Criminalità minorile e imputabilità: tra esigenze repressive e tutela educativa

Criminalità minorile e imputabilità: tra esigenze repressive e tutela educativa

Sommario: 1. Premessa – 2. L’evoluzione del sistema di giustizia minorile – 3. Verso una riforma del diritto penale minorile? – 4. Il sottile equilibrio tra repressione e prevenzione – 5. Un approccio integrato come soluzione alla devianza minorile?

 

Premessa

Il diritto penale minorile riveste un’importanza cruciale nel contesto giuridico e sociale odierno, data la sua funzione essenziale nel bilanciare la tutela dei diritti dei minori con le esigenze di giustizia e sicurezza pubblica. Il concetto di minore età e le relative implicazioni legali sono al centro di un acceso dibattito, in cui si confrontano prospettive tradizionali e moderne sulla responsabilità penale dei giovani.

La criminalità minorile e la devianza giovanile rappresentano tematiche di rilevante importanza nel diritto penale e nel processo penale minorile. In un contesto giuridico e sociale in continua evoluzione, è fondamentale comprendere come le normative e le pratiche giuridiche si siano adattate per affrontare le sfide poste dai minori che entrano in conflitto con la legge. Storicamente, l’ordinamento italiano, attraverso il Codice penale del 19301, trattava i minori con un approccio prevalentemente paternalistico e retributivo, considerandoli più come oggetti della potestà del padre di famiglia che come soggetti di diritti propri. Tuttavia, il pensiero giuridico ha progressivamente abbandonato questa visione, evolvendo verso un modello che enfatizza la tutela dei diritti dei minori e la loro rieducazione.

1. L’evoluzione del sistema di giustizia minorile

L’approccio giuridico italiano nei confronti dei minori autori di reati è cambiato radicalmente nel corso del tempo, con una crescente attenzione alla funzione educativa e rieducativa della pena, in linea con le moderne teorie del diritto minorile. La legge 448/19882 ha segnato una svolta in questa direzione, introducendo un processo penale specificamente dedicato ai minori, basato su principi di specializzazione, minima offensività e residualità della pena detentiva.

Gli articoli 97 e 98 del Codice Penale italiano stabiliscono le regole sull’imputabilità dei minori. L’articolo 97 esclude l’imputabilità per chi non ha compiuto 14 anni al momento del reato. L’articolo 98 prevede che i minori tra 14 e 18 anni siano imputabili solo se capaci di intendere e volere, con pene ridotte.3 Il sistema attuale prevede una giurisdizione dedicata, articolata attraverso il Tribunale per i Minorenni, che ha competenza esclusiva in materia di reati commessi da soggetti infra-diciottenni. Tale tribunale è composto da magistrati togati e onorari, questi ultimi selezionati tra esperti in discipline psicologiche, sociali ed educative, al fine di garantire un approccio interdisciplinare alle problematiche minorili. ll sistema giuridico, infatti, è permeato dal principio secondo cui i minori, essendo in una fase di crescita e maturazione, non possono essere considerati alla stregua degli adulti in termini di responsabilità penale.4 L’azione giudiziaria nei confronti dei minori si caratterizza per un forte utilizzo di strumenti processuali alternativi alla detenzione, come la sospensione del processo con messa alla prova, la quale consente al minore di intraprendere un percorso educativo senza subire le conseguenze di una condanna definitiva.

Accanto alla giurisdizione specializzata, un ruolo fondamentale è svolto dai servizi sociali della giustizia minorile, che collaborano con il Tribunale per i Minorenni per valutare la situazione del minore, proporre percorsi di recupero e monitorare l’eventuale esito di misure alternative alla detenzione. Tra le istituzioni preposte vi sono gli Uffici di Servizio Sociale per i Minorenni (USSM), i Centri di Prima Accoglienza (CPA) e gli Istituti Penali per Minorenni (IPM), ciascuno con funzioni specifiche volte alla gestione, alla protezione e al recupero del giovane coinvolto nel circuito penale.

2. Verso una riforma del diritto penale minorile?

Il dibattito attuale si concentra su come bilanciare la protezione dei diritti dei giovani con la necessità di rispondere adeguatamente ai comportamenti devianti, in un contesto in continua evoluzione. Nell’ambito del diritto penale, uno dei temi più complessi e controversi riguarda il delicato rapporto tra la soglia di imputabilità e la criminalità minorile. La questione dell’imputabilità dei minori solleva riflessioni profonde sulla capacità dei giovani di comprendere il disvalore sociale delle proprie azioni e sulla loro responsabilità penale.

L’ordinamento giuridico italiano, come molti altri sistemi legali, stabilisce una soglia di età al di sotto della quale un individuo non è considerato imputabile e, di conseguenza, non può essere sottoposto a sanzioni penali. Attualmente, l’art. 97 del Codice Penale stabilisce l’incapacità di intendere e di volere per i minori di quattordici anni, mentre l’art. 98 prevede una presunzione relativa di immaturità per i soggetti tra i quattordici e i diciotto anni, rimettendo al giudice la valutazione della loro capacità di intendere e volere al momento del fatto. La proposta di riduzione dell’età della responsabilità penale intende ridefinire questi parametri alla luce della presunta maggiore maturità cognitiva e sociale degli adolescenti contemporanei. Tuttavia, una tale riforma solleva rilevanti perplessità sotto il profilo costituzionale e criminologico.

Negli ultimi anni, il fenomeno della criminalità minorile ha assunto una dimensione allarmante, determinando la presentazione di proposte volte all’abbassamento dell’età imputabile tra le quali la proposta di legge 7 febbraio 2019 recante: “Modifiche al codice penale e alle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448, in materia di imputabilità dei minori e di pene applicabili a essi nel caso di partecipazione ad associazione mafiosa” con la quale veniva proposta una modifica dell’art. 97 c.p. volta a ridurre il limite di età per l’imputabilità del minore da quattordici a dodici anni.

L’obiettivo è quello di analizzare se e come il diritto penale minorile possa essere riformato per rispondere in modo più efficace alle esigenze dei giovani trasgressori, considerando le attuali tendenze normative e le risposte legislative esistenti.

L’evoluzione delle dinamiche sociali e l’accelerazione imposta dall’era digitale hanno profondamente modificato i paradigmi di riferimento della responsabilità penale minorile. In tale contesto, il legislatore si trova dinanzi a una sfida complessa: armonizzare le esigenze di protezione dei minori con l’imperativo di garantire una risposta giuridica adeguata ai fenomeni di criminalità giovanile. L’inasprimento della risposta punitiva, proposto attraverso il Decreto Caivano5 e la riduzione della soglia di imputabilità, solleva interrogativi di ampia portata sul rapporto tra diritto, società e responsabilità individuale. Da un lato, la Carta costituzionale e le normative internazionali ratificate dall’Italia impongono un approccio che tenga conto della peculiarità della condizione minorile, privilegiando interventi educativi e rieducativi rispetto alla repressione. Dall’altro, gli studi in ambito criminologico e neurobiologico evidenziano come la maturità psico-emotiva degli adolescenti sia ancora in via di sviluppo, rendendo problematica l’estensione a questa fascia d’età di una responsabilità analoga a quella degli adulti.

3. Il sottile equilibrio tra repressione e prevenzione

Il diritto penale, per sua natura, non può essere l’unico strumento attraverso cui la società affronta il fenomeno della devianza giovanile. Accanto all’esigenza di garantire una più rigorosa applicazione delle norme vigenti, risulta imprescindibile un impegno volto a riscoprire il valore della formazione civica e morale. La prevenzione della criminalità minorile non può prescindere dalla costruzione di percorsi educativi che offrano ai giovani opportunità di crescita e di sviluppo personale alternative alla delinquenza. In questo quadro, la vera sfida è rappresentata dalla capacità del sistema giuridico di coniugare la necessità di punire i comportamenti illeciti con l’obiettivo di “recuperare i giovani alla legalità”, evitando che essi siano relegati precocemente in circuiti penali da cui difficilmente potranno emanciparsi. L’inasprimento del sistema sanzionatorio e l’abbassamento della soglia di imputabilità minorile non possono rappresentare una panacea per il problema della criminalità giovanile.

La devianza minorile non è una mera questione giuridica, ma un fenomeno che affonda le sue radici in un più ampio contesto sociale, familiare ed educativo. Un approccio meramente repressivo rischia di produrre effetti distorsivi, compromettendo il percorso rieducativo dei minori e acuendo le dinamiche di esclusione sociale.

Per contrastare in modo efficace il fenomeno, è necessario affiancare alla dimensione sanzionatoria una “politica di prevenzione strutturata”, fondata su investimenti nell’istruzione, nel sostegno alle famiglie e nella promozione di una cultura della legalità. L’era digitale, con i suoi rapidi cambiamenti e la costante interconnessione, non solo influenza i comportamenti giovanili, ma impone anche al sistema giuridico di confrontarsi in modo innovativo con le nuove manifestazioni della devianza minorile. Pertanto, diventa imperativo ripensare l’architettura normativa, mantenendo un delicato equilibrio tra la protezione necessaria dei giovani e il riconoscimento di una responsabilità che non può essere disconosciuta.

La proposta di riduzione della soglia di imputabilità, così come anche il Decreto Caivano6, pongono interrogativi profondi sul rapporto tra società, norme giuridiche e responsabilità individuale. La prospettiva di abbassare l’età della responsabilità penale, come alcune proposte suggeriscono, potrebbe apparire come una risposta immediata al crescente problema della devianza giovanile e della criminalità minorile, inasprita da episodi come quelli di Caivano. Tuttavia, una tale misura rischia di trascurare le cause profonde di questa degenerazione, legate al fallimento di determinati pilastri sociali, la famiglia e la scuola, più che a una lacuna normativa. La famiglia e la scuola, infatti, rappresentano i principali custodi dell’educazione, instillando il senso del dovere e il rispetto dei diritti. Questi istituti, quando vengono meno al loro compito, espongono i giovani a un vuoto di valori facilmente colmato da influenze devianti.

È imperativo che, accanto a una riformulazione delle norme giuridiche in vista del cambiamento, si manifesti un parallelo risveglio della coscienza civica e dei valori condivisi, affinché l’intero tessuto sociale possa riappropriarsi della sua dignità e della sua funzione educativa. Solo in questo modo si potrà edificare un avvenire in cui i principi di solidarietà e rispetto reciproco diventino i cardini di una convivenza armoniosa e giusta, promuovendo un ambiente in cui ciascun individuo possa sentirsi parte integrante di una comunità coesa e responsabile.

4. Un approccio integrato come soluzione alla devianza minorile?

La criminalità minorile affonda le sue radici in una crisi di valori. Piuttosto che conformare rigidamente la società a modelli immutabili, è necessario che essa si confronti con l’evoluzione delle forme di devianza, senza tuttavia smarrire i principi di responsabilità e legalità. In tale prospettiva, gli istituti educativi devono riacquistare un ruolo centrale, adattandosi ai mutamenti sociali per garantire una formazione che, nel rispetto dell’ordinamento, sia in grado di rispondere alle nuove sfide poste dalla devianza emergente. È imprescindibile orientare i minori verso percorsi leciti e conformi all’ordinamento, affinché maturino la consapevolezza che l’adesione ai principi normativi non solo favorisce l’integrazione sociale, ma costituisce altresì una condizione essenziale per l’accesso a innumerevoli opportunità di crescita personale e professionale.

La prevenzione della devianza minorile impone un rafforzamento degli strumenti educativi e rieducativi, volti a scongiurare il rischio di coinvolgimento in circuiti criminali e a preservare i giovani dalle conseguenze pregiudizievoli dell’accertamento della responsabilità penale e dall’applicazione di misure restrittive della libertà personale, che potrebbero compromettere irreversibilmente il loro reinserimento sociale. Per affrontare le insidiose sfide poste dalla devianza giovanile e promuovere un ambiente sociale salubre, è essenziale adottare un approccio olistico che unisca l’inasprimento delle misure normative a un rinnovato impegno educativo, La presenza dei servizi sociali deve essere rafforzata ulteriormente a sostegno delle famiglie e dei minori a rischio, mentre l’istruzione richiede un potenziamento mirato, con particolare attenzione alle periferie della penisola Italiana, dove la criminalità si intreccia inevitabilmente con la quotidianità giovanile.

Si mira a tutelare la collettività dal crescente impatto della criminalità minorile, affiancando a misure repressive un percorso di prevenzione volto a formare futuri cittadini consapevoli e responsabili. Solo così si potrà aspirare a un avvenire in cui il rispetto delle norme e dei diritti diventi una consuetudine profondamente radicata e celebrata in ogni angolo della società, una vera e propria tessitura di civiltà in cui ogni individuo si senta partecipe e responsabile del bene comune.

 

 

 

 

 

1 Codice penale, Regio decreto (R.D.) 19 ottobre 1930, n.1398 (Gazzetta Ufficiale n. 251 del 26.10.1930)
2 D.P.R, Decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 448. Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico di minorenni.
3 A. BAIGUERA ALTIERI, L’imputabilità del minorenne, in Riv. Dir. Pen. Glob., 2022, 2 ss
4 M. ANDREA MANNO, G. SPINNATO, Manuale di diritto penale, Pt. g., 276 ss., Milano, 2023, Giuffrè Editore
5 Decreto-Legge 15 settembre 2023, n. 123, anche conosciuto come Decreto Caivano, è un decreto approvato al fine di contrastare la criminalità giovanile ma anche l’abbandono scolastico. Prevede misure per il contrasto alla criminalità minorile, con particolare attenzione alla prevenzione e al rafforzamento delle politiche di intervento nelle aree più a rischio. esso introduce disposizioni più rigorose per i minori autori di reati gravi, prevedendo pene aggravate e misure di sicurezza finalizzate a scongiurare il rischio di reiterazione dei comportamenti devianti.
6 Decreto- legge 15 settembre 2023, n. 123, anche conosciuto come Decreto Caivano (Supra nota nr. 3)

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Giulia Morenzetti

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