Malattia e visita fiscale INPS:  il lavoratore può essere esonerato dal controllo?

Malattia e visita fiscale INPS: il lavoratore può essere esonerato dal controllo?

Sommario: 1. La malattia nel diritto del lavoro – 2. L’indennità di malattia e l’onere di pagamento – 3. Il controllo della malattia. La visita fiscale e la reperibilità – 3.1. Segue: L’assenza giustificata e l’esonero dal controllo

 

1. La malattia nel diritto del lavoro

Nel linguaggio di uso comune, con il termine “malattia” si intende qualsiasi alterazione dello stato psico-fisico, ovvero, qualsiasi perdita – transitoria o permanente – della omeostasi (alterazione morfologica e/o funzionale di una o più parti dell’organismo)[1].

Tuttavia, a seconda del contesto in cui si inserisce, il concetto di malattia assume accezioni del tutto diverse.

Nel linguaggio medico, infatti, la malattia è definita come qualsiasi condizione di malessere esistenziale, conseguenza anche di scelte di vita o di valore[2].

Diversa accezione – ed unica a ricevere attenzione per i nostri fini – assume nel campo del diritto del lavoro ove, invece, con il termine “malattia” si intende ogni alterazione dello stato di salute che determina una totale o parziale incapacità (o inabilità) al lavoro – o, più precisamente, un’incapacità del lavoratore di svolgere le mansioni per le quali è stato assunto[3] –, non derivante da infortunio sul lavoro e non costituente una malattia professionale[4].

Peraltro, in ambito giuslavoristico, la malattia si configura necessariamente come uno stato transitorio (inabilità temporanea al lavoro), destinato a cessare esitando nella morte o nella guarigione – con conseguente cessazione o ripresa dell’attività lavorativa – o nell’adattamento a nuove condizioni di vita (inidoneità alla mansione specifica ex art. 41 d.lgs. n. 81/2008, ovvero, sopravvenuta invalidità o inabilità permanente al lavoro[5]) – con conseguente risoluzione del rapporto di lavoro[6],[7].

Com’è noto, la malattia sospende il rapporto di lavoro[8] (o, più precisamente, ai sensi degli artt. 1463 ss. c.c., l’esecuzione della prestazione lavorativa) ma, durante la sua assenza, ai sensi dell’art. 2110 c.c., il lavoratore matura l’anzianità di servizio (comma 3) e ha diritto – tra gli altri[9] –  alla retribuzione o ad una indennità sostitutiva nella misura e per il tempo determinati dalle leggi speciali, dagli usi o secondo equità (comma 1); altresì, ha diritto alla conservazione del posto per il periodo di tempo stabilito dalla legge, dagli usi o secondo equità (c.d. periodo di comporto)[10],[11].

Oltre ai summenzionati diritti, al lavoratore fanno capo anche determinati obblighi nascenti in virtù della sospensione del rapporto di lavoro causata dalla malattia, i quali vanno a sostituirsi all’obbligo principale – venuto meno – di prestare l’attività lavorativa, aggiungendosi agli obblighi permanenti e non inerenti allo svolgimento della prestazione[12].

 Innanzitutto, il lavoratore – entro il secondo giorno di assenza dal lavoro[13] – deve far certificare la malattia dal proprio medico curante[14], il quale stabilisce, oltre alla diagnosi, anche la prognosi e – ai sensi, in combinato disposto, dell’art. 2, comma 1, del decreto-legge n. 663/1979, dell’art. 55 septies, comma 2, del d.lgs. n. 165/2001, dell’art. 1, comma 149, della  legge n. 311/2004 e dell’art. 25 della legge n. 183/2010 – provvede alla trasmissione telematica del certificato di malattia all’INPS e quest’ultimo all’inoltro dell’attestato di malattia al datore di lavoro[15]; inoltre, il lavoratore deve tempestivamente informare il datore di lavoro della sua assenza per malattia e – qualora espressamente richiesto dal datore di lavoro – indicare il numero di protocollo identificativo del certificato comunicatogli dal medico[16].

Ancora, il lavoratore, mediante il certificato di malattia, deve comunicare l’indirizzo di reperibilità – se diverso da quello di residenza (o del domicilio abituale) in precedenza comunicato al proprio datore di lavoro – e rendersi disponibile alle visite mediche di controllo in determinate fasce orarie (cc.dd. fasce orarie di reperibilità; par. 4, rinvio).

Altresì, si precisa che, contrariamente a quanto si possa ritenere, nel nostro ordinamento non sussiste un divieto assoluto per il dipendente di svolgere altre attività – ludiche o anche lavorative a favore di terzi – in costanza di assenza per malattia[17].

In via generale, quindi, il lavoratore in malattia – all’infuori delle fasce orarie di reperibilità – può svolgere qualsiasi attività, purché l’attività in questione non sia incompatibile con lo stato di malattia denunciato o, valutata la natura della patologia e delle mansioni svolte, sia tale da compromettere o ritardare la guarigione.

Diversamente, ciò configurerebbe un’ipotesi di violazione dei doveri di fedeltà e di diligenza, nonché, in generale, dei principi di correttezza e buona fede vigenti in materia contrattuale[18].

2. L’indennità di malattia e l’onere di pagamento

Ai sensi dell’art. 2110 c.c., il lavoratore in malattia ha diritto al pagamento della retribuzione o di un’indennità (c.d. indennità di malattia)[19] che viene corrisposta dall’INPS, in via diretta o indiretta[20], e – in via integrativa – o – in via esclusiva – dal datore di lavoro.

In particolare, l’indennità di malattia viene corrisposta in via esclusiva dal datore di lavoro – a titolo esemplificativo, ma non esaustivo – ai collaboratori familiari (colf e badanti), agli impiegati dell’industria, ai quadri (industria e artigianato), ai dirigenti, ai portieri[21] e, in via generale, a tutti i lavoratori dipendenti per i primi tre giorni di malattia (c.d. periodo di “carenza”).

La medesima indennità viene invece corrisposta dall’INPS – a partire dal quarto giorno di malattia – agli operai del settore industria ed agli operai ed impiegati del settore terziario e servizi[22], ai lavoratori dell’agricoltura[23], agli apprendisti[24], ai disoccupati ed ai lavoratori sospesi dal lavoro[25], ai lavoratori dello spettacolo[26] ed ai lavoratori marittimi[27].

In linea generale, l’indennità di malattia è corrisposta ai lavoratori dipendenti nella misura del 50% della retribuzione media giornaliera dal quarto al ventesimo giorno e del 66,66% dal ventunesimo al centottantesimo giorno[28].

Se previsto dal CCNL di categoria applicato, ai lavoratori che hanno diritto all’indennità di malattia erogata dall’INPS, viene corrisposta anche un’indennità integrativa dal datore di lavoro, al fine di raggiungere la misura dell’indennità totale prevista dalla contrattazione collettiva (generalmente pari all’80-100% della retribuzione).

3. Il controllo della malattia. La visita fiscale e la reperibilità

Come premesso (par. 2), il lavoratore in malattia, mediante il certificato medico, deve comunicare l’indirizzo di residenza o di domicilio ove trascorrerà la malattia[29],[30]; ciò al fine di consentire all’INPS[31] di verificare, d’ufficio o su richiesta del datore di lavoro[32], la malattia mediante le visite mediche di controllo domiciliari[33] (cc.dd. visite fiscali)[34].

Pertanto, a partire dal primo giorno di assenza e per tutta la durata della malattia – compresi i giorni domenicali ed i giorni festivi – il lavoratore, assunto a tempo indeterminato o a tempo determinato, deve rendersi disponibile all’indicato indirizzo di residenza o di domicilio nelle fasce orarie di reperibilità (nel settore privato, ai sensi del D.M. 8 gennaio 1985, dalle ore 10 alle ore 12 e dalle ore 17 alle ore 19; nel settore pubblico, ai sensi del D.M. n. 206/2009, dalle ore 9 alle ore 13 e dalle ore 15 alle ore 18), comportando l’inosservanza di tale obbligo l’applicazione di sanzioni economiche e/o disciplinari, laddove l’assenza sia ingiustificata (per l’assenza giustificata si rinvia al par. 4.1).

In particolare, l’art. 5, comma 14, della legge n. 638/1983 dispone che “Qualora il lavoratore, pubblico o privato, risulti assente alla visita di controllo senza giustificato motivo, decade dal diritto a qualsiasi trattamento economico per l’intero periodo sino a dieci giorni e nella misura della metà per l’ulteriore periodo […][35],[36].

In sostanza, la norma prevede che l’assenza ingiustificata alla visita di controllo comporta la perdita totale del diritto al trattamento economico per i primi dieci giorni di malattia[37], mentre, per il periodo successivo e sino alla conclusione del periodo di malattia, la riduzione del 50%[38].

Si precisa che ogni assenza alla visita di controllo per uno stesso evento morboso comporta l’applicazione della sanzione nelle misure previste: pertanto, qualora vengano riscontrate due assenze ingiustificate, verranno applicate due distinte sanzioni di decadenza totale dell’indennità (la prima, con effetto dal primo giorno di malattia; la seconda, dall’undicesimo o, se la seconda assenza è rilevata prima di tale giorno, dal giorno dell’assenza stessa), alle quali seguirà la sanzione della riduzione della metà per il restante periodo di malattia[39].

L’applicazione delle sanzioni è invece esclusa per i periodi di malattia già accertati da precedente visita di controllo o per i periodi di ricovero ospedaliero, in struttura pubblica o privata (art. 5, comma 14, legge n. 638/1983).

Per quanto riguarda la non sanzionabilità dei periodi di malattia accertati da precedente visita di controllo si chiarisce che eventuali visite di controllo, successive ad una assenza ingiustificata, quando confermino lo stato di incapacità lavorativa dell’interessato, producono l’effetto della inapplicabilità della sanzione dalla data dei controlli medesimi.

Qualora il lavoratore risulti assente ad un controllo sanitario disposto (ad esempio, su richiesta del datore di lavoro) successivamente ad un controllo che ha accertato lo stato di malattia – confermando la prognosi del medico curante o indicandone una diversa – ma prima della scadenza della prognosi confermata o modificata, la sanzione decorrerà dal giorno in cui viene rilevata l’assenza: ciò, in quanto il lavoratore, anche se già controllato, è tenuto all’osservanza delle fasce di reperibilità, salvo giustificato motivo, fino alla conclusione dell’evento.

Se l’assenza al secondo controllo viene, invece, rilevata dopo la scadenza della prognosi confermata dal precedente accertamento sanitario, la sanzione decorre dal giorno successivo alla predetta scadenza (ovviamente, se il referto del precedente controllo contiene una prognosi più ampia di quella stabilita dal curante, per la decorrenza della sanzione deve farsi riferimento a tale nuova scadenza).

Per quanto riguarda la non sanzionabilità dei periodi di ricovero ospedaliero si precisa che trovano applicazione gli stessi criteri sopra esposti in ordine agli effetti della visita di controllo, successiva ad una assenza ingiustificata.

Consegue che eventuali assenze ingiustificate precedenti il ricovero comportano l’irrogazione della sanzione prevista fino al giorno precedente l’inizio della degenza; la sanzione per eventuali assenze successive al ricovero, invece, si applica a decorrere dal giorno successivo a quello di dimissione[40].

Come premesso, la condotta del lavoratore può costituire anche un illecito disciplinare, per violazione dei doveri di correttezza e buona fede di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c.

Il datore di lavoro, pertanto, può introdurre un procedimento disciplinare contestando al lavoratore l’assenza ingiustificata presso il proprio domicilio[41] – anche laddove non esista una specifica previsione di tale mancanza nel codice disciplinare[42] – e sanzionarlo, nei casi limite, con un provvedimento di licenziamento per giusta causa, qualora l’assenza reiterata alle visite configuri un intento elusivo in capo al controllato, in conflitto con l’interesse del datore a ricevere regolarmente la prestazione lavorativa[43].

3.1. Segue: L’assenza giustificata e l’esonero dal controllo

Qualora il lavoratore sia risultato assente alla visita fiscale di controllo domiciliare, l’organo sanitario di controllo deve provvedere ad annotare l’assenza sul modulo di referto e rilasciare all’indirizzo del lavoratore[44] un invito a successiva visita ambulatoriale, necessaria a verificare l’effettiva sussistenza dello stato di malattia[45],[46].

Qualora, invece, il controllo medico-legale sia stato disposto mediante visita ambulatoriale e il lavoratore non si sia presentato a visita nel giorno indicato nell’invito, la Sede INPS competente provvederà a notificare l’assenza al lavoratore interessato mediante raccomandata con ricevuta di ritorno allegando copia del referto.

In ogni caso, la Sede competente dell’INPS deve altresì dare formale notizia dell’assenza al lavoratore, il quale, entro i successivi dieci giorni, deve produrre la documentazione necessaria ai fini della valutazione degli eventuali motivi giustificativi dell’assenza[47], a nulla rilevando l’eventuale preventiva comunicazione dell’assenza fornita al datore di lavoro o all’INPS[48].

In particolare, oltre ai casi di forza maggiore, costituiscono motivi giustificativi dell’assenza: a) la concomitanza di visite, prestazioni e accertamenti specialistici, sempreché il lavoratore dimostri che non potevano essere effettuati in ore diverse da quelle corrispondenti alle fasce orarie di reperibilità[49]; b) il ricorrere di una situazione che abbia reso imprescindibile e indifferibile la presenza personale dell’assicurato altrove, per evitare gravi conseguenze per sé o per i componenti il suo nucleo familiare[50].

Il ricorrere delle suddette circostanze, quindi, giustifica l’assenza del lavoratore alla visita di controllo domiciliare o ambulatoriale e, conseguentemente, impedisce l’irrogazione di qualsiasi sanzione, economica e/o disciplinare[51].

Segnatamente alle visite fiscali, il d.P.C.M. n. 206/2017 (relativo al settore pubblico) e il Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali dell’11.01.2016 (relativo al settore privato) prevedono che, in determinate circostanze puntualmente individuate[52], il lavoratore può essere esonerato dal controllo.

In particolare, ai sensi dell’art. 4 del d.P.C.M. n. 206/2017, “Sono esclusi dall’obbligo di rispettare le fasce di reperibilità i dipendenti per i quali l’assenza è riconducibile ad una delle seguenti circostanze: a) patologie gravi che richiedono terapie salvavita; b) causa di servizio riconosciuta che abbia dato luogo all’ascrivibilità della menomazione unica o plurima alle prime tre categorie della Tabella A[53] allegata al decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1981, n. 834, ovvero a patologie rientranti nella Tabella E[54] del medesimo decreto; c) stati patologici sottesi o connessi alla situazione di invalidità riconosciuta, pari o superiore al 67%”.

Ai sensi dell’art. 1, comma 1, del Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali dell’11.01.2016, “Sono esclusi dall’obbligo di rispettare le fasce di reperibilità i lavoratori subordinati, dipendenti dai datori di lavoro privati, per i quali l’assenza è etiologicamente riconducibile ad una delle seguenti circostanze: a) patologie gravi che richiedono terapie salvavita; b) stati patologici sottesi o connessi alla situazione di invalidità riconosciuta”.

Dalla lettura delle su richiamate disposizioni si evince che, invero, il ricorrere delle circostanze individuate non esime il lavoratore dal controllo fiscale ma soltanto “dall’obbligo di rispettare le fasce di reperibilità”.

Ciò detto viene ribadito anche nella circolare INPS n. 95/2016: “L’Istituto […] ha, nell’ambito delle prestazioni di competenza, il potere-dovere di accertare fatti e situazioni che comportano il verificarsi o meno del rischio assicurativo, presupposto della prestazione. Pertanto, pur venendo meno, nelle fattispecie oggetto della norma, l’onere della reperibilità alla visita medica di controllo, posto a carico del lavoratore nell’ambito delle fasce orarie stabilite dalla legge, rimane confermata la possibilità per l’Inps di effettuare comunque controlli, sulla correttezza formale e sostanziale della certificazione e sulla congruità prognostica ivi espressa”.

Nei casi di “esonero”, i datori di lavoro non possono presentare la richiesta di visite mediche di controllo domiciliare, ma, qualora ravvisino la necessità di effettuare una verifica, possono segnalare all’INPS territorialmente competente eventi riferiti a fattispecie per le quali i lavoratori risultino esentati dalla reperibilità.

Sarà poi l’Istituto a valutare, mediante il proprio centro medico legale, l’opportunità o meno di esercitare l’azione di controllo, dandone conseguente notizia al datore di lavoro richiedente[55].

 

 

 

 

 


[1]Stato di sofferenza di un organismo in toto o di sue parti, prodotto da una causa che lo danneggia, e il complesso dei fenomeni reattivi che ne derivano”, Malattia, Enciclopedia Treccani. “Complesso di alterazioni morfologiche o funzionali di una o più parti di un organo o dell’intero organismo”, Malattia, Dizionario Hoepli.
[2] Tale definizione è frutto, in via di riflesso, della moderna concezione di “salute” – inteso quale condizione di “completo benessere” – enunciata nella Costituzione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (1946) secondo cui “La sanità è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non consiste solo in un’assenza di malattia o d’infermità”.
[3] L’art. 2 del d.l. n. 663/1979, convertito, con modificazioni, in legge n. 33/1980, menziona quale unico rischio assicurato che dà diritto alla corresponsione dell’indennità di malattia l’“infermità comportante incapacità lavorativa” inteso come evento patologico che causi di per sé l’incapacità al lavoro specifico, ovvero, una inabilità temporanea assoluta alle mansioni specifiche. Una stessa infermità, infatti, può incidere in modo diverso sulla capacità lavorativa a seconda delle mansioni svolte e dell’ambiente di lavoro, cfr. Cass. n. 13063/2022; Cass. n. 25162/2014; Cass. n. 14065/1999.
[4] La fattispecie della malattia si differenzia da quelle dell’infortunio sul lavoro e dalla malattia professionale in quanto, la malattia si verifica in ambito extra-lavorativo, mentre l’infortunio sul lavoro o la malattia professionale si verificano in occasione o a causa del lavoro.
[5] È invalido il lavoratore la cui capacità lavorativa sia ridotta in modo permanente a causa di infermità o difetto fisico o mentale a meno di un terzo (dal 74% al 99%). L’invalidità non determina necessariamente l’estinzione del rapporto di lavoro e, ricorrendo i presupposti previsti dalla legge, dà diritto all’assegno di invalidità (art. 1 legge n. 222/1984). È inabile il lavoratore che a causa di infermità o difetto fisico o mentale, si trovi nell’assoluta (100%) e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa. L’inabilità determina l’estinzione del rapporto di lavoro e, ricorrendo i presupposti previsti dalla legge, dà diritto alla pensione di inabilità (art. 2 legge n. 222/1984).
[6]La malattia del lavoratore e l’inidoneità al lavoro sono cause di impossibilità della prestazione lavorativa, che hanno natura e disciplina giuridica diverse: la prima ha carattere temporaneo, implica la totale impossibilità della prestazione e determina, ai sensi dell’art. 2110 cod. civ., la legittimità del licenziamento quando ha causato l’astensione dal lavoro per un tempo superiore al periodo di comporto. La seconda ha carattere permanente, o, quanto meno, durata indeterminata o indeterminabile, non implica necessariamente l’impossibilità totale e consente la risoluzione del contratto – ai sensi degli artt. 1256 e 1463 cod. civ. – indipendentemente dal superamento del periodo di comporto (ex plurimis: Cass. n. 8855/91; n. 3517/92; n. 5416/97)” (Cass. n. 14065/1999).
[7] Si precisa che in caso di inidoneità alla mansione e in caso di invalidità, il recesso datoriale è subordinato all’adempimento dell’obbligo di repêchage, così Cass., SS.UU., n. 7755/1998 secondo cui “La sopravvenuta infermità permanente e la conseguente impossibilità della prestazione lavorativa, quale giustificato motivo di recesso del datore di lavoro dal contratto di lavoro subordinato (artt. 1 e 3 della legge n. 604 del 1966 e 1463, 1464 c.c.), non è ravvisabile nella sola ineseguibilità dell’attività attualmente svolta dal prestatore, ma può essere esclusa dalla possibilità di altra attività riconducibile – alla stregua di un’interpretazione del contratto secondo buona fede – alle mansioni attualmente assegnate o a quelle equivalenti (art. 2103 c.c.) o, se ciò è impossibile, a mansioni inferiori, purché essa attività sia utilizzabile nell’impresa, secondo l’assetto organizzativo insindacabilmente stabilito dall’imprenditore”.
[8] Oltre alla malattia, costituiscono ipotesi di sospensione del rapporto di lavoro l’infortunio, la gravidanza e il puerperio, il servizio militare ex art. 2111 c.c. (norma sospesa per effetto della legge n. 226/2004), il congedo di maternità e di paternità, i congedi parentali, l’elezione a funzioni pubbliche elettive o sindacali.
[9] Durante i periodi di malattia il lavoratore ha diritto all’erogazione dell’assegno per il nucleo familiare; nel caso di malattia che insorga nel periodo di astensione obbligatoria per maternità, all’erogazione dell’indennità di maternità; nel caso di malattia che insorga nel periodo di astensione facoltativa, al pagamento dell’indennità di malattia; qualora si trovi in Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria, e si tratti di lavoratore sospeso dal lavoro, al pagamento della integrazione salariale; qualora si trovi in Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria, e si tratti di lavoratore soggetto a riduzione dell’orario di lavoro, al pagamento dell’indennità di malattia; qualora si trovi in Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria, e si tratti di lavoratore sospeso dal lavoro, al pagamento dell’integrazione salariale; qualora si trovi in Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria, e si tratti di lavoratore soggetto a riduzione dell’orario di lavoro, al pagamento dell’indennità di malattia; qualora si tratti di lavoratore in mobilità, all’erogazione dell’indennità di mobilità (art. 7, comma 8, legge n. 223/91); nel caso di malattia che insorga durante il periodo di prova, all’indennità di malattia e alla sospensione del periodo di prova. La malattia insorta nel periodo di godimento delle ferie ha effetto sospensivo sul decorso delle stesse, purché si tratti di malattia che incida sulla salute del lavoratore in modo tale da pregiudicare l’essenziale funzione di riposo, recupero delle energie psicofisiche e di ricreazione propria delle ferie, cfr. Cass. n. 8016/2006. Nel caso di sospensione della prestazione di lavoro nel corso dell’anno per malattia, nella retribuzione utile ai fini del calcolo annuale del TFR viene computato l’equivalente della retribuzione alla quale il lavoratore avrebbe avuto diritto in caso di ordinario svolgimento del rapporto di lavoro (art. 2120, comma 3, c.c.).
[10] Fonte legale del periodo di comporto è l’art. 6, comma 4, r.d.l. n. 1825/1924, il quale dispone che “Nei casi d’interruzione di servizio dovuta ad infortunio o malattia, il principale conserverà il posto al dipendente per il periodo di: a) 3 mesi, se questi abbia un’anzianità di servizio non superiore ai 10 anni; b) 6 mesi, se abbia un’anzianità di servizio di oltre 10 anni”. La disciplina è generalmente migliorata dai contratti collettivi, i quali possono anche prevedere un ulteriore periodo di aspettativa non retribuita, non computabile ai fini dell’anzianità di servizio. Sul computo del periodo di comporto incidono anche i giorni festivi, mentre non si computa il periodo di assenza per malattia determinata da gravidanza o puerperio e ciò anche quando la malattia, debitamente certificata, abbia una durata superiore al periodo convenzionalmente inteso quale puerperio, ossia l’arco temporale che segue immediatamente il parto e comprende le 6/8 settimane successive (art. 20 d.P.R. n. 1026/1976; cfr. Nota Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale n. 126/1977 e n. 6123/2006); altresì, non incide sul computo il periodo trascorso in quarantena con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva nel caso di infezione da Sars-Cov-2 (art. 26, comma 1, d.l. n. 18/2020).
[11] Il datore di lavoro non può licenziare il lavoratore durante il periodo di comporto, salvo che sussista una giusta causa di recesso (cfr. Cass. n. 11674/2005) o il lavoratore debba considerarsi definitivamente inidoneo allo svolgimento delle prestazioni e purché il datore di lavoro non possa adibire il lavoratore ad altre mansioni (repêchage, cfr. nota 7).
[12] Si fa riferimento, tra gli altri, agli obblighi di diligenza e fedeltà di cui agli artt. 2104 e 2105 c.c. e agli obblighi di correttezza e buona fede di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c., complesso di obbligazioni che riverbera i suoi effetti anche sulle condotte non direttamente concernenti l’adempimento della prestazione lavorativa ma che devono essere ispirate all’esigenza di salvaguardare l’interesse creditorio del datore di lavoro all’effettiva esecuzione della prestazione dovuta, cfr. Cass., SS.UU., n. 28056/2008; Cass. n. 379/2022; Cass. n. 9141/2004; Cass n. 14726/2002; Cass. n. 7951/1991.
[13] Cfr. Circolare INPS n. 147/1996.
[14] Per “medico curante” si intende “ogni medico curante dal quale può pervenire la certificazione di malattia” (art. 7, D.P.C.M. 26 marzo 2008), ovvero, il medico di libera scelta e medici diversi “ai quali l’assicurato si sia rivolto per motivi di urgenza ovvero comunque per esigenze correlate alle specificità della patologia sofferta” (cfr. Circolare INPS n. 99/1996).
[15] La certificazione di malattia consta di due sezioni: il certificato vero e proprio trasmesso all’INPS, che contiene l’indicazione della diagnosi e della prognosi, e l’attestato di malattia messo a disposizione dall’INPS al datore di lavoro attraverso i propri canali telematici o trasmesso via Pec, che, a tutela della privacy del lavoratore, contiene soltanto l’indicazione della prognosi (artt. 2 e 7, d.P.C.M. 26 marzo 2008; art. 2, comma 2, d.l. n. 663/1979). Eccezion fatta per la presenza o meno dell’indicazione della diagnosi, il contenuto del certificato di malattia e dell’attestato di malattia è identico e riportano: 1) dati identificativi del medico che redige il certificato; 2) dati di prognosi, ossia inizio e termine previsto della malattia; 3) se si tratta di inizio della malattia, di continuazione o di ricaduta; 4) se si tratta di visita ambulatoriale o domiciliare; 5) nome, cognome, codice fiscale, data e luogo di nascita del lavoratore; 6) residenza o domicilio abituale del lavoratore, completo di città, indirizzo e cap.; 7) in caso di reperibilità durante la malattia a un indirizzo diverso da quello abituale, va indicato espressamente il nominativo indicato presso l’abitazione, se diverso dal proprio, la città, l’indirizzo e il Codice di avviamento postale.
[16] A far data dal 13 settembre 2011, il lavoratore non è più tenuto a recapitare o a trasmettere a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, l’attestazione della malattia al datore di lavoro entro due giorni dal rilascio del certificato medico (Cfr. Circolare Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali n. 4/2011).
[17] Cfr., ab imo, Cass. n. 2244/1976. A onor del vero, si segnala che sul punto la giurisprudenza è contrastante, valutando, da un lato, il comportamento del lavoratore assolutamente compatibile con lo stato di malattia e, dall’altro, come idoneo a pregiudicare o ritardare la guarigione, cfr., ex plurimis, Cass. n. 27322/2021; Cass. n. 19115/2019; Cass. n. 3655/2019; Cass. n. 13270/2018; Cass. n. 21667/2017; Cass. n. 30417/2017, contra, Cass. n. 26709/2021; Cass. n. 17514/2018; Cass. n. 6054/2016; Cass. n. 144/2015; Cass. n. 21093/2014; Cass. n. 22029/2010.
[18] Cfr., ex plurimis, Cass. n. 13063/2022; Cass. n. 6047/2018; Cass. n. 15476/2012; Cass. n. 9474/2009; Cass. n. 19414/2005; Cass. n. 14046/2005; Cass. n. 17128/2002; Cass. n. 6399/1995; Cass. n. 2434/1985.
[19] L’evento morboso che dà diritto all’indennità di malattia erogata dall’INPS non deve essere autoprocurato. Più precisamente, con riferimento agli interventi di chirurgia estetica, l’INPS ha stabilito che rientrano nella sfera dell’indennizzabilità, secondo le norme comuni, soltanto i periodi di incapacità lavorativa correlati alla effettuazione degli interventi resisi necessari al fine di rimuovere vizi funzionali connessi ad un difetto estetico; “Il riconoscimento dell’indennità di malattia deve invece escludersi (sia per il periodo di ricovero, che di convalescenza), non essendo in linea generale, ravvisabili, nella fattispecie, specifiche dirette esigenze terapeutiche, qualora l’intervento risulti eseguito allo scopo di eliminare un difetto meramente estetico. Nell’ambito di tale ultima casistica, potranno, comunque, essere considerate favorevolmente, agli effetti erogativi di cui trattasi, le situazioni in cui l’intervento chirurgico conseguente al suddetto difetto estetico sia stato determinato da motivi sanitariamente apprezzabili; quanto sopra, sempreché la circostanza venga debitamente comprovata dagli atti che l’interessato vorrà, di propria iniziativa, produrre, ad evitare che la Sede notifichi al datore di lavoro la non indennizzabilità del caso sulla   scorta della certificazione esibita, da cui risulti – a giudizio del medico della Sede – la esistenza di un vizio puramente estetico” (Circolare INPS n. 63/1991; nello stesso senso, Messaggio INPS n. 30/2003 e n. 11869/2007).
[20] Salvo i casi di pagamento diretto (“L’Istituto nazionale della previdenza sociale provvede direttamente al pagamento agli aventi diritto delle prestazioni di malattia e maternità per i lavoratori agricoli, esclusi i dirigenti e gli impiegati; per i lavoratori assunti a tempo determinato per i lavori stagionali; per gli addetti ai servizi domestici e familiari; per i lavoratori disoccupati o sospesi dal lavoro che non usufruiscono del trattamento di Cassa integrazione guadagni”, art. 1, comma 5, d.l. n. 663/1979), l’indennità di malattia a carico dell’INPS è corrisposta dal datore di lavoro in sede di pagamento della retribuzione e successivamente posta a conguaglio con i contributi previdenziali e assistenziali per mezzo della denuncia mensile UniEmens (art. 1, commi 1 e 2, d.l. n. 663/1979).
[21] In questi casi, se previsto dal CCNL di categoria, l’indennità è corrisposta esclusivamente dal datore di lavoro in quanto i lavoratori summenzionati non hanno diritto all’indennità di malattia erogata dall’INPS, cfr. Circolare INPS n. 134368/1981.
[22] Agli operai del settore industria ed agli operai ed impiegati del settore terziario e servizi con contratto a tempo indeterminato l’indennità spetta per tutti i giorni coperti da idonea certificazione e per un massimo di 180 giorni nell’anno solare. Per quelli a tempo determinato, l’indennità spetta per tutti i giorni coperti da idonea certificazione, per un numero massimo di giorni pari a quelli lavorati nei 12 mesi immediatamente precedenti l’inizio della malattia, da un minimo di 30 giorni a un massimo di 180 giorni nell’anno solare. Il diritto cessa con la cessazione del rapporto di lavoro, anche se avvenuta prima dello scadere del contratto. Il datore di lavoro non può corrispondere l’indennità per un numero di giornate superiore a quelle effettuate dal lavoratore alle proprie dipendenze. Le restanti giornate sono indennizzate direttamente dall’INPS.
[23] Ai lavoratori dell’agricoltura a tempo indeterminato l’indennità spetta per tutti i giorni coperti da idonea certificazione e per massimo 180 giorni nell’anno solare, purché abbiano effettivamente iniziato l’attività lavorativa. A quelli a tempo determinato l’indennità spetta per tutti i giorni coperti da idonea certificazione, solo se hanno svolto almeno 51 giornate di lavoro in agricoltura nell’anno precedente (sono valide anche le giornate lavorate a tempo indeterminato nello stesso settore agricolo) o 51 giornate nell’anno in corso e prima dell’inizio della malattia. Il periodo indennizzabile è pari al numero di giorni di iscrizione negli elenchi e fino a un massimo di 180 giorni nell’anno solare.
[24] Agli apprendisti si applica la medesima disciplina dei lavoratori del settore di appartenenza. Quindi, se prevista, l’indennità spetta per tutti i giorni coperti da idonea certificazione e per massimo 180 giorni nell’anno solare.
[25] Ai disoccupati e ai sospesi, con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, l’indennità spetta per tutti i giorni coperti da idonea certificazione e per massimo 180 giorni nell’anno solare, solo se la malattia inizia entro 60 giorni o due mesi dalla cessazione o dalla sospensione del rapporto di lavoro.
[26] Per i lavoratori dello spettacolo, ai fini del diritto all’indennità economica di malattia (Circolare INPS n. 132/2021), devono risultare dovuti o versati, per gli eventi verificatisi a decorrere dal 26 maggio 2021 (d.l. n. 73/2021, convertito con modificazioni in legge n. 106/2021), almeno 40 contributi giornalieri presso il Fondo Pensione Lavoratori dello Spettacolo (FPLS), dal 1° gennaio dell’anno precedente l’insorgenza dell’evento morboso. Per gli eventi antecedenti alla suddetta data, il requisito minimo richiesto è pari a 100 contributi giornalieri. L’indennità di malattia spetta dal quarto giorno successivo a quello di inizio dell’evento ed è dovuta per un massimo di 180 giorni nell’anno. Ai lavoratori a tempo determinato del settore spettacolo è riconosciuta, ai sensi della normativa vigente, la conservazione della tutela della malattia, anche dopo la cessazione del rapporto di lavoro, e il limite di giornate indennizzabili previsto è pari al numero di giorni di attività lavorativa svolta negli ultimi 12 mesi. Qualora sia reperibile almeno una giornata di prestazione lavorativa, l’indennità economica è concessa per un periodo massimo di 30 giorni. Ai lavoratori dello spettacolo con contratto a tempo indeterminato l’indennità di malattia viene anticipata dal datore di lavoro. Viene, invece, corrisposta direttamente dall’Istituto nei confronti di disoccupati, saltuari con contratto a termine o prestazione o occupati presso imprese dello spettacolo che esercitano attività saltuaria o stagionale.
[27] Ai lavoratori marittimi e della pesca assicurati ex IPSEMA (Circolare INPS n. 179/2013), l’indennità per inabilità temporanea assoluta per malattia fondamentale spetta dal giorno successivo allo sbarco, per tutti i giorni di prognosi (compresa la domenica) e fino a massimo un anno. Se la malattia si manifesta entro 28 giorni dallo sbarco, ai marittimi sbarcati da natanti appartenenti a specifiche categorie previste per legge, viene riconosciuta l’indennità per inabilità temporanea assoluta per malattia complementare, che spetta dal quarto giorno successivo alla data della denuncia dell’evento e fino a massimo un anno. Se la malattia si manifesta dopo 28 giorni ed entro 180 giorni dallo sbarco, ai lavoratori marittimi in continuità di rapporto di lavoro viene riconosciuta l’indennità per inabilità temporanea da malattia, che spetta dal quarto giorno successivo a quello della denuncia della malattia fino a massimo 180 giorni.
[28] Ai dipendenti di pubblici esercizi e laboratori di pasticceria l’indennità spetta all’80% per tutto il periodo di malattia. Ai disoccupati e sospesi dal lavoro l’indennità è ridotta di due terzi rispetto alla percentuale prevista. Ai ricoverati senza familiari a carico l’indennità è ridotta ai 2/5 per tutto il periodo di degenza ospedaliera, escluso il giorno delle dimissioni per il quale viene applicata la misura intera secondo le percentuali sopra indicate. Ai lavoratori marittimi, in caso di malattia fondamentale, l’indennità spetta al 75% della retribuzione percepita al momento dello sbarco; in caso di malattia complementare, l’indennità spetta al 75% della retribuzione percepita al momento dell’ultimo sbarco; in caso di malattia di lavoratori in continuità di rapporto di lavoro, l’indennità spetta nella misura del 50% per i primi 20 giorni e del 66,66% dal ventunesimo al centottantesimo giorno della retribuzione effettivamente goduta alla data di manifestazione della malattia. Per i lavoratori dello spettacolo l’indennità di malattia è pari al 60% della retribuzione media globale giornaliera fino al ventesimo giorno di durata della malattia (comprese le domeniche e le festività nazionali e religiose infrasettimanali); all’80% della retribuzione media globale giornaliera dal ventunesimo al centottantesimo; al 40% per il lavoratore disoccupato e per i giorni non lavorativi della settimana nei casi di lavoratori che per contratto prestino la loro attività solo in alcuni giorni predeterminati nella settimana.
[29] La mancata esecuzione della visita medica di controllo a causa dell’impossibilità di rintracciare l’indirizzo o il lavoratore, comporta la perdita del diritto all’indennità di malattia (Cfr. Circolare INPS n. 129/1990 e n. 183/1998; Messaggio INPS n. 4344/2012).
[30] L’indirizzo di reperibilità può essere modificato nel corso della malattia, cfr. Circolare INPS n. 106/2020.
[31] L’art. 5, comma 2, della legge n. 300/1970 attribuisce la competenza ad effettuare le visite mediche di controllo ai servizi ispettivi degli istituti previdenziali competenti. Dal 1° settembre 2017, le visite fiscali sono effettuate in via esclusiva dall’INPS, anche quando si tratti di dipendenti della P.A. (art. 55 septies, comma 2 bis, d.l. n. 165/2001).
[32]Le visite mediche domiciliari di controllo dei lavoratori possono essere disposte dall’Istituto nazionale della previdenza sociale d’ufficio o su richiesta degli altri istituti previdenziali o dei datori di lavoro alle sedi dell’istituto medesimo presso le quali sono istituite, sentiti gli ordini dei medici, apposite liste di medici a rapporto di impiego con pubbliche amministrazioni e liberi professionisti” (art. 1, comma 1, del D.M. 15 luglio 1986).
[33] Oltre che mediante visita di controllo domiciliare, la verifica dello stato di malattia del lavoratore può essere effettuata anche mediante visita medica di controllo ambulatoriale. In tal caso, al lavoratore viene spedito l’invito a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno, contenente l’indicazione della data, ora e luogo di svolgimento della visita medesima, cfr. Circolare INPS n. 183/1984.
[34] L’art. 5, commi 1 e 2, della legge n. 300/1970 (Statuto dei Lavoratori) dispone che “Sono vietati accertamenti da parte del datore di lavoro sulla idoneità e sulla infermità per malattia o infortunio del lavoratore dipendente. Il controllo delle assenze per infermità può essere effettuato soltanto attraverso i servizi ispettivi degli istituti previdenziali competenti, i quali sono tenuti a compierlo quando il datore di lavoro lo richieda”. La violazione di tale divieto è penalmente sanzionata, ai sensi dell’art. 38 Stat. Lav.
[35] La sanzione è correlata all’obbligo della reperibilità sancito dalla legge e non alla sussistenza o meno dello stato di malattia. La sanzione dispiega efficacia soltanto nell’ambito dello stesso episodio morboso; pertanto, gli effetti della sanzione per assenza ingiustificata riscontrata durante la prima malattia non hanno rilievo in relazione al secondo episodio morboso costituente ricaduta del precedente.
[36] La Corte Costituzionale con sentenza n. 78/1988 ha dichiarato “l’illegittimità costituzionale dell’art. 5, quattordicesimo comma, del d.l. 12 settembre 1983 n. 463, convertito con modificazioni nella legge 11 novembre 1983 n. 638, nella parte in cui non prevede una seconda visita medica di controllo prima della decadenza dal diritto a qualsiasi trattamento economico di malattia nella misura della metà per l’ulteriore periodo successivo ai primi dieci giorni”.
[37] Il primo dei dieci giorni da cui applicare la sanzione della perdita totale è costituito dal primo giorno di malattia e non dal primo giorno indennizzato dall’INPS che, di massima, per l’applicazione della “carenza”, coincide con il quarto giorno di malattia, cfr. Circolare INPS n. 183/1984.
[38] In caso di assenza alla terza visita di controllo, dalla data in cui viene riscontrata tale ultima assenza, si interrompe la corresponsione delle prestazioni economiche a carico dell’INPS in conseguenza dell’insussistenza delle condizioni per la conferma dello stato di malattia. Tuttavia, se il lavoratore si sottopone successivamente a visita ambulatoriale, in occasione della quale viene accertata l’incapacità al lavoro, dalla relativa data verrà ripristinata la corresponsione dell’indennità di malattia. Qualora, dopo il ripristino dell’indennità, il lavoratore risulti assente ad una ulteriore visita, da tale momento sarà nuovamente interrotta la corresponsione dell’indennità di malattia.
[39] Esempio a): malattia dal 1° al 30 marzo: assenza al I controllo il giorno 12 marzo, assenza al II controllo il giorno 24 marzo. La sanzione sarà così graduata: dal 1° al 20 marzo al 100%; dal 21 al 30 marzo al 50%. Esempio b): malattia dal 1° al 30 marzo: assenza al I controllo il giorno 4 marzo, assenza al II controllo il giorno 9 marzo. La sanzione sarà così graduata: dal 1° al 18 marzo 1984 al 100%; dal 19 al 30 marzo 1984 al 50%.
[40] Cfr. Circolare INPS n. 183/1984.
[41] La non reperibilità del lavoratore per omessa comunicazione del diverso domicilio non costituisce “assenza alle visite di controllo” ma solo “mancata comunicazione del diverso domicilio ai fini della visita di controllo”, cfr. Cass. n. 13063/2022.
[42] Cfr. Cass. n. 3915/1996.
[43] Cfr. Cass. n. 24681/2016; Cass. n. 11153/2001.
[44] Nel caso in cui all’indirizzo del lavoratore assente si trovi un familiare convivente non minore di anni quattordici (secondo il criterio fissato dall’art. 139 c.p.c. per la notificazione degli atti giudiziari), un invito a successiva visita ambulatoriale è consegnato nelle sue mani, raccogliendone ricevuta. Ove non sia presente il familiare convivente, la copia del modulo destinata al lavoratore e contenente l’invito a visita ambulatoriale viene consegnata nelle mani del portiere dello stabile, raccogliendone ugualmente ricevuta, o immessa nella cassetta delle lettere del lavoratore. Il modulo di referto in questione dovrà chiaramente riportare l’ora e il giorno dell’accesso e i motivi per i quali non è stato possibile effettuare la visita di controllo. Copia dello stesso modulo dovrà essere trasmessa alla competente Sede, provinciale o zonale, dell’INPS, e ciò anche quando la visita di controllo domiciliare sia stata disposta direttamente su richiesta del datore di lavoro. Ove la consegna dell’invito ambulatoriale non possa essere effettuata nelle mani del familiare convivente o del portiere, e nei casi in cui il lavoratore, invitato a visita ambulatoriale mediante immissione dell’invito nella cassetta della posta, non si sia presentato all’ora e nel giorno indicati, la ASL provvederà ad invitare nuovamente il lavoratore mediante lettera raccomandata con ricevuta di ritorno a mezzo dello stesso modulo, cfr. Circolare INPS n. 183/1984.
[45]In caso di impossibilità di eseguire la visita per assenza del lavoratore all’indirizzo indicato, il medico sarà tenuto a darne immediata comunicazione all’Istituto nazionale della previdenza sociale ed a rilasciare, possibilmente a persona presente nell’abitazione del lavoratore, apposito avviso recante l’invito al lavoratore a presentarsi al controllo ambulatoriale il giorno successivo non festivo presso il gabinetto diagnostico dell’Istituto nazionale della previdenza sociale, ovvero, qualora non sia facilmente raggiungibile, presso il competente presidio sanitario pubblico, secondo quanto indicato nell’avviso stesso e salvo che l’interessato non abbia ripreso l’attività lavorativa” (art. 9 D.M. 18 aprile 1996). “Nel caso in cui la visita di controllo non sia avvenuta per assenza del lavoratore, l’Istituto nazionale della previdenza sociale ne dà immediata comunicazione al datore di lavoro o all’istituto previdenziale che ha richiesto la visita” (art. 7, comma 2, D.M. 15 luglio 1986).
[46] Se il lavoratore si presenta alla visita di controllo ambulatoriale che confermi lo stato di malattia, la sanzione di cui all’art. 5, comma 14, della legge n. 638/1983 verrà comminata soltanto per l’assenza alla visita di controllo domiciliare, qualora detta assenza risulti ingiustificata (amplius, par. 4).
[47] Trascorso inutilmente tale termine, ovvero valutati negativamente i motivi addotti, la Sede applicherà la sanzione di cui all’art. 5, comma 14, della legge n. 638/1983, dandone comunicazione al lavoratore, mediante lettera raccomandata e, nei casi di pagamento dell’indennità di malattia a conguaglio, al datore di lavoro, ai fini anche degli eventuali recuperi delle indennità già corrisposte, cfr. Circolare INPS n. 183/1984.
[48]È stato segnalato che talvolta i lavoratori adducono a giustificazione dell’assenza a visita di controllo il fatto di avere preventivamente dato notizia, specificando o meno i relativi motivi, all’Istituto e al datore di lavoro dell’allontanamento dal proprio domicilio durante le fasce di reperibilità. In tali situazioni si invita a voler rappresentare agli interessati che l’assenza a visita di controllo può essere considerata giustificata solo se ricorrono le condizioni di imprescindibilità e di indifferibilità ordinariamente previste (v. deliberazione del Consiglio di Amministrazione n. 99/1984)” (Circolare INPS n. 147/1996).
[49]Al riguardo si chiarisce che, sia gli accertamenti che le prestazioni mediche (effettuate presso strutture pubbliche o private) giustificative dell’assenza debbono rientrare nell’ambito specialistico. Si ritiene che nell’ambito della previsione siano comprese anche prestazioni non strettamente “specialistiche” (esempio: terapia iniettiva): in quest’ultimo caso, peraltro, le stesse devono risultare effettuate presso poliambulatori pubblici o, comunque, autorizzate dalle UU.SS.LL. Il lavoratore è, allo scopo, tenuto a fornire documentazione, rilasciata dalla struttura presso la quale è stata effettuata la prestazione dell’effettuazione della stessa, con l’indicazione del giorno e dell’ora. Nel concetto di “visite” evidenziato dal Consiglio di Amministrazione, invece, devono intendersi comprese non solo quelle specialistiche, per le quali valgono le indicazioni sopra riportare, ma anche quelle medico-generiche” (Circolare INPS n. 183/1984).
[50]Per quanto concerne, invece, la seconda previsione di cause giustificative dell’assenza, va premesso che il concetto di “nucleo familiare”, espresso nella circostanza, ha un significato più sociale che giuridico o anagrafico: pertanto, sono da considerare compresi in esso non solo i familiari che risultino a carico o, comunque, conviventi, ma anche gli altri c.d. “stretti congiunti”, quali gli ascendenti, i discendenti, i fratelli o le sorelle. Si precisa, poi, che nell’ambito della “gravità” delle conseguenze può darsi rilievo a particolari situazioni soggettive correlate alla necessità da parte dell’assicurato di assolvere a doveri di carattere “morale” connessi a fatti o situazioni concernenti il proprio nucleo familiare, quali, ad esempio, ricoveri ospedalieri, funerali, gravi infortuni, anche se è ovvio che la presenza dell’assicurato non costituirebbe, di per sé, fatto tale da essere ritenuto oggettivamente “imprescindibile”. Inoltre, la gravità delle conseguenze deve essere intesa non solo come strettamente attinente alla sfera della salute fisica del soggetto, ma anche a quella di altri interessi di rilievo, come quelli economici in senso lato: possono così, ad esempio, essere positivamente valutate circostanze di convocazione da parte di pubbliche autorità, la partecipazione a pubblici esami, anche se in questi casi la “indifferibilità” è generalmente solo soggettiva. È ovvio che, in tali ipotesi, il fatto non può riguardare la persona di eventuali familiari, ma solo quella dell’assicurato. La gamma di situazioni che possono rientrare nell’ambito di applicazione della previsione di cui trattasi – considerata l’astrattezza della sua formulazione – non è certamente esaurita dalle esemplificazioni che precedono: altri casi concreti saranno, peraltro, risolti sulla base dei criteri di massima che sono evidenziati dalle esemplificazioni stesse” (Circolare INPS n. 183/1984).
[51] Cfr. Deliberazione del Consiglio di Amministrazione INPS n. 99/1984. Invero, l’indicazione delle circostanze giustificative dell’assenza non è esaustiva. La giurisprudenza di legittimità, infatti, ha individuato altre circostanze giustificative dell’assenza: per sottoporsi a visita medica; per sottoporsi a cure urgenti; per svolgere attività di volontariato; per effettuare una visita o per prestare assistenza ad un familiare ricoverato in ospedale (cfr., ex plurimis, Cass. n. 14503/1999; Cass. n. 4247/2004; Cass. n. 12458/1998; Cass. n. 2604/1990; Cass. n. 5718/2010; Cass. n. 10661/2016). Da ultimo, la Suprema Corte ha annullato la sanzione disciplinare irrogata nei confronti di un lavoratore assente per malattia che, trovandosi sotto la doccia al momento della visita di controllo, non aveva sentito suonare il campanello di casa, impedendo così l’accesso del medico fiscale alla propria abitazione. Ciò perché, “l’obbligo di cooperazione che grava sul lavoratore in malattia, pur rilevando anche sul piano contrattuale del rapporto di lavoro, non può essere esteso fino a ricomprendere il divieto per il lavoratore medesimo di astenersi dal compiere qualsiasi atto del vivere quotidiano, normalmente compiuto all’interno delle pareti domestiche” (Cass. n. 22484/2022).
[52] L’individuazione delle circostanze giustificative dell’esonero dal controllo di cui al d.P.C.M. n. 206/2017 e al Decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali dell’11.01.2016 costituisce un numerus clausus.
[53] Tabella A recante “Lesioni ed infermità che danno diritto a pensione vitalizia o ad assegno temporaneo”, Prima categoria: 1) La perdita dei quattro arti fino al limite della perdita totale delle due mani e dei due piedi insieme; 2) La perdita di tre arti fino al limite della perdita delle due mani e di un piede insieme; 3) La perdita di ambo gli arti superiori fino al limite della perdita totale delle due mani; 4) La perdita di due arti, superiore ed inferiore (disarticolazione o amputazione del braccio e della coscia); 5) La perdita totale di una mano e dei due piedi; 6) La perdita totale di una mano e di un piede; 7) La disarticolazione di un’anca; l’anchilosi completa della stessa, se unita a grave alterazione funzionale del ginocchio corrispondente; 8) La disarticolazione di un braccio o l’amputazione di esso all’altezza del collo chirurgico dell’omero; 9) L’amputazione di coscia o gamba a qualunque altezza, con moncone residuo improtesizzabile in modo assoluto e permanente; 10) La perdita di una coscia a qualunque altezza con moncone protesizzabile, ma con grave artrosi dell’anca o del ginocchio dell’arto superstite; 11) La perdita di ambo gli arti inferiori sino al limite della perdita totale dei piedi; 12) La perdita totale di tutte le dita delle mani ovvero la perdita totale dei due pollici e di altre sette o sei dita; 13) La perdita totale di un pollice e di altre otto dita delle mani, ovvero la perdita totale delle cinque dita di una mano e delle prime due dell’altra; 14) La perdita totale di sei dita delle mani compresi i pollici e gli indici o la perdita totale di otto dita delle mani compreso o non uno dei pollici; 15) Le distruzioni di ossa della faccia, specie dei mascellari e tutti gli altri esiti di lesioni grave della faccia e della bocca tali da determinare grave ostacolo alla masticazione e alla deglutizione sì da costringere a speciale alimentazione; 16) L’anchilosi temporo-mandibolare completa e permanente; 17) L’immobilità completa permanente del capo in flessione o in estensione, oppure la rigidità totale e permanente del rachide con notevole incurvamento; 18) Le alterazioni polmonari ed extra polmonari di natura tubercolare e tutte le altre infermità organiche e funzionali permanenti e gravi al punto da determinare una assoluta incapacità al lavoro proficuo; 19) Fibrosi polmonare diffusa con enfisema bolloso o stato bronchiectasico e cuore polmonare grave; 20) Cardiopatie organiche in stato di permanente scompenso o con grave e permanente insufficienza coronarica ecg. Accertata; 21) Gli aneurismi dei grossi vasi arteriosi del collo e del tronco, quando, per sede, volume o grado di evoluzione determinano assoluta incapacità lavorativa; 22) Tumori maligni a rapida evoluzione; 23) La fistola gastrica, intestinale, epatica, pancreatica, splenica, rettovescica ribelle ad ogni cura e l’ano preternaturale; 24) Incontinenza delle feci grave e permanente da lesione organica. 25) Il diabete mellito ed il diabete insipido entrambi di notevole gravità; 26) Esiti di nefrectomia con grave compromissione permanente del rene superstite (iperazotemia, ipertensione e complicazioni cardiache) o tali da necessitare trattamento emodialitico protratto nel tempo; 27) Castrazione e perdita pressoché totale del pene; 28) Tutte le alterazioni delle facoltà mentali (sindrome schizofrenica, demenza paralitica, demenze traumatiche, demenza epilettica, distimie gravi, ecc.) che rendano l’individuo incapace a qualsiasi attività; 29) Le lesioni del sistema nervoso centrale; (encefalo e midollo spinale) con conseguenze gravi e permanenti di grado tale da apportare profondi e irreparabili perturbamenti alle funzioni più necessarie alla vita organica e sociale o da determinare incapacità a lavoro proficuo; 30) Sordità bilaterale organica assoluta e permanente accertata con esame audiometrico; 31) Sordità bilaterale organica assoluta e permanente quando si accompagni alla perdita o a disturbi gravi e permanenti della favella o a disturbi della sfera psichica e dell’equilibrio statico-dinamico; 32) Esiti di laringectomia totale; 33) Le alterazioni organiche ed irreparabili di ambo gli occhi che abbiano prodotto cecità bilaterale assoluta e permanente; 34) Le alterazioni organiche ed irreparabili di ambo gli occhi tali da ridurre l’acutezza visiva binoculare da 1/100 a meno di 150; 35) Le alterazioni organiche ed irreparabili di un occhio, che ne abbiano prodotto cecità assoluta e permanente con l’acutezza visiva dell’altro ridotta tra 1/50 e 3/50 della normale. Seconda categoria: 1) Le distruzioni di ossa della faccia, specie dei mascellari e tutti gli altri esiti di lesione grave della faccia stessa e della bocca tali da menomare notevolmente la masticazione, la deglutizione o la favella oppure da apportare evidenti deformità, nonostante la protesi; 2) L’anchilosi temporo-mandibolare incompleta, ma grave e permanente con notevole riduzione della funzione masticatoria; 3) L’artrite cronica che, per la molteplicità e l’importanza delle articolazioni colpite, abbia menomato gravemente la funzione di due o più arti; 4) La perdita di un braccio o avambraccio sopra il terzo inferiore; 5) La perdita totale delle cinque dita di una mano e di due delle ultime quattro dita dell’altra; 6) La perdita di una coscia a qualunque altezza; 7) L’amputazione medio tarsica o la sotto astragalica dei due piedi; 8) Anchilosi completa dell’anca o quella in flessione del ginocchio; 9) Le affezioni polmonari ed extra polmonari di natura tubercolare che per la loro gravità non siano tali da ascrivere alla prima categoria; 10) Le lesioni gravi e permanenti dell’apparato respiratorio o di altri apparati organici determinate dall’azione di gas nocivi; 11) Bronchite cronica diffusa con bronchiestasie ed enfisema di notevole grado; 12) Tutte le altre lesioni od affezioni organiche della laringe, della trachea che arrechino grave e permanente dissesto alla funzione respiratoria; 13) Cardiopatie con sintomi di scompenso di entità tali da non essere ascrivibili alla prima categoria; 14) Gli aneurismi dei grossi vasi arteriosi del tronco e del collo, quando per la loro gravità non debbano ascriversi alla prima categoria; 15) Le affezioni gastro-enteriche e delle ghiandole annesse con grave e permanente deperimento organico; 16) Stenosi esofagee di alto grado, con deperimento organico; 17) La perdita della lingua; 18) Le lesioni o affezioni gravi e permanenti dell’apparato urinario salvo, che per la loro entità, non siano ascrivibili alla categoria superiore; 19) Le affezioni gravi e permanenti degli organi emopoietici; 20) Ipoacusia bilaterale superiore al 90% con voce di conversazione gridata ad concham senza affezioni purulente dell’orecchio medio; 21) Le alterazioni organiche ed irreparabili di ambo gli occhi tali da ridurre l’acutezza visiva binoculare tra i 1/50 e 3/50 della normale; 22) Castrazione o perdita pressoché totale del pene; 23) Le paralisi permanenti sia di origine centrale che periferica interessanti i muscoli o gruppi muscolari che presiedono a funzioni essenziali della vita e che, per i caratteri e la durata, si giudichino inguaribili. Terza categoria: 1) La perdita totale di una mano o delle sue cinque dita, ovvero la perdita totale di cinque dita tra le mani compresi i due pollici; 2) La perdita totale del pollice e dell’indice delle due mani; 3) La perdita totale di ambo gli indici e di altre cinque dita fra le mani che non siano i pollici; 4) La perdita totale di un pollice insieme con quella di un indice e di altre quattro dita fra le mani con integrità dell’altro pollice; 5) La perdita di una gamba sopra il terzo inferiore; 6) L’amputazione tarso-metatarsica dei due piedi; 7) L’anchilosi totale di una spalla in posizione viziata e non parallela all’asse del corpo; 8) Labirintiti e labirintosi con stato vertiginoso grave e permanente; 9) La perdita o i disturbi gravi della favella; 10) L’epilessia con manifestazioni frequenti; 11) Le alterazioni organiche e irreparabili di un occhio, che abbiano prodotto cecità assoluta e permanente, con l’acutezza visiva dell’altro ridotta tra 4/50 e 1/10 della normale.
[54] Tabella E recante “Assegni di superinvalidità”, A): 1) Alterazioni organiche e irreparabili di ambo gli occhi che abbiano prodotto cecità bilaterale assoluta e permanente; 2) Perdita anatomica o funzionale di quattro arti fino al limite della perdita totale delle due mani e dei due piedi insieme; 3) Lesioni del sistema nervoso centrale (encefalo e midollo spinale) che abbiano prodotto paralisi totale dei due arti inferiori e paralisi della vescica e del retto (paraplegici rettovescicali); 4) Alterazioni delle facoltà mentali tali da richiedere trattamenti sanitari obbligatori in condizioni di degenza nelle strutture ospedaliere pubbliche o convenzionate. A-bis): 1) La perdita di ambo gli arti superiori fino al limite della perdita delle due mani; 2) La disarticolazione di ambo le cosce o l’amputazione di esse con la impossibilità assoluta e permanente dell’applicazione di apparecchio di protesi. B): 1) Lesioni del sistema nervoso centrale (encefalo e midollo spinale), con conseguenze gravi e permanenti di grado tale da apportare, isolatamente o nel loro complesso, profondi ed irreparabili perturbamenti alla vita organica e sociale; 2) Tubercolosi o altre infermità gravi al punto da determinare una assoluta e permanente incapacità a qualsiasi attività fisica e da rendere necessaria la continua o quasi continua degenza a letto. C): 1) Perdita di un arto superiore e di un arto inferiore dello stesso lato sopra il terzo inferiore rispettivamente del braccio e della coscia con impossibilità dell’applicazione dell’apparecchio di protesi. D): 1) Amputazione di ambo le cosce a qualsiasi altezza. E): 1) Alterazioni organiche ed irreparabili di ambo gli occhi tali da ridurre l’acutezza visiva binoculare da 1/100 a meno di 1/50 della normale; 2) Perdita di un arto superiore e di uno inferiore sopra il terzo inferiore rispettivamente del braccio e della coscia; 3) Perdita di dieci oppure di nove dita delle mani compresi i pollici; 4) Perdita di ambo gli arti inferiori di cui uno sopra il terzo inferiore della coscia e l’altro sopra il terzo inferiore della gamba; 5) Alterazioni delle facoltà mentali che richiedono trattamenti sanitari obbligatori non in condizioni di degenza nelle strutture ospedaliere pubbliche o convenzionate o che abbiano richiesto trattamenti sanitari obbligatori in condizioni di degenza ospedaliera, cessati ai sensi della legge n. 180 del 13 maggio 1978, sempreché tali alterazioni apportino profondi perturbamenti alla vita organica e sociale. F): 1) Perdita totale di una mano e dei due piedi insieme; 2) Perdita di due arti, uno superiore e l’altro inferiore, amputati rispettivamente al terzo inferiore del braccio e al terzo inferiore della gamba; 3) Perdita di due arti, uno superiore e l’altro inferiore, amputati rispettivamente al terzo inferiore dell’avambraccio e al terzo inferiore della coscia; 4) Perdita di ambo gli arti inferiori di cui uno sopra al terzo inferiore della coscia e l’altro al terzo inferiore della gamba; 5) Perdita di ambo gli arti inferiori di cui uno al terzo inferiore della coscia e l’altro fino al terzo inferiore della gamba; 6) Perdita delle due gambe a qualsiasi altezza; 7) Alterazioni delle facoltà mentali che apportino profondi perturbamenti alla vita organica e sociale; 8) Tubercolosi o altre infermità gravi al punto da determinare una assoluta e permanente incapacità a qualsiasi attività fisica, ma non tale da richiedere la continua o quasi continua degenza a letto. G): 1) Perdita dei due piedi o di un piede e di una mano insieme; 2) La disarticolazione di un’anca; 3) Tutte le alterazioni delle facoltà mentali (schizofrenia e sindromi schizofreniche, demenza paralitica, demenze traumatiche, demenza epilettica, distimie gravi, ecc.) che rendano l’individuo incapace a qualsiasi attività. H): 1) Castrazione e perdita pressoché totale del pene; 2) La fistola gastrica, intestinale, epatica, pancreatica, splenica, retto vescicale ribelle ad ogni cura e l’ano preternaturale; 3) Sordità bilaterale organica assoluta e permanente quando si accompagni alla perdita o a disturbi gravi e permanenti della favella o a disturbi della sfera psichica e dell’equilibrio statico-dinamico; 4) Cardiopatie organiche in stato di permanente scompenso con grave e permanente insufficienza coronarica ecg accertata o gravi al punto da richiedere l’applicazione di pace-maker o il trattamento con by-pass o la sostituzione valvolare; 5) Anchilosi completa di un’anca se unita a grave alterazione funzionale del ginocchio corrispondente.
[55] Cfr. Circolare INPS n. 95/2016.

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Avv. Andrea Persichetti

Dopo aver conseguito a pieni voti la Laurea magistrale in Giurisprudenza presso l'Università degli Studi di Camerino con tesi in Diritto Amministrativo ("Il principio di precauzione e la valutazione del rischio: il caso dei vaccini obbligatori"), ha svolto la pratica forense presso l'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Torino. Svolge la professione di Avvocato occupandosi di diritto civile e di diritto del lavoro, con particolare riguardo alla materia previdenziale, alle questioni di infortunistica sul lavoro e controversie INAIL. È abilitato a presentare istanze e ricorsi all'INPS ed è Intermediario abilitato a svolgere attività in materia di lavoro, previdenza ed assistenza sociale, ai sensi della Legge n. 12/1979. Collabora con l’Ufficio del Massimario dell’Associazione dei Giovani Avvocati di Torino – AGAT ed è autore di articoli di interesse giuridico. È iscritto all'Ordine degli Avvocati di Torino (Studio legale in Torino, Via Giannone n. 1 - Tel.: 011 51 11 005 - Mail: andreapersichetti91@gmail.com).

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