Governance di Internet: nascita ed evoluzione del lawmaker informatico

Governance di Internet: nascita ed evoluzione del lawmaker informatico

Sommario: 1. Introduzione all’Internet Governance – 1.1.  Internet: storia, tecnica ed evoluzione – 2. Il sistema ICANN: le origini, la legittimazione, la struttura e le funzioni – 2.1. Le origini – 2.2. La legittimazione – 2.3. La struttura – 2.4. Le funzioni

1. Introduzione all’Internet Governance

Il presente contributo sarà dedicato all’inquadramento giuridico di Internet, non più visto come diritto bensì come struttura, per cercare di comprendere le regole sottese al suo funzionamento. Il percorso conoscitivo della Rete prenderà le mosse dallo studio delle ragioni storiche che ne hanno determinato la nascita e che, come avremo modo di vedere, tutt’ora condizionano le sue regole di governo. L’analisi non potrà prescindere dallo studio delle norme tecniche che si pongono come architrave dell’infrastruttura materiale e virtuale e che ci permettono di individuare il lawmaker della Rete, ovvero gli organismi che creano tali norme e che ne promuovono il rispetto. Internet può essere infatti considerato come un sistema di comunicazione globale costituito dall’interconnessione di reti private e pubbliche[1], il cui funzionamento è garantito da standard tecnici e protocolli che ne regolano il funzionamento: regole tecniche che permettono agli elaboratori connessi di effettuare il continuo scambio di dati che costituisce il quid della Rete stessa. Come si è già visto, infatti, nel mondo informatico tecnica e diritto tendono a confondersi con la conseguenza che le regole tecniche, superando le dinamiche predigitali, si fanno norma giuridica rendendo i tradizionali legislatori meri spettatori. Il cuore di tale infrastruttura è rappresentato dal sistema dei nomi a dominio (DNS). Senza anticipare nozioni che verranno analizzate nel proseguo, è necessario subito definire la funzione di tale sistema per comprendere l’importanza del suo studio e dei meccanismi che sono alla base del suo governo: il sistema DNS si occupa di disegnare l’architettura della rete e cioè di gestirne la topologia, in modo da permettere l’instradamento dei dati e l’individuazione della loro posizione in Internet. Esso rappresenta il metodo tecnico che permette la connessione dei punti che, uniti, formano la Rete informatica. [2] Tale sistema pur non estendendo il suo controllo ai contenuti della Rete, ne costituisce il presupposto logico e tecnico che ne permette la diffusione. Esso rappresenta la complessa infrastruttura stradale sulla quale i dati viaggiano. Il mancato inserimento all’interno del sistema dei nomi a dominio di un indirizzo equivale, di fatto, alla non raggiungibilità di un determinato elaboratore e delle informazioni in esso contenute e, sostanzialmente, all’oblio virtuale. Quanto sinteticamente detto permette di capire perché il DNS può considerarsi il vero cuore pulsante della rete e perché diversi autori ritengono che chi ha il controllo sullo stesso, controllerebbe l’intero Internet.[3] Domandarsi chi detiene il governo di Internet significa interrogarsi su chi governa il DNS.

La necessaria gestione globale del mezzo porta all’individuazione di regole uniformi[4]che, lungi dall’affermarsi solo sul piano tecnico, sconfinano nel campo giuridico, influenzando, limitando o promuovendo le situazioni giuridiche soggettive di tutti gli utenti della Rete. Ancora una volta diviene evidente che quando si parla di Internet la linea di demarcazione fra tecnico e giuridico diviene sottile.[5] La capacità del sistema dei nomi a dominio di trascendere il mondo della tecnica deriva dall’unicità che lo caratterizza e che ha come conseguenza la necessità, per tutti gli utenti della rete, di conformarsi ad esso e alle sue regole: l’unica regolazione tecnica diviene, de facto, vincolante. Da ciò deriva l’importanza di individuare il soggetto o i soggetti titolari del potere di governo di tale sistema, il cui esercizio si sostanzia nell’ “azione volta a stabilire accordi su standard, politiche, regole, sulla relativa applicazione e sui procedimenti di risoluzione delle controversie da utilizzare nell’attività di interconnessione globale.”[6] Come si avrà modo di vedere tali funzioni sono svolte, con presupposti diversi, da organizzazioni internazionali, associazioni private, governi o enti pubblici e perfino da gruppi organizzati privi di personalità giuridica.[7] Una maglia talmente complessa deve la sua natura alle origini stesse delle Rete: essa, pur essendo nata da istanze nazionali di difesa pubblica, si è sviluppata in ottica transnazionale come mezzo di comunicazione, sfuggendo alle sue originaria finalità. La forza propulsiva che ne ha contraddistinto l’evoluzione l’ha elevata al di sopra degli ordinamenti nazionali mettendo in luce che “the Internet’s unique capacity is the ability to convert the world into a global community.”[8] La vocazione della Rete a divenire uno strumento insensibile ai limiti costituiti dai confini nazionali ha reso evidenti le problematiche legate al classico concetto di sovranità e alle relative categorie di diritto internazionale: oggi, infatti, le moderne tecnologie hanno radicalmente ridotto l’importanza dei tradizionali stati nazionali,  sebbene il sistema destinato a sostituirli sia ben lontano dall’essere identificato.[9] E d’altronde proprio con la nascita di Internet gli Stati, le organizzazioni internazionali, le multinazionali e gli individui stessi hanno visto mutare i propri obiettivi e le modalità di esercizio dei propri poteri in un nuovo schema di interazione globale.[10] Il ruolo svolto inizialmente da un unico stato promotore della nascita della Rete è stato preso da un nuovo complesso sistema di governo la cui legittimazione è ben lontana dall’essere chiara. In questo capitolo si proverà a definire tutti gli aspetti problematici che riguardano il governo di Internet, partendo dai problemi di carattere definitorio e dalla domanda: esiste davvero un sistema di governo o siamo davanti, come spesso avviene nei fenomeni aventi carattere globale, a una “governance without a government?”[11]

Il Working Group on Internet Society (WGIG), comitato istituito dall’ONU durante la prima fase del World Summit on Information Society nel 2003, ha cercato di definire il sistema di governo di Internet come “the development and application by Governments, the private sector and civil society, in their respective roles, of shared principles, norms, rules, decision-making, and programmes that shape the evolution and use of the Internet”. A questa prima definizione se n’è affiancata un’altra, elaborata da un gruppo di studiosi indipendenti del fenomeno informatico, in base alla quale la Internet governance può essere definita come “a collective action , by governments and/or the private sector operators of the network connected by the Internet, to establish agreements about the standars, policies, rules, and enforcement and dispute resolution procedures to apply to global internetworking activities.”[12] Il confronto tra le due definizioni mette in luce alcuni punti in comune che vale la pena analizzare in quanto essi rappresentano il punto di partenza per comprendere il complesso funzionamento del sistema di governo della Rete. Entrambe le definizioni, infatti, sottolineano: l’interazione necessaria fra i componenti della società civile e i pubblici poteri nelle loro varie declinazioni; la necessaria presenza di accordi per l’adozione di regole o per la risoluzione delle controversie derivanti dalla loro inosservanza e la presenza di rapporti contrattuali caratterizzati da elementi di autoritatività.[13] Il punto da cui partire è proprio la partecipazione al governo di Internet di numerosi soggetti portatori di interessi fra loro anche confliggenti. Tale asserzione ci permette di capire come i problemi di natura tecnica che hanno caratterizzato la nascita della Rete siano stati affiancati da questioni di potere che hanno portato a tentativi di appropriazione dell’intero settore da parte dei partecipanti al sistema di governo, cercando di far prevalere le proprie istanze su quelle degli altri attraverso l’estensione del controllo sul mezzo.[14] Cercare di capire chi governa la rete significa individuare i soggetti che in concreto dettano le regole per il funzionamento della risorsa, ossia i parametri tecnici, i protocolli e i nomi. I particolari meccanismi che legano il rapporto fra diritto e tecnica ci permettono di affermare che il grado di “potere” tecnico esercitato dai soggetti che gestiscono il sistema dei nomi a dominio influenza il grado di applicazione delle norme da loro delineate, rendendo evidente la presenza di poteri esercitati de facto e di rilevanti problemi di legittimazione. Ancora una volta è la norma tecnica che si fa giuridica.

Il processo che si avrà modo di analizzare e che ha portato alla nascita di una struttura di governance centralizzata, ha contribuito alla nascita di una “real world governance”, il cui risultato è rappresentato dalla nascita di un ente dalla dottrina definito come “A new institutional animal. An hybrid between an online community and a real-world governance structure. A new type of international organisation: an industry trying to regulate part of itself, across the globe, with little or no imput from national governments.”[15] Sebbene, come presto si dirà, l’ultima parte di questa definizione non risulta essere più attuale visto il progressivo ingresso dei governi nazionali nel sistema di governo della Rete, non si può non constatare che essa coglie a pieno le peculiarità di un sistema che si pone in maniera completamente nuova rispetto a quanto visto in passato, rivoluzionando istituti giuridici tradizionali quali la legittimazione, la prescrittività e la stessa democraticità, nell’ottica di un nuovo diritto amministrativo globale, incapace di essere circoscritto alle logiche giuridiche classiche.[16]

Il sistema di governo di Internet, così inquadrato, si sostanzia nell’esercizio di una funzione che assume tinte pubblicistiche vista la portata degli interessi coinvolti. Essa unisce l’aspetto della regolazione e quella della definizione degli indirizzi: la scelta delle regole e dei protocolli da adottare trascende il mero aspetto tecnico e incide sull’indirizzo futuro della Rete[17], sostanziandosi nell’adozione di policy (technical is political.)[18]

Esso, inoltre, può essere considerato un sistema che genera le proprie regole dal basso, ponendosi trasversalmente agli Stati e perciò divenendo “un vero e proprio paradigma della società globalizzata”.[19] Sulla base degli aspetti qui brevemente illustrati si baserà l’analisi della governance di Internet effettuata nei prossimi paragrafi, cercando inoltre di individuare per ognuno dei soggetti coinvolti in essa il ruolo, la natura e la legittimazione. L’insieme degli elementi che lo caratterizzano ci permettono di definire il governo di Internet come:

A new mode of governing that is different from the old hiearchihal model, a more cooperative mode where state and non state actors partecipate in mixed public/private networks”.[20]

1.1.  Internet: storia, tecnica ed evoluzione

Inquadrare giuridicamente Internet significa capire le ragioni che hanno portato alla sua nascita. Il contesto in cui esso nasce, infatti, tutt’ora condiziona le regole che sono alla base della sua amministrazione e, di conseguenza, del suo sistema di governo. Come accennato in precedenza, Internet nasce in piena guerra fredda, dalle istanze del Governo degli Stati Uniti d’America intenzionato a individuare una tecnologia che rendesse invulnerabile la rete di connessione del proprio Dipartimento della difesa. La debolezza del modello fino ad ora utilizzato – il Mainframe terminali”, scaturiva proprio dalla costruzione della sua infrastruttura che vedeva un unico elaboratore centrale connesso a varie postazioni a distanza secondo un modello one to one in base al quale le singole periferiche a distanza erano prive di unità di calcolo e presentavano soltanto dispositivi di input quali tastiere e monitor che per funzionare sfruttavano la connessione con il dispositivo centrale.[21] 

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Tale modello mise presto in luce tutte le sue vulnerabilità: un singolo attacco all’unità centrale avrebbe infatti reso inutilizzabili tutte le stazioni ad essa collegate, inoltre problemi di connessione della singola linea di collegamento finivano per isolare senza possibilità di recupero un’unita operativa decentrata. Le ragioni storiche che hanno portato alla rivoluzione di questo modello pongono le proprie basi nel conflitto scientifico che in quegli anni vedeva coinvolte America e Unione Sovietica: quest’ultima, infatti, aveva dimostrato nella fase iniziale dello scontro una sostanziale superiorità culminata con il lancio, il 4 ottobre del 1957, dello Sputnik, primo satellite artificiale a superare tutti gli strati dell’atmosfera terrestre. In risposta a tale lancio l’allora presidente Dwitght Eisenhower, intenzionato a ristabilire la leadership americana, istituì l’Advanced Research Projects Agency (ARPA), un’istituzione nata con il solo fine di accelerare lo sviluppo tecnologico a stelle e strisce e stabilita a pochi passi dalla residenza presidenziale.[23] L’idea sviluppata dagli anni seguenti dall’ARPA era sostanzialmente quella di un’architettura di rete decentrata e frammentata, divisa in nodi fra loro collegati, ovvero da singole unità di calcolo o elaboratori. Il principio alla base di tale meccanismo era quello della continua funzionalità della rete: una simile architettura, infatti, avrebbe permesso in caso di malfunzionamento di un nodo, la trasmissione continua delle informazioni attraverso le altre unità connesse alla rete che si sarebbero sostituite al nodo danneggiato. Fondamentale per l’ideazione di tale sistema furono gli studi compiuti da Paul Baran, un ingegnere polacco, ai tempi assunto presso una società di consulenze del Dipartimento della difesa americano. [24] Il cuore del sistema elaborato da Baran era rappresentato da un nuovo sistema di trasmissione dei dati definito commutazione a pacchetto (packet data switching) che ad oggi ancora rappresenta il cuore della rete: esso prevede che quando un messaggio è inviato da un punto ad un altro della rete, questo non viaggia come un unico blocco bensì viene scomposto in singoli elementi detti pacchetti che seguono percorsi autonomi e che si ricongiungono solo arrivati a destinazione, restituendo l’informazione originaria.[25] Tale modalità di trasmissione porta con sé diversi vantaggi: innanzi tutto garantisce la massima efficienza in quanto i singoli pacchetti per giungere a destinazione sfruttano il percorso al momento più veloce, riducendo i tempi per la trasmissione dei dati sulla Rete. Ciò ha inoltre come conseguenza l’impossibilità di effettuare un controllo da parte dei singoli elaboratori dei dati trasmessi, possibile solo all’origine del tragitto e alla sua conclusione: è il c.d. sistema end to end, posto alla base dell’odierno dibattito in tema di Net Neutrality, esso infatti garantisce astrattamente la libera circolazione delle informazioni.[26]

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Come è stato fatto notare in apertura di capitolo tale sistema ricorda da vicino quello di un’infrastruttura stradale, la quale permette il raggiungimento del medesimo punto attraverso percorsi diversi. Oggi si può constatare, indipendentemente dalle ragioni che ne hanno portato alla creazione[28],  che a distanza di mezzo secolo dalla sua creazione, tale sistema ha sempre garantito l’invulnerabilità di Internet in ogni circostanza in cui questa è stata posta a rischio, permettendo fin dalla sua nascita, l’ininterrotto funzionamento della Rete di comunicazione telematica.

Il modello teorizzato da Baran portò nel 1969 alla nascita di una rete denominata Arpanet[29] che, nella sua fase embrionale, collegava le sedi di quattro elaboratori: L’Università della California di Santa Barbara, l’Università dello Utah di Salt Lake City, l’Università della California di Los Angeles e lo Standford Research Institute. L’espansione della rete continuò a ritmi serrati tanto che nel 1973 gli elaboratori connessi in tutti gli Stati Uniti superavano le trenta unità. [30] Le crescenti richieste di adesione alla Rete da parte di università e istituzioni, già dotate di proprie sottoreti portarono all’esigenza di strutturare un sistema che permettesse la circolazione di informazioni fra reti diverse e che portasse all’integrazione di nodi e strutture intermedie in un sistema unico. Tale esigenza fece sì che Arpanet adottasse, fra il 1974 e il 1978 un particolare protocollo di trasmissione detto TCP-IP (Trasmissione Control Protocol – Internet Protocol), tutt’ora in uso e che rappresenta l’ancora portante del sistema in quanto consente lo scambio fra reti diverse ed è in grado, quindi, di unirle:[31] in termini tecnici esso assolve alla funzione di Inter-net-working dalla cui abbreviazione nasce il termine Internet.[32] Tale sistema consiste nell’attribuzione di un indirizzo telematico (detto appunto indirizzo IP) univoco ad ogni elaboratore connesso alla Rete in modo che questo sia sempre individuabile con certezza fra le altre macchine connesse alla Rete.[33] Ogni indirizzo IP è composto da una serie di numeri: storicamente questa serie è stata composta da quattro sequenze ognuna delle quali con un valore compreso tra 0 e 255[34], inglobare una rete esistente all’interno di Internet significa assegnare alla stessa un blocco di indirizzi IP, autonomamente gestibile al proprio interno dalla singola sottorete. [35] Tale sistema ovviamente si espone a un problema rappresentato dalla saturazione degli indirizzi disponibili, ciò spiega perché attualmente è in corso una transizione verso serie più complesse, composte da stringhe esadecimali, in maniera tale da garantire un aumento esponenziale delle numerazioni disponibili che dovrebbe essere pari a un numero dell’ordine del milione di miliardi.[36] E’ stato calcolato che, mentre il primo protocollo equivale al diametro di un’elica del DNA, il secondo sarebbe pari alla distanza fra la Terra e il centro della Via Lattea.[37] L’utilizzo del sistema basato sugli indirizzi IP ha permesso ad Arpanet di assumere le sembianze di una rete di reti in cui, sistemi nati autonomamente, possono fra loro dialogare e scambiare liberamente informazioni.[38] Ciò ha portato all’abbandono del termine Arpanet in favore del moderno Internet, simbolo di un sistema nel quale l’Arpa non era più il soggetto dominante bensì soltanto uno dei tanti nodi parte della Rete. Tale contesto portò al mutamento profondo della piattaforma: i fini conoscitivi soppiantarono quelli militari e l’intera Rete iniziò ad assumere una portata globale, non più limitata al solo territorio statunitense.[39] Nel 1983 il Dipartimento della difesa degli Stati Uniti prese atto che l’evoluzione di Arpanet aveva generato una Rete fuori dal controllo governativo e aperta all’ingresso di una indefinita moltitudine di utenti, in contrasto con le finalità per cui essa era stata creata: l’abbandono della piattaforma e la sostituzione della stessa con una – Milnet – finalizzata ai soli scopi militari, risultò per lo Stato americano l’unica scelta perseguibile. [40] Vale ora chiarire che l’espansione della Rete, arrivata nel 1989 a contare quasi 100.000 elaboratori connessi[41], non era ai tempi accompagnata da una fruibilità dei contenuti paragonabile a quella odierna: il web non esisteva ancora e lo strumento principale per lo scambio di dati era la posta elettronica basata sullo standard ideato dal 1972 da Ray Tomlinson[42], creatore anche del simbolo “@” avente il significato di “at”, ovvero “presso”.

Gli indirizzi IP appena delineati, caratterizzati da un linguaggio binario proprio degli elaboratori ma estraneo al comune modo di memorizzare dati per la mente umana, maggiormente predisposta per l’utilizzo di un linguaggio alfabetico piuttosto che di uno numerico, vennero associati dai pionieri di Arpanet, guidati da Jon Postel, a un indirizzo alfanumerico, idoneo a rendere più agevole e razionale l’utilizzo della rete per i suoi utenti. Nasce il domain name system (DNS) o “sistema dei nomi a dominio”, protocollo in base al quale, appunto, ciascun indirizzo IP è associato a un nome di dominio, costituito secondo uno schema predefinito da un gruppo di caratteri alfanumerici separati da punti fermi.[43] Appare di immediata comprensione come un tale sistema apra le porte della rete anche agli utenti meno esperti e incapaci di familiarizzare con il sistema binario proprio degli Indirizzi IP. La resa più agevole dell’utilizzo del mezzo non è la sola conseguenza del sistema DNS, esso permette infatti la gerarchizzazione dell’infrastruttura: l’orizzontalità di Internet, portato della equivalenza fra tutti i nodi connessi, viene sostituita da un sistema verticale, che affida a un governo di settore proveniente dall’alto l’adozione delle regole d’indirizzamento.[44] La necessità di evitare duplicazioni, infatti, impone che, tanto gli indirizzi IP, quanto i nomi a dominio, vengano organizzati in modo gerarchico, garantendo così che due elaboratori connessi alla Rete non possano avere il medesimo nome. Lo schema che permette il raggiungimento del risultato descritto è il seguente: il primo gruppo di lettere, che generalmente troviamo al termine degli indirizzi Internet, indica il nome a dominio di primo livello (o TLD) e identifica macrocategorie di destinazioni: i domini generici (.com; .edu; .info) e i domini geografici (ad esempio .it per l’Italia o .eu per l’Unione Europea)[45]. Di particolare importanza politica sono questi ultimi, essi infatti corrispondono virtualmente con il territorio su cui viene esercitata la sovranità nazionale[46]Tali sigle nazionali sono state mutuate da uno standard della ISO che contiene una lista di corrispondenza fra codici e Stati, si è così evitato di confrontarsi con qualsiasi intento definitorio di natura politica.[47]  A precedere il suffisso di cui si è appena detto vi sono i c.d. domini di secondo livello (o SLD) che, di solito, corrispondono al nome liberamente scelto dall’utente. A fianco a questi domini possono sussistere quelli di terzo livello, figli della necessità di suddividere in subdestinazioni un dominio di secondo livello.

Il cuore di tale sistema è rappresentato dai “root server”, ovvero dagli elaboratori che decidono quali nomi possono essere riconosciuti e che si occupano della conservazione di tutti gli indirizzi telematici usati in Rete. Essi sono gli apparati che contengono le informazioni primarie riguardanti i nomi in uso e, soprattutto, la loro posizione. Quando un utente della rete digita sul proprio elaboratore un determinato indirizzo Internet, il sistema DNS automaticamente consulta le informazioni contenute nel root server e instrada la richiesta verso l’elenco dei nomi di dominio registrati sotto un certo dominio di primo livello e, trovato l’indirizzo IP corrispondente, collega il dispositivo dell’utente richiedente a quello a cui l’indirizzo IP corrisponde.[48] I server che svolgono questa funzione sono tredici in tutto[49], di cui solo uno è quello definito “autoritativo”, ovvero contenente le informazioni considerate ufficiali e in particolare le informazioni riguardanti tutti i domini di primo livelli esistenti. Per un dominio di primo livello essere inserito in un root server rappresenta la condizione necessaria per “esistere” in Rete, senza la quale esso risulterebbe inaccessibile agli utenti.[50]Il potere di chi detiene i root server, e in particolare quello autoritativo, viene definito root authority ovvero il potere di “emanare ordini in merito all’assegnazione dei numeri di dominio e di far in modo che vengano eseguiti”.[51] Tale definizione permette di chiarire quanto affermato nell’introduzione di questo capitolo, ovvero che il sistema dei nomi a dominio rappresenta per sua natura un sistema necessariamente centralizzato[52], alla base del quale si pone un database – il root server – capace di instradare le richieste provenienti da tutti gli elaboratori connessi verso la giusta destinazione. Dall’oblio al quale sono destinati i domini non inseriti nel root server dall’autorità che lo gestisce deriva la già richiamata conclusione che chi controlla il DNS controlla la stessa Internet.[53]

Internet come è stato poc’anzi detto rappresenta l’evoluzione di Arpanet che, già dalla fine degli anni ’70, collegava elaboratori appartenenti a utenti pubblici e privati. Il suo funzionamento in origine era concepito in assenza di un controllo centrale, bensì attraverso la collaborazione dell’intera comunità degli utenti invitata a discutere e a fornire il proprio contributo attraverso i Request For Comments, ovvero documenti contenenti le regole del funzionamento della piattaforma nate su base volontaria e non autoritativa.[54] Tale gestione c.d. orizzontale, voluta proprio dall’ente gestore della rete Arpanet (la Defense Information System Agency) vedeva la collaborazione di quelle istituzioni scientifiche e di ricerca che, negli anni, avevano contribuito allo sviluppo della Rete. La nascita dei protocolli di funzionamento e, in generale delle regole tecniche, non era guidata da attribuzioni formali tanto che lo stesso sistema DNS nacque dalla mente di Jon Postel, studioso che iniziò a gestire autonomamente il processo di definizione degli standard informatici durante la sua permanenza presso la University of California, una delle università connesse al sistema Arpanet e sovvenzionate per la ricerca in materia.[55] Nel 1985 il governo americano e in particolare la già citata Defense Information System Agency (DISA), sulla spinta di coloro che ritenevano eccessivamente confusa la gestione della Rete, decise di formalizzare l’assetto di competenze[56] attribuendo allo Standford Research Istitute (SRI) la gestione della rete Arpanet, il compito di fornire supporto tecnico per il funzionamento del DNS, la detenzione del root server e l’esercizio delle funzioni di attribuzione dei nomi di primo livello e onerando l’Information Sciences Istitute (ISI) dell’University of Southern California, nella persona di Jon Postel, del compito di assegnare gli indirizzi IP e di curare i relativi protocolli di funzionamento. Il quadro scaturito da tali attribuzioni fu quello di una delega proveniente dall’amministrazione statunitense a enti pubblici di ricerca della gestione dell’intera Arpanet. Tale sistema ebbe vita breve: nel 1991, infatti, la DISA decise di trasferire il compito di gestire l’attribuzione dei nomi a dominio presso un’impresa privata, la Government System Inc. (GSI).[57] Tale trasferimento ebbe luogo attraverso un contratto che cambiò per sempre il destino della governance di internet, creando un vero e proprio mercato per la fornitura dei servizi strumentali alla gestione della Rete, fino ad ora erogati da enti pubblici affidatari di tale funzione. Analogamente la United States National Science Foundation (NSF), che dal 1986 si era occupata dell’infrastruttura non militare di Internet, affidò anch’essa la gestione della propria rete a un’impresa privata individuata attraverso un procedimento di gara vinto dalla Network Solution Inc. (NSI) già affidataria della gestione della rete DISA per conto della GSI.[58] Si definisce così il processo di privatizzazione del sistema dei nomi a dominio e del relativo governo di Internet: le funzioni inerenti la gestione del root server e di parte del sistema DNS, fino a quel momento esercitate dall’amministrazione attraverso enti pubblici di ricerca, vennero affidate a un’impresa privata operante in regime monopolistico.

Contestualmente nel 1988 iniziò a diffondersi l’acronimo IANA, riferito all’ Internet Assigned Numbers Authority, con essa si identificava il gruppo di lavoro guidato a Jon Postel che, come si ricorderà, era delegato dalla DASI alla gestione delle regole in materia di indirizzi IP.[59] In particolare, come detto poc’anzi, delegatario di tale funzione era l’Information Sciences Istitute che, autonomamente, iniziò a definirsi IANA: l’autorità globale in tema di Indirizzi IP, nomi di dominio e norme di funzionamento della Rete.[60] L’attribuzione di tali funzioni non avvenne secondo i crismi classici della legittimazione, quanto bensì discese, de facto, dal consenso ottenuto dall’organizzazione da parte degli utenti del cyberspazio. La stessa organizzazione americana inizio a richiamare sovente la IANA e le sue funzioni in documenti ufficiali, legittimando posteriormente l’autorità già ottenuta dal gruppo guidato da Jon Postel. Nonostante ciò, esigenze di certezza giuridica e la necessità di chiarire il ruolo dell’amministrazione americana nella gestione del governo di Internet resero chiara la necessità di una formale attribuzioni di poteri alla IANA. E d’altronde non si può fare a meno di notare che, al termine nel processo di “privatizzazione” della gestione del DNS, il governo statunitense mantenesse a un sostanziale controllo sia sul sistema IP, attraverso la stessa IANA, sia sul DNS, attraverso la NSI, affidataria del servizio. La formalizzazione delle funzioni IANA avvenne con il Cooperative Agreement del 1993 stipulato fra la National Science Foundation e la Network Solution Inc: esso, oltre a prevedere la definitiva attribuzione all’impresa privata delle funzioni inerenti il sistema dei nomi a dominio, vincolava quest’ultima a esercitare le stesse in conformità con le disposizioni contenute nel documento tecnico RCF 1174[61] che individuava nella IANA l’autorità competente ad adottare regole in materia di indirizzi IP vincolanti per il contraente privato.[62] La stipula di tale accordo portò al riconoscimento da parte di NSI dell’autorità della IANA in materia di identificatori numerici e, in seguito, anche in materia di nomi a dominio, funzione che la IANA si attribuì autonomamente con la RFC 1591 del 1994.[63] In tale modo il sistema DNS si sdoppiava: da una parte il settore privato diveniva il definitivo gestore del root server e delle corrispondenti funzioni di registro dei domini, dall’altro il governo degli Stati Uniti tratteneva, per via della IANA, il controllo sulle regole e sui protocolli di funzionamento posti a base dello stesso. L’assetto descritto fece emergere fin da subito perplessità per l’ambiguo rapporto fra il Governo americano e gli enti preposti alla gestione della Rete: perplessità che si manifestarono in toto con la dichiarazione di incostituzionalità dell’accordo fra NSI e NSF nella parte in cui questo prevedeva la possibilità per la Network Solution Inc di richiedere un pagamento forfettario di 50 dollari per l’iscrizione di ciascun dominio registrato[64]. Tale pratica venne infatti considerata in contrasto con la disposizione costituzionale americana che prevede una riserva di legge in materia tributaria.[65] [66]

Iniziava così il percorso che avrebbe portato all’attuale sistema di governo e alla costituzione del suo soggetto principale: l’ICANN.

2. Il sistema ICANN: le origini, la legittimazione, la struttura e le funzioni

2.1. Le origini

Il Governo statunitense a metà degli anni ’90 iniziò a palesare la volontà di rinunciare ai poteri di governo sulla Rete Internet che, indirettamente, aveva mantenuto al termine del processo di privatizzazione del sistema dei nomi a dominio.[67] Il primo passo verso l’autoregolamentazione della gestione del DNS fu rappresentato dal Framework for Global Electronic Commerce[68] del 1997 con il quale il Presidente Clinton traferì a una divisione del Dipartimento del commercio (La National Telecommunication and Information Administration, NTIA) il compito di gestire l’accordo stipulato dalla NSF con la Network Solution Inc. e gli attribuì la funzione di guidare il processo verso la completa privatizzazione del DNS, questa volta senza residui poteri in capo al Governo Americano. Quello che ne seguì fu la pubblicazione da parte della NTIA del c.d. green paper[69], un documento volto a delineare il piano di liberalizzazione della governance della Rete in base al quale questa sarebbe stata trasferita in toto ad una NewCompany no profit con sede negli Stati Uniti e che, in particolare, avrebbe avuto il compito di gestire il sistema DNS e quello degli Indirizzi IP. Il green paper rappresenta secondo il diritto amministrativo americano un notice of proposed rulemaking, ovvero un documento che enuncia con anticipo l’adozione di una determinata normativa, invitando gli interessati a produrre commenti, provocando la partecipazione degli stakeholder. È evidente come questo modus operandi ricordi da vicino quello già analizzato dei Request for Comments che caratterizzò l’evoluzione di Arpanet attraverso una coogestione di tutti gli utenti della Rete. Il documento non ebbe, però, i risultati sperati: esso, pur ricevendo quasi 650 commenti[70], incontrò ferme opposizioni in campo internazionale e perfino in quello interno. In particolare gli oppositori, tra cui si annovera anche la Comunità europea, ritennero inaccettabile che un fenomeno diventato oramai di interesse globale come Internet potesse essere disciplinato da un atto amministrativo nazionale. Una sintesi delle motivazioni degli oppositori della possibile normativa è rinvenibile in un documento della Commissione europea e del Consiglio reso pubblico il 16 marzo del 1998 intitolato “Internet Governance. Reply of the European Community and its member States to the US green paper.[71] Dal punto di vista del metodo, era ritenuto contestabile per la Comunità europea la scelta di effettuare la regolamentazione del DNS in maniera unilaterale e senza la partecipazione della comunità globale come, invece, previsto da precedenti intese volte a realizzare una governance della Rete di carattere internazionale.[72] La Commissione individuava, poi, il rischio che l’attribuzione ad un’unica NewCo di tutte le funzioni di gestione degli indirizzi IP potesse porsi in conflitto con la disciplina europea in materia di antitrust[73] Le conclusioni raggiunte dalla Comunità europea nel documento citato ben chiariscono la volontà di sottrarre al governo degli Stati Uniti il ruolo di guida da questi assunto nel processo di privatizzazione della gestione di Internet:

We reccomend that the US Administration limit its direct regulatory intervention in the Internet only to those relationships which fall clearly under existing contracts between the Agencies of the US Government and their contractors and that all other decisions be referred to an appropriate internationally consituted and representative body”[74]

Ad opporsi al quadro delineato dal green paper fu anche l’International ad Hoc Committee, organizzazione internazionale che riuniva al suo interno i rappresentanti delle organizzazioni a vario titolo coinvolte nella gestione della Rete[75]: essa pubblicò il 20 marzo del 1998 un documento[76] redatto dal suo organo consultivo, il Policy Advisory Body, attraverso il quale formulò forti critiche nei confronti del governo americano, colpevole a suo dire di aver ignorato la presenza di un parallelo processo di privatizzazione del DNS guidato dagli stakeholder riuniti dallo stesso IAHC e di non tener conto del dialogo internazionale che si poneva alla base del progetto stesso.[77] Sempre lo IAHC contestò il residuo potere che sarebbe rimasto al termine del processo previsto dal green paper: la NewCompany sarebbe infatti rimasta soggetta al potere dell’amministrazione statunitense in quanto ente costituito negli Stati Uniti e soggetto alla relativa regolamentazione.[78] Inoltre l’esclusione degli altri Stati dal progetto avrebbe potuto portare alla creazioni di nuove Reti, facendo venir meno la stessa essenza di Internet inteso come sistema di reti. In realtà una simile evenienza fu esclusa ai tempi dalla dottrina statunitense sulla base del c.d. principio della “network externality”[79]: esso prevede la tendenza degli utenti ad aggregarsi nel sistema più utilizzato, che permette l’interazione con un maggior numero di utenti. Esempio ne è OpenNic, un sistema alternativo a Internet già utilizzabile ma con numero di utenti talmente ridotto da rendere evidente la recessività di strumenti simili che, pur dimostrando la potenziale apertura del concetto di rete informatica, dimostrano quanto forte sia la network externality nel campo telematico.

In ogni caso le forti opposizioni ricevute spinsero il governo Statunitense a ripensare al progetto nella sua interezza tanto che, nel giugno del 1998, la NTIA pubblicò un nuovo statement of policy, anch’esso inidoneo a incidere sulla normativa vigente ma che, a differenza del green paper, non prevedeva i meccanismi partecipativi propri del general notice of proposed rule making.[80] Tale documento, noto come white paper, delineò il nuovo percorso volto a disciplinare l’assetto di competenze in materia di nomi a dominio e indirizzi IP e, quindi, in sintesi, in materia di governance della Rete. Il primo aspetto trattato fu quello dei principi ai quali il governo di Internet si sarebbe dovuto ispirare: stabilità del sistema DNS nel suo complesso[81], concorrenza e libertà di scelta dei consumatori[82], autogoverno recepente le istanze di tutti gli utenti e partecipazione internazionale al processo di individuazione delle regole, nonché degli uffici preposti alla gestione del sistema[83]. Fuori da tali principi, molti erano gli interessi perseguiti individuati dal documento, in questa sede solo elencabili: “l’eliminazione di ogni monopolio e l’introduzione della libera concorrenza nella fornitura del servizio di registrazione dei nomi di dominio, l’individuazione di strumenti per la risoluzione di controversie relative al conflitto fra marchi registrati e nomi di dominio, l’istituzione formale di un’organizzazione preposta a garantire il funzionamento di internet onde assicurare la stabilità necessaria per attrarre investimenti degli operatori commerciali, il coinvolgimento nel c.d. new system anche di gruppi rappresentativi degli utenti operanti al di fuori degli Stati Uniti, l’arretramento degli enti di ricerca dell’Amministrazione federale nel coordinamento e finanziamento delle attività connesse alla gestione della rete in considerazione dell’evoluzione di questa da struttura utilizzata per fini di ricerca scientifica all’interno degli USA, a strumento internazionale di commercio educazione e comunicazione”.[84] A guidare la transizione verso questo nuovo sistema di governo sarebbe stata una NewCo, la medesima individuata anche nel green paper, con la quale l’Amministrazione statunitense avrebbe stipulato degli accordi per il trasferimento delle funzione in tema DNS fino ad ora svolte dalla Network Solution Inc.[85] e dalla IANA. L’organismo così istituito avrebbe avuto il compito di svolgere unitariamente tutte le funzioni delle quali fino ad ora si è parlato: dall’allocazione degli indirizzi telematici fino alla gestione del root server autoritativo. Lo stesso white paper si occupava inoltre di delineare la struttura dell’organizzazione, con la previsione di un organo elettivo detto Board of Directors aventi funzioni decisorie e di una serie di organi consultivi variamente in grado di influenzarne le scelte.[86]

Il quadro appena delineato mostra la volontà del governo statunitense di mantenere, anche sulla base del ruolo svolto nella creazione del DNS e della Rete stessa, una posizione di guida del processo di liberalizzazione e globalizzazione del governo di Internet, evidenziato anche dall’asserita necessità che il nuovo organismo a ciò deputato avesse sede negli Stati Uniti. Nonostante ciò, la proposta delineata nel white paper ebbe il pregio di catturare il consenso diffuso avendo successo lì dove il green paper aveva fallito: perfino la Commissione europea si dichiarò soddisfatta per l’assetto delineato dal documento americano e annunciò l’intenzione di supportarlo.[87]

Il percorso analizzato fino ad ora mette in evidenza come le regole alla base di Internet siano state strutturate grazie all’apporto di esperti riuniti in una comunità sostanzialmente costituita da pari[88]. Il sistema DNS non ha costituito un’eccezione a tale fenomeno essendo nato, come visto, dalla mente di Jon Postel. Lo sviluppo autonomo, però, si è rilevato incapace di fronteggiare l’espansione del mezzo su scala mondiale, determinando il passaggio a uno eteronomo caratterizzato da un intervengo governativo unilaterale. L’evoluzione della rete ha segnato la trasformazione del sistema da uno gemeinshaft, basato sull’appartenenza, a uno  gesellshaft, basato sullo scambio.[89]

L’emanazione del white paper portò all’istituzione da parte di Jon Postel[90], già guida della IANA, di un’associazione no profit delineata sulla base della descrizione fatta dal documento americano della NewCo, ovvero dell’organismo individuato come nuovo gestore della governance informatica. Nacque così l’ICANN, ovvero l’Internet Corporation for Assigned Names and Numbers, ente senza scopo di lucro avente quale unico scopo la gestione del funzionamento di Internet.[91] Il passaggio successivo, già individuato nel white paper, fu quello rappresentato dalla stipulazione di un Memorandum of Understanding fra il Dipartimento del Commercio americano e l’ICANN, avente ad oggetto i profili inerenti l’attribuzione a quest’ultimo delle funzioni in materia di DNS.[92] L’accordo avrebbe dovuto portare a un’azione congiunta dei due contraenti volta a “design, develop, and test the mechanism, methods and orocedures that should be in place and the steps necessary to transition management responsability for DNS functions now performed by or on behalf of the U.S. Government to a private secotr not for profit entity”,[93] cioè al passaggio graduale e non traumatico da un sistema gestito dal Governo o da enti connessi, ad uno caratterizzato dall’autogoverno del DNS affidato ai privati in un contesto di libera concorrenza e di promozione delle istanze degli utenti.

Il Memorandum di cui si è appena parlato, a dispetto delle proclamate intenzioni americane, non portò a una completa dismissione da parte dell’Amministrazione statunitense di tutte le funzioni in materia di gestione del governo di Internet: il Dipartimento del Commercio, infatti, nell’accordo stipulato, si attribuì compiti di supervisione e vigilanza sull’intero pacchetto di attività svolte dal neonato ICANN. Pur non rappresentando necessariamente un aspetto negativo la mantenuta primazia degli Stati Uniti nella gestione di alcuni aspetti tecnici della Rete quali quelli inerenti gli indirizzi IP e il root server, il ruolo  svolto dal Governo americano nella nascita del sistema dei nomi a dominio e della stessa Internet, non sembra poter giustificare la persistenza di una posizione di spicco dell’amministrazione statunitense nella gestione di interessi economici e sociali, ben lontani da quelli di natura tecnica. Prima di analizzare le trame che hanno caratterizzato l’evoluzione dei poteri attribuiti all’ICANN vale la pena individuare in maniera precisa i compiti ad essa inizialmente affidati dal Memorandum of Understanding integrato dagli Articles of incorporation. Tale precisazione ci permetterà di evidenziare come parte delle funzioni correntemente esercitate dalla NewCo siano state il frutto di un’autoattribuzione avvenuta de facto, attraverso l’esercizio delle stesse in assenza di opposizioni. Il quadro iniziale prevedeva, infatti, il mero compito per l’ICANN di condurre studi su protocolli, norme tecniche e metodologie utili a realizzare la transizione verso la privatizzazione del domain name system. Come ben si evince tale dizione era ben lontana dall’affidare alla corporation alcun potere sul DNS[94]. Ciò nonostante non si può fare a meno di notare che tale funzione, limitata sostanzialmente alla ricerca, venne svolta dall’ICANN in maniera totalmente diversa da come previsto: essa infatti agì come titolare dei poteri di regolazione del DNS, con la finalità di dimostrare la funzionalità del modello delineato dall’amministrazione americana nel white paper.[95] Neanche il successivo Cooperative Research and Development Agreement stipulato dall’ICANN con il Dipartimento del Commercio fu volto ad attribuire alla corporation funzioni effettive di regolazione del DNS: come si evince anche dal nome, infatti, con esso si intende un particolare accordo disciplinato dal diritto amministrativo americano in base al quale amministrazioni e  privati si impegnano per perseguire unitamente finalità di sola ricerca. L’esercizio dei poteri in materia di indirizzi IP e DNS venne formalmente trasferito all’ICANN solo in seguito al c.d. USC/ICANN Transition Agreement, stipulato nel gennaio del 1999 ed avente ad oggetto il trasferimento delle funzioni fino ad allora esercitate dalla IANA e quindi attraverso essa dal Governo degli Stati Uniti.[96] A tale accordo ne seguì un altro, con il quale il governo statunitense chiarì il suo impegno a richiedere alla neonata ICANN l’esercizio delle funzioni in precedenza proprie della IANA.[97] Fonte dei poteri dell’ICANN in materia di DNS risultarono essere, quindi, gli accordi da questa stipulati con il Governo degli Stati Uniti e con il gruppo guidato da Jon Postel. Rimaneva solo da chiarire il ruolo nel sistema della Network solution Inc., ovvero della società che, come abbiamo avuto modo di vedere, deteneva il root file server autoritativo e il corrispondente potere di registrazione dei domini di primo livello generici. Nonostante fra le finalità del white paper vi fosse quella di trasferire anche queste funzioni alla NewCo, la NSI, sostenne di poter essere definita, in base al Cooperative Agreement del gennaio del 1993, stipulato fra essa e la National Science Foundation, unica proprietaria del root server e titolare dei poteri di registrazione conseguenti, indipendentemente da qualsiasi accordo volto a prorogare il contratto con l’Amministrazione americana. Tale argomento fu posto alla base dette trattative che, nel novembre del 1999, portarono alla stipula da parte dell’ICANN, del Dipartimento del Commercio e della NSI dei c.d. Tripartite Agreements.[98] Tale termine si riferisce al fascio di accordi con i quali i tre contraenti definirono le rispettive funzioni all’interno del sistema dei nomi a dominio: La NSI si impegnò a non creare root alternative e a riconoscere l’autorità dell’ICANN che così ottenne il controllo delle registrazioni sotto i domini .com, .net e .org che, d’ora in avanti sarebbero potute avvenire soltanto con il rispetto delle condizioni elaborate dalla corporation. In cambio la NSI trattenne il ruolo di detentrice del root server autoritativo e le funzioni di Registro legate ai domini di primo livello appena elencati. L’ICANN, d’altra parte, si obbligò a trasferire al Dipartimento di Commercio americano tutti i diritti legati ai contratti di registrazione dei nomi a dominio in caso di revoca da parte del Governo del riconoscimento come NewCo.[99]

Il rapporto contrattuale fra ICANN e Dipartimento di Commercio americano, sorto con il Memorandum of Understanding del 1998 e proseguito con il Joint Project Agreemen[100]t del 2006, venne definitivamente meno il 30 settembre 2009[101], giorno in cui i due soggetti stipularono una dichiarazione programmatica priva di efficacia vincolante: l’Affirmation of Commitments[102]. Essa, pur in assenza di alcun vincolo giuridico confermò sostanzialmente l’assetto precedente: la mancanza di un vincolo contrattuale infatti non fece venir meno il controllo dell’Amministrazione statunitense sul’ICANN che, continuò a detenere il potere di incidere sulle scelte della corporationattraverso la possibilità di spogliare la stessa delle funzioni IANA e di decidere le modifiche del root file server attraverso la VeriSign Inc. ora detentrice della NSI) [103]

Le recenti vicende che hanno visto coinvolta l’ICANN e il relativo procedimento di definitiva separazione della stessa dalla NTIA e, quindi, dal Governo Americano, saranno analizzate nel paragrafo 2.5, dedicato alle prospettive di riforma. Vale invece ora interrogarsi sulla legittimazione dell’assetto di competenze fino ad ora delineato.

2.2. La legittimazione

Fino ad ora si è avuto modo di vedere come sotto il profilo dell’origine del potere, il processo che ha portato all’istituzione dell’ICANN e al suo assetto di funzioni, è stato caratterizzato da una moltitudine di scelte prese unilateralmente da un potere pubblico, gli Stati Uniti, che hanno determinato l’attuale assetto di competenze e definito lo stesso concetto di Internet governance.  Come chiarisce K.Bohling “a single government – the United States – developed a unitary system for the administration of Internet addresses and domain names with the semiprivate ICANN which it controls through the Department of Commerce”[104] La rilevanza degli interessi sottesi al governo di Internet in relazione a tale evoluzione ha portato a chiedersi se possa dirsi legittimato un organismo come l’ICANN a regolare un settore globale come la Rete in base a una decisione esclusivamente nazionale.[105] Sul piano internazionale non è mancato chi ha rilevato tale iato: si prenda ad esempio il Conseil d’Etat francese che ha ritenuto necessario evidenziare il bisogno di “promouvoir la democratisation de l’ICANN notamment en rendant le conseil d’administration responsable devant una assemble generale des parties prenantes”[106] Come si dirà a breve, la necessità di contemperare gli interessi globali che caratterizzano la Rete con la natura nazionale dell’ente, porta a meccanismi di apertura volti a garantire una partecipazione procedimentale e organica. A mutare, quindi, non è la genesi dei poteri della corporation, bensì il suo processo decisionale, aperto all’inclusione di tutti gli stakeholder, e volto a globalizzare un’organizzazione per sua natura interna ad uno Stato.[107]

Le obiezioni fino ad ora sintetizzate nascono da un dato: l’assunzione di poteri e funzioni da parte dell’ICANN sarebbe avvenuta in “via di fatto” ovvero, come visto nel sottoparagrafo precedente, attraverso una decisione unilaterale che ne ha sancito l’istituzione e ne ha determinato le competenze. Ciò ha portato a un sistema di governo nazionale in un settore che fa dell’insensibilità ai confini geografici il suo motivo d’esistere. Tale sistema di governo nazionale, come visto, non è stato il frutto di una decisione globale, ciò ha determinato un problema di legittimazione politica e giuridica.[108] In realtà, non si può fare a meno di notare che il documento che portò al sistema di governance attuale, il white paper, fu positivamente accolto da numerosi soggetti internazionali, tra cui la Comunità Europea.[109]

Prima di analizzare la soluzione raggiunta dalla dottrina amministrativa per tentare di legittimare ex post il governo dell’ICANN, vi è da rilevare che, anche sul piano interno, la creazione della corporation portò a dei rilievi critici sotto un duplice aspetto: la lesione dell’equilibrio tra esecutivo e legislativo e l’utilizzo dei meccanismi propri del diritto privato.

Occorre innanzitutto interrogarsi sulla legittimità formale dell’origine dei poteri dell’ICANN in ragione del diritto interno statunitense. Come abbiamo avuto modo di vedere, il governo di Internet fino al 1998 fu gestito, nelle sue varie articolazioni, in maniera indiretta dal Governo degli Stati Uniti, attraverso lo IANA e la NSF. La transizione verso l’attuale sistema avvenne attraverso la cessione, da parte del Dipartimento di Commercio americano alla neonata corporation, di tutti i poteri di gestione. Lo strumento utilizzato per tale cessione fu rappresentato da un accordo: il Memorandum of Understanding. Tale accordo si premurava di specificare che la legittimazione a effettuare tale cessione da parte dell’amministrazione trovava il proprio fondamento giuridico nella direttiva Presidential Memorandum on Electronic Commerce del 1° luglio 1997 con il quale il Presidente degli Stati Uniti raccomandava al Dipartimento di Commercio di sostenere un piano volto a privatizzare il DNS e nel Joint Project Authority, attributivo allo stesso Dipartimento del compito di elaborare un piano di ricerca da svolgersi insieme a enti no profit privati su temi di interesse generale.[110] Non si può fare a meno di notare che tali atti, pur astrattamente idonei a giustificare la cessione di potere all’ICANN dei poteri in tema DNS, non possono esonerare il giurista dal ricercare una legittimazione sul piano sostanziale della stessa.

L’ICANN è stato in passato ricondotto al modello delle agencies, nato durante il New Deal roosveltiano, e implicante una delega di poteri, da parte dell’Amministrazione governativa in favore di enti privati, volta all’individuazione di standard relativi all’applicazione di una determinata normativa tecnica.[111] Nel corso degli anni la giurisprudenza americana ha individuato, però, due condizioni affinché una simile delega potesse essere ritenuta legittima: l’autorizzazione del Congresso e la garanzia di un pubblico controllo sull’attività dell’ente delegato.[112] Ciò avrebbe garantito l’imputabilità all’amministrazione, per lo meno politica, degli atti sostanzialmente elaborati dal private regulator ma formalmente emanati dalla stessa. Un quadro così definito mal si presta ad accogliere il fenomeno ICANN, la corporation, infatti, ricevette i propri poteri senza una preventiva autorizzazione del Congresso statunitense: ciò portò parte della dottrina a ritenere che una simile operazione integrasse una violazione del dettato costituzionale appena descritto e riassumibile nell’espressione “non delegation doctrine”, ovvero nel divieto per l’esecutivo di delegare una propria funzione ad un ente privato senza un atto autorizzativo dell’organo di rappresentanza.[113] Tale conclusione, inoltre, sembra trovare conferma anche sotto il profilo sostanziale. Si è appena avuto modo di vedere, infatti, come il modello delle agencies, prevedesse la possibilità di delegare funzioni proprie delle amministrazioni di natura strettamente tecnica. A ben vedere risulta difficile inquadrare le funzioni attribuite all’ICANN in materia di DNS limitate alla natura tecnica. Alcune delle competenze trasferite con il Memorandum e con i successivi accordi – quali ad esempio quelle inerenti la selezione delle imprese abilitate a fornire i servizi di registrazioni, la determinazione delle condizioni generali dei contratti da queste stipulante con gli utenti e il potere di creare nuovi domini di primo livello – sono riconducibili a poteri di regolamentazione del mercato e di normazione del settore, estranei al modello delle agencies. Vale la pena fare cenno a due aspetti che ben mettono in luce l’esercizio di un potere decisorio politico, e non tecnico, da parte dell’ICANN. Il primo riguarda la decisione della corporation di elaborare la c.d. Uniform Dispute Resolution Policy, una clausola compromissoria obbligatoria per tutte le imprese che avessero deciso di svolgere la funzioni di registrars, ovvero di fornire al pubblico il servizio di registrazione di domini di secondo livello.[114] Appare evidente come una simile scelta non possa essere considerata tecnica quanto, piuttosto, riconducibile a una valutazione di natura politica che, secondo parte della dottrina, sarebbe dovuta spettare ai pubblici poteri e non certo a un organismo privato formalmente tecnico come l’ICANN.[115] Lo svolgimento di funzioni politiche e non solo tecniche da parte della corporation emerge chiaramente anche nel fenomeno che, alle porte del ventunesimo secolo, condusse alla creazione dei nuovi domini generici di primo livello (gLTD).[116] L’ICANN individuò unilateralmente i criteri per la selezione dei nuovi gLTD emanando un avviso nel quale annunciava che sarebbe stata essa stessa a decidere sulle proposte ricevute[117]La decisione di aprire il legacy root all’introduzione di nuovi domini di primo livello fu motivata dall’organizzazione sulla base della necessità di garantire la stabilità e il funzionamento della Rete. Non si può fare a meno di notare come, in realtà, una simile scelta difficilmente fosse riconducibile all’ambito tecnico, mostrando ancora una volta la natura politica dell’organizzazione o, almeno, delle sue funzioni. La dottrina rilevò, inoltre, come alcune delle proposte ricevute dalla corporation, furono rigettate sulla base di principi mai pubblicamente annunciati, in palese contrasto con i principi di trasparenza, correttezza e parità di trattamento ma in perfetta continuità con l’idea che l’introduzione di nuovi domini fosse guidata da motivazioni arbitrarie dell’ICANN, probabilmente influenzate dalla politica del Department of Commerce americano.[118] Quanto detto consente di affermare che i criteri che guidarono il processo che portò all’introduzione di nuovi domini di primo livello, non ebbero alcuna attinenza con questioni di natura tecnica. “La corporation americana in tale occasione esercitò poteri di governo politico e non tecnico della rete informatica”[119], sottraendoli ai meccanismi di responsabilità giuridica e perfino politica. La necessità di allocare una risorsa limitata quale sono i nomi a dominio, d’altronde, fa emergere un interesse pubblico riguardante tutti gli utenti della Rete. La gestione di tale sistema, che di Internet rappresenta il cuore pulsante, non può allora non imporre scelte che trascendono l’aspetto tecnico e che ricadono nella valutazione politica. Tali osservazioni stimolano la necessità di definire in maniera chiara i rapporti fra l’ICANN e il governo degli Stati Uniti prima di cercare di individuare in altro modo le fonti di legittimazione dei poteri della corporation californiana.

Come si è avuto modo di vedere studiando il processo che ha portato alla nascita della NewCo, la privatizzazione del sistema dei nomi a dominio non ha impedito al Dipartimento di Commercio americano e in particolare alla NTIA di trattenere rilevanti poteri di controllo e di indirizzo nella gestione della Rete. Essi, come precedentemente detto, non sono venuti meno in seguito alla fine del rapporto contrattuale con l’ICANN: a tal proposito si rileva innanzitutto il potere del Department of commerce, di impedire la creazione di nuovi domini di primo livello o l’introduzione degli stessi nel root server gestito dalla Network Solution Inc.[120] Il potere dell’amministrazione americana, però, non si limitava a questo, potendo la stessa incidere sull’intero operato della corporation attraverso la possibilità di revocarle i poteri in materia di DNS ad essa attribuiti attraverso il Memorandum prima e l’Affirmation of Commitents poi. Tale squilibrio comportava, quindi, il potere di influenza del governo americano pur in assenza di alcun atto di indirizzo. “La stessa possibilità di esistenza di ICANN dipendeva dal Department of Commerce, che non sono aveva concesso a questa la gestione del root file zone attraverso l’assegnazione dei poteri IANA ma, soprattutto, aveva legittimato il ruolo dell’ente obbligando le imprese attive nel settore del DNS quali la NSI, a riconoscere l’autorità dell’ICANN.”[121] Illuminanti sono le parole di J.Pincus, General Counsel del Department of Commerce che, nel chiarire i rapporti fra il DoC e l’ICANN dichiarò “The MoU between DoC and ICANN constitutes the Government’s recognition of ICANN”.[122] Ciò porta alla conclusione che “l’unica fonte del potere dell’ente nel sistema risulta essere rappresentata dal riconoscimento da parte dei 13 root server della sua autorità e nell’impegno profuso dal Governo volto ad imporre alla Network Solution Inc. di rimettersi alle decisione dell’ente.”[123]

I canoni privatistici, quindi, tesi a eliminare l’influenza dell’esecutivo statunitense “sono stati contraddetti dalla loro stessa origine”[124] La gestione della rete in mano ai soli esperti privati è stata privilegiata nella sola forma ma, sostituita, nella sostanza, da un’amministrazione nazionale in grado di condizionarne, in via ipotetica, le sorti. Prima di affrontare le recenti vicende in base alle quali gli stessi Stati Uniti hanno formalmente dismesso il proprio controllo sull’ente, rivoluzionando l’intero sistema contrattuale posto, come visto, alla base dei poteri della corporation, vale la pena analizzare il tentativo della dottrina amministrativa di sanare la mancanza di legittimazione sostanziale attraverso una c.d. legittimazione procedurale basata sull’apertura del sistema alla partecipazione di tutti gli stakeholder.[125]

L’incapacità di trovare sul piano costituzionale o internazionale una legittimazione ai poteri dell’ICANN ha spinto, infatti, parte della dottrina a ricercarla sul piano amministrativo[126] attraverso un ampliamento delle procedure che negli anni hanno permesso un maggior dialogo con tutti gli utenti della Rete e, quindi, un aumento degli interessi rappresentati.[127] Tali meccanismi hanno supplito alle carenze genetiche di legittimazione dell’ICANN appena descritte. L’impossibilità di modificare le condizioni che hanno portato alla nascita dell’ente hanno spinto la dottrina a ricercare la legittimazione dello stesso non più in una dimensione sostanziale bensì in una procedurale. La partecipazione ai processi decisionali, in quest’ottica, inciderebbe sul momento costitutivo dell’organizzazione legittimandone i poteri ex post.[128] Una simile interpretazione dei modelli partecipativi[129] permette di raggiungere un obiettivo che i soli mezzi adoperati dal governo statunitense non solo non sono stati in grado di ottenere ma che, bensì, hanno evitato: l’internazionalizzazione della corporation. L’integrazione di esperti e del resto dei soggetti interessati nel dialogo istituzionale, costantemente effettuata dall’ICANN negli ultimi venti anni, ha riportato indietro le lancette dell’orologio ricostituendo una gestione della Rete più simile a quella che caratterizzò la sua nascita e la sua evoluzione. Grazie ad essi l’ICANN “relies on partecipation from the full breath of the Internet community and seeks to ensure truly international partecipation”[130] D’altronde si è avuto modo di vedere come Internet trascenda i confini nazionali e rappresenti una rete di comunicazione nonché un interesse globale. Ciò nonostante il processo che ha portato all’istituzionalizzazione dell’ente che ne gestisce il cuore, ovvero il sistema DNS, non si è concluso con un atto normativo di tutti gli interessati, bensì con un fascio di accordi che hanno visto coinvolto in prima linea il Governo Statunitense che ha perfino mantenuto parte delle sue prerogative. Ciò rende evidente perché la proceduralizzazione e la partecipazione sopperiscano alla legittimazione iniziale permettendo la condivisione del potere decisorio fra tutti i soggetti interessati e garantiscano esse stesse una “legittimazione secondo diritto” in maniera analoga a quanto avvenuto nell’ordinamento interno con le autorità indipendenti.[131] Ciononostante, sostituire la legittimazione ex ante con quella ex post, non colma definitivamente le lacune che hanno contraddistinto la nascita dell’ICANN né può segnare il punto di arrivo del processo di privatizzazione della gestione della Rete[132]: non è un caso che lo stesso Governo americano abbia dato il proprio contributo in questa direzione attraverso lo IANA Transiction Plan volto a recidere il cordone ombelicale che lo lega all’ente e che sarà analizzato nel prosieguo del lavoro. Eppure, non si può fare a meno di notare che, spostando la propria attenzione dalle origini del potere e rivolgendola all’esercizio dello stesso, i meccanismi partecipativi permettono a chiunque di presentare documenti e opinioni a quella che, formalmente, è un’associazione privata americana, riconsegnando nelle mani degli utenti il governo della Rete e spingendo parte della dottrina a ridimensionare il problema relativo alla legittimazione genetica. A mutare è lo stesso ruolo del diritto in un’istituzione globale come l’ICANN che, pur presentando al suo interno un organo intergovernativo, non basa su questo la sua nascita e la sua funzione quanto bensì sull’interazione di tutti i soggetti secondo un impianto orientato all’efficacia. D’altronde, lo studio della genesi dell’ente dimostra come perfino le fonti utilizzate presentino un quadro totalmente mutato: il mancato utilizzo di un Trattato, colmato dall’utilizzo di meccanismi interni alla corporation, è simbolo del superamento dei tradizionali strumenti giuridici. In più di una circostanza organizzazioni internazionali hanno palesato la volontà di sostituire l’attuale modello di governance con uno costituito attraverso un Accordo internazionale: queste proposte, però, hanno sempre trovato la ferma opposizione degli Stati Uniti, intenzionati a porre nelle mani dei privati – e quindi degli utenti – il governo di Internet, piuttosto che in quelle dei governi.[133] Risultati astrattamente raggiungibili attraverso una revisione del modello genetico dell’ICANN sono stati invece ottenuti attraverso strumenti di diritto amministrativo globale.[134]

L’adozione di meccaniche di ampia partecipazione pone la necessità di contemperare due diverse esigenze, entrambe non sacrificabili. Il sistema dei nomi a dominio, come si è ampiamente visto, trova nell’unitarietà della sua tecnica la linfa vitale che permette allo stesso di esistere e, allo stesso tempo, di garantire il corretto funzionamento di Internet così come lo conosciamo; d’altra parte un sistema con rilevanza globale come la Rete, al quale partecipano utenti aventi interessi anche molto diversi, porta con sé istanze che, in virtù di quanto appena detto, devono essere sintetizzate in una decisione unitaria. Le Rete alle origini era priva di strumenti di canalizzazione delle decisioni, i gruppi di esperti lavoravano autonomamente garantendo l’evoluzione dell’infrastruttura grazie al consenso non istituzionalizzato e al governo della tecnica. Lo stesso DNS nasce, come visto, dagli studi di una sola mente, Jon Postel, e si impone senza che alcuna autorità l’abbia definito come standard. Ciò era possibile anche grazie al ristretto numero di utenti partecipanti al dialogo informatico. Ad oggi, l’istituzione dell’ICANN e l’aumento esponenziale dei soggetti connessi che ha fatto di Internet il mezzo di comunicazione per eccellenza, ha portato la necessità che regole si pongano alla base dell’attività della corporation in maniera da coordinare i contributi di tutti gli utenti interessati e renderli compatibili con la presenza di un unico ente di governo. I meccanismi partecipativi, in questo modo, bilanciano il potere decisionale del Comitato direttivo dell’ICANN operando da filtro volto a selezionare gli interventi da ammettere nel processo decisorio.[135]Il termine che definisce questo complesso sistema è multiskakeholder.  I comitati e gli organismi che costituiscono la struttura interna dell’ente, oggetto di analisi del prossimo paragrafo, catturano le istanze provenienti dall’esterno, le canalizzano in un procedimento, e giungono all’adozione di regole tecniche globalmente valide. L’equità di un sistema simile è garantita dalla trasparenza delle norme che ne regolano il procedimento e dalla stessa struttura organica dell’ente. L’adozione di policy da parte dell’ICANN è, infatti, obbligatoriamente preceduta da una discussione pubblica, aperta attraverso la pubblicazione sul sito web dell’ente del progetto di policy stessa. Per quanto riguarda invece la partecipazione degli organismi interni della corporation, essa varia in base alla materia oggetto della policy da adottare ed è disciplinata dal Policy Develpment Process (pdp), un allegato allo statuto dell’ente applicabile a tutte le procedure di policymaking.[136] Per quanto riguarda la materia rappresentata dai nomi a dominio generici, fondamentale è la posizione occupata dall’organizzazione di supporto per i nomi generici (Generic Name Supporting Organization, gNso). Gli organi dotati di poteri di iniziativa sono il consiglio direttivo, l’organizzazione di supporto e i comitati consultivi. All’iniziativa segue la consultazione pubblica volta a definire l’oggetto e la posizione da seguire. Tale prima fase del procedimento si conclude con una raccomandazione indirizzata al consiglio direttivo, ovvero all’organo decidente. Il consiglio direttivo al termine della valutazione compiuta sulla raccomandazione decide se adottare uno schema di provvedimento o rigettare la proposta. A questa fase, che prevede la partecipazione istruttoria, ne segue un’altra volta a garantire la piena conoscenza del progetto approvato da parte di tutti gli utenti.[137] La seconda materia è invece, come intuibile, quella riguardante i nomi geografici. Anch’essa vede l’intervento di un’organizzazione di supporto, la Country Code Names Supporting organization, ccNso) In tal caso la procedura prevista dal pdp è più complessa: essa estende infatti il potere di iniziativa a altre organizzazioni di supporto e alle organizzazioni regionali ed è anticipata da una discussione preliminare volta a determinare la pertinenza dell’oggetto dell’iniziativa con le funzioni dell’ICANN. La procedura presenta, inoltre, l’intervento del Comitato governativo, organo dell’ICANN al quale partecipano i rappresentati dei governi nazionali. L’istruttoria[138] è caratterizzata da una particolare attenzione al contemperamento delle posizioni dei soggetti operanti in ambito locale, in maniera tale da evitare un contrasto fra la policy globale e le istanze locali. La fase decisoria è del tutto simile a quella analizzata per i domini generici.

La presenza di meccanismi partecipativi, dunque, colora di sé tanto le funzioni dell’ICANN tanto la sua struttura, rispondendo alla necessità di coinvolgere un numero più ampio di esperti possibile. Gli strumenti che hanno reso la corporation un interlocutore aperto devono la propria ragione alla volontà di superare la originaria condizione unilaterale che ha caratterizzato, come visto, la sua nascita. Il sistema multistakeholder allora, risponde agli interessi di coloro che non avevano ottenuto un riconoscimento nel momento della genesi dell’ente, e legittima i poteri di quest’ultimo. Un sistema simile è tipico di Internet, essendo espressione della moltitudine dei suoi utenti e dei rispettivi interessi:

“Internet has involved pirivate-public and multiskakeholder coordination, has been international in scope and has embraced the pholosophy of making information accesible to everyone”[139]

I governi nazionali, rispetto a quanto avvenuto per gli altri media tradizionali, perdono la loro classica funzione di controllo. L’ICANN diviene elaboratore orizzontale grazie all’apporto di tutti gli interessati ma si riserva il potere di pronunciare l’ultima parola sul processo decisionale attraverso il quale impone regole e parametri tecnici che guidano l’evoluzione della Rete. Il problema di cui si diceva poc’anzi caratterizzato dalla necessità di compensare l’esigenza di unità e la partecipazione di tutti i soggetti, trova la propria peculiare soluzione proprio nel modello multistakeholder.

Naturalmente non si può fare a meno di far notare che tale modello non è privo di problemi e si espone a rilievi critici determinati soprattutto dal diverso peso dei soggetti coinvolti che non rende eguali gli interessi rappresentati. Si ricorderà che il sistema DNS lungi dall’esporsi all’adozione di regole solo tecniche risponde anche a valutazioni di carattere politico e economico che, in mancanza di equilibrio fra le parti, rischiano di condizionare in maniera eccessiva il governo della Rete.[140] Il metodo maggioritario che ha sostituito quello del consenso, caratterizzante i primi centri di gestione di Internet e l’insufficiente equilibrio degli interessi all’interno dell’ente, rendono il modello parzialmente insoddisfacente sul piano applicativo. D’altronde una simile riflessione tende a estendersi a tutti i processi deliberativi democratici che, come puntualizzò Bobbio, trovano il proprio limite proprio nell’impossibilità di influire in modo decisivo sul contenuto delle deliberazioni in mancanza di alternative effettive o dello stesso potere di scelta.[141] Le soluzioni per ovviare a tali problemi non sono rapide e la sostituzione del modello con uno caratterizzato da maggior controllo governativo non risulta gradito neppure a coloro che ritengono sia necessario rafforzare le fondamenta costituzionali dell’ente: “replacing the current model of multi stakeholder governance with heavy government control could threaten and perhaps eliminate the advantaged of flexibility and market-oriented arrangements that have characterized the Internet so far.[142]

La soluzione ottimale, a parere di chi scrive, sarebbe quella volta a integrare e migliorare il modello già rodato, accettando i compromessi necessari che ogni sistema partecipativo porta inevitabilmente con sé. La legittimazione, quindi, si allontana dal porto sicuro del diritto costituzionale e internazionale per giungere al diritto amministrativo, trovando nuovi sbocchi nel modello procedimentale multistakeholder che, tuttavia, è ancora ben lontano dall’essere perfetto.

2.3. La struttura

La possibilità di legittimare i poteri e la stessa funzione dell’ICANN attraverso l’adozione del modello multistakeholder rende imprescindibile lo studio della struttura formale dell’associazione, in maniera tale da definire quali interessi risultano effettivamente rappresentati e quali di essi necessiterebbero di una maggiore attenzione.

La struttura della corporation può definirsi una struttura complessa che ha subìto nel corso degli anni numerose modifiche anche per adattarsi alle nuove competenze attribuite all’ente. La prima rilevante modifica della composizione originaria è avvenuta nel 2002, in risposta a un sentimento diffuso di insoddisfazione causato dalla lamentata mancata democraticità dei suoi organi che ha portato all’indizione di nuove elezioni per gli organi di vertice senza, però, raggiungere risultati particolarmente rilevanti.[143] L’attuale conformazione è delineata negli Articles of Incorporation., allegati allo Statuto costitutivo.[144]Il vertice della corporation è rappresentato dal comitato direttivo (o Board of Directors), al quale si è fatto riferimento nell’analisi sui meccanismi procedimentali, che costituisce l’organo responsabile dell’adozione delle decisioni più importanti. Esso si compone di quindici membri più un presidente coadiuvati da sei liason tecniche aventi funzione meramente di controllo. I membri prendono il nome di “direttori” e la loro nomina è subordinata al possedimento di alcuni requisiti tra cui l’integrità morale e la particolare conoscenza del settore informatico. La loro elezione segue dei procedimenti complessi ai quali partecipano gli altri organismi che compongono l’ente: in particolare otto membri vengono nominati da un apposito comitato, il Nominating Committee (NomCom), i cui componenti sono espressione di tutti gli organi presenti in seno all’ICANN[145], i rimanenti 7 sono espressione di una nomina diretta da parte delle Supporting organizations (due dalle organizzazioni che gestiscono i domini geografici, due da quelle che coordinano l’assegnazione dei domini a livello continentale, due dalle assegnatrici dei domini generici) e di un comitato preposto alla rappresentanza dell’intero pubblico della Rete, l’At-Large Advisory Committe. I membri non possono poi inoltre ricoprire altre cariche specificatamente indicate quali quella di funzionario governativo, membro di un’organizzazione internazionale o di direttore di un’organizzazione di supporto. Una simile composizione del principale organo direttivo dimostra la volontà dell’ente di selezionare i suoi componenti perseguendo il solo fine di migliorare l’infrastruttura di rete, indipendentemente dagli interessi presenti in seno alle organizzazioni di supporto, e di assicurare l’indipendenza delle decisioni dall’influenza del potere politico, in maniera simile a quanto previsto dalla disciplina della fonction publique, per il Segretario Generale delle Nazioni Unite.[146] L’ICANN, dunque, pur non essendo formalmente un’organizzazione internazionale ne presenta una delle caratteristiche fondamentali: l’esigenza di imparzialità. Se la fase decisoria vede come sua protagonista il comitato direttivo, le fasi che la precedono sono caratterizzare dall’apporto delle organizzazioni di supporto e dei comitati consultivi. Le Supporting organizations, come si è avuto modo di vedere in occasione dell’analisi del modello procedimentale, garantiscono un dialogo plurale, avvicinando così l’organizzazione a un sistema di governo simile a quello delle origini, caratterizzato dalla discussione fra una moltitudine di gruppi informali. Diverso è invece il ruolo svolto dai Committes, che si limitano a esercitare una funzione consultiva caratterizzata da valutazioni di tipo non solo tecnico. D’altronde, il maggior peso delle organizzazioni si riverbera anche nel particolare processo che porta alla formazione del comitato direttivo. Le tre organizzazioni di supporto si occupano di materie diverse: come si ricorderà, due di esse svolgono un ruolo nell’adozione di regole tecniche in materia, rispettivamente, di domini generici e domini geografici; la terza, invece, si occupa indistintamente dell’adozione, della gestione e dell’assegnazione degli indirizzi Internet da adottare. Ognuna di esse ha al proprio interno un consiglio in continuo dialogo con il Board of Directors. [147] La Generic Name Supporting Organization in particolare si occupa della definizione delle policy globali, della ricerca del consenso fra i diversi gestori e della relativa coordinazione.[148] La necessità di mantenere un continuo dialogo con i gestori nazionali nasce dall’influenza che i pubblici poteri esercitano sugli stessi, evidenziata anche dalla necessità che il consiglio interno all’organizzazione coordini le proprie posizioni con il comitato di rappresentanza dei governi nazionali.[149]

A differenza delle organizzazioni di supporto che, come si è avuto modo di vedere, intervengono in maniera incisiva nel processo decisorio dell’ente, i comitati svolgono prettamente una funzione di ausilio, sottoponendo all’ente pareri di propria iniziativa o su richiesta e definendo le proprie procedure interne. Essi sono stati tutti istituiti dal comitato direttivo e sono riassumibili principalmente in: At-Large Advisory Committee, Security and Stability Advisory Commitee e Root Server Advisory Committee. La natura della Rete, in particolare, rende peculiare la posizione del primo, chiamato a rappresentare l’intera comunità di Internet, tenerla informata circa gli sviluppi del suo governo, promuovere politiche che vadano a vantaggio di tutti gli utenti e invitare gli stessi al dialogo all’interno delle strutture dell’ente. [150] Inoltre ha il potere di selezionare tre membri, rispettivamente per il comitato direttivo (ma senza diritto di voto), per il consiglio dell’organizzazione di supporto dei nomi geografici e uno per quella dei nomi generici. Esso, infine, agisce in rappresentanza delle Regional At.Large Organizations, ovvero  i “main forums and coordination points for public input to ICANN in its geographic region”, centri di discussione che canalizzano al proprio interno le diversità geografiche che caratterizzano l’ICANN e l’intero governo della Rete, in maniera tale che la gestione del mezzo tenga conto delle peculiarità locali. Tali organizzazioni sono individuate dalla stessa corporation che le seleziona attraverso accordi che assumono il nome di Memorandum of understanding.[151]. Le organizzazioni di supporto e i comitati sono affiancati dai panel tecnici, dagli organismi ad hoc e da un gruppo tecnico di collegamento. I primi esprimono la natura tecnica dell’ente che, in relazione a particolari questioni, può affidarne lo studio a soggetti privati e pubblici esterni all’organizzazione, svolgendo sostanzialmente un servizio di consulenza. Gli organismi ad hoc vengono istituiti per particolari compiti dal Board of directors in maniera tale da snellirne l’attività. Infine, l’organo di collegamento funge da gruppo rappresentante le organizzazioni di standardizzazione quale, ad esempio il Web Consortium, organo avente come finalità l’adozione di standard e protocolli per la navigazione web. Ciò garantisce l’interconnessione di sistemi diversi egualmente coinvolti nella struttura e nell’evoluzione della Rete, permettendo lo sviluppo di un maggior grado di integrazione fra le diverse politiche settoriali. Ciononostante, il loro ruolo non può interferire con l’autonomia del sistema DNS e, quindi, con l’architettura dei nomi a dominio, di competenza esclusiva della IANA.[152]

Abbiamo avuto modo di vedere come, almeno nella sua struttura formale, l’ICANN nasce come ente di natura privata, caratterizzato dalla sua personalità giuridica e dalla limitata possibilità di intervento per soggetti diversi da esperti, imprese e utenti. Questo carattere però è mutato negli anni portando con sé anche un mutamento degli equilibri interni e, di conseguenza, della sua struttura. L’influenza dei pubblici poteri sull’ente è andata oltre il già analizzato rapporto con il Dipartimento del Commercio americano, portando un aumento di peso dei governi nazionali, causando la creazione di una struttura ibrida pubblico-privata.[153]D’altronde il mancato coinvolgimento dei Governi dei Paesi terzi nella struttura dell’ente fu considerato fin dalla sua genesi un limite al modello di governance scelto. Ciò portò nel 2002 l’allora presidente della corporation ad auspicare una riforma statutaria volta a ottenere una maggior cooperazione internazionale con i Governi statali.[154] Le parole del presidente qui di seguito riportate evidenziano la volontà di superare i rilievi critici sollevati da una parte della dottrina concernenti la scarsa democraticità dell’ICANN:

“Though many in the Internet community react strongly against the very mention of governments, it is simply unrealistic to believe that global coordination of the DNS can succeed without more active involvement of governments”[155]

Nello stesso report il presidente Lynn evidenziò come un tale coinvolgimento avrebbe avuto il merito di portare un riconoscimento da parte delle autorità locali preposte ai database dei domini geografici, dell’autorità dell’ICANN in materia di legacy root, e di coinvolgere gli Stati nel finanziamento dell’ente. Il processo avviato da queste parole portò il 15 dicembre del 2002 ad una riforma statutaria[156]che, differentemente dalle sue premesse, volte a sottolineare la volontà di non sradicare l’ente dal settore privato, consentì un ampio coinvolgimento dei governi attraverso la creazione del Governmental Advisory Committee (GAC).

Il comitato in questione nacque come organo meramente consultivo, privo quindi di alcun ruolo formale nel processo decisorio della corporation.[157] Ciononostante nel tempo ha acquisito un peso maggiore, paragonabile a quello delle organizzazioni di supporto che, come abbiamo visto, intervengono attivamente nella procedura volta all’adozione di nuove policy. Una conferma del ruolo svolto dal comitato Governativo nel nuovo assetto di competenze è riscontrabile nella vicenda relativa alla creazione del dominio generico “.xxx”, respinto in un primo momento proprio a seguito del parere negativo del GAC[158]

Innanzitutto la funzione consultiva ad esso attribuita muta in caso di public policy determinando l’obbligo per il Comitato Direttivo di acquisire il previo parere dell’organo rappresentativo e di avviare una consultazione pubblicazione con quest’ultimo nel caso in cui decida di avvalersi di consulenti esterni.[159] Sempre in relazione a questioni di pubblico interesse, inoltre, il GAC può spontaneamente presentare il proprio parere, senza quindi che sia necessaria una preventiva richiesta, in tal caso il Board è obbligato a tenerlo in debita considerazione, comunicando l’eventuale intenzione di discostarsene, facendo così iniziare un procedimento finalizzato al raggiungimento di una posizione comune; al termine di tale procedimento l’organo amministrativo può adottare una decisione difforme dalla posizione del GAC solo attraverso una motivazione specifica e rafforzata. A confermare il ruolo fondamentale attribuito ai Governi nel modello derivato dalla riforma statutaria vi è inoltre il dato che il Comitato Governativo è sottratto, differentemente dagli altri comitati, al controllo del Board of Directors diretto a stabilire se gli organismi connessi in vario modo all’ente siano ancora utili o meno. L’influenza degli Stati sul governo della Rete si manifesta, inoltre, attraverso il rapporto degli stessi con gli enti gestori dei registri dei domini di primo livello nazionali,[160] sottoposti al controllo ultimo proprio dei Governi Nazionali. E’ evidente come quanto fino ad ora illustrato dimostri il tentativo degli Stati di appropriarsi del sistema DNS, fino ad ora riservato ai soggetti privati che trovano nell’ICANN la propria configurazione istituzionale. L’affermazione effettuata dal comitato governativo nel documento Principles Regarding New gLTD del 28 marzo 2007, volta a comprendere fra i temi di interesse pubblico anche l’introduzione dei domini generici, oltre che di quelli nazionali, sembra estendere a tutti gli ambiti tradizionali di regolazione dell’ente il ruolo dei governi. Il controllo da questi esercitato sull’ICANN, volto formalmente alla supervisione del rispetto dei principi di trasparenza, apertura, stabilità e sicurezza del sistema, consente di affermare che la posizione occupata dagli Stati nel governo della Rete è, ad oggi, di notevole rilevanza. Il superamento dello Stato westfaliano, non comporta la sparizione dello stesso per colpa dei fenomeni legati alla globalizzazione, bensì condiziona le modalità di esercizio dei suoi poteri: gli Stati abbandonando i propri confini nazionali e cooperano con un’associazione privata per la gestione di un interesse globale, tenendo ben presente sempre la finalità di conservare parte della propria sovranità.[161] Il rapporto che si instaura fra l’ente e i pubblici poteri porta alla nascita di un ente dalla natura ibrida: privata e pubblica. In realtà i benefici che potrebbero derivare da una tale costruzione dell’ente sarebbero tali solo se la divisione rispecchiasse le materie di competenza, comportando l’intervento statale solo in caso di public policy. In realtà ciò non avviene: gli Stati spesso mostrano di incidere attraverso il comitato anche su questioni tecniche, inquinando così l’asserita neutralità dell’ente, volta solo a migliorare l’esperienza di tutti i suoi utenti. Ciò ci porta allo stesso risultato al quale ci ha condotto lo studio del rapporto fra la corporation e il Governo Americano: la privatizzazione del settore è ben lontana dall’essere completamente realizzata. Ciò nonostante nel corso degli anni l’ICANN ha in più di un’occasione rivendicato spazi di autonomia e indipendenza, ciò grazie all’autorevolezza da essa acquistata sul piano globale in un processo di marginalizzazione dei governi dalla governance della Rete. Esempio ne è l’approvazione da parte del Board of Directors di un programma volto alla creazione di nuovi domini di primo livello generici[162]avvenuta nel giugno del 2011, avvenuta nonostante la moral suasion  dei governi nazionali che, in seno al GAC, avevano paventato il rischio che in caso di approvazione potesse venir meno la “sostenibilità politica” necessaria per il controllo da parte dell’ente del sistema dei nomi a dominio[163]. Risulta evidente, a questo punto, che la relazione fra l’ICANN e i governi nazionali ponga un freno anche all’obiettivo degli Stati Uniti di “regalare” ad Internet una self-governance effettiva, nella quale siano proprio gli utenti che lo abitano a detenerne il governo e, influenzando la struttura e l’assetto degli interessi in essa contenuti, mette a rischio lo stesso concetto di modello multistakeholder.[164]

2.4. Le funzioni

L’analisi della struttura e dei procedimenti decisori dell’ICANN ci consente di analizzare più da vicino le funzioni da esso svolte, tenendo ben presente che il carattere tecnico che le contraddistingue, cede parzialmente il passo, in una realtà come Internet che colora di sé tutti gli aspetti della vita sociale, a profili di carattere amministrativo e perfino politico.[165] La corporation statunitense vede nella definizione di parametri tecnici la sua funzione principale, attraverso tale attività essa si occupa di allocare risorse scarse, incentivare la concorrenza nel settore e, in sintesi, regolare il settore stesso, definendone gli indirizzi e influenzando il suo sviluppo. Non si può fare a meno di notare che la natura degli interessi sottesi a una simile competenza, l’oggetto da essa regolato e perfino il percorso che ha portato alla stessa creazione dell’ente[166], evidenzia che i compiti svolti dall’ente assumono la natura di una vera e propria funzione di rilevanza pubblica. A nulla serve eccepire il carattere tecnico e privatistico, che non riesce a nascondere la sussistenza di una vera e propria missione pubblica[167]. L’analisi degli elementi che contraddistingue una funzione – materia, finalità, attribuzioni e destinatari – può essere utile per avvalorare quanto detto. Per quanto riguarda la materia poco c’è da aggiungere rispetto a quanto detto fino ad ora: essa afferisce al sistema dei nomi a dominio e, quindi, alla topologia della Rete che ne permette il corretto funzionamento attraverso l’instradamento delle informazioni che su di essa viaggiano. Ciò è reso possibile attraverso una triplice attribuzione effettuata dal Governo Americano attraverso il già citato MoU e i successivi accordi che si sono ad esso affiancati o sostituiti: l’ICANN risulta delegata a gestire il sistema degli indirizzi IP e quello dei nomi a dominio, ad adottare gli standard che permettono il funzionamento e lo sviluppo della Rete e a controllare l’unicità del sistema attraverso la supervisione sull’unico server autoritativo. Le finalità sono quelle individuate con il Memorandum of Understanding e rappresentano, in senso lato, anche i principi che ne guidano l’attività: sviluppo, stabilità e concorrenza del sistema. La rilevanza mondiale dei compiti assegnati all’ente è evidentemente determinata dai destinatari degli stessi, ovvero il vasto pubblico, che gode dei benefici prodotti dal sistema di comunicazione sull’intero globo.[168] Ritorna, questa volta in un’ottica parzialmente diversa, la definizione dell’ICANN come figura ibrida: essa è infatti formalmente un’associazione privata soggetta al diritto statunitente che, però, svolge delle funzioni aventi rilevanza pubblica e globale, intrinsecamente connesse alla natura di Internet. Ciò si affianca alla rimodulazione dell’esercizio dei pubblici poteri, questi ultimi, come visto, si affiancano alla corporation collaborando con gli esperti e i tecnici che la compongono, realizzando a pieno un sistema multistakeholder.[169] Indipendentemente, quindi, dall’assenza di un’amministrazione formale, è l’esercizio dei poteri effettivamente svolti dall’ente a far rilevare che esso, pur essendo un soggetto privato, risulta attributario di compiti aventi rilevanza globale.[170]

Prima di analizzare più nel dettaglio i compiti svolti dall’ICANN in ottica amministrativistica, se ne possono osservare i risvolti “politici”. Capire la natura politica delle funzioni svolte dall’ente risulta semplice alla luce dell’analisi dell’assegnazione dei domini geografici di primo livello agli Stati. Come si è già detto in precedenza e come si avrà modo di vedere più nel dettaglio analizzando la struttura piramidale del governo di Internet, esistono dei domini di primo livelli c.d. geografici direttamente riconducibili agli Stati nazionali che ne gestiscono, in vario modo, il database e la correlata creazione di domini di secondo livello. Assegnare un dominio geografico risulta particolarmente complesso in tutti i casi nei quali sorgono nuove entità statali, frutto di processi storici diversificati. È evidente che, in tali circostanze, l’assegnazione del dominio geografico al nuovo Stato segue una serie di valutazioni che trascendono l’aspetto tecnico per ricadere inevitabilmente nel politico. Si prenda ad esempio il caso dello scioglimento dell’Unione Sovietica con il conseguente abbandono del dominio “.su” sostituito dal nuovo “.ru” per la Russia e da una moltitudine di nuovi suffissi per le entità fuori uscite dall’Unione. Tale sostituzione ha incontrato numerose resistenze politiche da parte degli operatori della Rete, desiderosi di mantenere il vecchio dominio con il quale continuavano ad identificarsi.[171] Fenomeni simili caratterizzano tutti gli eventi che avvengono nel contesto geopolitico; in talune circostanze il nuovo suffisso, al contrario, ha rappresentato un indice esterno di autonomia, confermativo dell’avvenuta indipendenza del nuovo Stato. Sebbene di Stato non possa parlarsi[172], un evento simile ha visto coinvolto il dominio europeo “.eu”, attivo dal 7 dicembre 2005 al termine di un processo lunghissimo iniziato nel 1999 a seguito della richiesta effettuata all’ICANN ad opera della Commissione Prodi[173], desiderosa di donare all’Europa il proprio dominio con le finalità di dare una maggiore visibilità alle sue istituzioni e al mercato dell’Unione.[174] L’iniziativa guidata dal Prof. Prodi trovò le resistenze dell’ICANN, giustificate dalla natura sovranazionale dell’Unione ma, da parte della dottrina, ritenute conseguenza della influenza politica del governo USA, spaventato dal significato in termini di coesione politica che sarebbe derivato proprio dall’assegnazione del dominio.[175] Una simile esperienza ha caratterizzato l’assegnazione alla Catalogna del dominio di primo livello “.ct”, fortemente osteggiata dal Governo di Madrid che, in seguito a un duro scontro tenutosi proprio all’interno delle strutture dell’ICANN portò all’adozione del suffisso “.cat”, simboleggiante non una realtà politica autonoma quanto bensì la comunità linguistica catalana.[176]

A questo punto si possono analizzare le funzioni in concreto esercitate dall’ICANN in esecuzione delle proprie competenze. Il governo di Internet si esplica attraverso una duplice funzione, regolatoria e di indirizzo alla quale se ne collega una terza: l’aggiudicazione.[177]

L’attività di regolazione esercitata dall’ICANN incide sul sistema dei nomi a dominio e, quindi, sulla stessa Internet, garantendo l’unità del sistema e promuovendo il suo sviluppo. La gestione della risorsa produce i propri effetti in scala globale[178] e non si limita, come visto, all’adozione di regole tecniche, bensì si estende all’individuazione di strategie e policy che incidono sulle posizioni degli utenti della Rete e sui benefici gli stessi traggono dall’infrastruttura. È stata così abbandonata l’intenzione dei suoi fondatori di limitare l’attività dell’ente alla supervisione tecnica, superata dal potere della corporation di influenzare lo sviluppo e l’andamento complessivo del settore,[179] da cui deriva il dovere di bilanciare le istanze di tutti i soggetti che operano nel settore.[180] In controtendenza a quanto affermato, parte della dottrina ritiene invece possibile individuare profili di continuità con i gruppi che hanno preceduto l’ICANN nel governo della Rete, arrivando ad affermare il carattere esclusivamente tecnico delle funzioni svolte dall’ente. In effetti esso in parte riflette la natura e le modalità di operare dei precedenti soggetti impegnati nella gestione del DNS, attraverso i già analizzati modelli partecipativi[181], se non fosse che la sua attività, sostanziandosi nella risoluzione delle pretese su risorse scarse, condiziona l’intero settore facendo sì che l’adozione di una regola tecnica sia frutto non di una funzione neutralmente esercitata ma bensì di un determinato assetto di interessi.[182] La funzione di aggiudicazione esercitata dall’ICANN si manifesta in una variegata veste[183]: innanzitutto attraverso la creazione di nuovi domini di primo livello, prodromica proprio alla futura assegnazione di ciò che, come si è visto, rappresenta una risorsa scarsa. Anche l’allocazione degli indirizzi IP che permette l’individuazione univoca di ogni elaboratore connesso alla Rete, e fondamentalmente connessa al DNS, può essere ricondotta fra le modalità di esercizio della funzione di aggiudicazione: l’ente in particolare la esercita creando un blocco di Indirizzi IP e assegnandolo alle Regional Internet Registries e alle Local Internet Registries, le quali assegnano i singoli indirizzi del blocco. E sempre l’ente inoltre a fornire le autorizzazioni necessarie per operare nel settore dei nomi a dominio, la cui mancanza incide sulla possibilità di esercitare la relativa attività economica.[184] Infine, riconducibile alla funzione di aggiudicazione è anche la risoluzione delle controversie, svolta dall’ente attraverso strumenti amministrativi che porta, inevitabilmente, al suo termine, all’assegnazione di un determino dominio. L’ICANN è inoltre un policy-maker, la cui attività, quindi, si sostanzia anche nella definizione di indirizzi attraverso i quali essa influisce sulle situazioni dei soggetti coinvolti nel settore informatico e stabilisce l’assetto dei relativi interessi. A influenzare e guidare tali indirizzi sono i principi secondo i quali l’ente opera e che si è avuto in più occasioni modo di richiamare: concorrenza, stabilità e sviluppo del sistema. In particolare la concorrenza viene perseguita attraverso processi volti a aumentare il numero di soggetti coinvolti nel mercato a valle dei domini di secondo livello che, a fronte di un unico soggetto gestore del Registro (ovvero del database contenente tutti i domini registrati sotto un determinato dominio di primo livello), presenta una moltitudine di conservatori, ovvero di imprese chiamate a offrire agli utenti finali il servizio di registrazione. Eppure non mancano segnali che evidenziano una discrezionalità dell’ente nella scelta di perseguire l’obiettivo di un mercato più concorrenziale: si prenda ad esempio il ruolo svolto dalla società Verisign, acquisitrice della Network Solution Inc. che al termine delle negoziazioni tenute con ICANN e Dipartimento del Commercio americano – analizzate nel paragrafo sulla genesi dell’ente – ha mantenuto il suo ruolo di detentrice dell’unico root server autoritativo e di monopolista del mercato legato al dominio “.com”[185]  Sulla medesima lunghezza d’onda si pone la scelta della corporation di non adottare il nuovo standard Ipv6, idoneo ad aumentare in maniera esponenziale in numero di indirizzi IP, fino alla completa saturazione della numerazione basata sullo standard precedente.[186] Anche il processo che ha portato alla parziale liberalizzazione della creazione dei domini di primo livello generici è stato segnato da molti punti di arresto che hanno finito per lasciare immutati per quasi venti anni i medesimi domini creati nel secolo scorso. Solo a partire dal 2011, come si è visto[187], ha assunto vigore la decisione del comitato direttivo avente ad oggetto la generalizzazione dei top level domains, vale a dire la possibilità per qualunque soggetto di ottenere un proprio dominio di primo livello. In realtà sul piano pratico questa riforma ha assunto una dimensione limitata, in parte anche dovuta agli elevati costi dell’operazione: 185 mila dollari per l’attivazione del gLtd e 25 mila dollari per il canone annuale.[188] Al di là del mancato successo dell’operazione, è evidente come il ritardo della sua realizzazione dimostri un’ampia discrezionalità dell’ICANN influenzata da ragioni strategiche e politiche, non di certo tecniche.[189] Ciò si collega a quando detto riguardo le possibili disfunzioni del modello multistakeholder, destinate a amplificarsi in caso di disequilibrio degli interessi rappresentati nei procedimenti decisionali. [190] Il sistema di governo di Internet, in quest’ottica mostra come la sua gestione sia guidata non solo da interessi tecnologici ma anche da istanze economiche, annullando la distinzione dalla quale questo lavoro è partito: la lex informatica diverrebbe, infatti, solo una delle espressioni della lex mercatoria.

L’esercizio delle funzioni fino ad ora illustrate avviene praticamente attraverso l’adozione di più tipologie di decisioni che rispecchiano l’ambito di operatività delle stesse: si parla di standard nel caso degli indirizzi IP, di norme tecniche per ciò che attiene al DNS e di prescrizioni generali per i criteri che guidano l’ente nell’assegnazione delle risorse appena elencate. Tralasciando i casi in cui le norme frutto dell’attività decisoria della corporation vengono traslate in atti normativi in senso stretto (e il caso dell’Unione Europea i cui regolamenti riprendono in toto le regole dell’ente), le determinazioni dell’ICANN sono state ricondotte dalla dottrina[191] alla categoria delle norme tecniche[192] in quanto idonee a divenire vincolanti in via di fatto e di diritto. Gli atti dell’ente sono caratterizzati da una duplice natura, amministrativa e regolamentare e formalmente prendono le forme di policy, risoluzioni, accordi e programmi. Delle policy e della loro funzioni si è già detto in precedenza, basti a questo punto ricordare che essi sono gli atti che descrivono e plasmano il futuro della Rete, indicano i principi guida dell’attività dell’istituzione, e che la loro definizione non è influenzata soltanto da ragioni di tipo tecnico ma anche politico e economico. Le decisioni rappresentano i singoli provvedimenti presi dall’ICANN per la disciplina di una determinata questione. Di fondamentale importanza nell’assetto di competenze delineato sono gli accordi, i quali, pur essendo caratterizzati da elementi tipicamente autoritativi, rappresentano l’asse portante del sistema consensuale posto alla base della gestione della Rete. È attraverso gli accordi, ad esempio, che avviene l’individuazione dei soggetti chiamati a svolgere la funzione di gestori dei registri in ambito locale o per ciò che riguarda un definito dominio generico. La natura amministrativa si cui si è detto poc’anzi risulta evidente dall’analisi del contesto istituzionale, dalla quale si evince che l’ente è chiamato a garantire, proprio attraverso l’adozione di tali atti, il funzionamento di un settore.[193] Il carattere regolamentare è poi evidenziato dalla portata generale che assumono le determinazioni assunte dall’ICANN, finalizzate a produrre i propri effetti nei confronti di tutti i soggetti facenti parte del sistema DNS. Da ciò risulta che tali atti, sono essi stessi fonti del “diritto”, pur non essendo riconducibili ad alcuna delle categorie tradizionali di nostra conoscenza. Ad un elemento come la normazione tecnica già conosciuto al diritto interno, se ne affiancano di nuovi finalizzati a perseguire l’effettività del sistema e che rendono quanto mai attuale la riflessione di coloro che ritengono che nello “spazio giuridico mondiale” il diritto tende sempre più a sfuggire ai classici canoni positivi e al relativo sistema delle fonti, per essere riconosciuto anche nella capacità di alcune regole di essere osservate esclusivamente in quanto fatto sociale.[194] La soft law della “normativa” ICANN, in particolare, riesce ad imporsi non grazie al suo valore giuridico, bensì per la sua capacità di garantire l’efficienza e l’unicità del sistema. Unicità del sistema che, come abbiamo avuto modo di vedere, non risulta essere imposta, ma che bensì rappresenta il risultato del beneficio che tutti gli utenti della Rete traggono dalla possibilità di interfacciarsi con il maggior numero di elaboratori e, quindi, di dati e persone. Il diritto lascia le sicure sponde della validità giuridica per approdare a quelle della effettività, ovvero della capacità della regola di imporsi in concreto nei confronti dei consociati di un determinato ordinamento. Come si è più volte fatto notare, la norma tecnica diviene giuridica e il diritto stesso si fa fattuale.[195] D’altronde la giuridicità delle regole provenienti dal sistema ICANN risulta evidente alla luce di elementi quali: la presenza di un’istituzione chiamata da produrle, la gerarchia presente fra le stesse, il riconoscimento effettuato dalle autorità giurisdizionali e la sostanziale obbligatorietà, per tutti coloro intenzionati ad essere inclusi nel settore, di rispettarle. La legittimazione genetica mancante all’autorità viene sostituita dai processi partecipativi che portano all’adozione delle sue determinazioni, le quali, proprio perché frutto di un dibattito aperto a una moltitudine di stakeholder, finiscono per essere riconosciute e da questi rispettate. Ciò che ne deriva è un sistema in cui è la capacità delle regole ad imporsi come vincolanti a determinare la validità delle regole stesse, in completa antitesi rispetto agli schemi giuridici tradizionali.[196] La cogenza è sostituita dall’utilità.[197] Ancora una volta la legittimazione del sistema ICANN è individuabile nel cuore della regolazione della Rete: il modello multistakeholder.

 

 

 

 

 


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[7] D.Sarti, I soggetti di Internet, in Annali it. Dir. Autore, 1996, pp. 5 e ss. e B.Carotti, L’ICANN e la governance di Internet, in RIv. Trim. dir. Pubbl., 2007, pp. 681 e ss.
[8] S.R.Salbu, Who Should Govern the Internet? Monitoring and Supporting a New Frontier, in Harvard Journal of Law and Technology, vol. 11, 1998, pp. 429 e ss.
[9] J.W.Dellapenna, Law in a Shirnking world: The interaction of science and technology with international law, in Kentucky Law Journal, vol. 88, 1999-2000, pp. 809 e ss.
[10] Ibidem, p. 832.
[11] B.Carotti, Il sistema di governo di internet, Milano, 2016, p. 26, cfr. e K.Nicolaidis, G.Shaffer, Transnational Mutual Recognition Regimes: Governance without Global Government, in Law and coontemporary problems, vol. 68, 2005, pp. 263 e ss.; K.Kooiman, Modern Governance, New Government – Society interaction, Londra, 1993.
[12] J.Mathiason, M.L.Mueller, H.Klein, M.Holitscher, L.McKnight, Internet governance: The state of play (9 settembre 2004), Internet governance project, paper IGP04-001,  disponibile su http://www.ip3.gatech.edu/images/IGP-State-of-Play.pdf, p. 6
[13] Per un confronto tra le due definizioni si v. B.Carotti, Il sistema di governo di internet, Milano, 2016, p. 27.
[14] J.Mathiason, Internet governance. The new Frontier of Global Institutions, New York, p. 59, cfr.
[15] The consensus machine, in The Economist, 18 giugno 2000. E J.Palfrey, The end of the experiment: how ICANN’s Foray Into Global Internet Democracy Failed, pp. 409-410, cfr.
[16] B.Kingsbury, N.Krisch e R.B.Stewart, The emergence of Global Administrative Law, in Law and Contemporary problems, vol. 68, 2005, p. 15, cfr. e S.Cassese, The Global Polity, Global Dimensions of Democracy and the Rule of Law, Sevilla, Global Press, 2012; Global Administrative Law and EU Administrative Law, a cura di E.Chiti and B.G.Mattarella, Berlin-Heidelberg-New York, 2011; D.C. Esty, Good Governance at the Supranational Scale: Globalizing Administrative Law, in The Yale Law Journal, vol. 115, n.7, 2006, p. 1490 e ss.: M.C.Ponthoreau, Trois interpretations de la globalisation juridique, Approche critique des mutations du droit public, in Actualitè Juridique de Droit Adminitratif, 2006, p. 20 e ss, cfr.
[17] S.Braman, The Interpenetration Of Technical And Legal Decision-Making For The Internet, in Information Communication e Society, vol. 13, 2010, n. 3, p. 309 e ss.
[18] L.D.Nardis, Protocol Politics: The Globalization of Internet Governance, p. 26 e ss, cfr.
[19] C.Rossello, La governance di Internet tra diritto statuale, autodisciplina, soft law e lex mercatoria, Milano, 2006, p. 8
[20] R.Mayntz, New Challenges to Governance, As Social And Political Communication, a cura di H.P. Bang, Manchester, MUP, 2003, p. 27.
[21]Si v. D. Marongiu, Organizzazione e Diritto di Internet, Milano, Giuffrè, 2013, p. 15, cfr.
[22] L’immagine esplicativa del modello è tratta da Ibidem.
[23] K.Hafner, M.Lyon,  La storia del futuro, Milano, 1998, p. 15 e ss.; Barabasi, Link. La nuova scienza delle reti, Milano, p. 157 e ss, cfr; M.Calvo, F.Ciotti, G.Roncaglia, M.A.Zela, Internet 2001:manuale per l’uso della rete, Bari, 2003, p. 333
[24] F.Carlini, Internet, pinocchio e il gendarme, Roma, 1996, p. 23, e Gubitosa, Hacker, scienziati e pionieri cit, p. 147.
[25] R.E. Kahn, Reti per l’elaborazione avanzata in Le scienze, dicembre 1987, n. 232, pp. 92 e ss.
[26] R.E.Smith, Elementary Information Society, Burlington MA, 2015, p. 514 e ss.
[27] D.Marongiu, op. cit.
[28] Ancora discusse, si v. Calvo, Ciotti, Roncaglia, Zela, op. cit., per la riconduzione dello stesso al timore per un attacco nucleare e P.Baran, et. al., On DIstribuited Communications, Santa Monica, California, 1964 per la possibilità che esso origini proprio da un articolo dello stesso Baran.
[29] Paccagnella, Open access, cit, p. 13;
[30] e Gubitosa, Hacker, scienziati e pionieri cit, p. 162
[31] D.De Grazia, Il governo di Internet, Milano, 2010, pp. 151 e ss.
[32] A.Murray, Information Technology Law. The Law and Society, Oxford, 2010, p. 25
[33] De Grazie, op cit. p. 152.
[34] SI tratta del protocollo IPV4
[35] N.Lucchi, Informatica per le scienze giuridiche, Padova, 2009, pp. 293 e ss.
[36] P.Sammarco, Il regime giuridico dei nomi a dominio, Milano, 2002, p. 19
[37]  B.Carotti, Il sistema di governo di internet, Milano, 2016, p. 9, cfr.
[38] Borusso, Russo, Tiberi, L’informatica per il giurista, cit. p. 399
[39] Già nel 1973 avevano aderito l’University college di Londra e il Royal Radar Establishment norvegese.
[40] Borusso, Russo, Tiberi, L’informatica per il giurista, cit. p. 397 e Gubitosa, Hacker, scienziati e pionieri cit, p. 170 e F.Carlini, Internet, pinocchio e il gendarme, Roma, 1996, p. 23.
[41] M.Calvo, F.Ciotti, G.Roncaglia, M.A.Zela, Internet 2001:manuale per l’uso della rete, Bari, 2003, p. 339
[42] Gubitosa, Hacker, scienziati e pionieri cit, p. 162.
[43] La definizione di URL è contenuta in T.Bernes Lee, R.Fielding, L.Masinter, RFC 2396, Uniform Resource identifier: Generic syntax, in http://eee.ietf.org/dfc/rfc2396.txt (agosto 1998)
[44][44] B.Carotti, Il sistema di governo di internet, Milano, 2016, p. 10, cfr.
[45] L.Marini, Il sistema dei nomi per l’identificazione dei domini Internet, in Il diritto dell’Unione Europea, 2000, p. 631 e ss.
[46] M.Froomkin, Wrong turn in cyberspace: Using Icann To Route Around The APA and the Constitution, cit, p. 40, cfr.
[47] P.K.Yu, The never ending ccTLD Story, in Addressing the World. National Identity and Internet Country Code Domains, Washington, 2003, cit.
[48] P.Otranto, op. cit., p. 144, nota 12, cit.
[49] Per la loro collocazione si v. http://www.root-servers.org
[50] B.Carotti, op.cit., p.12, cfr.
[51] J.Goldsmith, T.Wu, I padroni di internet. L’illusione di un mondo senza condini, Milano, 2006.
[52] H.Klein, ICANN and Internet Governance: Leveraging Technical Coordination to Realize Global Public Policy, in The information society, 2002, vol. 18, n. 3, pp. 195 ess.
[53] H.Klein, ICANN and Internet Governance, cit. 195 e ss.
[54] Per un elenco dei RFC si v. http://www.ietf.org/rfc.html
[55] P.Otranto, op. cit, p. 146, cfr.
[56] R.H.Zakon, Hobbes Internet Timeline, in http://www.zakon.org/robert/internet/timeline/ (2005)
[57] S.Williamson, L.Nobile, RFC 1261, Transition of NIC Services, 1, in http://eee.ietf.org/rfc/rfc1261.txt (settembre 1991)
[58] R.S.Shah, J.P.Keisan, The privatization of the Internet’s backbone network in Journal of Broadcasting & Electronic Media, 2007, vol. 51, n. 1, pp. 93 e ss, cfr.
[59] P.Otranto, op. cit., p. 150 e Internet Architecture Board 1083, IAB Official Protocol Standars che, per la prima volta, si riferisce all’Information Sciences Institute come IANA.
[60] J.Postel, RFC 1591, Domain name system structure and Delegation, in http://www.ietf.org/rfc/rfc1060.txt (marzo 1990)
[61] V.Cerf, RFC 1174, IAB Recommended Policy on Distributing Internet Identifier Assignment and IAB Reccomended Policy Change to Internet Connected Status, in http://www.ietf.org/rfc/rfc1174.txt (agosto 1990)
[62] P.Otranto, op. cit, p. 151, cfr.
[63] J.Postel, RFC 1591, Domain Name System Structure and Delegation, 1994, cit.
[64] NSI-NSF Cooperative Agreement, Amendment 4, in http://www.icann.org/en/nsi/coopagmt-amend4-13sep95.htm.
[65] Thomas v. NSI, 176 F.3d 500 (D.C. Cir. 1999);
[66]The Congress shall have power to lay and collect taxes (…)” Art. sez. 8 Costituzione Americana.
[67] Per una più completa analisi del processo che ha portato alla nascita dell’ICANN si v. [67] P.Otranto, Internet nell’organizzazione amministrativa – Reti di libertà, Bari, 2015, pp. 154-166, cfr.
[68] W.J.Clinton, Presidential Directive on Electronic Commerce, in Weekly Compilation of Presidential FOcuments, 1997, vol. 33, pp. 1006 e ss.
[69] NTIA, A proposal for Improvement of Technical Management of Internet Names and Addresses, (20 febbraio 1998)
[70] Cfr. United States Department of Commerce, Statement of Policy on management of Internet Names and addresses.
[71] Disponibile in http://www.ntia.doc.gov/legacy/ntiahome/domainname/130dftmail/03_20_98.htm.
[72] Si intende il Joint EU-US Statement on electronic commerce, del 5 dicembre 1997, in http://1997-2001.state.gov/www/regions/eur/eu/97235_useu_js_electronic.html
[73] Un’analisi approfondita delle ragioni della Comunità europea è rinvenibile in H.Burkert, About a Different Kind of Water: an Attempt at Describing and Understanding Some Elements of the European Union Approach to ICANN, in Loyola Law Review, 2003, vol. 36, pp. 1185 e ss.
[74] Internet Governance. Reply of the European Community and its member States to the US green paper, par. 4, cit.
[75] Tra cui IANA, IAB, ITU, WIPO e INTA.
[76] Comments of the gTLD-MoU Policy Advisory Body (20 marzo 1998), in http://www.ntia.doc.gov/legacy/ntiahome/domainname/130dftmail/03_20_98.htm
[77] Per i passaggi in lingua originale dei documenti della Comunità europea e dello IAHC si v. P.Otranto, op.cit., pp. 156-157, note 53-54-55-56-58-59-60.
[78] Comments of the gTLD-MoU Policy Advisory Body cit. par. 5.
[79] W.H.Page, Network Externalities, in Encyclopedia of Law and Economics, a cura di B.Bouckaert, Cheltenham, UK, 2000, vol. 1, p. 952 e ss. e Muller, Ruling the Root. Internet Governance and the Taming of Cyberspace, cit. p. 52
[80] U.S. Dept of Justice, Attorney general’s manual on the administrative procedure act, 1947. In giurisprudenza si v. Chrysler Corp. v. Brown, in 441 U.S. 281 (1979).
[81] NTIA, Managemente of Internet names and addresses, cit. 31749
[82] Ivi.
[83] Sui principi del white paper si v. . E J.Palfrey, The end of the experiment: how ICANN’s Foray Into Global Internet Democracy Failed, p. 420.
[84] La lista dei fini è rinvenibile in P.Otranto, op. cit., p. 161
[85] NTIA, Managemente of Internet names and addresses, cit. 31750
[86] Ivi.
[87] Internet Governance. Management of Internet names and addresses. Analysis and assessment from the European Cmmission of the United States Department of Commerce White Paper, COM (1998) 476 final (29 luglio 1998)
[88] L.Lessig, Code and Other Laws of Cyberspace, New York, Basic Books, 1999, p. 145, cfr
[89] F.Tonnies, Comunità e società, Roma-Bari, 2011.
[90] Sulla cui importanza nel processo di liberalizzazione si v. [90] M.Froomkin, Wrong turn in cyberspace: Using Icann To Route Around The APA and the Constitution, cit, p. 70, cfr.
[91]Cfr. ICANN, Articles of Incorporation of the Internet Corporation for Assigned Names and Numbers, in P.Otranto, op. cit.
[92] Memorandum of Understanding between the U.S. Department of commerce and ICANN, in http://www.icann.org/general/icann-mou-25nov98.html.
[93] Ivi, cit, II, C, 1.
[94] Cfr. Mentorandum, cit., II. B: “Before making a transition to private sector DNS management, the DOC requires assurances that the private sector has the capability and resources to assume the important responsibilities related to the technical management of the DNS. TO secure these assurances, the Parties Will collaborate on this
DNS Project (DNS Project). In the DNS Project, the Parties Will jointly design, develop, and test the mechanisms, methods, and procedures that should be in place and the steps necessary to transition management responsibility for DNS functions now performed by, or on behalf of, the U.S. Government to a private-sector not-for-profit entity. Once testing is successfully completed, it is contemplated that management of the DNS Will be transitioned to the mechanisms, methods, and procedures designed and developed in the DNS Project”.
[95] Ciò si evince dalla lettera inviata da A.J.Pincus, General Counsel del Departement of Commerce a T.Bliley, Presidente del U.S. House Commerce Committee, in http://www.ntia.doc.gov/ntiahome/domainname/blileyrsp.htm
[96] L’accordo è consultabile in http://www.icann.org/financials/tax/us/appendix-21.htm
[97] Tale contratto è il Contract between ICANN and the United States government for performance of the IANA function, del 9 febbraio 2000, consultato in http://www.icann.org/general/iana-contract-09feb00.htm e analizzato in B.Carotti, Internet e la Governance di Internet, in http://www.irpa.eu/wp-content/uploads/2011/10/Icann_Rtdp_bc.pdf e in P.Otranto, op. cit.
[98] DoC-NSI Cooperative Agreement, Amendment 19 in http://www.icann.org/nsi/coopagmt-amend19-04nov99.htm; ICANN-NSI Registry Agreement in http://www.icann.org/nsi/nsi-registry-agreement-04nov99.htm.
[99] Per l’analisi completa dei Cooperative Agreements, qui solo parzialmente riprodotta, si rinvia a P.Otranto, op. cit.
[100] Joint Project Agreement Between The U.S. Department of Commerce And The ICANN, in http://www.ntia.doc.gov/page/docicann-agreements per la cui analisi si rinvia a K.MacGillivray, Give it away now? Renewal of the IANA functions contract and its role in internet governance, 2014, pp. 3 e ss.
[102] Affirmation of Commitments by the United States Department of Commerce and the ICANN, in http://www.ntia.doc.gov/page/docicann-agreements
[103] M.Froomkin, ICANN And The DNS After the Affirmation of Commitments, in Research Handbook on Governance of the Internet, p. 27.
[104] H.Held, T.Hale, The Multistakeholder approach, in Un Global Conferences, in Handbook of Transnational Governance Innovation, Londra, 2011, cit.
[105] T.Frankel, The Managing Lawmaker in Cyberspace: A Power Model, Londra, 2009, cit.
[106] Conseil d’Etat, Le numerique et les droits fondamentaux, Etude Annuelle, 9 settembre 2014, p. 31. Il consiglio di stato francese ritiene inoltre necessario il rafforzamento del ruolo dell’organo rappresentativo degli Stati all’interno della corporation.
[107] B.Carotti, Il sistema di governo di internet, Milano, 2016, p. 97.
[108] H.Klein, ICANN Reform: Establishing the Rule of Law, presentato al WSIS di Tunisi il 16 novembre 2005, consultabile all’indirizzo http://www.ip3gatech.edu/images/ICANN-Reform_Establishing-the-Rule-of-Law.pdf.
[109] Si v. Internet Governance. Management of Internet names and addresses. Analysis and assessment from the European Cmmission of the United States Department of Commerce White Paper, COM (1998) 476 final (29 luglio 1998)
[110] Otranto, op. cit., p. 174, nota 23.
[111] G.W. Liebmann, Delegation to private Parties in American Constitutional Law, 1975, vol. 50, n.4
[112] H.J. Abramson, A FIfth Branch of Government: the Private Regulators and their Constitutionality, in Hastings Constitutional Law Quarterly, 1989, vol. 16
[113] J.Boyle, A non delegation doctrine for digital Age? In Duke Law Journal, vol. 50, 2000, p. 5 e ss.
[114] Registrar Accreditation Agreement, par. 2.K, (4 novembre 1999)
[115] A.M. Froomkin, Wrong Turn in Cyberspace, p. 115, cfr.
[116] Si v. retro Cap. II, p. 65.
[117] ICANN, New TLD application process overview (3 agosto 2000), in http://www.icann.org/tlds/application-process-03aug00.htm
[118] A.M. Froomkin, International and national regulation of the Internet, in E.Dommering, The Round Table Expert Group on Telecommunications Laws: Conference Papers, Amsterdam, 2005. e P.Otranto, op. cit.
[119] Ibidem.
[120] Cooperative Agreement n. NCR-9218742, Amendment 11.
[121] Otranto, op cit. p. 181.
[122] A.M.Froomkin, op. cit.
[123] Ibidem, p. 108.
[124] B.Carotti, Il sistema di governo di internet, Milano, 2016, p. 99, cit.
[125] L’intera analisi della legittimazione procedurale, di cui si riporteranno solo gli aspetti fondamentali, è consultabile in Ibidem,
[126] D.Dyzenhaus, The Rule of Administrative Law in International Law, Paper 2005/1, disponibile all’indirizzo http://ssrn.com p. 127
[127] E.Benventisti, The Interplay Between Actors ad a Determinant of the Evolution of Admiinistrative Law, in Law and Contemporary problems, vol. 68, 2005, p. 319 e ss.
[128] B.Kingsbury, R.B.Stewart, Legitimacy and Accountability in Global Regulatory Governance: The Emerging Global Administrative Law and the design and Operation of Administrative Tribunals of International Organizations, cit, p. 1 e J.GS.Koppell, World Rule:Accountability, Legitimacy and The Design of Global Governance, Chicago, 2010.
[129] La struttura dell’Icann verrà analizzata infra, par. 2.3.3.
[130] ICANN strategic plan 2004-2005 su http://www.icann.org/strategicplan-v7-redline.html
[131] B.Carotti, op. cit. pag. 111, nota 47.
[132] L.Torchia, Diritto Amministrativo, potere pubblico e società nel terzo millennio o della legittimazione inversa in Il diritto amministrativo oltre i confini. Omaggio agli allievi di Sabino Cassese, Milano, 2008, cfr.
[133]Come si evince anche dalle condizioni poste alla base dell’interruzione del rapporto che lega il Dipartimento di Commercio americano con l’ICANN cfr. A.Zurlo, Transizione IANA, medium.com, 28 gennaio 2007, consultabile in https://medium.com/argomenti-di-diritto-dei-media-digitali/la-transizione-iana-52b841b64a16 in particolare il punto n. 5 NTIA will not accept a proposal that replaces the NTIA role with a government-led or an inter-governmental organization solution.”
[134] S.Cassese, Oltre lo Stato, Roma-Bari, 2006, p. 30 e ss.
[135] B.Carotti, op. cit. p. 115, cfr.
[136] Ibidem.
[137] Annex A analizzato in B.Carotti, op. cit. p. 116.
[138] Per la cui analisi approfondita Ibidem.
[139] L.De Nardis, Protocol and politics, cit, p. 20
[140] J.Palfrey, The End of the Experiment: How ICANN’s Foray Into Global Internet Democray Failed, cit. p. 426
[141] N.Bobbio, Il futuro della democrazia, Torino, 1991.
[142] R.H.Weber, A constitutional solution for Internet Governance, cit. p. 4
[143] J.Palfrey, The end of the experiment: how ICANN’s Foray Into Global Internet Democracy Failed, p. 445 cfr
[144] La cui analisi è effettuata in B.Carotti, op cit. pp. 41 e ss.
[145] Art. VI, section 2, punto 1a
[146] J.Klabbers, Research handbook on the Law of International Organisations, Cheltenham, 2011.
[147]Per un approfondimento si v. B.Carotti, op cit., p. 44
[148] Art. IX, section 1, Bylaws.
[149] Per l’analisi del comitato governativo si v.infra mentre per il ruolo svolto dalle organizzazioni nel processo decisorio si v. retro par. 2.3.2
[150] Art. XI, section 4.4, lett. j), Bylaws
[151] Art. XI, section 4.4, lett. g, h e i.
[152] Si v. Memorandum of Understanding Concerning the Technical Work of the ICANN, 10 marzo 2000, consultabile in http://www.icann.org/general/ieft-icann-mou-01mar00.htm
[153] J.WeinBerg, Governments, Privatization and “Privatization”: ICANN and the GAC, in Michigan Tellecommunications Technology Law Review, vol. 18, 2011, p. 189 e ss; O.Sylvain, Legitimacy and Expertise in Global Internet Governance, Fordham Law Legal Studies Research Paper n° 3562175, in Colorado Law Review, vol. 13, 2015, pp. 31 e ss.
[154] S.Lynn, President’s Report: ICANN – The Case of Reform, in http://archive.icann.org/en/general/lynn-reform-proposal-24feb02.htm (24 febbraio 2002(
[155] S.Lynn, President’s Report, cit.
[156] Le c.d. new bylaws, consultabili in http://icann.org/resources/unthemed-pages/bylaws-2002-12-15-en.
[157] J.WeinBerg, Governments, Privatization and “Privatization”, cit.
[158] M.L.Mueller, Governments and Country Names: ICANN’s Transformation into an Intergovernmental Regime, cit.
[159] Art. XI-A, section 1.3, lett a) e b), Bylaws.
[160] T.Frankel, Governing the Negotiation: The Internet naming system, cit. p. 449
[161] K.H.Ladeur, Globalization and Global Governance: A contradiction? In Public Governance in the Age of Globalization, cit. Di questo parere anche B.Carotti, op cit., p. 58 e J.McLean, Divergent Legal Conceptions of the State: implication for Global Administrative Law, in Law and Contemporary problems, vol. 68, 2005, p. 167
[162]
[163] M.Mueller, Commerce Department: “Foreign Devils Made Us Do It” (7 marzo 2011) in http://www.interntetgovernance.org/archives.
[164] [164] J.WeinBerg, Governments, Privatization and “Privatization”, cit.
[165] M.Pietrangelo, Il diritto di accesso a Internet, Napoli, 2011, p. 26.
[166] La natura pubblica della funzione svolta risulta già dal preambolo del Memorandum of Understanding fra ICANN e governo americano che afferma che il sistema dei domini di primo livello rappresenta una risorsa pubblica.
[167] Così B.Carotti, op cit., p. 125 e B.Kingsbury, N.Krish e R.B.Stewart, The emergence of global Administrative Law, cit. p. 9
[168] B.Carotti, op cit., p. 126 e S.Cassese, Le basi del diritto amministrativo, cit, p. 129.
[169] R.Ferrara, Introduzione al Diritto Amministrativo, Roma-Bari, 2005, p. 16.
[170] H.Klein, ICANN and Non-Territorial Sovereignty: Government without the Nation State, Internet and Public Policy Project School of Public Policy, Georgia Institute of Technology, 2004, p. 9 consultabile in  www.IP3.gatech.edu.
[171] La vicenda è analizzata in La guerra fredda dei domini Web fa rivivere la vecchia Unione Sovietica, 21 settembre 2008, Repubblica.it, consultabile all’indirizzo http://www.repubblica.it/2007/09/sezioni/scienza_e_tecnologia/domini-urss.html
[172] L’aneddoto è tratto da D. Marongiu, Organizzazione e Diritto di Internet, Milano, Giuffrè, 2013, p. 28
[173] M.De Marinis, Nomi di dominio ed unione europea “.eu”, in Il diritto industriale, 2003, p. 152.
[174] R.Gentili, In arrivo il dominio di primo livello “.eu”, in Jei e Internet dell’11 dicembre 2000, consultabile all’indirizzo http://www.jei.it
[175] A.Balbi, Internet, L’europa ha il suo domino. Via al registro degli indirizzi “.eu”, in Repubblica.it del 7 dicembre 2005, consultabile all’indirizzo www.repubblica.it
[176] S.Bertelegni, Madrid nega a Barcellona il dominio .ct, in Corriere.it del 5 ottobre 2005, consultabile all’indirizzo http://www.corriere.it/primo_piano/scienze_e_tecnologie/2005/10_ottobre/05/domini.html
[177] B.Kingsbury, R.B.Stewart, Legitimacy and Accountability in Global Regulatory Governance: The Emerging Global Administrative Law and the design and Operation of Administrative Tribunals of International Organizations, cit, cfr,
[178] M.L.Mueller, Ruling the Root, Internet governance and the taming of Cyberspace, cit. p. 220.
[179] M.Froomkin, Form and Substance in Cyberspace, cit. p. 118.
[180] J.P. Liu, Legitimacy and Authority in Internet Coordination: a Domain Name Case, in Indiana Law Journal, vol. 74, 1999.
[181] E J.Palfrey, The end of the experiment: how ICANN’s Foray Into Global Internet Democracy Failed, p. 414, cfr.
[182] B.Carotti, op cit, p. 129, cfr.
[183] L.L.Fuller, Adjudication and the Rule of Law, in Proceedings of the American Society on International Law, at its annual meeting, vol. 54, 1969.
[184] K.E.Fuller, ICANN, The Debate over Governing the Internet, disponibile sul sito www.lawduke.edu
[185] Per un’analisi completa dei principi che guidano l’attività dell’ente e dei relativi rilievi si v. B.Carotti, op cit., p. 132, cfr.
[186] C.Edward, Welcome to the new Internet: the Great Gltd Experiment, in Indonesian Journal of International and comparative law, vol. 1, 2014, p. 37
[187] Si v. retro, p. 98
[188] Si v. A.V, Internet e i nuovi domini varati dall’ICANN, rivoluzione o flop? Consultabile in http://www.key4biz.it/news/2011/11/07/policy/icann_gltd.html
[189] In questo senso B.Carotti, op. cit, p. 135
[190] L.De Nardis, The Global War for Internet Governance, cit. p. 65
[191] B.Carotti, op cit, p. 136, cfr.
[192] Per una definizione di norma tecnica si v. F.Salmoni, Le regole tecniche, Milano, 2001
[193] Ivi.
[194] Ivi. e K.KIngsbury, The Concept of Law in Global Administrative Law, p. 18.
[195] P.Grossi, L’europa del diritto, Roma-Bari, 2007, p. 27, cfr.
[196] K.KIngsbury, The Concept of Law in Global Administrative Law, p. 18.
[197] N.Bobbio, Teoria della norma giuridica, Milano, 1958, p. 67

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Avvocato penalista full-time, docente part-time. Ho coniugato il mio amore per il diritto con la passione per le materie scientifiche specializzandomi nell'ambito della responsabilità degli operatori sanitari, della quale mi occupo nel duplice campo dell'attività forense e della ricerca. Collaboro con le cattedre di Diritto Penale II e Diritto Penale dell'Economia presso l'Università della Calabria in qualità di cultore della materia. Ricopro inoltre il ruolo di professore a contratto di Diritto Penale presso la S.S.M.L. Adriano Macagno. Partecipo ai corsi di preparazione agli esami di abilitazione da Operatore Socio Sanitario occupandomi del modulo relativo alla legislazione sanitaria. Nell'ambito della ricerca mi sono inoltre occupato della governance di internet approfondendo argomenti quali il D.N.S. e la Net Neutrality. Collaboro con riviste giuridiche quali Ratiojuris.it, Revista de direito da administração pública di Rio de Janeiro e Altalex.

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