La dibattuta natura della tassa automobilistica regionale (c.d. bollo auto): il controverso percorso interpretativo dal D.lgs. n. 504/1992 alle più recenti pronunce nazionali

La dibattuta natura della tassa automobilistica regionale (c.d. bollo auto): il controverso percorso interpretativo dal D.lgs. n. 504/1992 alle più recenti pronunce nazionali

Abstract (ITA). Il presente lavoro ha come principale obiettivo quello di analizzare la dibattuta natura della tassa automobilistica regionale (c.d. bollo auto) mediante l’analisi dei princìpi generali in materia tributaria, con particolare riferimento al riparto di competenze tra Stato e Regioni ed ai rapporti tra normativa statale e regionale, alla luce del federalismo fiscale attuato con la riforma del Titolo V dalla legge costituzionale n. 3/2001. Di fondamentale importanza risulta l’evoluzione della giurisprudenza nazionale sul punto – di cui si discorrerà  ampiamente, ponendo l’attenzione sulle principali pronunce del Giudice delle Leggi, a partire dall’anno 2003 fino ai più recenti approdi giurisprudenziali del 2021 – che giunge a qualificare la tassa automobilistica regionale come tributo proprio derivato, con la precisazione del vincolo della potestà legislativa regionale, non soltanto al rispetto dei limiti costituzionali ed europei, ma anche al divieto di modificare i presupposti strutturali del tributo e di superare i limiti massimi di manovrabilità definiti dalla legge statale.

Abstract (ENG). The main objective of this paper is to analyze the debated nature of the regional car tax (the so-called car tax) through the analysis of the general principles in tax matters, with particular reference to the division of competences between the State and the Regions and the relationship between state and regional legislation, in the light of the fiscal federalism, implemented with the reform of Title V by constitutional law n. 3/2001. Of fundamental importance is the evolution of national jurisprudence on this point – which will be discussed extensively by focusing on the main rulings of the Judge of the Laws from the year 2003 to the most recent jurisprudential landings of 2021 – which comes to qualify the regional car tax as a derived own tax, with the clarification of the constraint of the regional legislative power, not only to compliance with constitutional and european limits, but also the prohibition of modifying the structural assumptions of the tax and exceeding the maximum limits of maneuverability defined by state law.

 

Sommario: 1. Cenni introduttivi sulla tassa automobilistica regionale – 2. Il riparto di competenze Stato-Regioni ed i fondamenti del coordinamento dell’ordinamento tributario – 3. Il perfezionamento del federalismo fiscale: il sistema dei tributi tra centralismo ed autonomia regionale post riforma del Titolo V (l. cost. n. 3/2001) – 4. I tributi propri derivati e la legittimità della giustapposizione tra norma impositiva statale e regionale – 5. L’evoluzione giurisprudenziale nazionale: dalla sentenza della Consulta n. 296/2003 alla più recente pronuncia n. 107/2021 – 6. Osservazioni conclusive: quali le motivazioni per proseguire nella qualificazione della tassa automobilistica regionale nel più ampio genus dei tributi propri derivati?

 

1. Cenni introduttivi sulla tassa automobilistica regionale

La tassa automobilistica regionale,[1] istituita e disciplinata dal Testo Unico delle leggi sulle tasse automobilistiche (d.P.R. n. 39 del 1953) in origine come tassa per la circolazione, per effetto dell’art. 5 del D.l. n. 953 del 1982 è divenuta una tassa sulla proprietà del veicolo.[2]

Fu l’art. 23, comma primo, del D.lgs. n. 504 del 1992 recante “Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell’art. 4 della legge 23 ottobre 1992, n. 421” a conferirle la denominazione di “tassa automobilistica regionale”, con la contestuale attribuzione del gettito alle Regioni di diritto comune, alle quali venne consentito altresì, ai sensi dell’art. 24, comma primo, di incidere sulle aliquote entro un limite massimo prestabilito dalla legge statale.[3]

In particolare, è stato attribuito alle Regioni il potere di determinare con propria legge gli importi della tassa per gli anni successivi, nella misura compresa tra il 90 ed il 110 per cento degli stessi importi vigenti nell’anno precedente.[4]

In definitiva, alle Regioni a statuto ordinario è stato devoluto dal legislatore statale il gettito della tassa, unitamente all’attività amministrativa connessa alla sua riscossione, nonché un limitato potere di variazione dell’importo originariamente stabilito con D.m., restando invece ferma la disciplina statale per ogni altro aspetto sostanziale della tassa stessa.[5]

Successivamente, l’art. 10, comma decimo, della legge n. 449 del 1997, recante “Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica[6] ha affidato alle Regioni «la riscossione, l’accertamento, il recupero, i rimborsi, l’applicazione delle sanzioni ed il contenzioso amministrativo relativo».[7]

Sul punto, giova rammentare come la giurisprudenza costituzionale abbia escluso la qualifica di tale tassazione quale “tributo proprio della Regione”, non considerando rilevante «né l’integrale destinazione del gettito, né la possibilità di variare le aliquote di riferimento, né l’attribuzione dell’attività amministrativa concernente la riscossione, i rimborsi, il recupero della tassa e delle sanzioni»[8] e, discostandosi da alcune prese di posizione della dottrina maggioritaria, secondo cui il carattere del tributo proprio non debba dipendere dalla fonte istitutiva, bensì dalla disciplina degli elementi costituivi,[9] ha ricondotto la relativa disciplina alla competenza esclusiva dello Stato.

Fino all’entrata in vigore della legge n. 42 del 2009, la tassa automobilistica regionale era istituita e disciplinata con legge statale, il cui gettito veniva devoluto alle Regioni.

Fu solo con  il D.lgs. n. 68 del 2011 recante “Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario[10] che i tributi propri regionali hanno subìto una tripartizione.[11]

In particolare, in queste tre categorie di tributi vi rientrano quelli ceduti dallo Stato alle Regioni;[12] i tributi propri derivati e, da ultimo, (nell’àmbito di tale trattazione) la tassa automobilistica regionale, la quale venne affidata alla competenza del legislatore regionale nei limiti di manovrabilità statuiti dalla legislazione statale.[13]

2. Il riparto di competenze Stato-Regioni ed i fondamenti del coordinamento dell’ordinamento tributario

L’art. 23 della Carta Costituzionale, ai sensi del quale «nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge», definisce una riserva di legge in materia tributaria, ponendosi come un limite all’attività pubblica nei confronti della libertà patrimoniale e personale del cittadino.[14]

Trattasi di una riserva di legge relativa, la quale ammette l’operatività della normativa secondaria in chiave di specificazione di determinati concetti generali imposti dalla legge, quali l’indicazione dei soggetti passivi, della misura del tributo e dei suoi presupposti.

Del resto, il principio secondo il quale l’imposizione delle prestazioni avviene soltanto “in base alla legge” comporta che «siano preventivamente indicati, ed in modo sufficiente, i criteri direttivi di base o le linee generali da seguire per delimitare la discrezionalità nella produzione di fonti secondarie della disciplina».[15]

Ebbene, ai sensi dell’art. 117 Cost., così come riscritto a séguito della modifica del Titolo V, avvenuta con l. cost. 3/2021, rientrano nella potestà legislativa esclusiva dello Stato un ristretto nucleo di materie, tra le quali figurano il sistema tributario nazionale e la perequazione delle risorse finanziarie.[16]

Il comma terzo del medesimo articolo, invece, indica le materie nelle quali viene esercitata la potestà legislativa concorrente mediante una ripartizione dei compiti tra Stato e Regioni, attribuendo all’ente statuale[17] il compito di fissare i princìpi generali che le Regioni devono rispettare nelle proprie legislazioni. Alle Regioni, dunque, viene demandata la fissazione dei princìpi di coordinamento della contabilità pubblica e del sistema tributario che trova il proprio limite nei princìpi fondamentali predeterminati dalla legge dello Stato.

Pertanto, le materie di competenza legislativa esclusiva regionale sono stabilite in materia residuale, in quanto non annoverate tra quelle di competenza esclusiva statale o concorrente.[18]

Nel comma quarto, invece, viene individuata la competenza legislativa residuale spettante alle Regioni, alle quali si attribuisce la normazione relativamente a tutte le materie che non siano riservate alla competenza esclusiva dello Stato e, dunque, i tributi regionali e quelli locali.[19]

Ergo, nella legislazione di coordinamento troverebbe spazio l’autosufficienza normativa delle autonomie locali, che si articola sia sul doppio livello Stato-Regioni ovvero Stato-Enti Locali, sia sul triplo livello Stato-Regioni-Enti Locali.

Allo stato attuale non soltanto la legge n. 42/2009, ma anche la giurisprudenza costituzionale restringono gli spazi normativi delle Regioni e degli Enti Locali, ritenendo che debba essere lo Stato a definire in quali àmbiti e con quali limitazioni, la potestà normativa tributaria di quest’ultimi possa svilupparsi.

Dunque, Stato e Regioni esercitano in modo paritario le relative potestà legislative fermi restando i limiti del rispetto della Costituzione e dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.[20]

Invero, «soltanto nei tassativi casi in cui è prevista la legislazione concorrente delle Regioni (art. 111, III comma) prevale lo Stato nella veste, però, di coordinatore deputato a determinare i principi fondamentali cui gli altri enti territoriali devono attenersi».[21]

3. Il perfezionamento del federalismo fiscale: il sistema dei tributi tra centralismo ed autonomia regionale post riforma del Titolo V (l. cost. n. 3/2001)

In precedenza si è detto che la riforma del Titolo V della Costituzione (l. cost. 18 ottobre 2001, n. 3) – resasi necessaria a séguito dell’introduzione all’interno del nostro ordinamento del principio di sussidiarietà, secondo il quale le decisioni devono essere assunte dagli organi più vicini alla comunità[22], «essendo giustificato l’intervento degli organi superiori solo ove risulti inadeguata l’organizzazione dell’ente territoriale, ovvero si tratti di interessi che per loro natura debbano essere gestiti a livello centrale»[23] – ha posto le basi per l’attuazione di un progetto di federalismo fiscale[24] mediante la modifica dei rapporti tra Stato ed i livelli decentrati di governo, ponendo in essere un vero e proprio “ribaltamento delle competenze”.

Tuttavia, tale disciplina non rappresenta una novità all’interno del panorama legislativo, risultando essere il prosieguo di una serie di provvedimenti che hanno interessato i rapporti tra lo Stato, le Regioni e gli Enti Locali.

Significative risultano le modifiche apportate agli artt. 117, 118 e 119  Cost. ed, in particolare, ai sensi dell’art. 118 Cost.: «le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza. I Comuni, le Province e le Città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze».

Tra le più rilevanti modifiche introdotte giova rammentare quella relativa all’autonomia finanziaria riconosciuta in capo agli Enti Locali, delineata all’art. 119 Cost., il cui comma secondo riconosce risorse autonome ai Comuni, alle Province, alle Città metropolitane ed alle Regioni, sancendo la possibilità di stabilire ed applicare tributi ed entrate proprie, in armonia con la Costituzione e secondo i princìpi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario.[25]

Dunque, a differenza del passato, si riconosce autonomia alle Regioni ed agli Enti Locali mediante l’attribuzione di un’autonomia di spesa e di entrata. Invero, mentre ante riforma del 2001 alle Regioni veniva attribuita soltanto facoltà di disporre dei finanziamenti ottenuti dallo Stato, attualmente, invece, «è attribuita anche agli Enti Locali la possibilità non solo di disporre dei finanziamenti ma anche (…) di stabilire e applicare tributi ed entrate proprie, in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario».[26]

Si delinea, così, una politica fiscale articolata a livello statale e regionale che necessita di forme di coordinamento, mediante l’individuazione dei princìpi attraverso i quali ripartire tra Stato e Regioni la potestà legislativa in materia di tributi propri.[27]

In assenza di tali princìpi di coordinamento, la giurisprudenza della Corte Costituzionale, con la precipua finalità di impedire fughe in avanti e di tutelare gli spazi di autonomia degli enti intermedi, «ha orientato la transizione verso il federalismo fiscale al principio del divieto di procedere in senso inverso».[28]

In tal modo viene consentita l’istituzione di tributi che non siano esorbitanti dall’àmbito territoriale regionale, a patto che questi annoverino presupposti impositivi diversi da quelli statali e che rientrino nelle materie di competenza residuale di cui al quarto comma dell’art. 117 Cost.[29]

La predetta riforma finisce, dunque, con l’incidere su due fondamentali aspetti: l’organizzazione dello Stato di cui agli artt. 114 e 119 Cost. e la ripartizione della potestà legislativa tra Stato e Regioni, ai sensi degli artt. 117, comma terzo e 119 Cost.

In primo luogo, mentre lo Stato in passato ricopriva una posizione di preminenza rispetto agli altri Enti Locali territoriali, attualmente è possibile scorger un’identità tra Stato ed Enti, pariteticità che trova conferma, tra l’altro, nell’art. 119 Cost., in relazione all’autonomia finanziaria.

Quanto, invece, alla ripartizione della potestà legislativa occorre dare atto della posizione di equiordinazione tra il potere legislativo statale e quello regionale e della differente distribuzione di competenze.[30]

La legge n. 42 del 2009 recante “Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’art. 119 della Costituzione” è intervenuta per colmare quel vuoto normativo lasciato dalla discussa riforma del Titolo V, dando non soltanto attuazione ai princìpi del federalismo fiscale, ma anche definendo, all’art. 7, i tributi regionali propri, ossia quei tributi istituti dalle Regioni con leggi proprie ed i tributi derivati, vale a dire quelli istituiti e regolati con legge statale, il cui gettito viene attribuito alle Regioni.

Difatti, la legge del 2009 «delinea i poteri riconosciuti alle Regioni in tale àmbito, colmando il vuoto normativo su cui si erano basate alcune delle censure poi, accolte, dalla Consulta. Dispone, infatti, l’art. 7 della citata legge che con riferimento ai cosiddetti tributi propri derivati, alle Regioni è attribuita la possibilità di intervenire con propria legge a modifica della disciplina relativa»,[31] sempre nel rispetto dei princìpi sanciti dal legislatore nazionale.

4. I tributi propri derivati e la legittimità della giustapposizione tra norma impositiva statale e regionale

Prima di concentrare l’attenzione sulla qualificazione della tassa automobilistica regionale quale tributo proprio in senso derivato e sulla relativa legittimità della giustapposizione tra norma impositiva statale e regionale, occorre dare accenno di alcuni provvedimenti legislativi riguardanti il c.d. bollo auto, adottati a livello regionale (di cui si discorrerà ampiamente nel successivo paragrafo) e dichiarati costituzionalmente illegittimi dal Giudice delle Leggi.

In particolare, si segnala l’illegittimità della legge n. 20 del 2002 della Regione Piemonte, con la quale era stata sancita l’esenzione dal pagamento della tassa automobilistica per gli autoveicoli elettrici e per quelli a gas metano all’atto dell’immatricolazione.

Tale normativa risultava contrastante con quella nazionale, potendo prevedere, a cagione delle caratteristiche dell’impianto di alimentazione del veicolo, riduzioni ovvero esenzioni temporanee della tassa in questione, oltre al contrasto con lo Statuto dei diritti del contribuente, a causa della mancanza di proroga dei termini di prescrizione ovvero di decadenza per gli accertamenti d’imposta.[32]

Degna di censure fu anche la legge n. 14 del 2006 (sempre della Regione Piemonte), nella parte in cui introduceva una modifica al criterio di tassazione stabilito dal legislatore statale, statuendo che l’ammontare della tassa automobilistica regionale andasse stabilito in funzione del numero del kw senza fare riferimento alla tipologia del veicolo (contrariamente a quanto previsto dalla normativa statale).

Ed ancora, si rammenti la censura di legittimità costituzionale sollevata con riferimento alla legge n. 18 del 2002 della Regione Veneto, la quale aveva previsto la possibilità di posporre il termine di scadenza per il recupero delle tasse automobilistiche, deroga giustificata da ragioni di certezza del diritto.

Da ultimo si segnala la legge n. 16 del 2002 della Regione Campania, la quale aveva previsto, allo scopo di evitare la vanificazione del tributo, un rinvio del termine per il recupero delle tasse relative all’anno 1999.

Nelle sopracitate sentenze, la Corte ha motivato le proprie censure partendo dalla natura del tributo, ossia ritenendo che la tassa automobilistica regionale dovesse essere considerata un tributo attribuito alle Regioni, le quali sono tenute ad operare solamente in relazione al quomodo, ossia relativamente alla disciplina amministrativa, ma non sull’an e sul quantum, vale a dire sulla possibilità di variarne gli elementi essenziali, in quanto contrastante con i princìpi costituzionali.

Si è detto che la qualificazione della tassa automobilistica regionale quale tributo proprio in senso derivato è stata oggetto di numerose questioni di legittimità sottoposte alla Corte Costituzionale (tra le quali si rammenti quella del 22 maggio 2017, n. 118, oggetto di successiva disamina).

Dall’esame dell’art. 8 del D.lgs. n. 68 del 2011 si evince, infatti, la trasformazione di una serie di tributi in tributi propri regionali, nonché la previsione, da parte delle Regioni, di una disciplina della tassa automobilistica regionale, fatti salvi i limiti di manovrabilità previsti dalla legge statale. Dunque, la tassa automobilistica regionale, per effetto del D.lgs. n. 68 del 2011, viene ad essere intesa quale tributo proprio regionale, ponendo quale divieto al legislatore regionale quello di introdurre norme che rendano più oneroso il carico fiscale in capo ai soggetti passivi della tassa automobilistica.

Infatti, secondo l’art. 8, secondo comma, del D.lgs. 6 maggio 2011, n. 68 «fermi restando i limiti massimi di manovrabilità previsti dalla legge statale, le Regioni disciplinano la tassa automobilistica regionale».

Trattasi, a parere del Giudice delle Leggi (nella già citata sentenza del 22 maggio 2017, n. 118) di un «principio di coordinamento del sistema tributario che assume la valenza di parametro interposto cui la Regione deve attenersi nell’esercizio della propria competenza legislativa», con la conseguenza che la tassa automobilistica deve, comunque, considerarsi un tributo proprio derivato.

Invero, la Consulta, nella sentenza 19 dicembre 2012, n. 288, partendo dalla formulazione della citata normativa ha evidenziato come «si inferisce (…) non già la natura di tributo proprio della tassa automobilistica regionale (…) ma solo la volontà del legislatore di riservare ad essa un regime diverso rispetto a quello stabilito per gli altri tributi propri derivati, attribuendone la disciplina alle Regioni, senza che questo comporti una modifica radicale del tributo, come anche confermato dall’inciso fermi restando i limiti massimi di manovrabilità previsti dalla legislazione statale».[33]

Inoltre, tale assunto trova conferma anche nella sentenza 22 maggio 2017, n. 118 della Corte Costituzionale, laddove è stato ben messo in evidenza come il favor riconosciuto alla Regione non possa comportare una modifica del tributo nei suoi profili essenziali e nemmeno porsi in contrasto con i princìpi posti alla base dell’ordinamento giuridico.

5. L’evoluzione giurisprudenziale nazionale: dalla sentenza della Consulta n. 296/2003 alla più recente pronuncia n. 107/2021

La Corte Costituzionale, già a partire dal 2003, ha affermato che l’attuazione dell’art. 119 Cost. richiede il coordinamento del legislatore statale, il quale è tenuto non soltanto a stabilire i princìpi cui il legislatore regionale debba attenersi, ma anche a definire gli spazi ed i limiti entro cui è possibile l’esplicazione della potestà impositiva di Stato, Regioni ed Enti Locali.[34]

Ebbene, «in questa prospettiva, la giurisprudenza costituzionale si è costantemente mossa lungo la direttrice di armonizzare la potestà impositiva degli enti sub-statali con esigenze di coordinamento, soprattutto nell’inerzia del legislatore rispetto alla determinazione dei principi fondamentali del sistema tributario».[35]

Volendo, brevemente, ripercorrere l’evoluzione giurisprudenziale sulla questione oggetto della presente disamina, occorre dare atto della sentenza della Corte Costituzionale n. 296 del 2003, pronunciata a séguito della questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2 e 4 della legge della Regione Piemonte 5 agosto 2002, n. 20 (legge finanziaria per l’anno 2002), sollevata dal Presidente del Consiglio dei Ministri, in riferimento agli artt. 3, 117, secondo comma, lettera 1 ed all’art. 119, secondo comma, Cost., a cagione della previsione dell’esenzione permanente dal pagamento della tassa automobilistica regionale per gli autoveicoli alimentati a gas metano «già dotati di dispositivo per la circolazione con gas metano all’atto dell’immatricolazione» e per gli autoveicoli elettrici.[36]

Secondo il remittente, tale limitazione del beneficio, in riferimento ai summenzionati veicoli elettrici di cui all’art. 2, costituirebbe una violazione dei princìpi di uguaglianza e di ragionevolezza e si porrebbe, altresì, in contrasto con l’art. 119, secondo comma, Cost., a causa della difformità rispetto alla legislazione statale del settore.[37]

L’art. 4 della legge regionale n. 20 del 2002 – il quale dispone la proroga al 31 dicembre 2003 del termine del 31 dicembre 2002, fissato per il recupero delle tasse automobilistiche regionali dovute per l’anno 1999 – violerebbe l’art. 119, secondo comma, Cost., in quanto si porrebbe in contrasto con l’art. 3 della legge statale 27 luglio 2000, n. 212 recante “Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente”, secondo cui i termini di prescrizione e di decadenza per gli accertamenti d’imposta non possono essere prorogati. Secondo il resistente, l’esenzione dal pagamento della tassa automobilistica regionale per gli autoveicoli alimentati a gas metano risponderebbe allo scopo di limitare l’inquinamento. Con riguardo, invece, al differimento dei termini per il recupero delle tasse automobilistiche, la proroga si giustificherebbe per la finalità di evitare il rischio di emettere cartelle di pagamento errate, a causa della inidoneità della documentazione in possesso della Regione, vòlta ad assicurare una corretta azione di recupero.[38]

Fondate, secondo la Consulta, sono le questioni relative agli artt. 2 e 4, in quanto norme modificative della disciplina della tassa automobilistica regionale, le quali dispongono l’esenzione dal pagamento, a partire dal primo gennaio 2003, degli autoveicoli di nuova immatricolazione alimentati a gas metano e degli autoveicoli elettrici e la proroga di un anno del termine di prescrizione triennale.[39]

Lo stesso art. 17 della legge n. 449 del 1997 stabilisce che le nuove tariffe delle tasse automobilistiche vengano determinate «con decreto del Ministro delle finanze, di concerto con il Ministro dei trasporti e della navigazione, (…) per tutte le regioni, comprese quelle a statuto speciale, in uguale misura», confermando, a decorrere dall’anno 1999, il potere di determinare con propria legge gli importi della tassa per gli anni successivi, «nella misura compresa tra il 90 ed il 110 per cento degli stessi importi vigenti nell’anno precedente».

Pertanto, alle Regioni a statuto ordinario è stato attribuito dal legislatore statale il gettito della tassa, l’attività di riscossione ed un potere di variazione dell’importo originariamente stabilito con decreto ministeriale, rimanendo di competenza statale gli aspetti riguardanti la disciplina sostanziale della stessa tassa. Quest’ultima, dunque, può qualificarsi come tributo proprio della Regione ed, inoltre, deve escludersi che la Regione Piemonte abbia il potere di disporre esenzioni ovvero modificazioni dei termini di prescrizione del relativo accertamento, rientrando tale materia nella competenza esclusiva dello Stato.[40]

Nel solco argomentativo tracciato dalla sentenza n. 296 del 2003 si inserisce la sentenza n. 455 del 2005, con la quale la Corte, nel pronunciarsi in merito ad un giudizio avente ad oggetto l’art. 10, comma primo, della legge n. 3 del 2005 della Regione Liguria, ha affermato che «la tassa automobilistica non può definirsi come tributo proprio della Regione, ai sensi dell’art. 119, secondo comma, Cost., dal momento che la tassa stessa è stata attribuita alle Regioni, ma non rientra nella competenza legislativa residuale delle stesse, ai sensi dell’art. 117, quarto comma, Cost.».[41]

Ed ancora, anche nella fase successiva all’entrata in vigore del D.lgs. n. 68 del 2011, i Giudici delle Leggi, con le sentenze nn. 142 e 288 del 2012 – nel rigettare la tesi sostenuta dalla ricorrente Provincia Autonoma di Trento, secondo cui «l’addizionale erariale, in quanto si innesta in un tributo proprio della Provincia (…) costituisce maggiorazione di un tributo proprio provinciale, con la conseguenza che anche il gettito di tale addizionale andrebbe attribuito alla Provincia»[42] – ha riconosciuto alla tassa automobilistica provinciale natura di tributo proprio derivato, statuendo che «l’addizionale (…) pur innestandosi in un tributo proprio della Provincia, resta un prelievo erariale, stabilito dallo Stato nell’esercizio della sua potestà legislativa esclusiva in materia di sistema tributario dello Stato (…) di talché anche il gettito di tale addizionale spetta all’erario nei limiti consentiti dalle norme statutarie».[43]

Con la già citata sentenza n. 288 del 2012, la Corte Costituzionale, pronunciandosi sulla legittimità di una norma della Regione Marche, ampliativa del presupposto impositivo del tributo, con l’esclusione dall’obbligo di pagamento previsto dalla norma statale per i veicoli sottoposti a fermo amministrativo e giudiziario, ha qualificato la tassa automobilistica regionale come «tributo proprio derivato rispetto al quale la Regione può disporre esenzioni, detrazioni e deduzioni già previste dalla legge statale».[44]

Ulteriore sentenza che merita menzione è la n. 118 del 2017 della Corte Costituzionale[45], relativa al giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 4 della legge della Provincia Autonoma di Trento del 3 giugno 2015, n. 9, promosso dal Presidente del Consiglio dei Ministri, in riferimento agli artt. 117, commi secondo, lettera (e) e terzo e 119, secondo comma, Cost., oltre che all’art. 73 del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670.[46]

L’art. 4 è costituito da un comma 6-sexies, il quale esenta, a partire dal primo gennaio 2015, dal pagamento della tassa automobilistica provinciale autoveicoli e motoveicoli di età compresa tra i venti ed i trent’anni, di interesse storico o collezionistico ed iscritti in appositi registri, purché non adibiti ad uso professionale. Questi veicoli, in caso di utilizzazione sulla pubblica strada, sono, invece, assoggettati ad una più favorevole “tassa di circolazione fissa annua”.

Secondo il ricorrente, la tassa automobilistica è un tributo proprio derivato delle Regioni a statuto ordinario, le quali possono disciplinarlo entro i limiti massimi di manovrabilità previsti dalla legislazione statale. La tassa automobilistica sarebbe, perciò, un tributo erariale di competenza esclusiva statale e non un tributo proprio della Regione.

La Consulta ha dichiarato le questioni non fondate, ritenendo che con l’art. 4 della legge n. 10 del 1998 della Provincia Autonoma fosse stata istituita una “tassa automobilistica provinciale” in luogo della tassa automobilistica erariale, riconoscendole la natura di tributo proprio, con la conseguenza che il legislatore provinciale possa disporre le esenzioni rispetto ad una tassa attribuita alla sua competenza.[47]

Ed, ancora, giova ricordare la sentenza n. 47 del 2017, relativa al giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 8-quater, comma quarto, della legge della Regione Toscana del 22 settembre 2003, n. 49 recante “Norme in materia di tasse automobilistiche regionali”, promosso dalla Commissione tributaria provinciale di Firenze e dalla Commissione tributaria provinciale di Bologna contro la Regione Toscana ed Equitalia S.p.A., per contrasto con gli artt. 117, secondo comma, lettera e, Cost. e 119, secondo comma, Cost., per l’annullamento di una cartella esattoriale emessa per mancato pagamento della tassa automobilistica che la ricorrente assumeva da lei non dovuta, in quanto relativa a periodo in cui l’autovettura di sua proprietà era gravata da fermo amministrativo.

La Commissione tributaria provinciale di Bologna ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 9 della legge della Regione Emilia-Romagna del 21 dicembre 2012, n. 15, nella parte in cui prevede che il fermo del veicolo disposto dall’agente della riscossione «non rientrasse tra le fattispecie che fanno venir meno l’obbligo del pagamento della tassa automobilistica».

Entrambe le prospettate questioni, secondo la Consulta, risultavano non fondate.

L’art. 5, comma 36, del D.l. n. 953 del 1982 dispone che «la perdita del possesso del veicolo o dell’autoscafo per forza maggiore o per fatto di terzo o la indisponibilità conseguente a provvedimento dell’autorità giudiziaria o della pubblica amministrazione, annotate nei registri indicati nel trentaduesimo comma, fanno venir meno l’obbligo del pagamento del tributo per i periodi d’imposta successivi a quello in cui è stata effettuata l’annotazione».

I giudici muovono dalla premessa della diversità del fermo amministrativo rispetto al fermo fiscale, misura cautelativa provvisoria che l’agente incaricato della riscossione di crediti di enti pubblici può adottare allo scopo di indurre il debitore ad un adempimento spontaneo che gli consenta di ottenere la rimozione del fermo.[48]

Di qui l’esclusione della fondatezza della censura di violazione degli artt. 117, secondo comma, lettera e e 119, secondo comma, Cost., dell’art. 8-quater, comma 4, della legge della Regione Toscana, n. 49 del 2003 e dell’art. 9 della legge della Regione Emilia-Romagna, n. 15 del 2012.

Da ultimo, nella sentenza n. 107 del 2021, il Giudice delle Leggi[49] – avente ad oggetto il giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 39, commi 14-quater, 14-quinquies, 14-sexies e 14-septies, del D.l. 30 dicembre 2019, n. 162, recante “Disposizioni urgenti in materia di proroga di termini legislativi, di organizzazione delle pubbliche amministrazioni, nonché di innovazione tecnologica”, convertito in l. 28 febbraio 2020, n. 8 – ha avuto modo di ribadire che «la tassa automobilistica si connota come tributo proprio in senso stretto, per effetto della richiamata modifica statutaria del 2009, modifica che non troverebbe giustificazione logica se non si fosse voluto superare l’assetto, fino ad allora vigente, di partecipazione (…) al gettito di un tributo erariale e ricomprendere la tassa nella categoria dei tributi provinciali propri in senso stretto (ferma la necessaria armonia con i principi del sistema tributario dello Stato), negandone con ciò il carattere statale».[50]

Inoltre, la sentenza mette in evidenza che «l’aggettivo “proprio” (…) connota sia tributi affidati alla competenza regionale sia tributi che conservano natura erariale ma il cui gettito è devoluto alla Regione; tuttavia, è l’evoluzione del tributo nella Provincia autonoma a deporre inequivocabilmente nel senso che le sia stata interamente riservata la disciplina normativa della tassa automobilistica, tanto che ad essa si riferisce ora il primo comma dell’art. 73 dello Statuto, e non il comma 1-bis, che è invece dedicato ai tributi erariali».[51]

6. Osservazioni conclusive: quali le motivazioni per proseguire nella qualificazione della tassa automobilistica regionale nel più ampio genus dei tributi propri derivati?

Il contenzioso tra Stato e Regioni che ha avuto ad oggetto il riparto di competenze sulla tassa automobilistica regionale ha permesso di pervenire all’assimilazione di tale tributo nel genus dei tributi propri derivati.

Come, del resto, ha avuto modo di evidenziare la sentenza n. 122 del 2019, nel sistema che si basa sulla distinzione tra tributi propri derivati e tributi propri in senso stretto, il legislatore ha configurato la tassa automobilistica quale un tributo proprio derivato «parzialmente ceduto in quanto alla Regione è riconosciuto un più ampio margine di autonoma disciplina, limitato dal vincolo unidirezionale, di non superare il limite massimo di manovrabilità stabilito dalla legge statale (…)»[52] potendo «le Regioni sviluppare una propria politica fiscale che senza alterarne i presupposti strutturali (in quanto la tassa automobilistica continua ad essere ricompresa nel più ampio genus dei tributi propri derivati) e senza superare i limiti massimi di manovrabilità definiti dalla legge statale, possa rispondere a specifiche esigenze di differenziazione».[53]

In conclusione, l’art. 8, comma secondo, del D.lgs. n. 68 del 2011 pone quale limite al legislatore regionale quello di non introdurre norme che rendano più oneroso il carico fiscale in capo ai soggetti passivi della tassa automobilistica e di non modificare il tributo nei suoi profili essenziali.

 

 

 

 

 

 


Bibliografia
  • ANTONINI L., (2003), La vicenda e la prospettiva dell’autonomia finanziaria regionale: dal vecchio al nuovo art. 119 Cost., in Le Regioni.
  • FREGNI M. C., (2005), Riforma del Titolo V della Costituzione e federalismo fiscale, in Trib.
  • GALLO F., (2005), Ancora in tema di autonomia tributaria delle Regioni e degli Enti Locali nel nuovo Titolo V della Costituzione, in Trib.
  • GALLO F., (2002), Il nuovo Titolo V della Costituzione: autonomia tributaria e problemi di coordinamento, in Politica ed Economia.
  • GALLO F., (2002), Prime osservazioni sul nuovo art. 119 della Costituzione, in Trib.
  • GIOVANARDI A., (2017), Tasse automobilistiche tra Stato e autonomie speciali: un de profundis per l’autonomia tributaria regionale? (Osservazione a Corte Cost., 22 maggio 2017, n. 118), in Cost., 3.
  • IMMORDINO D., (2013), La disciplina spetta alle Regioni (entro limiti massimi di manovrabilità) ma il tributo è statale. Il “nuovo” status della tassa automobilistica, in Le Regioni.
  • RIVOSECCHI G., (2019), Una convincente pronuncia sulla manovrabilità (al ribasso) della tassa automobilistica regionale, in Le Regioni.
  • SCANU G., (2017), L’autonomia tributaria delle regioni a statuto speciale e delle province autonome, Giappichelli, Torino.
  • SERRANO’ M., (2008), La riserva di legge tributaria ed il consenso al tributo, Giappichelli, Torino.
  • STEVANATO D., (2017), Bollo auto, battaglie di retroguardia sul fronte dell’autonomia tributaria, in Le Regioni.
  • VERONESI P., (2003), I principi in materia di raccordo Stato-Regioni dopo la Riforma del Titolo V, in Le Regioni.

Sitografia 

[1] Sull’argomento si rimanda a STEVANATO D., (2017), Bollo auto, battaglie di retroguardia sul fronte dell’autonomia tributaria, in Le Regioni, 1096; GIOVANARDI A., (2017), Tasse automobilistiche tra Stato e autonomie speciali: un de profundis per l’autonomia tributaria regionale? (Osservazione a Corte Cost., 22 maggio 2017, n. 118), in Giur. Cost., 3, 1206.
[2] Sul punto si consulti il sito http://www.forumcostituzionale.it.
[3] In questo senso RIVOSECCHI G., (2019), Una convincente pronuncia sulla manovrabilità (al ribasso) della tassa automobilistica regionale, in Le Regioni, 1.
[4] Sul punto si rimanda a Corte Cost., 26 settembre 2003, n. 296, consultabile sul sito http://www.giurcost.org.
[5] In questo senso si veda I tributi «propri» delle Regioni – Il sistema costituzionale tributario e il federalismo fiscale, consultabile sul sito http://www.123dok.org.
[6] Vedasi il sito http://www.finanze.gov.it.
[7] Si riporta testualmente l’art. 10, comma decimo, della legge n. 449 del 1997, consultabile sul sito http://www.gazzettaufficiale.it.
[8] RIVOSECCHI G., (2019), Una convincente pronuncia sulla manovrabilità (al ribasso) della tassa automobilistica regionale, cit., 5. Si consulti, inoltre, il sito http://www.cortecostituzionale.it.
[9] ANTONINI L., (2003), La vicenda e la prospettiva dell’autonomia finanziaria regionale: dal vecchio al nuovo art. 119 Cost., in Le Regioni, 32 ss.
[10] Al riguardo si consulti il sito http://www.arts.units.it.
[11] IMMORDINO D., (2013), La disciplina spetta alle Regioni (entro limiti massimi di manovrabilità) ma il tributo è statale. Il “nuovo” status della tassa automobilistica, in Le Regioni, 434.
[12] Si fa riferimento all’imposta regionale sulle concessioni statali dei beni del demanio pubblico, all’imposta regionale sulle concessioni statali per l’occupazione e l’uso dei beni del patrimonio indisponibile, alla tassa per l’abilitazione all’esercizio professionale, alla tassa sulle concessioni regionali ed alla tassa per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche regionali.
[13] Vedasi l’art. 8, comma secondo, del D.lgs. n. 68 del 2011, consultabile sul sito http:www.gazzettaufficiale.it.
[14] PALUMBO A., (2010), Bollo auto e federalismo fiscale, in Rivista Giuridica della Circolazione e dei Trasporti, 1; SERRANO’ M., (2008), La riserva di legge tributaria ed il consenso al tributo, Giappichelli, Torino, 53.
[15] PALUMBO A., (2010), Bollo auto e federalismo fiscale, in Rivista Giuridica della Circolazione e dei Trasporti, cit., 2.
[16] Si consulti il sito http://www.astrid-online.it.
[17] Si rimanda a Federalismo fiscale: il sistema dei tributi locali fra centralismo ed autonomia, consultabile sul sito http://www.avvocato.it.
[18] Ibidem.
[19] GALLO F., (2002), Il nuovo Titolo V della Costituzione: autonomia tributaria e problemi di coordinamento, in Politica ed Economia, 1.
[20] Sul punto si consulti il sito http://www.astrid-online.it.
[21] GALLO F., (2002), Il nuovo Titolo V della Costituzione: autonomia tributaria e problemi di coordinamento, cit., 1.
[22] Si rimanda a Federalismo fiscale e bollo auto, consultabile sul sito http://www.rivistagiuridica.aci.it.
[23] GALLO F., (2002), Il nuovo Titolo V della Costituzione: autonomia tributaria e problemi di coordinamento, cit., 3.
[24] Sul punto per un approfondimento si rimanda a GALLO F., (2002), Prime osservazioni sul nuovo art. 119 della Costituzione, in Rass. Trib., 585; ID., Ancora in tema di autonomia tributaria delle Regioni e degli Enti Locali nel nuovo Titolo V della Costituzione, in Rass. Trib., 2005, 1033; VERONESI P., (2003), I principi in materia di raccordo Stato-Regioni dopo la Riforma del Titolo V, in Le Regioni, 1007; FREGNI M. C., (2005), Riforma del Titolo V della Costituzione e federalismo fiscale, in Rass. Trib., 683.
[25] SCANU G., (2017), L’autonomia tributaria delle regioni a statuto speciale e delle province autonome, Giappichelli, Torino, 9.
[26] GALLO F., (2002), Il nuovo Titolo V della Costituzione: autonomia tributaria e problemi di coordinamento, cit., 3.
[27] SCANU G., (2017), L’autonomia tributaria delle regioni a statuto speciale e delle province autonome, cit., 11.
[28] Testualmente SCANU G., (2017), L’autonomia tributaria delle regioni a statuto speciale e delle province autonome, cit., 12.
[29] Al riguardo si consulti il sito http://www.giappichelli.it.
[30] Si rimanda a Federalismo fiscale e bollo auto, consultabile sul sito http://www.rivistagiuridica.aci.it.
[31] GALLO F., (2002), Il nuovo Titolo V della Costituzione: autonomia tributaria e problemi di coordinamento, cit., 7.
[32] GALLO F., (2002), Il nuovo Titolo V della Costituzione: autonomia tributaria e problemi di coordinamento, cit., 5.
[33] In tal senso si rimanda al sito http://www.giustizia-tributaria.it.
[34] RIVOSECCHI G., (2019), Una convincente pronuncia sulla manovrabilità (al ribasso) della tassa automobilistica regionale, cit., 4.
[35] RIVOSECCHI G., (2019), Una convincente pronuncia sulla manovrabilità (al ribasso) della tassa automobilistica regionale, cit., 4.
[36] Sul punto si rimanda a Corte Cost., 26 settembre 2003, n. 296, consultabile sul sito http://www.giurcost.org.
[37] Corte Cost., 26 settembre 2003, n. 296.
[38] Corte Cost., 26 settembre 2003, n. 296.
[39] Corte Cost., 26 settembre 2003, n. 296.
[40] Corte Cost., 26 settembre 2003, n. 296.
[41] Si riportano le parole della sentenza della Corte Cost., 23 dicembre 2005, n. 455. Si veda, anche, il sito http://www.arts.units.it.
[42] Si riportano le parole della sentenza della Corte Cost., 6 giugno 2012, n. 142. Si rimanda al sito http://www.arts.units.it.
[43] Corte Cost., 6 giugno 2012, n. 142, consultabile sul sito http://www.giurcost.org.
[44] Si riportano le parole della sentenza della Corte Cost., 19 dicembre 2012, n. 288. Si veda, inoltre, il sito http://www.arts.units.it.
[45] Si rimanda al sito http://www.cortecostituzionale.it.
[46] Vedasi il sito http://www.cortecostituzionale.it.
[47] Si rimanda al sito http://www.cortecostituzionale.it.
[48] Si rimanda al sito http://www.cortecostituzionale.it.
[49] Corte Cost., 22 maggio 2017, n. 118, consultabile al sito http://www.giurcost.org.
[50] Testualmente, Corte Cost., 22 maggio 2017, n. 118, consultabile sul sito http://www.giurcost.org.
[51] Testualmente, Corte Cost., 27 maggio 2021, n. 107, consultabile sul sito http://www.giurcost.org.
[52] Testualmente, Corte Cost., 20 maggio 2019, n. 122.
[53] Testualmente, Corte Cost., 20 maggio 2019, n. 122.

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