Operatività in contanti: analisi antiriciclaggio

Operatività in contanti: analisi antiriciclaggio

L’operatività che rappresenta con tutta probabilità la casistica più emblematica dell’antiriciclaggio è quella connotata dall’utilizzo del denaro contante; occorre anzitutto precisare che con l’espressione “denaro contante” si intendono sia le operazioni di versamento o prelevamento, che le transazioni ad esse latu sensu equiparabili, e nella specie quelle di versamento o traenza di assegni circolari.

Le operazioni in contanti sono quelle che, propria alla luce dell’assenza di tracciabilità (salvo la collaborazione attiva del cliente) in merito all’origine/destinazione dei fondi, nella valutazione dell’operatore, recano intrinsecamente una maggior carica di anomalia, rispetto ad altre tipologie di transazioni (come ad esempio i bonifici). La tendenza degli ultimi anni è quella di addivenire ad una progressiva dematerializzazione della moneta, al fine di rendere sempre più desueto il ricorso a tale tipologia operativa, che più facilmente si presta alla integrazione di possibili illeciti.

La prassi di un frequente utilizzo del contante rispetto a più moderne e, da un certo di vista, più “comode” forme di pagamento, è ancorata, a seconda dei casi, alle peculiari radici “culturali” proprie di una certa collettività; dall’esperienza operativa, nonché dal patrimonio informativo pervenuto all’Autorità grazie all’inoltro delle segnalazioni di operazioni sospette nel corso degli anni, condiviso tramite report/comunicazioni [1], è possibile effettuare valutazioni e congetture ricorrendo al fattore geografico: si ricava, in particolare, un più spiccato ricorso al contante in determinate aree di Italia.

Non a caso, gli stessi tool informatici, volti a generare “inattesi” (ossia estrapolazioni di determinate movimentazioni considerabili ontologicamente sospette, perché rientranti in una serie di parametri, semplici o combinati, di tipo matematico, ricavati dall’esperienza), calibrano i parametri stessi di estrazione anche sul metro geografico: a titolo meramente esemplificativo, ciò può voler significare che la stessa quantità di contante versato da una tabaccheria del nord ed una del Sud Italia, dovrà esse valutata in maniera diversa.

Occorre poi considerare l’attività svolta dal cliente monitorato: ad esempio, se trattasi di supermercato o di tabaccheria, è logico dedurne come la gran parte degli incassi saranno caratterizzati proprio dai versamenti di denaro contante, piuttosto che da bonifici in accredito. Qualora invece il cliente monitorato sia, ad esempio, uno studio professionale di consulenza, sarà più desueto, e quindi anomalo, rinvenire una maggior percentuale di denaro contante in entrata rispetto ad altre tipologie di operazioni (assegni/bonifici).

Inoltre, con l’introduzione delle comunicazioni oggettive, è ora necessario anche contemperare i meccanismi operativi di tali due istituti (flussi oggettivi/SOS), al fine di evitare sovrapposizioni e di incorrere nel rischio di inoltrare SOS superfetarie, destinate all’archiviazione e che determinano un inutile aggravio del carico di lavoro sia per il segnalante che per l’Autorità (in merito si rimanda all’apposito intervento sulle Comunicazioni Oggettive).

Si precisa altresì come l’operatività in contanti vada considerata diversamente a seconda dal segno monetario da cui la si valuta: se in avere o dal lato delle poste a debito.

Ciò posto, si può ritenere, in abstracto, che le operazioni possano essere valutate tenendo in considerazione i seguenti elementi:

Ø Origine della provvista (per i versamenti): in tale ipotesi, laddove non sia possibile ricavarla tramite l’analisi dei flussi contabili (si pensi ad una operatività di contante meramente figurativa, in cui cioè il cliente dapprima prelevi somme dal libretto per riversarle contestualmente sul conto corrente), sarà sempre necessaria la collaborazione attiva del cliente, tenuto a giustificare e supportare per tabulas le relative asserzioni;

Ø Destinazione della provvista (per i prelevamenti): possono avanzarsi le stesse considerazioni spese per i versamenti di contante: solo attraverso la collaborazione attiva del cliente sarà possibile verificare l’effettivo utilizzo dei fondi prelevati; in tale ipotesi, tuttavia, la valutazione è resa più agevole dalla possibilità di appurare l’origine della provvista: se si tratta di emolumenti stipendiali/pensionistici tracciati, non sorgerà immediatamente un indicatore di anomalia, quantomeno nell’ottica di una condotta volta alla “ripulitura” di fondi illeciti.

Ø Importo dei versamenti: dall’ammontare delle operazioni possono ricavarsi preziosi indicatori: il “sospetto” ex art. 35 D.Lgs 90/17 sarà alimentato qualora i versamenti siano, ad esempio, a cifra tonda, o poco al di sotto della soglia limite di utilizzo del contante tra privati, o della soglia di controllo stabilita per policy dal singolo Istituto (di cui il cliente possa esserne a conoscenza);

Ø Comportamento tenuto dal cliente in sede di richieste informative: dalla reticenza o non collaborazione del cliente può desumersi un elemento soggettivo di anomalia; anche la conoscenza manifestata dal cliente della normativa AML o delle Policies AML dell’Istituto di riferimento, possono far desumere una intenzione “dolosa” da parte del cliente;

Ø Caratteristiche delle operazioni: dalla natura frazionata delle operazioni può dedursi una volontà del cliente di realizzare una complessiva movimentazione “sottotraccia”; importante è anche l’identità dell’esecutore dell’operazione: potrebbe trattarsi di più soggetti delegati ad operare che effettuano i versamenti sul conto (da qui, ad esempio, potrebbe individuarsi il Real Owner schermato dell’intera operatività);

Ø Dato geografico: l’anomalia potrebbe sorgere se l’esecuzione delle singole operazioni avvenisse a brevissima distanza – minuti o ore – e/o presso diversi sportelli (anche lontani geograficamente), diversi da quello di radicamento del conto e/o dove il cliente ha la dimora/sede dei propri affari;

Ø Profilo del cliente: Come detto, occorre sempre verificare se il montante dei versamenti/prelevamenti sia coerente con l’attività svolta dal cliente o con il relativo standing economico patrimoniale (es. un dirigente rispetto ad un disoccupato); ad esempio, se l’attività esercitata dal cliente è quella di dipendente subordinato, che riceve già regolare accredito della pensione sul conto, è logico ritenere che tali versamenti possono derivare da una collaterale attività lavorativa svolta in nero, non confluita nella dichiarazione annuale dei redditi. Ancora, ad esempio, se si tratta di un novantenne pensionato, occorrerà invero verificare l’ammontare mensile dei prelevamenti e la coerenza col tenore di vita del cliente (la fuoriuscita di euro 6.000 mensili potrebbe sembrare incongruente con il tenore di vita in tal caso, potendo in realtà i fondi essere destinati al vero beneficiario schermato).

A livello documentale, dovrà in merito essere effettuata una valutazione di corrispondenza con il bilancio della persona giuridica o con la dichiarazione reddituale della persona fisica; anche i prelevamenti possono essere valutati tenendo in considerazione i dati contabili, controllando in particolare le uscite a bilancio (potendosi lato prelevamenti, ad esempio, integrare una possibile condotta distrattiva di fondi volta a generare delle passività fittizie per ottenere degli indebiti benefici fiscali);

Ø Utile sarà anche effettuare una comparazione tra la media di versamenti/prelevamenti effettuati da soggetti appartenenti alla stessa categoria di quello monitorato nell’area geografica di riferimento.

Ø In materia è inoltre opportuno richiamare la normativa relativa ai trasferimenti transfrontalieri di contante[2], che al fine di limitare il facile ricorso a fenomeni evasivi da/vero Paesi stranieri, prevede il limite di euro 10.000; sarà in tal caso opportuno, laddove ad esempio il cliente affermi la rivenienza delle somme versate su un rapporto da fondi trasportati materialmente dall’estero, acquisire la relativa dichiarazione doganale.

Parlando di utilizzo del contante, potrebbe poi configurarsi la violazione del limite dei pagamenti tra privati stabilito all’art. 74 D.Lgs 90/2017 (l’ipotesi classica è quella di somme prelevate per eseguire lavori in “economia” all’interno della propria abitazione). In tali casi, come previsto espressamente dalla normativa di riferimento, qualora non si riscontrino ulteriori anomalie e/o elementi di sospetto che facciano desumere l’integrazione, in forma tentata o consumata, di un illecito penale, sarà sufficiente l’inoltro della solita apposita Comunicazione al Ministero dell’Economia e delle Finanze. In caso contrario, si dovrà inoltrare una segnalazione che, oltre alle operazioni anomale, contenga altresì le transazioni integranti la violazione dei limiti del contante negli scambi tra privati, con la specifica indicazione, rispetto a quei pagamenti, della trasgressione ex art. 74 D. Lgs 90/2017, potendo in tal caso la segnalazione di operazione sospetta considerarsi sostitutiva rispetto alla Comunicazione al MEF.

Con precipuo riferimento alle tabaccherie, è anzitutto necessario, per una sciente e consapevole valutazione (ma questa è una considerazione che può muoversi verso qualunque attività imprenditoriale), tenere in considerazione le modalità operative e gestorie: solitamente le tabaccherie vendono prodotti di piccolo importo unitario, il cui pagamento sovente avviene quindi tramite denaro contante (è più raro rinvenire pagamenti con la carta per acquistare, ad esempio, un pacchetto di sigarette o un gratta e vinci). E’ quindi logico dedurne come la maggior percentuale di incassi sarà rappresentata dal denaro contante.

È poi indispensabile, come anticipato, tenere in considerazione l’area geografica di riferimento: le tabaccherie di certe aree o regioni, come detto, statisticamente incassano più contante rispetto ad altre , dove i cittadini sono più propensi all’utilizzo di forme alternative di pagamento; ancora, una tabaccheria sita all’interno di un aeroporto avrà maggiori incassi, e quindi anche maggior contante, rispetto ad una tabaccheria nello stesso Comune ma ubicata in periferia.

A livello contabile, è intuibile poi che non tutte le somme versate rappresentino i ricavi della tabaccheria: questa infatti vende prodotti in concessione, ottenendo in cambio dell’intermediazione con l’acquirente finale una commissione o agio, rappresentata da una percentuale del prezzo di vendita del bene. Sui rapporti delle tabaccherie quindi si riscontreranno dei bonifici in addebito a favore dei concessionari (ad esempio di LIS), che rappresentano proprio la fase di distribuzione delle somme di spettanza, da cui è stata detratto a monte l’importo rappresentato dalla commissione, variante a seconda della categoria merceologica di riferimento, ed agli specifici accordi intercorsi tra tabaccherie e concessionario. Similare discorso può essere fatto, per esempio, per l’edicola (dove i giornali sono oggetto di un contratto di somministrazione).

In via assolutamente generica ed indicativa, si può ritenere che i ricavi della tabaccheria si attestino intorno al 20% dei flussi contabili in accredito. Sarà però nel concreto sempre necessario, per poter effettuare una corrispondenza contabile precisa e consapevole tra versamenti di contante e dati di bilancio (fatturato, ricavi netti), andare a verificare quali sono gli effettivi accordi conclusi dalla tabaccheria.

Si aggiunge che la recente emergenza sanitaria è suscettibile di impattare significativamente anche il ricorso a tale tipo di operatività, come si vedrà approfonditamente nel relativo intervento.

 

 


[1] Cfr. ex multiis Provvedimento Bankit recante gli indicatori di anomalia per gli Intermediari, con particolare riferimento al punto 9;
[2] Cfr. art. 3 D. Lgs. 195/2008 (“Obblighi di dichiarazione”): « 1. Chiunque entra nel territorio nazionale o ne esce e trasporta denaro contante di importo pari o superiore a 10.000 euro deve dichiarare tale somma all’Agenzia delle dogane. L’obbligo di dichiarazione non e’ soddisfatto se le informazioni fornite sono inesatte o incomplete…».

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