La Cassazione sulla spettanza della reversibilità al figlio invalido

La Cassazione sulla spettanza della reversibilità al figlio invalido

Cass. civ., sez. Lavoro, ord. 9 giugno 2025, n. 15288

Con il pronunciamento in oggetto, la Cassazione si è pronunciata sulla possibilità, per il figlio invalido, di ricevere o meno la reversibilità della pensione del padre convivente a seguito della separazione del marito.

La vicenda alla base della sentenza

A seguito della morte del padre, la ricorrente si rivolgeva al Tribunale per chiedere il riconoscimento della pensione di reversibilità del defunto genitore. La stessa argomentava di essere invalida e convivente a carico del genitore a seguito della separazione dal marito.

Sia in primo grado che in secondo grado, il Tribunale e la Corte d’Appello ritenevano infondata la richiesta poiché, sulla base dei documenti a disposizione, la ricorrente, secondo i giudici, non aveva fornito la prova vivenza della donna a carico del padre.

La donna, infatti, aveva allegato certificazioni comprovanti la separazione dal coniuge e le dichiarazioni fiscali di quest’ultimo nelle quali la stesse non risultava, fiscalmente, a suo carico.  Diversamente tra i due coniugi continuava ad essere esistente il rapporto di coniugio ed i relativi obblighi di assistenza.

Questa documentazione non veniva, pertanto, ritenuta idonea a provare la vivenza a carico del padre. In estrema sintesi gli organi giudicanti, in entrambi i giudizi, non avevano ritenuto che l’assenza del vincolo a carico del coniuge, di per sé, potesse considerarsi sufficiente a costituirne uno a carico del genitore.

Relativamente, poi, alla documentazione sanitaria prodotta, la ricorrente aveva allegato l’attestazione di invalidità all’80% che, però, non veniva considerato un elemento sufficiente a dimostrare che la stessa, pur se severamente invalida, fosse impossibilitata a svolgere qualsivoglia attività lavorativa in grado di sostentarla.

A riprova di ciò, infine, il Tribunale e la Corte di Appello, successivamente, argomentavano come neanche il consulente tecnico di parte ricorrente si fosse espresso nella direzione di una inabilità assoluta al lavoro.

Sulla scorta dei due rigetti, pertanto, la ricorrente si rivolgeva alla Corte di Cassazione asserendo di aver provato «il requisito della vivenza» a carico del genitore in ragione di elementi forniti come molto specifici tra cui il ritorno alla coabitazione con i propri genitori o la cointestazione di un conto corrente con il padre ed anche le spese quotidiane sostenute integralmente dal padre, come le spese per il vitto o le spese di ordinaria manutenzione dell’autovettura.

Le argomentazioni della Cassazione

La Cassazione ha posto a fondamento della propria decisione l’analisi di quelle che sono le disposizioni normative che attengono la qualificazione dei presupposti del trattamento pensionistico di reversibilità e la tipizzazione di quelli che sono i meccanismi che si ricollegano all’onere probatorio.

In ossequio a quanto tipizzato dalla normativa vigente, infatti, la Cassazione ha osservato come, nel caso di morte del pensionato o dell’assicurato, la pensione di reversibilità è spettante oltre che al coniuge ed ai figli minorenni anche ai figli superstiti ultradiciottenni che siano stati riconosciuti inabili al lavoro ed a carico del genitore al momento del decesso di quest’ultimo.

Osservando, pertanto, quanto asserisce la normativa alla nostra attenzione la <vivenza a carico> del genitore si deve sostanziare in una situazione di totale soggezione finanziaria del soggetto inabile e la prova della stessa deve essere particolarmente rigorosa.

Si rende, infatti, necessario dimostrare che il genitore abbia provveduto, in via continuativa e prevalente, al mantenimento del figlio inabile.

Questa prova, considerata come detto così stringente, non è stata raggiunta nel giudizio sottoposto al vaglio della Cassazione e questo ha portato, correttamente, i giudici di primo grado e di appello, a ritenere che non fossero sussistenti elementi che avrebbero consentito di riscontrare la vivenza della donna a carico del padre.

Va anche osservato, come ha asserito sempre la Cassazione, che anche il requisito sanitario, in tal senso, debba essere stringente, poiché è necessario che sia certificata la assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa.

Nella specie questo requisito non è stato soddisfatto dalla ricorrente, non essendo confermata l’inabilità al lavoro neppure dal proprio consulente di parte.


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