Figli naturali e assegno di mantenimento: i criteri di revisione

Figli naturali e assegno di mantenimento: i criteri di revisione

1. In caso di revisione dell’assegno di mantenimento dei figli nati fuori dal matrimonio, sia minorenni che maggiorenni non economicamente autosufficienti, valgono gli stessi criteri previsti per analoghe statuizioni patrimoniali nei giudizi di separazione e divorzio.

Il provvedimento di revisione presuppone infatti l’accertamento di una circostanza sopravvenuta, idonea a modificare le condizioni economiche dei genitori e dunque l’assetto patrimoniale realizzato con il precedente provvedimento attributivo dell’assegno.

Questo il principio di diritto affermato dalla Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 18608/2021.

2. Il caso in questione trae origine dal ricorso proposto da un padre che si vedeva respingere le proprie richieste circa la modifica della misura del contributo di mantenimento della figlia minore nata da una relazione more uxorio, fissato originariamente in € 3.000,00 mensili.

Il padre, pertanto, proponeva reclamo avanti la Corte d’Appello di Firenze, la quale accoglieva le doglianze modificando parzialmente la precedente statuizione con la riduzione del contributo di mantenimento per la figlia minore in € 1.200,00 mensili.

Il giudice di seconde cure argomentava la propria decisione sulla base di due elementi: l’incremento dei redditi della madre, consolidati con l’acquisto di un bene immobile; la verificazione della superfluità di un contributo di eccezionale rilevanza, ossia un mantenimento di € 3.000,00 per una bambina di soli 5 anni, correlato alla mancanza di prova da parte della madre di documentazione attestante l’indispensabilità dell’emolumento fissato in tale entità.

La madre, di conseguenza, decideva di proporre ricorso per cassazione, adducendo, come motivi, che le circostanze indicati dai giudici della Corte d’Appello di Firenze in relazione all’acquisto di un bene immobile e all’incremento dei propri reddito fossero in realtà già state valutate dal Tribunale di prime cure e oramai coperte da giudicato.

Vieppiù, la ricorrente sosteneva che fosse onere del coniuge che chiede la revisione del contributo dimostrare l’esistenza di circostanze nuove e sopravvenute, non essendo, di contro, onere della stessa dover provare la congruità dell’assegno già determinato.

3. Gli Ermellini hanno osservato, preliminarmente e in linea di principio, con riferimento alle statuizioni concernenti il contributo di mantenimento del figlio minore, come tali pronunce passano in cosa giudicata rebus sic stantibus, ossia rimanendo suscettibili di modifica solo in presenza di fatti nuovi sopravvenuti, mentre la rilevanza di fatti passati e delle ragioni giuridiche non addotte nel giudizio che vi ha dato luogo rimane esclusa in base alla regola generale secondo cui il giudicato copre il dedotto e il deducibile[1].

Il provvedimento di revisione dell’assegno di mantenimento dei figli, sia essi minorenni che maggiorenni non economicamente autosufficienti postula, quindi, non soltanto l’accertamento di una sopravvenuta modifica delle condizioni economiche degli ex coniugi, ma anche la sua idoneità a mutare il pregresso assetto patrimoniale realizzato con il precedente provvedimento attributivo di uno dei predetti assegni, secondo una valutazione comparativa delle condizioni economiche di entrambe le parti, con la conseguenza che il giudice non può procedere ad una nuova ed autonoma valutazione dei presupposti o dell’entità dell’assegno, sulla base di una diversa ponderazione delle condizioni economiche delle parti valutate al momento della pronuncia del divorzio, ma nel pieno rispetto delle valutazioni espresse al momento dell’attribuzione dell’emolumento, limitandosi a verificare se e in quale misura, le circostanze sopravvenuta abbiano alterato l’equilibrio così raggiunto, così da adeguare l’importo del mantenimento alla nuova situazione patrimoniale[2].

Tali principi trovano il loro fondamento normativo, in primis, nell’art. 9 della L. n. 898/1970 per quanto attiene le procedure di divorzio e nell’art. 156 Codice di procedura civile per i procedimenti di separazione e dovranno applicarsi anche alla disciplina dei rapporti di natura patrimoniale riguardanti i figli nati fuori dal matrimonio e ciò anche alla luce dell’entrata in vigore del D. Lgs. n. 154/2013 che ha equiparato la condizione dei figli naturali a quella dei legittimi; in secondo luogo, nei disposti normativi degli artt. 337 bis et 337 quinquies Codice Civile.

Sulla scia di tali considerazioni, la Corte ha emesso il seguente principio: “Il provvedimento di revisione dell’assegno di mantenimento dei figli, sia minorenni che maggiorenni non autosufficienti, nati fuori dal matrimonio, presuppone, come per le analoghe statuizioni patrimoniali pronunciate nei giudizi di divorzio e separazione, non soltanto l’accertamento di una sopravvenuta modifica delle condizioni economiche dei genitori naturali, ma anche la sua idoneità a mutare il pregresso assetto patrimoniale realizzato con il precedente provvedimento attributivo del predetto assegno. Ne consegue che il giudice non può procedere ad una nuova ed autonoma valutazione dei presupposti o dell’entità dell’assegno, ma, nel pieno rispetto delle valutazioni espresse al momento dell’attribuzione originaria dell’emolumento, deve limitarsi a verificare se, ed in quale misura, le circostanze sopravvenute abbiano alterato l’equilibrio così raggiunto e adeguare l’importo o lo stesso obbligo della contribuzione alla eventuale nuova situazione patrimoniale”.

Nella vicenda in questione, detto principio è stato tuttavia disatteso dalla Corte d’Appello di Firenze, la quale non ha tenuto conto dei criteri per la determinazione del contributo al mantenimento presi in considerazione originariamente dal Tribunale di prime cure al momento dell’attribuzione dell’emolumento, provvedendo ad una nuova e autonoma valutazione delle condizioni economiche delle parti ed introducendo un criterio, quale l’onere della prova dell’indispensabilità dell’emolumento nell’entità originariamente fissata, assolutamente estraneo a quelli che devono, invece, fondare la domanda di revisione dell’assegno di mantenimento.

In base a tali presupposti, la Corte di Cassazione ha accolto le doglianze avanzate dalla madre nel proprio ricorso, cassando la sentenza impugnata e rinviando alla Corte d’Appello di Firenze, in diversa composizione, per un nuovo esame.

 

 

 

 


[1] Tra le tante, Cassazione Civile n. 2935 del 2017, n. 4768 del 2018, n. 1177 del 2019.
[2] Vedasi anche Cassazione Civile n. 32529 del 2018; n. 214 del 11.1.2016 e n. 14143 del 20.6.2014

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