Salario minimo in Italia: crisi dei contratti e proposte di legge
Il salario minimo legale rappresenta oggi il cuore di un acceso dibattito in Italia, un tema che si colloca al crocevia tra diritti sociali, sviluppo economico e giustizia sociale. In un momento storico caratterizzato da crescenti disuguaglianze economiche e precarietà lavorativa, il salario minimo non è soltanto una misura tecnica, ma un argomento politico e culturale che tocca la dignità stessa del lavoro.
La definizione di salario minimo, utile all’inquadramento del tema, ci viene fornita dalla Convezione sulla fissazione del salario minimo dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro n. 131 del 1971. Infatti nel Report del Comitato di esperti sull’applicazione delle Convenzioni e
Raccomandazioni dell’OIL, General Survey concerning the Minimum Wage Fixing Convention, il salario minimo viene definito come la retribuzione minima dovuta a un lavoratore per i lavori eseguiti o i servizi resi, entro un determinato periodo, calcolati sulla base del tempo o della produzione, che non può essere ridotta né individualmente né collettivamente. Tali parametri vengono garantiti dalla legge e possono essere fissati in modo da soddisfare le esigenze minime del lavoratore e della sua famiglia, alla luce delle condizioni economiche e sociali[1]. A tal proposito, la raccomandazione per la fissazione del salario minimo n. 135, sempre del 1970 va invece ad individuare quelli che sono gli scopi del suddetto,stabilendo che la fissazione del salario minimo dovrebbe costituire un elemento di una politica volta a superare la povertà e a garantire il soddisfacimento dei bisogni di tutti i lavoratori e delle loro famiglie; l’obiettivo fondamentale di questo strumento dovrebbe essere quello di fornire ai salariati la necessaria protezione sociale per quanto riguarda i livelli minimi ammissibili di salario[2].
Più recentemente è l’Unione Europea con la direttiva 2041/2022 ad invitare gli Stati membri ad adottare mezzi utili alla fissazione di una retribuzione minima, come appunto il salario minimo legale, laddove non vi sia una copertura della contrattazione collettiva pari o superiore all’80%.
L’Italia è infatti uno dei sei paesi europei insieme a Danimarca, Cipro, Svezia, Finlandia e Austria[3] a non aver ancora adottato un salario minimo legale come strumento volto ad arginare il fenomeno del lavoro povero e dunque dell’insufficienza retributiva.
Il Parlamento italiano a tal proposito è spaccato a metà: da un lato troviamo numerosi disegni di legge e proposte volte all’introduzione di questo strumento, dall’altro troviamo una ferma e determinata risposta negativa.
Già con la legge delega n. 183/2014 (Job’s Act), il governo Renzi aveva provato a disciplinare la contrattazione collettiva, ma il tentativo fallì a causa di ambiguità normative e dell’opposizione sindacale.
Tra il 2018 e il 2019, vari partiti presentarono disegni di legge per l’istituzione del salario minimo legale, fissando la retribuzione minima a 9 euro lordi orari e prevedendo adeguamenti basati sui dati Istat. Proposte significative furono quelle del PD (DDL n. 310/2018), del M5S (DDL n. 658/2018) e di Liberi e Uguali (DDL n. 1259/2019), tutte incentrate sulla necessità di garantire una giusta retribuzione e rafforzare la contrattazione collettiva.
Nel 2022, ulteriori iniziative legislative (come il DDL n. 2510/2022) evidenziarono la necessità del salario minimo, soprattutto a seguito della pandemia e dell’aumento della precarietà lavorativa. Tuttavia, il 30 novembre 2022, le mozioni favorevoli furono respinte, con la maggioranza parlamentare contraria, ritenendo che il salario minimo potesse indebolire la contrattazione collettiva.
Resta indubbio che la contrattazione collettiva in Italia abbia subito e continui a subire una forte crisi derivante dalla mancata attuazione dell’articolo 39 della Costituzione erga omnes e la situazione risulta aggravata dalla presenza di numerose nuove categorie di lavoratori sprovviste di questa tutela e dal crescente aumento dei cosiddetti contratti pirata, ossia quelli stipulati da organizzazioni sindacali minoritarie. In altri termini, l’articolo 39 della Costituzione affida alla contrattazione collettiva e pertanto ai contratti stipulati dalle organizzazioni più rappresentative il compito di definire la materia retributiva. Il problema è che la definizione di “organizzazioni più rappresentative” ad oggi risulta obsoleta e poco esaustiva perché non esistono criteri oggettivi che stabiliscano chi sia effettivamente rappresentativo, né come misurare questa rappresentatività in
modo uniforme[4]. Per questo motivo, non viene comunque garantita una protezione adeguata retributiva dei lavoratori, con la conseguenza di un crescente numero di lavoratori sotto il minimo contrattuale e sulla soglia della povertà[5].
Alla stregua di queste contrapposizioni, il Gruppo di lavoro sugli interventi e misure di contrasto alla povertà lavorativa in Italia in una delle sue relazioni del 2021, ha sottolineato che l’adozione di un salario minimo non deve essere vista in contrapposizione ai CCNL, ma deve essere considerata come una misura complementare volta a colmare le lacune di un sistema che, pur robusto, lascia ancora margini di vulnerabilità[6].
Urge pertanto, un intervento mirato, forte ed efficace in Italia che dunque non necessariamente si ricollega alla sola introduzione del salario minimo legale, ma deve far parte di un progetto più ampio che garantisca l’esistenza di un mercato del lavoro più equo, inclusivo e rispettoso della Costituzione.
[1]Report del Comitato di esperti sull’applicazione delle Convenzioni e Raccomandazioni dell’OIL, General Survey concerning the Minimum Wage Fixing Convention, 1970 (N° 131) and the Minimum Wage Fixing Recommendation, 1970 (No. 135), Ginevra, 2014, www.ilo.org.
[2] Minimum Wage Fixing Recommendation, 1970 (N° 135).
[3] SPATTINI, S., “Salario minimo legale vs contrattazione collettiva in Italia e in Europa”, 23 Marzo 2015, www.bollettinoadapt.it
[4]CIUCCIOVINO, S., “Salario minimo, salario dignitoso, salario giusto: temi per un dibattito sul futuro della contrattazione collettiva”, in Federalismi.it, 26/2023
[5]TREU, T., “La questione salariale: legislazione sui minimi e contrattazione collettiva”, in Biblioteca ‘20 Maggio’ – 1/2019
[6]GARNERO, A., CIUCCIOVINO, S., DE CAMILLIS, R., MAGNANI, M., NATICCHIONI, P., RAITANO, M., SCHERER, S., STRUFFOLINO, E., “Relazione del Gruppo di lavoro sugli interventi e misure di contrasto alla povertà lavorativa in Italia”, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, 2021
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Giuseppina Mastroianni
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