Elezioni europee: il rischio di un Parlamento che non rappresenta

Elezioni europee: il rischio di un Parlamento che non rappresenta

Come noto, diversi esponenti politici si sono candidati in prima persona in tutte le circoscrizioni elettorali di queste elezioni europee.

Ma questo risponde al senso dell’istituzione per la cui composizione si vota, cioè il Parlamento Europeo?

Iniziamo a vedere come funzionano in termini molto generali queste elezioni, disciplinate dalla legge numero 18 del 1979 (e successive modifiche).

Il Parlamento Europeo, per quanto riguarda i seggi attribuiti allo Stato italiano, si compone di quelle forze politiche, che possono essere singoli partiti o coalizioni, che superano il 4% dei voti validi espressi (la cosiddetta “soglia di sbarramento”). Ogni forza politica propone una lista di candidati tra i quali si possono esprimere al massimo tre preferenze nel rispetto dell’equilibrio di genere: non si possono votare solo uomini o solo donne.

Queste liste non sono uguali su tutto il territorio nazionale, ma cambiano per ciascuna circoscrizione elettorale, che comprende più regioni: Isole, Sud, Centro, Nord Est, Nord Ovest.

La “personalizzazione” del voto, intesa come valorizzazione della territorialità e delle preferenze dell’elettore, sono profili che disegnano un’elezione nella quale si vuole dare voce ai cittadini senza i vincoli e i limiti legati a interessi più “di partito”, come può essere ad esempio una lista bloccata nella quale, per l’appunto, é preclusa l’espressione di una preferenza.

“…è giunta l’ora che l’Europa trovi finalmente la sua identità e l’elezione dei membri del Parlamento europeo a suffragio universale diretto rappresenta un elemento necessario alla associazione diretta dei popoli interessati al processo di unificazione dell’Europa” si legge nelle discussioni del disegno di legge. Una frase che racchiude un ambizioso obiettivo di prossimità dei cittadini all’organo legislativo europeo.

E dunque che senso ha prevedere le preferenze e le circoscrizioni, tutti istituti finalizzati ad adattare il Parlamento Europeo alle peculiarità di ciascuna regione (regione in senso lato chiaramente in questo caso), se poi una persona si candida su tutto il territorio nazionale? Come può un unico soggetto rappresentare tutte le diversità delle aree geografiche, sociali, linguistiche, economiche, culturali, in una nazione tra l’altro tanto variegata come quella italiana? Come può una sola persona coltivare la vicinanza con tutte le circoscrizioni e portare ai tavoli decisionali le relative istanze?

Questa prassi, sicuramente adatta ad ottenere un numero di voti più elevato su tutto il territorio nazionale in considerazione della popolarità del nome del candidato, a mio avviso tradisce il senso di un’istituzione che vuole garantire un collegamento più diretto possibile tra gli eletti e i territori di riferimento.


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Lara Gallarati

Avvocato presso il Foro di Milano.

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