La lista Falciani: utilizzabilità di prove acquisite illegittimamente

La lista Falciani: utilizzabilità di prove acquisite illegittimamente

La Corte di Cassazione, Sez. VI, Sottosezione T, con un’ordinanza del 28 aprile 2015, n. 8605, affronta il problema riguardante l’utilizzabilità di prove assunte illegittimamente tramite collaborazione con altro Stato (Francia), e quindi il valore probatorio di queste.

[RIFERIMENTI NORMATIVI: Artt. 4, 7 e 8 della Dir.n.77/799/CEE così modificata dalle direttive 2003/93/CE e 2004/56/CE del Consiglio; L. n. 20 del 1992, art. 27- di ratifica della Convenzione internazionale stipulata fra Italia e Francia il 5.10.1989, D.P.R. n. 600 del 1973: artt. 31 bis, 32, 33, 39 comma 2, art. 41, 2°comma. D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 51 e 55 comma 1. D.L. n. 259 del 2006, art. 3 (come sostituito dalla L. di Conversione n. 281 del 2006, art. 1). Artt. 2, 191, 654 c.p.p., art. 220 disp. att. c.p.p. Art. 1, art. 7 della dir.111199, art. 53 Cost.]

La famosa Lista Falciani, com’è noto, racchiude i dati di migliaia di correntisti di un noto istituto di credito ginevrino, carpiti attraverso un backup, effettuato da un dipendente, senza alcuna autorizzazione. Tale elenco è stato successivamente trasmesso alle autorità fiscali francesi, le quali, a loro volta, hanno trasmesso il file alle autorità italiane. La Cour de Cassation, chambre commerciale ha deciso che tali informazioni risultano acquisite in violazione della Convenzione Svizzera-Francia sullo scambio di informazione e sono state dichiarate, pertanto, inutilizzabili.

A ciò si collega la questione affrontata dalla Suprema Corte italiana riguardante, in particolare, l’astratta utilizzabilità di tali elenchi: i contribuenti avevano rilevato, infatti, che essi rappresentano informazioni illegalmente sottratte agli istituti bancari e, di conseguenza, prove illegittime in possesso del Fisco, in quanto exitus di atti aventi una rilevanza penale. Secondo la Corte, la valutazione dell’onere degli interessi tutelati va condotta tenendo in considerazione che l’evasione fiscale costituisce un atto di particolare gravità, da cui deriva la totale rottura del minimum vinculum che lega fra loro i cittadini, discendendone la lesione dei doveri inderogabili di solidarietà, primo fra tutti quello di concorrere alle spese pubbliche in ragione della propria capacità contributiva ex art. 53 Cost.

Dunque, l’attuazione di tale dovere di contribuzione, prevale sui diritti individuali costituzionalmente protetti come: il diritto alla riservatezza della corrispondenza e del domicilio, ma anche sulla libertà di iniziativa economica e di risparmio.

La tesi sostenuta dall’ordinanza in commento considera legittimo l’uso delle prove acquisite contra legem, perché la condotta illecita è riconducibile ad un soggetto terzo e si colloca a monte dell’azione dell’Amministrazione francese. Nella prospettiva di una netta differenziazione fra il processo penale e quello tributario, infatti, i giudici rilevano che in quest’ultimo non si rinviene “una disposizione analoga a quella contenuta all’art. 191 c.p.p., a norma del quale le prove acquisite in violazione dei divieti stabiliti dalla legge non possono essere utilizzate”.

Emerge dall’ordinanza, inoltre, che l’assistenza sinallagmatica tra le Amministrazioni finanziarie volta a garantire il controllo sugli adempimenti di obblighi fiscali da parte dei contribuenti, ha acquisito nel tempo una funzione centrale. Come afferma l’autorevole F. Tesauro, nei trattati bilaterali il riferimento fondamentale è rappresentato dall’art. 26 del Modello OCSE, il quale stabilisce che le autorità tributarie degli Stati contraenti si scambiano tutte le informazioni necessarie per l’applicazione delle leggi interne relative alle imposte.

Lo scambio di informazioni ha dunque come obiettivo primario quello di prevenire e contrastare l’evasione e le frodi fiscali. Si noti, invece, come a livello comunitario, la normativa di riferimento è rappresentata invece dalla Direttiva n. 77/799, sostituita dalla Direttiva n. 2011/16 sulla cooperazione amministrativa nel settore fiscale.

Ulteriore nervus emerso dalla pronuncia in commento, riguarda la difesa del contribuente nelle ipotesi di suddetta cooperazione fiscale internazionale: su tale punto, alcune precisazioni sono state espresse dalla Corte di Cass. rispetto alla pronuncia C-276/12 della Corte di Giustizia, in quanto da tale sentenza emerge, anzitutto, che la Direttiva europea n. 77/799 non contiene una disciplina specifica in ordine al diritto del contribuente di contestare l’esattezza dell’informazioni trasmesse e, secondariamente, non impone alcun obbligo particolare quanto al contenuto di quest’ultima, rinviando agli ordinamenti nazionali.

La disciplina comunitaria individua soltanto dei criteri uniformi aventi natura procedurale, non regolando il contenuto delle informazioni, né la loro utilizzabilità o rilevanza. Secondo la CdG UE, questi aspetti trovano unica disciplina nel diritto dei singoli Stati membri.

Sulla base di tali considerazioni la Corte di Cassazione afferma che l’Amministrazione finanziaria nella sua attività di accertamento può avvalersi di qualsiasi elemento avente un valore indiziario tranne quelli acquisiti in violazione di una disposizione di legge o di un diritto del contribuente. Seguendo la massima della Suprema Corte: “Sono perciò utilizzabili, nel contraddittorio con il contribuente, i dati bancari acquisiti dal dipendente infedele di un istituto bancario, senza che assuma rilievo l’eventuale reato commesso dal dipendente stesso e la violazione del diritto alla riservatezza dei dati bancari (non tutelabile in ambito tributario). Spetterà quindi al giudice di merito, in caso di contestazioni fiscali mosse al contribuente, valutare se i dati in questione siano attendibili, anche attraverso il riscontro con le difese del contribuente”.

Tuttavia, risulta necessario sottolineare che l’Amministrazione pur essendo esonerata da un reale obbligo di verifica circa la validità, l’autenticità e l’attendibilità della documentazione acquisita, subisce la presenza di obblighi costituzionali come quello di agire nel rispetto della legge ex art. 23 Cost. e dei doveri di imparzialità e giusto processo ex artt. 97 e 111 Cost.

In conclusione se, da un lato, la Corte ammette l’utilizzo dei dati risultanti dalla cosiddetta “Lista Falciani”, dall’altra ne ha comunque circoscritto la valenza probatoria, dando rilievo al contraddittorio tra contribuente ed Amministrazione Finanziaria.


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