L’interesse superiore del minore, le fonti normative e il bilanciamento degli interessi dei soggetti coinvolti

L’interesse superiore del minore, le fonti normative e il bilanciamento degli interessi dei soggetti coinvolti

Sommario: 1. Interesse superiore del minore – 2. Fonti normative – 3. The best interest of child – 4. Conclusioni

 

1. Interesse superiore del minore

Sull’interesse del minore, il codice non detta una definizione specifica, sicché occorre valorizzare tanto la pretesa del minore (cioè la “domanda di vita”), tanto le indicazioni dei soggetti (quali, ad esempio, genitori, giudice e terzi ) che sono chiamati a verificare che le decisioni da adottare, secondo le manifestazioni del minore stesso, non vadano in contrasto con i valori sanciti  dall’ordinamento.

Il concetto di “interesse del minore” nel nostro ordinamento risulta variabile in base al caso concreto; ad esempio:

a) il giudice, pur evocato, non può intervenire laddove non emergono profili patologici, giacché lo stesso giudice non può pronunciarsi sulle questioni relative all’educazione del minore in quanto le scelte educative sono rimesse esclusivamente ai genitori, salvo quando queste si pongono in contrasto con le Carte Fondamentali, se, cioè, inclinano il minore alla violenza, all’odio, o se contengono altri elementi che lo condizionano negativamente.

b) in merito alle  scelte dei genitori, queste non possono mai compromettere la persona stessa del minore, salvo in ambito di salvaguardia della vita e della salute del minore stesso.

Da tanto, si evince che “l’interesse superiore del minore”  viene utilizzato come criterio informatore delle decisioni che riguardano il minore, non solo in ambito giudiziario, ma anche in relazione alla sua vita quotidiana, personale e relazionale; proprio in previsione di questa ampiezza risulta  impossibile giungere ad una nozione precisa di “interesse del minore” o “interesse superiore del minore” sia nell’ambito della famiglia, sia in tutte le situazioni relazionali sociali, formative/educative, affettive, ecc.

La valutazione può andare a istituire un canone stesso di approvazione o disapprovazione di scelte che vengono attuate sia prima della nascita, meno incisivamente, sia  post-nascita del minore in maniera più incisiva. Comunque,  tali scelte dovrebbero scaturire dal quadro dei principi e delle fonti, sia costituzionali che soprannazionali,  in materia di diritti della persona.

A tal proposito la stessa Corte Costituzionale si è conformemente orientata ad affermare che  tale principio (dell’interesse superiore del minore) ha trovato solenne attestazione, per la prima volta, nella Convenzione sui diritti del fanciullo di New York del 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva in Italia con la l. 27 maggio 1991, n. 176, in forza della quale “… in tutte  le decisioni relative ai fanciulli, di competenza sia delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, che dei tribunali, delle pubbliche autorità amministrative o dagli organi legislativi, l’interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente. “[1]. Indicando, quindi,  quanto sia giusto considerare preminente  “l’interesse superiore del minore”, dando ad esso, però, una altrettanta giusta valutazione, tale da non compromettere né il rapporto di coppia dei genitori, né il rapporto genitori- figli.

Questo principio pertanto si basa sulla necessità di proteggere il benessere e lo sviluppo armonioso della persona di  minore di età, ponendolo al centro delle decisioni prese dai genitori, dal giudice e da terzi soggetti.

2. Fonti normative

Anche se come detto precedentemente, nell’ordinamento non esiste una definizione specifica di “interesse superiore del minore”, è pur vero che, sia nelle fonti nazionali che internazionali, si fa a più riprese riferimento allo stesso principio;  è ovvio però che resta in capo all’interprete il compito di valutare e verificare quando sussista realmente un “interesse superiore del minore” e quando quest’ultimo invece non sia dato.

La prima fonte normativa che considera concretamente i diritti dei minori, attribuendo loro tutta una serie di diritti è, come già detto,  la Convenzione sui diritti del fanciullo di  New York, che, in particolare all’art. 12,  sancisce per il  minore – capace di discernimento –  il diritto di esprimere o manifestare la propria opinione su ogni questione che lo riguardi, dando al minore, nel caso di procedure, la possibilità di essere ascoltato, sia in via diretta che indiretta; va da sé che in queste circostanze, qualora il minore sia capace di discernimento, una volta ascoltate le sue  esigenze , e dopo averle valutate, l’interprete attui ogni decisione corrispondente al principio dell’ “interesse superiore del minore”[2].

 Inoltre, va sottolineato un dato fondamentale :  con la stessa Convenzione il minore viene rivestito di un nuovo ruolo rispetto a quello precedente: da mero “oggetto di diritto”, infatti , passa allo status   di “soggetto di diritto” a cui vanno ricollegate tutte le situazioni giuridiche che gli sono riconosciute. La Convenzione sancisce anche che spetta agli Stati firmatari  il dovere di garantire tutte le situazioni giuridiche soggettive poste in capo al minore. Tali situazioni giuridiche soggettive  si pongono alla base dello  sviluppo psico- fisico del minore e tale sviluppo risulta essere elemento inscindibile ma soprattutto costitutivo appunto dell’ “interesse superiore del minore” .

La  Convenzione di Strasburgo, del 25 gennaio 1996 sui diritti del fanciullo, ratificata in Italia con la l. 77/2003, all’art. 6,  ha previsto che l’autorità giudiziaria, prima di giungere ad una decisione che vada ad incidere nella sfera personale del minore – e quindi nell’interesse del minore – , deve accertare che il minore abbia ricevuto tutte le informazioni dovute,  deve consultare personalmente, in via diretta o indiretta il minore, tenere conto della opinione fornita dal minore e tener anche conto delle eventuali valutazioni fornite dal minore stesso sui fatti in concreto che lo vedono coinvolto; va da sé che anche in questo caso, il poter manifestare le proprie opinioni – ovviamente quando il minore ha capacità di discernimento e comprende anche in minima parte le conseguenze delle proprie manifestazioni di opinioni – rientra a pieno in quell’esercizio del principio stesso dell’ “interesse superiore del minore”. Quando  il minore esprime chiaramente – previa capacità di discernimento e comprensione delle conseguenze – la propria volontà su ciò che è giusto per la sua persona, per il suo sviluppo e per il suo benessere psico-fisico, l’autorità competente non può non tenere conto delle sue manifestazioni nell’adottare le decisioni che vadano ad incidere sulla sfera personale, e quindi sullo stesso “ interesse superiore del minore”.

Le stesse “linee guida” del Consiglio d’Europa, del 2010, art. III D, hanno posto l’ interesse del minore al centro del processo, delineando le forme di una giustizia ad hoc per lo stesso. A tal proposito, lo stesso art. 337 octies c.c., nel fissare i poteri del giudice che deve adottare i provvedimenti riguardanti i minori, afferma che questi dispone  in materia di ascolto del minore, di un obbligo e non di un potere istruttorio –  obbligo per il giudice verso minori di anni 12 o età inferiore provvisti di capacità di discernimento – a meno  che lo stesso giudice non disponga il non ascolto con adeguata motivazione. Pertanto, in questo contesto il minore, dai  giudici che vanno ad incidere sul suo interesse, dev’essere considerato “parte” in senso processuale, non solo in quanto mero destinatario diretto degli effetti del provvedimento, ma in quanto titolare di diritti e situazioni giuridiche tutelabili  in sede giudiziaria, diritti e situazioni su cui incide il provvedimento , ma  poiché sono diritti e situazioni che rientrano nella sfera personale del minore , rientrano e si pongono come elementi dell’ “interesse superiore del minore”.

3. The best child of interest

Il c.d. principio di “interesse superiore del minore” riconosce al minore i propri diritti e costituisce anche una clausola generale, positivamente predisposta al fine di consentire all’interprete la valutazione concreta delle peculiarità della situazione sottoposta al suo esame con il fine di prendere una decisione che, a proprio giudizio, realizzi il miglior interesse del minore.

In questo senso, s’inserisce l’utilizzazione del criterio guida del principio di “superiore interesse del minore” che compenetra l’intero complesso del diritto minorile nei paesi europei, formalizzato per la prima volta nell’art. 3 della Convenzione sui diritti del fanciullo di New York, del 1989[3].

Il “the best interest of child” rappresenta uno dei punti delicati dell’ “interesse superiore del minore”,  un punto fondamentale concernente la valenza che si desidera conferire al concetto di bilanciamento d’interessi in gioco, nel senso che attraverso di esso l’interprete è chiamato a decidere quando l’ interesse del minore debba prevalere e quando non debba prevalere, commisurandolo con altri valori sanciti all’interno della Carta Costituzionale, come per esempio nel caso dei genitori, con il diritto alla vita di coppia, con il diritto all’indirizzo familiare e con il diritto stesso allo sviluppo psico-fisico sia di coppia che personale degli stessi coniugi.

Nella giurisprudenza di legittimità la Suprema Corte di Cassazione afferma che lo stesso bilanciamento, visto nell’ottica dell’interesse del minore, “non può costituire il risultato di una valutazione astratta, pertanto bisogna richiamare la necessità di un accertamento concreto dell’ interesse del minore nelle situazioni che lo riguardano, con particolare riferimento agli effetti del provvedimento richiesto, sia in relazione all’esigenza di un sviluppo armonico che dal punto di vista psicologico, affettivo, educativo e sociale[4].

4. Conclusioni

In questo lavoro inizialmente si è cercato di dare una definizione d’”interesse superiore  del minore” che  – seppur variabile nel nostro ordinamento –  si può riscontrare in varie situazioni concrete, che riguardano il minore stesso. In seguito si è analizzato “l’interesse superiore del minore” facendo riferimento alle fonti normative internazionali e nazionali più incisive, ed infine è stato considerato “ The best interest of child”, cioè quel bilanciamento tra l’ interesse stesso del minore e gli interessi degli altri soggetti coinvolti nelle relazioni del minore – come i genitori.

È indubbio, che il minore è il primo soggetto che sappia cosa sia giusto per sé, manifestando attraverso le proprie opinioni le sue aspettative che rappresentano altresì il suo interesse legittimo, ma è pur vero che chi è chiamato ad ascoltare non deve  passivamente “sentire” , né prendere passivamente atto delle manifestazione del minore, ma discernere tali manifestazione affinché in esse vi sia realmente il perseguimento dell’ “interesse superiore del minore”, altresì spetta all’interprete capire in virtù dello stesso bilanciamento degli interessi, quando sia “l’interesse superiore del minore” a prevalere e quando invece vada commisurato con altri interessi.

 

 

 

 

 

 


[1] Cort. Cost., 18 dicembre 2017, n. 272, in www.cortecostituzionale.it.
[2] P. TONTOLI, “L’ascolto del minore”, Tesi di Laurea, Università degli Studi del Sannio, anno 2024.
[3] P. TONTOLI, “ L’ascolto del minore”, Tesi di Laurea, Università degli Studi del Sannio, anno 2024.
[4] Cass., Sez. I, 22 dicembre 2016, n. 26767, in De Jure.

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Dott. Pino Tontoli

Laurea Magistrale a Ciclo Unico in Giurisprudenza presso Università degli Studi del SannioMateria di Competenza - Diritto di Famiglia e Minorile ( Area Civilistica)

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