Il negozio indiretto: crisi di una categoria
Il negozio giuridico indiretto si manifesta quando le parti ricorrono ad un negozio tipico non soltanto per perseguire le finalità che gli sono proprie, ma anche per realizzare scopi ulteriori, riconducibili ad un diverso schema negoziale. È, in un certo senso, il “multitasking” del diritto privato: una forma nota che cela, con discrezione, un contenuto più ampio.
Nel nostro ordinamento, la figura non trova una definizione legislativa unitaria. Eppure, il codice civile custodisce norme che, implicitamente, paiono ammiccare a tale fenomeno: dall’art. 809 c.c. sulle liberalità indirette, all’art. 1526, comma 3, c.c. in tema di vendita con riserva di proprietà, sino all’art. 2620, comma 1, c.c. sui controlli governativi nei consorzi.
La dottrina, tra gli anni Trenta e Sessanta del Novecento, ha cristallizzato il concetto su basi descrittive, rintracciandone esempi significativi nelle società di comodo, nelle alienazioni a scopo di garanzia e nelle donazioni indirette. Tuttavia, con il declino della dogmatica giuridica, la categoria ha visto attenuarsi la propria fortuna, cedendo talvolta il passo a nuove etichette (“liberalità atipiche”, “liberalità non donative”) meno cariche di tradizione, ma forse più funzionali alla prassi.
Nell’era digitale, il negozio indiretto trova paralleli inattesi: contratti “ibridi” che uniscono licenze software e clausole di manutenzione predittiva; piattaforme di servizi che, sotto l’aspetto di un abbonamento mensile, integrano complessi pacchetti di fornitura e formazione; persino smart contract che incorporano condizioni apparentemente standard, ma orientate a finalità ulteriori, automatizzate e auto-esecutive. Il principio resta lo stesso: utilizzare uno schema giuridico per veicolare obiettivi che vanno oltre il perimetro tipico, ora con il supporto — o l’azzardo — della tecnologia.
Come ricordava Tullio Ascarelli già negli anni Trenta, il negozio indiretto non è una categoria formale, ma una potenzialità: la possibilità che un assetto negoziale sia strumentalizzato per un fine diverso da quello per cui è nato. Oggi, questa intuizione può tradursi in un prezioso strumento per interpretare e governare le nuove forme contrattuali dell’economia digitale, dai marketplace internazionali alle soluzioni basate su intelligenza artificiale, evitando che la tradizione giuridica diventi un museo e garantendo, invece, che resti un laboratorio.
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Michela Falcone
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