato di Monaco; Repubblica di San Marino; Serbia; Tunisia; Uruguay; Venezuela.

Il secondo prototipo di Paesi extra-Ue è quello riferibile segnatamente a Paesi con i quali non è stato siglato alcun accordo bilaterale. Per questi, quindi, il lavoratore – al fine di vedersi riconosciuto il diritto all’indennità economica – dovrà recarsi dal medico dello Stato nel quale si trova temporaneamente, farsi rilasciare il certificato medico,[21] e legalizzare lo stesso presso la rappresentanza diplomatica o consolare all’estero. La legalizzazione, ove non disposta entro il rientro in Italia del lavoratore, deve avvenire entro il termine prescrizionale di un anno. Il certificato, inoltre, può essere anticipato – sempre entro due giorni dalla data di rilascio – via telefax, mail o Pec, posto che lo stesso deve, comunque, essere reso in originale al datore di lavoro.

La suddetta legalizzazione è esclusa per i Paesi aderenti alla Convenzione dell’Aja del 5 ottobre 1961, purché questi rechino sugli atti la c.d. Appostille, id est un tipo di legalizzazione semplificata. In proposito, la Corte di Cassazione – cassando con rinvio un provvedimento del giudice di seconde cure – ha statuito che le Apostille incidono sul documento rendendolo autentico sia da un punto di vista formale che sostanziale.[22]

I Paesi aderenti alla Convenzione dell’Aja sono i seguenti: Albania, Andorra, Antigua, Barbuda, Armenia, Australia, Azerbaijan, Bahamas, Bahrain, Barbados, Belize, Bielorussia, Bolivia, Botswana, Brunei, Burundi, Capo Verde, Cile, Cina, Colombia Costa Rica, Dominica, Ecuador, El Salvador, Estonia, Eswatini, Federazione Russa, Fiji, Filippine, Georgia, Giappone, Grenada, Guatemala, Guyana, Honduras, India, Isole Cook, Isole Marshall, Israele, Kazakhistan, Kosovo, Kyrgyzstan, Lesotho, Liberia, Malawi, Marocco, Mauritius, Messico, Moldova, Mongolia, Namibia, Nicaragua, Niue, Nuova Zelanda, Oman, Panama, Paraguay, Perù, Repubblica di Corea, Repubblica Dominicana, Saint Christopher e Nevis, Samoa, San Vincenzo e Grenadine, Santa Lucia, Sant’Elena, Sao Tomé e Principe, Seychelles, Stati Uniti d’America, Suriname, Sudafrica, Tajikistan, Tonga, Trinidad e Tobago, Turchia, Ucraina, Uzbekistan, Vanuatu.[23]

 

 

 

 


[1] E. Ghera, Diritto del lavoro, Bari, 1998, 211
[2] M. Buoncristiano, Il tempo nella prestazione di lavoro subordinato, in Tratt. Rescigno, 15, Torino, 1991, 556
[3] Gli interessi qui proposti fanno riferimento al combinato disposto degli articoli 32 e 38 della Costituzione
[4] D. Giardino, Si può svolgere un’attività lavorativa, anche a favore di terzi, in malattia? La risposta della Corte di Cassazione, in filodiritto. com
[5] R. Del Punta, La sospensione del rapporto di lavoro, in Comm. Schlesinger, Milano, 1992, 22
[6] B. Pezzini, Il diritto alla salute: profili costituzionali, in DS, 1983, 22
[7] F. Pergolesi, Diritto costituzionale, II, Padova, 1963
[8] C. Lega, Il diritto alla salute in un sistema di sicurezza sociale, Roma, 1952, 16
[9] Ex multis Cass. n. 14065 del 1999
[10] R. Del Punta, Codice commentato del lavoro, I edizone, Wolter Kluwers; R. del Punta, op. cit., 21 ss.; A. Pandolfo, La malattia nel rapporto di lavoro, Milano 1991, 130 ss.; M.J. Vaccaro, La sospensione del rapporto di lavoro, Napoli 1983, 8 ss.; G. Zilio Grandi, La sospensione del rapporto, in Il lavoro subordinato, a cura di CARINCI F., in Tratt. Bessone, Torino 2007,492 ss.
[11] Si segnala che, ai sensi dell’art. 2239 del codice civile, la disciplina del lavoro trova applicazione anche per il datore di lavoro non imprenditore. Su quest’ultimo, orbene, graverà l’onere di cui all’art. 2110 c.c. (malattia, infortunio, gravidanza, puerperio).
[12] Ex multis C. 10.10.2013, n. 23063; C. 4.7.2001, n. 9037.
[13] Fra tutte C. 22.07.2019 n. 19661.
[14] C. 7405/1994
[15] Circolare 18 marzo 2011, n. 4 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e del Dipartimento della funzione pubblica e circolari INPS 16 aprile 2010, n. 60 e 7 settembre 2010, n. 119.
[16] https://www.inps.it/prestazioni-servizi/domande-frequenti-su-certificati-medici-telematici
[17] Si pensi, ad esempio, alla non meno frequente situazione di indisponibilità dei servizi telematici
[18] I 28 Paesi membri dell’Ue sono i seguenti: Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Croazia, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Regno Unito (si precisa che per il momento il Regno Unito resta membro a pieno titolo dell’UE, con tutti i diritti e doveri che ne conseguono), Repubblica Ceca, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia, Ungheria. Ad essi devono aggiungersi i Paesi extra UE, ai quali – grazie alla vigenza di accordi stipulati con la predetta Ue – trova spazio l’applicazione della disciplina del territorio comunitario. I Pesi interessati da questi accordi sono: Islanda, Norvegia e Liechtenstein in base all’Accordo SEE (Spazio Economico Europeo) e Svizzera (in base all’Accordo sulla libera circolazione tra la Svizzera e l’UE)
[19] In linea con quanto previsto dal regolamento comunitario n. 883 del 2004 e relativo regolamento di applicazione n. 987 del 2009.
[20] Guida informativa dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale Certificazione di malattia per i lavoratori aventi diritto alla specifica tutela previdenziale che soggiornano temporaneamente in un Paese estero
[21] Esso dovrà riportare gli stessi dati indicarti ad introduzione del paragrafo.
[22] Cass. ordinanza n. 24697 del 11.08.2022
[23] Guida informativa, op. cit.

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Domenico Giardino

Il Dott. Domenico Giardino è laureato in Scienze dei Servizi Giuridici, con indirizzo risorse umane e consulenza del lavoro, e in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Milano. Ha perfezionato gli studi post-laurea nel campo della gestione delle risorse umane conseguendo, da ultimo, il master universitario di 2° livello in HR management. Esperto in diritto del lavoro, nel tempo libero si dedica, per passione, alle attività di ricerca ed approfondimento delle tematiche attinenti al diritto del lavoro, al diritto sindacale, alla previdenza sociale, alla sicurezza sul lavoro, al welfare e alla contrattualistica. È autore, infine, di numerosissime pubblicazioni di diritto disponibili su importanti riviste giuridiche.

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