Ne bis in idem: la Cassazione precisa la portata del principio in materia tributaria

Ne bis in idem: la Cassazione precisa la portata del principio in materia tributaria

Nessuno può essere condannato due volte per la stessa fattispecie di reato. In sintesi è questo che prevede il famoso brocardo del ne bis in idem. Ciò nonostante, nel corso del tempo, la Giurisprudenza si è spesso soffermata sulla portata applicativa di questo principio giuridico. E, recentemente, la terza sezione penale della Suprema Corte di Cassazione, con Presidente Giovanni Liberati e Relatore Emanuela Gai, è tornata a pronunciarsi sul tema con sentenza  n. 25335 del 7 giugno scorso.

I fatti alla base della sentenza degli Ermellini 

Il Supremo Collegio si è trovato di fronte al caso di un imprenditore bergamasco, precedentemente condannato per dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti,  che lamentava la violazione del ne bis in idem di cui all’articolo 4 protocollo 7 della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, ripreso anche nell’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. L’imprenditore, infatti, era stato condannato ad un anno 11 mesi e 15 giorni di reclusione come persona fisica e rappresentante legale della sua società.

Precedentemente alla condanna in sede penale, comunque, la società, in qualità di persona giuridica, era stata condannata per gli stessi fatti al pagamento di una sanzione amministrativa. Per di più la Corte di Appello di Brescia aveva ridotto la pena pecuniaria non considerando che l’articolo 1, comma 3, del Dlgs 471/1997 prevede l’aumento della sanzione amministrativa per il caso di utilizzo di fatture per operazioni inesistenti.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

Il Supremo Collegio ha ritenuto di dover rigettare le istanze del ricorrente. Infatti, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale non esiste alcuna violazione del ne bis in idem qualora le sanzioni vengano comminate a soggetti diversi. Secondo la Corte, infatti, l’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea deve essere interpretato nel senso che non osta ad una normativa nazionale, come quella di cui ai procedimenti principali, che consente di avviare procedimenti penali per omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto dopo l’irrogazione di una sanzione tributaria definitiva per i medesimi fatti, qualora tale sanzione sia stata inflitta a una società dotata di personalità giuridica, mentre detti procedimenti penali sono stati avviati nei confronti di una persona fisica.

Quindi, dato che nel caso di specie le sanzioni amministrative erano state comminate nei confronti di una persona giuridica e non della persona fisica dell’imprenditore (anche se quest’ultimo era il rappresentante legale della società) il Supremo Collegio ha ritenuto insussistenti i presupposti di una duplicazione di sanzioni in capo allo stesso soggetto. Ne deriva che le due condanne, in sede civile amministrativa e penale, sono entrambe valide.


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