Violenza contro le donne: gli strumenti del diritto del lavoro

Violenza contro le donne: gli strumenti del diritto del lavoro

La prima domanda che viene in mente quando si sente parlare di violenza contro le donne è solo una: “perché”?

Non c’è forse una risposta plausibile (e comunque non è questa la sede per trovarla), ma è ben più semplice capire cosa a volte spinge le donne a tollerare o non denunciare.

La risposta ruota attorno a due concetti: dipendenza e paura.

Temere di non ricevere tutela e protezione una volta espresso pubblicamente il disagio e la sensazione di dipendere in senso economico, sociale o semplicemente psicologico costituisce un ostacolo a volte insormontabile.

Il diritto del lavoro è una delle branche  che più di altre si occupa della persona e delle sue varie espressioni.Anche in questo caso al suo interno si possono trovare degli strumenti utili di risoluzione di parte del problema.

Partiamo dalla paura.

Il Codice rosso ha velocizzato le procedure che consentono la tutela di chi denuncia, ma a volte, a seguito di questo, c’è il pericolo di una protezione incompleta o carente.

Il personale preposto, da quello delle forze di polizia alla magistratura, è talvolta privo della formazione adeguata che permette di attivare efficacemente e soprattutto tempestivamente gli strumenti di tutela.

Investire sulle soft skills, sulla competenza dei lavoratori, sulla preparazione e l’aggiornamento professionale di chi si occupa del tema appare anche in questo caso, oltre che in ogni settore del mercato del lavoro, assolutamente indispensabile.

Al secondo problema, quello della dipendenza, si può fare fronte partendo da una massima di vita.
Per sconfiggere un “nemico” il modo migliore è fortificare se stessi.

Con gli strumenti giuridici si può far sì che la donna sia in grado di farlo.

Laddove la dipendenza è economica, emerge il tema del divario retributivo di genere.

Per il 2023 è stata confermata l’applicazione del “bonus donne”, incentivo previsto dall’articolo 4, comma 11 della legge n. 92/2012, volto ad agevolare l’assunzione di lavoratrici svantaggiate, impiegate in settori caratterizzati da una disparità di genere superiore al 25% (come da Regolamento UE n. 651/2014 art. 2). La Legge di Bilancio 2021 aveva portato l’esonero contributivo al 100%, per un massimo di 6.000 euro, ma dal 2023 tornerà invece al 50%.

Non solo è opportuno proseguire su questa strada per agevolare l’ingresso di donne nelle aziende, quanto soprattutto prevedere incentivi a favore di quelle già impiegate per ridurre sostanzialmente il gap purtroppo tuttora esistente, che si aggiunge a quello occupazionale, altro vulnus da estirpare soprattutto vigilando sull’eccessiva diffusione del part-time involontario, che le donne talvolta sono costrette ad accettare pur di avere un’occupazione.

Sotto profili ulteriori rispetto a quello economico, riporto la personale esperienza di dialogo con un manager d’azienda che mi confessava di non aver mai pensato a misure che favorissero la monogenitorialità.

È senz’altro utile, nell’intervenire strutturalmente a favore della donna, rafforzare l’effettiva diffusione di tutti quegli strumenti di work life balance, quali smartworking e part-time volontario, che le consentano, in situazioni nelle quali non può contare su altri aiuti, di disporre del tempo adeguato a provvedere in piena autonomia alle esigenze familiari laddove se ne presenti la necessità.

Appare inoltre un itinerario sempre più valido l’inserimento nei contratti collettivi di apposite disposizioni che prevedano tutele per le donne inserite in percorsi per la violenza di genere quali quelle che, ad esempio, troviamo nel CCNL relativo alla metalmeccanica, che dispone il diritto alla formazione continua al rientro dopo eventuale congedo, il trasferimento ad altra sede e il godimento di ferie e permessi solidali.

È opportuno altresì insistere nel favorire sul piano contributivo e fiscale politiche aziendali di welfare e di diversity & inclusion che prevedano in realtà medio grandi opportunità di ascolto psicologico sul luogo di lavoro o favoriscano con appositi eventi, campagne, iniziative la diffusione di informazioni e contatti utili alle dipendenti che si trovino eventualmente in situazioni di difficoltà, nella certezza che la consapevolezza dei diritti è il primo passo perché ne avvenga l’esercizio.

Dalle considerazioni che precedono emerge che il problema della violenza è strutturale e complesso e richiede di essere combattuto con la salda convinzione che non lasciare sole le donne significa anche tutelarne l’indipendenza, ormai totalmente conquistata a livello socio culturale, ma talvolta attuabile non senza difficoltà economiche ed organizzative e su questo il diritto del lavoro offre numerose utili armi.


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