Privato e Pubblico: due facce delle stessa medaglia. L’inizio e la fine della loro incompatibilità

Privato e Pubblico: due facce delle stessa medaglia. L’inizio e la fine della loro incompatibilità

Nel corso della storia, spesso, diritto privato e diritto pubblico sono stati rappresentati come due elementi distinti dell’ordinamento giuridico. Ciò è già evidente a partire dal diritto romano, dove lo stesso Ulpiano, grande giurista vissuto tra il 170 ed il 228 a.C., affermava la loro distinzione nell’assetto statale. Difatti era stato affermato che il “Pubblico” si occupava di mantenere stabile l’esistenza di Roma, il “Privato”, andava a regolare i rapporti tra i singoli.

Da ciò verrebbe logico affermare che questa definizione potrebbe perfettamente essere adoperata anche oggi negli attuali sistemi giuridici. Ma la grande differenza risiede nel fatto che ad oggi non rappresentiamo i due ambiti in modo disgiunto, incompatibili tra loro, come invece accadeva nel periodo romano dove oltretutto, diritto pubblico e diritto privato, vivevano in un clima di profonda differenza gerarchica.

Il diritto pubblico, non aveva una posizione privilegiata, preponderante, nell’ordinamento giuridico. Molti rapporti si basavano sul diritto privato, lasciando il potere statale semplicemente a ricoprire un ruolo marginale. Il diritto privato resta quindi lo strumento attraverso il quale si accede alla conoscenza del sistema giuridico.

Per iniziare ad avere una visione più unitaria si dovrà attendere il Medioevo (quell’età di mezzo da molti screditata, ma che in realtà è stata, in alcuni ambiti, estremamente fiorente). Si arriverà ad affermare che il diritto è uno solo. Venendo così ad essere eliminata la concezione (romana) secondo cui esistevano due diritti: il diritto pubblico ed il diritto privato.

Ma i giuristi medievali non si fermano ad asserire che il diritto è uno, diranno poi che c’è effettivamente una divisione al suo interno, ma questa divisione non va a dividere il diritto in sé, ma semplicemente la differenza tra i due ambiti (Pubblico e Privato) è in relazione ai rapporti o alle persone su cui le norme vanno ad incidere.

Non dobbiamo poi dimenticare che in questo clima di “unione” del diritto, proprio in quest’epoca, si inizierà a creare un linguaggio maggiormente tecnico, più in linea con la materia giuridica.

Nell’Umanesimo, il diritto pubblico vede raccolte quelle poche norme relative alle necessità della collettività, per giungere poi ad imporsi, seppur lentamente, sulla scena giuridica con maggiore forza. Sarà successivamente, intorno al 1600, che si potrà parlare di un diritto pubblico che effettivamente inizia a possedere quelle capacità organizzative necessarie per svolgere la propria funzione.

Probabilmente, tutto questo è dovuto anche ad un’evoluzione del concetto di Stato, maturato proprio in quegli anni. Difatti, verso l’ultimo decennio del 1500, i giuristi concepiscono l’idea di Stato come una società dove più persone vivono in relazione tra loro, tutte sotto un’autorità sovrana, che, appunto, detta leggi comuni per l’intera collettività.

Verso il 1700 si inizia a comprendere che la legislazione privata, e nello specifico le norme, contenute adesso all’interno del Codice, da sole non bastano per rendere attuabile la legge.

Il Codice infatti nasce con l’intento di riunire le leggi presenti sul territorio e renderle maggiormente conoscibili. Avrebbe utilizzato un linguaggio più semplice e comprensibile, ma con un’esposizione completa (quanto più esaustiva possibile), e con regole basate su principi razionali.

Inoltre, il Codice, rappresentava anche l’evoluzione della società, con il passaggio alla società riformata ad opera dei sovrani del periodo dell’assolutismo illuminato.

Particolarmente complicato da redigere fu appunto il Codice Civile, una materia diventata vastissima nel corso del tempo (probabilmente anche a causa della sua supremazia a livello giuridico/sociale). In ogni modo Prussia, Austria, Francia, Italia, solamente per citare alcuni degli Stati maggiormente sensibili alla creazione di un Codice che racchiudesse un’intera disciplina, riuscirono nel loro intento.

Sebbene rimaneva il problema di mettere in pratica le norme contenute nel Codice, di farle rispettare. Da qui, la necessaria partecipazione della potestà pubblica che assicurava il rispetto delle norme e la risoluzione di eventuali divergenze. In questo modo lo Stato arriva a rappresentare il centro politico e giuridico di tutto l’assetto istituzionale di un Paese.

È possibile decretare la fine di questa grande differenza tra diritto pubblico e diritto privato, intorno al 1800, quando iniziano a rendersi conto, che alla fine, pubblico e privato altro non sono che due facce della medesima medaglia, e l’uno è indispensabile per l’altro.

Il diritto privato, che fin dalle sue origini era stato rappresentato come baluardo della scienza giuridica, si ritrova ora ad avere un “rivale”, il diritto pubblico, anch’esso ugualmente importante e sempre più presente nella vita dei singoli.

Questa presenza dominante è data anche dall’avvento della Pubblica Amministrazione, apparato sempre più necessario nel nuovo contesto sociale.

La P.A. viene rappresentata (ormai siamo nel 1900) come un organo impersonale, formato da funzionari in posizione gerarchica e con il compito di amministrare determinate situazioni ben definite, sotto il totale controllo esclusivo dello Stato.

Non dobbiamo tuttavia tralasciare un elemento fondamentale in questo scenario: il diritto pubblico, benché fondamentale nell’organizzazione sociale e degli stessi organi che compongono lo Stato, non deve ora, “intromettersi” negli affari dei privati, ma deve limitarsi a vigilare sulla corretta applicazione delle norme e, ove necessario, intervenire con sanzioni.

Vi è quindi un potere sovrano/statale ben presente all’interno della società, ma che si pone dei limiti: sa che deve amministrare il proprio popolo, e da qui la necessità di un diritto Pubblico, ma deve lasciare che i privati siano regolati da norme non di diritto pubblico, ma dalla disciplina privatistica. Ed in merito a ciò, è possibile citate le parole di W. Lippmann: “in una società libera lo Stato non amministra gli affari dell’uomo. Amministra la giustizia tra uomini che conducono i propri (privati) affari.”


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