
L’istituto delle ferie nella conciliazione vita-lavoro: dal diritto positivo al diritto vivente
Sommario: 1. La genesi delle ferie – 2. L’evoluzione normativa – 3. Il corretto bilanciamento degli interessi coinvolti
1. La genesi delle ferie
Da diversi anni il mondo del lavoro è caratterizzato dal seguente obiettivo: conciliare la vita con il lavoro.
In realtà, tale concetto ad oggi amplificato anche dai social media, riguarda una evoluzione sociale e normativa che ha iniziato a svilupparsi almeno dai primi del ‘900.
Il legislatore ha regolamentato, nel bilanciamento degli interessi tra datore di lavoro e lavoratore, diversi aspetti per garantire gli interessi coinvolti da entrambe le parti: per il lavoratore conciliare le esigenze personali e per il datore di lavoro preservare il suo interesse imprenditoriale.
Al fine di raggiungere lo scopo sopra indicato con il presente articolo approfondiamo l’istituto delle ferie.
La gestione delle ferie è sempre stato argomento e motivo di conflitto tra datore di lavoro e lavoratore:
Il lavoratore ritiene quasi sempre insufficiente il numero di ore concesse;
Il datore di lavoro ritiene l’organizzazione della gestione delle ferie difficoltosa o addirittura un freno al raggiungimento degli obiettivi aziendali prefissati.
L’istituto delle ferie, pertanto, è sempre stato affrontato come un tema capace di inclinare il rapporto di fiducia tra datore e lavoratore e, come estrema ratio, anche essere motivo di contenzioso e di risarcimento danni.
Per sottolineare l’importanza, le ferie sono regolate, oltre che dalla legge e dai contratti, anche dalla Costituzione all’art. 36 in cui si stabilisce che “… Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi”.
Durante la promulgazione dell’articolo 36 Cost., l’assemblea Costituente ha discusso sul tema analizzando con meticolosità e precisione ogni singola parola per evitare interpretazioni diverse dal principio costituzionale che l’assemblea voleva raggiungere con l’entrata in vigore della stessa.
Sul punto infatti ritengo utile richiamare un breve passaggio del presidente Tupini nei confronti dell’onorevole Basso “a suo parere, avendo affermato nella Carta costituzionale il fondamentale diritto del lavoratore al riposo, la Sottocommissione ha esaurito la sua competenza costituzionale. Il legislatore, naturalmente, dovrà poi tener conto delle modalità attraverso le quali potrà essere assicurato questo diritto al riposo, comprese le ferie pagate e la rinunciabilità o meno”; a tale affermazione l’onorevole Basso “osserva che l’affermazione di un diritto al riposo, come è stata enunciata nella proposizione approvata nella seduta precedente, rappresenta una delle tante norme vuote che una Carta costituzionale deve evitare, in quanto il concetto di riposo affermato in un modo così elastico non rappresenta assolutamente una garanzia per il lavoratore. Osserva che oggi gli operai i quali rinunciano alle ferie ricevono un’ulteriore paga, pari alla paga normale; ora, se questo fatto su un piano economico può essere considerato giusto, non altrettanto può dirsi se si riguarda la questione dal punto di vista fisico del lavoratore”.
Da quanto sopra emergono gli interessi affrontati: la retribuzione e il riposo del lavoratore.
L’istituto delle ferie è la massima espressione della rottura del sinallagma contrattuale nel mondo del lavoro. Il lavoratore infatti è legittimato a non prestare la sua mansione per un lasso di tempo concordato con il datore di lavoro senza subire le possibili conseguenze previste dal codice civile per qualsiasi altro contratto di natura privata.
Nello specifico, il lavoratore vedrà riconosciuta la sua retribuzione anche senza prestare attività lavorativa e non sarà soggetto a possibili azioni di inadempimento contrattuale.
Pertanto, la corrispettività delle prestazioni si “rompe” con l’istituto delle ferie a favore del lavoratore; tale eccezione è giustificata solo grazie alla stesura dell’art. 36 della Costituzione, senza la sua previsione normativa ad oggi tale diritto non sarebbe garantito obbligatoriamente aprendo un mercato del lavoro totalmente, a mio giudizio, differente dell’attuale.
2. L’evoluzione normativa
In un momento storico in cui le esigenze lavorative hanno subito un radicale cambiamento di necessità e richieste l’istituto delle ferie trova sempre più centralità.
Fino agli anni 2010, infatti, la preoccupazione principale nella ricerca del lavoro risiedeva nella retribuzione; ad oggi, invece, la retribuzione è solo uno dei caratteri di valutazione della professione lavorativa insieme al bilanciamento tra vita privata e lavorativa.
La normativa che regola l’orario di lavoro e pertanto anche l’oggetto del presente articolo, è il decreto legislativo n. 66/2003 entrato in vigore in applicazione della direttiva dell’Unione Europea n. 93/104/CE e 2000/34/CE.
L’art. 10 del decreto legislativo n. 66 del 2003 stabilisce che “… Il predetto periodo minimo di quattro settimane non può essere sostituito dalla relativa indennità per ferie non godute, salvo il caso di risoluzione del rapporto di lavoro. …”, pertanto:
ogni lavoratore ha diritto alla maturazione almeno di quattro settimane annue;
le quattro settimane annue maturate non possono essere sostituite dall’indennità economica a fronte del non utilizzo delle ferie;
Le ore eccedenti le quattro settimane (ad esempio il ccnl metalmeccanici industria prevede una maturazione maggiore ancorata all’anzianità di servizio) possono essere oggetto di indennità sostitutiva a fronte di ferie non godute.
Le ferie pertanto assumono sempre più uno strumento atto a recuperare la stabilità psico-sociale del lavoratore e non uno strumento per aumentare la retribuzione.
Il legislatore, quindi, con tale disposizione normativa alza il valore del recupero psicofisico del dipendente a bene primario, bilanciando i diritti costituzionali della giusta retribuzione con il diritto alla salute.
Il rispetto del riposo del lavoratore per il tramite dell’istituto delle ferie diventa fondamentale anche in relazione alle complicazioni che l’inadempimento può comportare nella valutazione delle statistiche del lavoro stress-correlato, nell’incidenza della responsabilità del datore di lavoro nell’ipotesi di infortunio sul lavoro o anche nell’addebito di contestazioni disciplinari.
3. Il corretto bilanciamento degli interessi coinvolti
Gli interessi costituzionali coinvolti sono tre: giusta retribuzione, diritto alla salute e il diritto alla libertà dell’iniziativa economica privata.
Il bilanciamento tra i primi due interessi ed il terzo si manifesta nell’art. 2109 c.c. (anche se redatto in data antecedente alla Costituzione), il quale stabilisce al secondo e terzo comma che “ha anche diritto, dopo un anno d’ininterrotto servizio, ad un periodo annuale di ferie retribuito, possibilmente continuativo, nel tempo che l’imprenditore stabilisce, tenuto conto delle esigenze dell’impresa e degli interessi del prestatore di lavoro. La durata di tale periodo è stabilita dalla legge, dagli usi o secondo equità. L’imprenditore deve preventivamente comunicare al prestatore di lavoro il periodo stabilito per il godimento delle ferie”.
Da quanto sopra si evince che la scelta dei giorni di ferie è stabilita dal datore di lavoro il quale, nel rispetto del principio costituzionale di libertà imprenditoriale, può decidere, in relazione all’organizzazione della sua attività, il periodo in cui interrompere o sospendere la produzione.
In ogni caso, nell’ottemperanza del principio di correttezza e buona fede, il datore di lavoro deve comunicare preventivamente il periodo stabilito in modo tale che il lavoratore possa organizzare i propri interessi extra lavorativi e raggiungere al meglio il riposo psicofisico a cui mira l’istituto delle ferie.
Da quanto sopra ne discende il seguente corollario: nell’ipotesi in cui il datore di lavoro proceda alla revoca delle ferie, quest’ultimo è tenuto al risarcimento del danno patrimoniale dimostrato dal lavoratore (penali, biglietti aerei) e danni non patrimoniali.
I contratti collettivi nazionali di lavoro, dato l’aumento dei contenziosi in materia di revoca delle ferie, hanno iniziato a regolamentare anche tale fattispecie, focalizzandosi sulle ragioni della revoca oltre a regolamentare il preavviso e le modalità con cui l’imprenditore deve informare il lavoratore.
Con la recente ordinanza n. 13691 del 2025 la Corte di Cassazione ha chiarito i principi che devono fungere da stella polare per interpretare l’istituto delle ferie.
La Corte, infatti, ha stabilito che “a) le ferie annuali retribuite costituiscono un diritto fondamentale ed irrinunciabile del lavoratore (anche del dirigente) e correlativamente un obbligo del datore di lavoro; il diritto alla indennità finanziaria sostitutiva delle ferie non godute al termine del rapporto di lavoro è intrinsecamente collegato alle ferie annuali retribuite; b) è il datore di lavoro il soggetto tenuto a provare di avere adempiuto al suo obbligo di concedere le ferie annuali retribuite; c) la perdita del diritto alle ferie ed alla corrispondente indennità sostitutiva alla cessazione del rapporto di lavoro può verificarsi soltanto nel caso in cui il datore di lavoro offra la prova: di avere invitato il lavoratore a godere delle ferie, se necessario (ossia in considerazione della struttura aziendale, anche) formalmente, e ciò in esercizio dei propri doveri di vigilanza ed indirizzo sul punto; di averlo nel contempo avvisato – in modo accurato ed in tempo utile a garantire che le ferie siano ancora idonee ad assicurare il riposo ed il relax cui esse sono volte a contribuire – del fatto che, se egli non ne fruisce, tali ferie andranno perse al termine del periodo di riferimento o di un periodo di riporto autorizzato”.
In conclusione la gestione delle ferie rimane e rimarrà sempre argomento di dibattito giurisprudenziale e dottrinale ma, grazie ai recenti interventi della Corte di Cassazione, e alla regolamentazione dell’istituto in esame nei CCNL di ogni grado si sta cristallizzando la consapevolezza dell’importanza del recupero psicofisico per il raggiungimento del benessere lavorativo il quale è oramai composto da numerosi fattori che esulano dagli elementi retributivi.
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Antonio Emanuele D'Isa
Consulente del Lavoro







