Guida alle criptovalute: definizione e classificazioni

Guida alle criptovalute: definizione e classificazioni

Sommario: Introduzione – 1. Cosa sono le criptovalute – 2. Stablecoin, token economy e tokenomics – 3. Archetipi di criptovaluta – 4. L’ “albero dei token” – 5. Exchange e altri metodi per acquisire criptovalute

Introduzione

Il Legislatore italiano, nel luglio 2017, ha elaborato la seguente definizione di valuta virtuale: “rappresentazione digitale di valore, non emessa da una banca centrale o da un’autorità pubblica, non necessariamente collegata a una valuta avente corso legale, utilizzata come mezzo di scambio per l’acquisto di beni e servizi e trasferita, archiviata e negoziata elettronicamente[1]”.

Seppur generica, essa evidenzia correttamente le principali caratteristiche delle criptovalute e stabilisce una netta e decisiva differenziazione con la moneta elettronica, descritta dal TUB (Testo Unico Bancario) come: “il valore monetario memorizzato elettronicamente, ivi inclusa la memorizzazione magnetica, rappresentato da un credito nei confronti dell’emittente che sia emesso per effettuare operazioni di pagamento (…) e che sia accettato da persone fisiche e giuridiche diverse dall’emittente[2].

Partendo da ciò ed entrando nel merito di aspetti tecnici ed economici, nel presente approfondimento si delineerà un quadro dell’attuale panorama criptomonetario, che possa fungere da supporto per la risoluzione di problematiche specifiche: a) come per i privati: – l’idoneità delle criptovalute per il proprio modello di business; – l’opportunità o meno di investire su uno specifico progetto; – la possibilità o meno di conferimenti di criptovalute nel capitale societario; b) in ambito pubblico: – l’individuazione della disciplina applicabile in campo fiscale e in materia di Initial Coin Offering e quindi l’individuazione degli enti autorizzati alla emissione e gestione di cripto attività; – l’applicabilità o meno ad uno stato dell’U.e. che voglia emettere una propria criptovaluta, dei limiti di cui al Trattato di Maastricht ecc..

1. Cosa sono le criptovalute

Una nuova tipologia di valore di scambio non (necessariamente) emesso da una banca centrale o altra autorità pubblica. In particolare si distinguono: – criptovalute centralizzate, create e sviluppate da un ente privato, unico proprietario del relativo protocollo informatico (esempi sono Ripple, NEO e NEM); – criptovalute decentralizzate, create e sviluppate in via diffusa, da tutti gli aderenti al network. L’architettura varia da protocollo a protocollo; con Bitcoin ad esempio, l’influenza politica di ciascuno nella sua gestione è direttamente proporzionale alla potenza computazionale dei dispositivi messi a servizio del network.

Esistente solo in forma digitale come records alfanumerici di transazioni, le quali sono:

a) protette dalla crittografia

Sotto questo profilo, è possibile distinguere: – criptovalute totalmente anonimizzanti (es. Monero conferisce un anonimato tanto più forte quanto sono elevate le commissioni che si è disposti a pagare sulla transazione); – criptovalute che conferiscono un c.d. “pseudo anonimato” (es. Bitcoin[3]);

b) tendenzialmente irreversibili una volta convalidate

Il complesso calcolo necessario a verificare il corretto trasferimento di valore da un conto all’altro ed evitare la possibilità di spendere molteplici volte la stessa criptovaluta (c.d. double spending) viene definito mining e le sue principali varianti attualmente sono: proof of work, proof of stake e delegated proof of stake.

La decentralizzazione importa la possibilità, per coloro che siano in grado di dotarsi degli adeguati costosi hardware (GPU e ASIC), di minare le criptovalute ricevendone in cambio una ricompensa sotto forma di nuovi coin (per questo in numerosi protocolli l’attività di mining equivale, almeno in parte, al conio).

In altri termini, le criptovalute rappresentano l’incentivo per gli utenti che vogliano sostenere il protocollo per mezzo della potenza computazionale dei propri dispositivi e/o per coloro che pongano in essere ulteriori comportamenti a favore di esso, pre – stabiliti mediante c.d. “smart contract”. Trattasi di un programma che permette alla piattaforma che lo implementa di effettuare automaticamente determinate azioni all’avverarsi delle condizioni predeterminate dalle parti. Ad esempio, gli utenti che condividono file su BitTorrent guadagnano un certo numero di token in base alla banda fornita al network. In altri termini, più Mbps in upload vengono forniti e maggiore è la ricompensa.

Non essendo previsto alcun intervento umano nelle fasi successive alla programmazione dello smart contract, esso deve essere realizzato in maniera estremamente precisa con riferimento a condizioni e relative conseguenze che ne devono scaturire (“If-this-then-that”, “se accade ciò allora succede questo”).

Nel caso delle valute a gestione centralizzata, invece, il mining è compiuto dall’ente gestore al momento stesso dell’emissione (è in tal senso che si usa il termine pre-mining).

records alfanumerici validati (minati) confluiscono in un c.d. Distributed Ledger (D.L.), un registro informatico fisicamente distribuito che garantisce la tracciabilità e tendenziale immodificabilità dei dati.

Sotto il profilo della consultabilità un D.L. può essere privato (come quello in via di sperimentazione da parte dell’ABI) o pubblico (es. Bitcoin).

Sotto il profilo gestionale, invece, costituendo la base alla quale si ancorano i protocolli criptomonetari, è più corretto attribuire ad essi la distinzione fra sistemi centralizzati e decentralizzati.

In particolare, si è soliti utilizzare il termine D.L. per quelli del primo tipo (detti anche permissioned) e il termine blockchain per indicare quelli decentralizzati e pubblici (cc.dd. permissionless)[4].

I protocolli permissioned risultano più facilmente implementabili dai vari contributor (o come si suol dire “scalabili”), tanto più se uno di essi, come spesso accade, mantiene dei privilegi gestionali in qualità di c.d. “master node“. Ciò inficia tuttavia la tendenziale immutabilità del dato che costituisce uno dei principali elementi di innovatività di tali tecnologie.

I protocolli permissionless, per converso, risultano meno scalabili una volta strutturati, proprio in virtù della decentralizzazione del consenso su cui si fondano e che garantisce agli utenti che i dati immessi non siano sottoposti ad arbitrarie manipolazioni.

Nel tentativo di garantire un giusto compromesso fra le due strutturazioni e consentire ad aziende che vogliano impiegare in modo agevole tali tecnologie per specifiche finalità, senza tuttavia rinunciare alla trasparenza nei confronti degli utenti, sono recentemente sorti protocolli ibridi, permissioned ma sottoposti alla “vigilanza” o più correttamente governance di blockchain totalmente permissionless (es. AION ed Ethereum).

Movimentabile con un “portafoglio elettronico” (c.d. wallet)

Esso contiene l’indirizzo che identifica in maniera univoca l’utilizzatore (ossia una chiave pubblica simile ad un IBAN (es.: 17muSN5ZrukVTvyVh3mT), alla quale è legata matematicamente ed indissolubilmente una chiave privata che permette di spendere le proprie criptovalute e che, dunque, va mantenuta segreta. Il wallet, accessibile con password, è utilizzabile non solo come un consueto conto, dunque inserendo le proprie credenziali sui siti di e-commerce che accettano pagamenti in valuta digitale, ma altresì attraverso un pratico QR code scansionabile.

Più precisamente si distinguono:

  • hardware wallet: dispositivi specifici che permettono, in modalità off-line, sia di archiviare al proprio interno le chiavi private sia di firmare le proprie transazioni, garantendo dunque una maggior protezione dalle aggressioni tipiche della Rete;

  • software wallet (es. Electrum): installabili su personal computer o altro genere di dispositivi come supporti esterni;

  • web wallet: creabili on line su appositi portali noti come wallet providers (es. MyEtherWallet); quest’ultima soluzione, se da un lato risulta molto agevole sotto il profilo gestionale poiché non implica per l’utente il possesso di particolari conoscenze informatiche se non l’adozione delle misure di sicurezza idonee ad evitare intrusioni non autorizzate (autenticazione a due fattori, password complessa e diversa da quella usata per altro servizio, uso di un antivirus aggiornato ecc.), ed esclude i rischi derivanti dal detenere presso sé stessi dei valori di scambio (es. furti, rapine ed estorsioni), dall’altro richiede grande fiducia nel provider. In entrambi i casi, trattandosi di un semplice file contenente records di transazioni, qualora il wallet venisse compromesso, si perderebbe tutto il credito in esso contenuto. Per le loro caratteristiche, i web wallet sono del tutto assimilabili ai cc.dd. account exchange, ossia i conti aperti sulle piattaforme per l’acquisto e lo scambio di criptovalute, cui si accennerà in seguito.

In ogni caso, dato che il wallet si sostanzia in un semplice file contenente records di transazioni, qualora venisse compromesso si perderebbe tutto il credito in esso contenuto.

Il cui valore può essere stabile o oscillante: – nel primo caso si tratta ad esempio di cryptocurrencies ancorate ad una valuta avente corso legale, c.d. fiat (come il dollaro americano per il Tether); – nel secondo caso, invece, il valore della criptovaluta potrebbe dipendere da un bene materiale di riferimento come l’oro, o esclusivamente dalla legge della domanda e dell’offerta, ossia dal rapporto fra disponibilità sul mercato e numero di acquirenti.

Si distinguono in proposito:

  • criptovalute in numero limitato, ossia coniabili (minabili) fino ad uno specifico ammontare e quindi definite deflattive, avendo un andamento valoriale tipico dei beni limitati (es. Bitcoin, che per questo viene associato spesso all’oro);

  • criptovalute in numero illimitato (tipicamente lo sono quelle centralizzate, in quanto è il team proprietario del protocollo a farsi garante della stabilità del loro valore ma ne esistono anche di decentralizzate come Ethereum). Ne deriva, che il valore di queste criptovalute è dipendente esclusivamente dalla loro utilità, ossia dalla loro funzione anche rispetto a possibili progetti derivati, dall’utilizzabilità nel presente e per il futuro che la comunità adottante gli riconosce e dalla fiducia nella loro sicurezza ed implementazione (in altri termini da quello che genericamente viene definito “consenso”). Una eventuale perdita di adozione si traduce immediatamente in una perdita di valore, trattandosi, come si è detto, di meri records

2. Stablecoin, token economy e tokenomics

L’interesse per l’emissione di criptovalute dal valore stabile è notevolmente aumentato nell’ultimo anno e mezzo[5] in quanto:

1. possono astrattamente porre rimedio ai seguenti problemi:

  • diffusione di digital asset rischiosi per gli investitori e che, al più, per le loro caratteristiche economiche / informatiche, si prestano a fungere da riserva di valore e non da moneta per pagamenti quotidiani (vedi Bitcoin)[6].

  • eccessivo costo degli spostamenti di capitali fra banche, soprattutto intercontinentali;

  • eccessivo costo dei sistemi di pagamento elettronico tradizionali;

  • la progressiva perdita di potere di acquisto cui si va in contro nella nostra economia inflazionistica;

2. si pongono in perfetta sintonia con l’evoluzione del sistema capitalistico, nelle sue due nuove sfaccettare:

  • la token economyda intendersi, come descritto in precedenza, quale sistema di gamefication in cui l’utente diviene parte attiva del sostentamento della specifica piattaforma, ottenendo, in cambio del suo contributo, dei benefits sotto forma di gettoni virtuali[7].

  • la tokenomics, ossia la creazione di un nuovo valore di scambio rappresentato in tokene basato sui propri stessi prodotti. Una prospettiva che apre nuove opportunità di business, in particolare per quelle aziende che possono mettere a valore brand e asset di prodotto.

I due sistemi possono integrarsi reciprocamente ma è bene tenerli distinti per chiarezza concettuale.

Fra le grandi aziende che si stanno muovendo in tal senso spicca Jaguar, la quale, nel mese di aprile 2019, ha stretto una collaborazione con IOTA, al fine di remunerare con token i dati forniti dagli utenti relativamente alle attività compiute con gli autoveicoli[8]. Lo sviluppo di nuovi modelli di business, finalizzati a combinare il c.d. petrolio digitale (Big Data) con la token economy, dando vita a innovativi paradigmi della gamification, era solo questione di tempo. Superata l’iniziale impasse generata dal GDPR, infatti, si è ben presto compreso che la nuova normativa europea ha di fatto liberalizzato lo sfruttamento delle informazioni degli utenti, purché puntualmente informati.

3. Archetipi di criptovaluta

Il quadro essenziale fin qui delineato risulta utile anzitutto a districarsi in modo agevole nella tematica ma, altresì, a comprendere che essa abbraccia un universo di protocolli differenti e peraltro in continua espansione.

Al momento, la classificazione più corretta ed esaustiva è quella compiuta dall’Università di Zurigo attraverso il paper “To Token or not to Token: Tools for Understanding Blockchain Tokens[9].

Frutto di un incrocio fra i dati empirici acquisti da un caso di studio concreto[10] e quelli derivanti dalla complessa letteratura esistenze sull’argomento, la ricerca fornisce non solo una categorizzazione esaustiva ma altresì un albero di decisione in grado di guidare la progettazione e l’emissione di criptovalute da parte di un’azienda.

Riassumendo l’impostazione della ricerca:

  • sono stati individuati quattro macro criteri di distinzione delle criptovalute, sulla base degli attributi/caratteristiche che le definiscono in via principale:

  1. attributi di scopo;

  2. attributi di governance;

  3. attributi funzionali;

  4. attributi tecnici;

  • ciascuno di essi è stato meglio definito attraverso specifici parametri;

1.a classe; 1.b funzione; 1.c. ruolo;

2.a rappresentazione; 2.b. disponibilità; 2.c. sistema di incentivo;

3.a spendibilità; 3.b scambiabilità; 3.c bruciabilità; 3.d scadenza;

4.a layer; 4.b chain;

  • la distinzione importa la possibilità di definire una criptovaluta in una molteplicità di modi contemporaneamente.

Una classificazione unidimensionale, infatti, è difficile da ottenere a causa in primis delle molteplici capacità conferitegli in sede di programmazione e, in secundis, del valore che può essergli attribuito dagli utenti al momento della diffusione.

Entriamo quindi nel merito della ricerca.

  1. attributi di scopo: riguardano l’obiettivo perseguito in via principale dalla criptovaluta:

1.a classe: è un parametro ampiamente utilizzato dal quale deriva la distinzione in:

  • coin/criptovalute: denaro digitale che persegue l’obiettivo di divenire valuta globale (es. Bitcoin);

  • security token: simili ad azioni in quanto conferiscono il diritto alla partecipazione agli utili o ai dividendi e, in quanto tali, come si dirà compiutamente in successivo approfondimento, sono soggetti alla stringente vigilanza di autorità come la statunitense FINMA e l’italiana Consob;

  • utility token: forniscono accesso digitale ad applicazioni su base distribuita (le cc.dd. Dapp – decentralized application).

1.b funzione: in base a ciò è possibile distinguere:

  • asset based token: rappresentano in modo univoco la proprietà di un bene. Questa definizione è stata ritenuta più opportuna di asset backed poiché dalla ricerca è risultato che non tutti i token con questa funzione sono effettivamente supportati da asset;

  • usage token: conferiscono al titolare un permesso di accesso alla piattaforma;

  • work token: vengono utilizzati per premiare un determinato comportamento degli utenti all’interno del network;

1.c ruolo: in base a ciò è possibile distinguere:

  • right token: conferiscono un diritto al titolare;

  • value exchange token: rappresentano un’unità di scambio di valore in un sistema interno;

  • toll token: rappresentano una commissione per l’utilizzo o l’accesso a una piattaforma;

  • reward token: sono uno strumento per arricchire l’esperienza dell’utente e ricompensarlo per determinati comportamenti;

  • currency token: costituiscono un metodo di pagamento de facto;

  • earnings token: conferiscono al titolare il diritto di partecipazione agli utili della piattaforma;

  1. attributi di governance: si riferiscono a ciò che il token rappresenta in via principale e a come egli influisca sul modo in cui la relativa piattaforma è governata e gestita.

2.a rappresentazione: sulla base di questo parametro è possibile distinguere:

  • digital token: rappresentano pure risorse digitali come diritti di voto o identità digitali;

  • phisycal token: rappresentano oggetti fisici come proprietà immobiliari;

  • legal token: rappresentano diritti garantiti dalla legge o concordati tra le parti;

2.b disponibilità: questo parametro indica il modo in cui un token è reso disponibile agli utenti. È quindi possibile distinguere:

  • schedule-based token: sono distribuiti in modo pianificato, sulla base di uno specifico smart contract;

  • pre-mined, scheduled distribution token: pre-minati e distribuiti gradualmente sulla base di uno specifico smart contract (che ad esempio stabilisce tempi o comportamenti dell’utente);

  • pre-mined, one-off distribution token: pre-minati e distribuiti in un’unica soluzione sulla base di uno specifico smart contract;

  • discretionary token: vengono distribuiti in modo assolutamente discrezionale;

2.c sistema di incentivo: questo parametro indica la capacità del token di spronare l’utente a compiere determinati comportamenti. Pertanto si distinguono:

  • enter platform token;

  • use platform token;

  • stay long-term token;

  • leave platform token: assumono questa caratteristica quei token che vengono utilizzati dagli utenti come un asset di risparmio, senza però la necessità di rimanere legati alla piattaforma a lungo termine;

  1. attributi funzionali: alterano la proprietà e / o l’esistenza di un token. Essi sono:

3.a spendibilità:

  • token spendibili;

  • token non spendibili;

3.b negoziabilità:

  • token negoziabili;

  • token non negoziabili;

3.c bruciabilità:

  • token bruciabili: alcuni vengono volutamente riacquistati dalla piattaforma che li implementa e congelati in un wallet in cui rimarranno per sempre, senza poter essere più utilizzati. L’obiettivo può essere quello di creare scarsità artificiale, implementando quindi il valore dei token rimasti in circolazione, e incentivare l’acquisto da parte degli utenti, o esprimere l’estinzione di un diritto o di un accesso;

  • token non bruciabili;

3.d scadenza:

  • token con scadenza;

  • token senza scadenza;

3.f fungibilità: questo parametro si riferisce alla possibilità di una risorsa di essere intercambiabile con un’altra risorsa della stessa categoria.

  • token fungibili: lo sono in quanto non presentano caratteristiche distintive;

  • token non fungibili: lo sono perché presentano caratteristiche che li rendono unici.

  1. Attributi tecnici: si riferiscono alla dimensione tecnica del protocollo o dell’applicazione su cui è basato il token. Precisamente:

4.a layer: indica il livello su cui è basato il token, potendosi quindi distinguere:

  • token nativi di una Blockchain;

  • token non nativi, realizzati al di sopra di un protocollo;

  • token realizzati per una specifica applicazione del protocollo (c.d Dapp);

4.b chain: la catena su cui si basa il protocollo influenza anche il design del token. Sulla base di questo parametro è possibile distinguere:

  • new chain, new code token: derivanti da nuovo codice su una blockchain nativa;

  • new chain, forked code token: derivanti cioè da blockchain sorte in seguito ad una biforcazione (c.d. fork) del protocollo “nativo”;

  • forked chain, forked code token: derivanti cioè da blockchain frutto di una biforcazione di un protocollo “non nativo”;

  • token realizzati al di sopra di un protocollo: tipicamente lo sono gli utility giacché, dovendo perseguire finalità molto specifiche, utilizzano template predefiniti che ne riducono la gravosità dell’emissione e aumentano la velocità delle transazioni. L’85% di questi tokens, in particolare, utilizza la blockchain di Ethereum (ERC20).

Da questa complessa ripartizione derivano otto archetipi di criptovaluta, ciascuno dei quali può presentare una serie di attributi appartenenti ai quattro macro gruppi esposti.

Archetipo 1: criptovaluta (per antonomasia)

Scopo principale: valuta

Descrizione: un token con l’ambizione di divenire una valuta digitale globale.

Attributi possibili:

di scopo:

  • classe: criptovaluta;

  • funzione di asset o usage o work token;

  • ruolo: valuta;

di governance:

  • rappresentazione: digital token;

  • disponibilità: schedule – based o one-time fixed o discretionary token;

  • sistema di incentivo: use o stay Long-Term platform token;

funzionali:

  • spendibilità;

  • negoziabilità;

  • distruggibilità o no;

  • scadenza o no;

  • fungibilità;

tecnici:

  • layer: token nativo di una blockchain;

  • chain: new chain, new code token o new chain, forked code token.

Archetipo 2: equity token

Scopo principale: riserva di valore

Descrizione: un token che conferisce al suo titolare il diritto a guadagni sulla base del capitale detenuto, derivanti ad esempio da un’applicazione o una piattaforma.

Attributi possibili:

Archetipo 3: funding token

Scopo principale: riserva di valore, finanziamento

Descrizione: un token che è utilizzato dall’azienda che lo implementa come un veicolo per finanziare il proprio progetto e dall’utente come un investimento a lungo termine.

Attributi possibili:

Archetipo 4: consensus token

Scopo principale: ricompensa per la validazione, riserva di valore

Descrizione: un token che viene utilizzato come ricompensa per i nodi che garantiscono la convalida dei dati e il consenso nel network.

Attributi possibili:

Archetipo 5: work token

Scopo principale: ricompensa per il lavoro

Descrizione: un token che viene utilizzato come ricompensa per gli utenti che compiono determinate azioni o esibiscono certi comportamenti.

Attributi possibili:

Archetipo 6: voting token

Scopo principale: conferire il diritto di voto

Descrizione: un token che conferisce il diritto di voto al suo titolare.

Attributi possibili:

Archetipo 7: asset token

Scopo principale: conferire il diritto di voto o la proprietà di un bene

Descrizione: un token che rappresenta la proprietà di una determinata risorsa.

Attributi possibili:

Archetipo 8: payment token

Scopo principale: pagamenti

Descrizione: un token che viene utilizzato come metodo di pagamento interno all’applicazione.

Attributi possibili:

4. L’ “albero dei token”

Il lavoro del team dell’Università di Zurigo ha permesso non soltanto di elaborare una classificazione chiara ed esaustiva delle criptovalute attualmente in circolazione ma altresì di realizzare un diagramma ad albero in grado di guidare un’azienda, attraverso domande, verso la realizzazione del corretto tipo di token per il progetto considerato.

5. Exchange e altri metodi per acquisire criptovalute

Le modalità per entrare in possesso di criptovalute sono:

  • l’accettazione come metodo di pagamento in luogo della valuta fiat;

  • il mining (per quelle decentralizzate) anche in forma di pool;

Sono gruppi di utenti che “uniscono” la potenza computazionale dei propri dispositivi (c.d. hashrate) per avere maggiore probabilità di validare un intero blocco di transazioni (ogni 10 minuti) e, dunque, ricevere una reward più ingente. Con Bitcoin corrisponde attualmente a 12,5 btc, i quali vengono suddivisi in modo proporzionale al rispettivo contributo. Poiché più grande è il pool, più i guadagni di un membro sono stabili e prevedibili, quelli cinesi sono maggiormente attrattivi rispetto ad altri e ciò ne determina l’ingrandimento progressivo nel tempo. Come detto, il mining costituisce il sistema di conio di bitcoin e, nel giugno 2020, è previsto il dimezzamento dell’attuale reward a 6,25 bitcoin (c.d. halving). Il primo è avvenuto nel 2012, con il passaggio da una reward di 50 bitcoin per blocco a 25, mentre il secondo è avvenuto nel 2016.

  • il marketing remunerativo nella forma:

del c.d. airdrop ossia la distribuzione di criptovalute in cambio dell’apertura di un account presso una piattaforma (presenta elementi di rischio per l’utente poiché comporta la fornitura di informazioni personali attraverso le procedure di identificazione KYC. Di conseguenza è necessario informarsi dettagliatamente sulla legittimità della piattaforma e sui termini e le condizioni di relativo utilizzo);

dei corsi istruttivi sulla natura e il funzionamento delle criptovalute (Coinbase, ad esempio, da qualche mese li effettua attraverso la sezione Coinbase Earn (https://www.coinbase.com/earn). Con dei brevi video, infatti, l’utente ha la possibilità di apprendere gratuitamente cosa sono e come funzionano le cryptocurrency DAI[11], Eos[12], XLM[13], Zcash (ZEC)[14], Basic Attention Token (BAT)[15] e ZRX[16]. Al termine dei corsi, l’utente deve rispondere a delle semplici domande e, nel caso siano corrette, viene remunerato con un certo ammontare delle varie crypto. Per iscriversi e ricevere l’accredito è ovviamente necessario, preliminarmente, aver attivato un account Coinbase).

  • lo scambio con valute fiat sulle cc.dd. “exchange platforms”, società come Binance, Bitstamp, Coinbase e Kraken (ne esistono anche nel dark web)[17];

Il numero delle criptovalute è aumentato esponenzialmente col tempo, passando dalle quattrocento del 2015 alle oltre mille del 2017 e registrando un assestamento nel 2018, in seguito al profondo dump di Bitcoin, in quanto ha determinato un calo tale del prezzo di coin e token minori, da indurre gli exchange a de-listarne moltissime e a stabilire delle linee guida interne più serie per valutare quali sarebbero state listate in futuro.

Le criptovalute, infatti, non hanno tutte lo stesso peso ed affidabilità sul mercato. Quelle scambiabili con valuta ordinaria (euro o dollaro U.S.A.), in media sono soltanto: Bitcoin, Bitcoin Cash, Ethereum, Ethereum Classic, Litecoin e Ripple, ossia quelle con la più alta capitalizzazione di mercato.

Più raramente è possibile rinvenire exchange che ammettono lo scambio diretto in fiat di criptovalute dalla minore capitalizzazione come Monero, EOS, ZCash e Stallar Lumens.

Per ottenerle, infatti, nella maggior parte dei casi è necessario aver preliminarmente acquistato criptovalute come Bitcoin o Ethereum.

Ponendo l’esempio di aver acquistato dei bitcoin con dollari U.S.A. su Coinbase, operazione per la quale è stato pagato l’1,49 % in commissioni se effettuata con bonifico bancario o il 3,99 % se con carta di credito, e si voglia scambiarli con Ripple su Binance, sarà necessario anzitutto trasferire il saldo del wallet web su Coinbase in quello dell’altra piattaforma, quindi procedere allo scambio con Ripple, al costo dello 0,1 % di questi ultimi[18]. Successivamente, per riottenere dollari U.S.A., sarà necessario procedere a ritroso, avendo cura di scegliere le piattaforme più convenienti (ad esempio, in Coinbase Pro la sezione riservata al trading, le commissioni sono notevolmente inferiori a quelle della piattaforma “madre”).

Altro genere di piattaforme, più orientate al trading, come IQ option e plus500, trattengono invece, generalmente, circa il 10% della valuta fiat investita in ogni operazione.
In quest’ultime, in particolare, non vengono scambiate direttamente criptovalute ma effettuate operazione con cc.dd. CFD a leva, dunque notevolmente più rischiose delle ordinarie[19].

È evidente che tutto ciò debba essere tenuto in debita considerazione al momento di effettuare un investimento, giacché può incidere pesantemente sulla possibilità di ottenere un profitto.

Peraltro, all’attuale stato di regolamentazione del mercato, non è di certo l’unico fattore di cui un investitore avveduto dovrebbe preoccuparsi. Ciascuna delle piattaforme esistenti, infatti, indica differenti valori delle valute, con divari spesso talmente rilevanti che l’azione speculativa potrebbe essere condotta anche solo attraverso il passaggio da una exchange all’altro.
Si consideri infatti che nel mese di dicembre 2017, quando sono stati raggiunti i più alti picchi di crescita nella storia delle criptovalute, Bitcoin ha registrato variazioni del suo valore, fra i vari exchange, anche nell’ordine dei 6.000 dollari[20].


Note
[1] Articolo 1, comma 2 lettera qq), del decreto legislativo 21/11/2007, n. 231, come modificato dal D.lgs n. 90 del 2017 in attuazione della direttiva (UE) 2015/849 (c.d. AMLD4) relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo e recante modifica delle direttive 2005/60/CE e 2006/70/CE e attuazione del regolamento (UE) n. 2015/847 riguardante i dati informativi che accompagnano i trasferimenti di fondi e che abroga il regolamento (CE) n. 1781/2006. (17G00104) (GU Serie Gen. n.140 del 19-06-2017 – Suppl. Ord. n. 28); Decreto entrato in vigore il: 04/07/2017.
[2] Art. 1 c. 2 lett. h ter.
[3] Implementabile ricorrendo a servizi di c.d. mixing. Cfr. CAVICCHIOLI M. (2018), “I bitcoin mixer sono legali?”, Cryptonomist: https://cryptonomist.ch/it/2018/10/28/bitcoin-mixer-legali/ .
Per un’analisi dettagliata di Bitcoin e del significato di pseudo-anonimato si rimanda a BERTOLINI G. (2018), “Bitcoin – Luci e ombre della moneta del futuro”, Salvis Juribus: http://www.salvisjuribus.it/bitcoin-luci-e-ombre-della-moneta-del-futuro/
[4] Per approfondimenti in merito al rapporto fra Blockchain e Distributed Ledger Tecnology si rimanda a BELLINI M. (2018), “Che cosa sono e come funzionano le Blockchain Distributed Ledgers Technology – DLT”: https://www.blockchain4innovation.it/esperti/cosa-funzionano-le-blockchain-distributed-ledgers-technology-dlt/
[5] Cfr. CAVICCHIOLI M. (2019), “Wirex: 26 stablecoin sulla blockchain di Stellar”, Cryptonomist: https://cryptonomist.ch/it/2019/04/25/wirex-stablecoin-blockchain-stellar/?fbclid=IwAR3bo7jPShOUn38imt01z9N2Y9KlhMPFcJVfJJgqaffniCBDp54HjicVWj0
[6] Per approfondimenti sulle stablecoin si rimanda a SPAGNUOLO E. (2019), “Stablecoin: come funzionano gli “anti-bitcoin” con un prezzo stabile”, Wired: https://www.wired.it/economia/finanza/2018/07/18/stablecoin-criptovalute-bitcoin-prezzo-stabile-volatilita/
[7] La Token Economy (economia a gettoni) venne sperimentata per la prima volta addirittura nel XIX secolo, in forma di “contratto educativo”, da Alexander Maconochie, capitano della Royal Navy, con i prigionieri a lui affidati nella colonia penale dell’isola di Norfolk, nel sud del Pacifico, per convincerli a collaborare. Più precisamente, il “contratto educativo” è quello in virtù del quale l’alunno (o il gruppo) pattuiscono con l’educatore che l’accesso a certi cc.dd. “rinforzatori” (musica, televisione, dolci, giocattoli, giornalini, ecc.) avverrà previo pagamento di un certo numero di gettoni o altri oggetti simbolici stabiliti per convenzione, i quali si ottengono emettendo comportamenti adeguati (cc.dd. goals) previsti dal contratto.
[8] Cfr. SUBERG W. (2019), “IOTA stringe una collaborazione con Jaguar Land Rover, il valore della criptovaluta impenna del 20%”, Cointelegraph: https://it.cointelegraph.com/news/iota-partners-with-jaguar-land-rover-on-crypto-rewards-program-price-jumps-20
[9] OLIVEIRA L., ZAVALOKINA L., BAUER I., SCHWABE G. (2019), “To Token or not to Token: Tools for Understanding Blockchain Tokens”, Università di Zurigo: https://www.zora.uzh.ch/id/eprint/157908/1/To%20Token%20or%20not%20to%20Token_%20Tools%20for%20Understanding%20Blockchain%20Toke.pdf
[10] Progetto denominato “Car Dossier”, relativo allo studio dei dati del ciclo di vita di un veicolo conservati in una blockchain.
[11] La stablecoin decentralizzata basata sulla blockchain di Ethereum, che punta a valere quanto un Dollaro USA.
[12] Il token della omonima blockchain. Sviluppata con protocollo EOSIO, il suo obiettivo è consentire la creazione, più agevolmente di Ethereum, di DAPP gratuite e sicure.
[13] Il token della piattaforma Stellar Lumens, sviluppata per collegare più agilmente banche, sistemi di pagamento e persone.
[14] Un criptovaluta con funzionalità di privacy avanzate derivamenti dall’uso del protocollo Zero Knowledge Proof.
[15] Il token con cui il browser Brave condivide con gli utenti parte degli utili generati dalle inserzioni pubblicitarie.
[16] Il token di 0x, la piattaforma che intende agevolare il processo di tokenizzazione, consistente nel dare una rappresentazione in criptovaluta a tutto ciò che è suscettibile di valutazione economica.
[17] Il surface web (web di superficie) costituisce la parte più piccola, emersa e visibile del web. È composto dai contenuti indicizzati dai motori di ricerca classici (cd. generalisti come Google) e liberamente accessibili dagli utenti: trattasi per lo più di contenuti statici, pagine web testuali o comunque strutturate, alcune delle quali possono anche connettersi a contenuti presenti nel deep web (come accade per l’accesso alla pagina privata del proprio profilo Facebook, o quando si accede a quella di Registroimprese o dell’albo professionale).
Il deep web (web sommerso o invisibile) rappresenta, la parte più grande del web, costituita dall’insieme delle risorse informative non indicizzate, dunque individuabili solo conoscendone lo specifico URI, o effettuando ricerche mirate con motori particolari, o accessibili solo in seguito a riconoscimento/autorizzazione, ma visualizzabili con ordinari browser.
Al “confine” con il dark web possiamo poi collocare i contenuti non indicizzati e che richiedono uno specifico programma per essere visualizzati (trattasi di contenuti non testuali).
Il dark web (web oscuro), la parte più “profonda” del deep web, è costituito dai contenuti non indicizzati, che richiedono uno specifico programma per interagirvi e altresì collocati in server la cui posizione in Rete è stata nascosta dai rispettivi programmatori attraverso strumenti di anonimizzazione come TOR o I2P. Per accedere alle sotto reti (cc.dd. “dark nets”) nelle quali sono allocati i suddetti contenuti e visualizzarli, infatti, sono necessari appositi programmi in grado di sfruttare la struttura e le regole di Internet ma un proprio protocollo di connessione, in modo da garantire una navigazione non tracciabile.
Cfr. inter alia FLORINDI E. (2016), “Deep Web e bitcoin, vizi privati e pubbliche virtù della navigazione in rete”, Imprimatur srl, p. 13; GREENBERG A. (2014), “Hacker Lexicon: What Is the dark web?”, Wired on line: https://www.wired.com/2014/11/hacker-lexicon-whats-dark-web/
e EGAN M. (2015), “What is the dark web? How to access the dark web – How to turn out the lights and access the dark web (and why you might want to)” Tech advisor.co.uk: https://www.techadvisor.co.uk/how-to/internet/dark-web-3593569/
[18] La principale piattaforma di scambio, attualmente, è Bitfinex. Nel tempo i volumi sono aumentati al punto da indurre i gestori ad imporre ai nuovi utenti un ammontare minimo di 10.000 dollari per l’apertura degli account. Nessuna limit è invece presente su Binance, il quale ha scalato rapidamente il ranking degli exchange non solo grazie alla sua facilità di utilizzo e alla variegata offerta ma soprattutto grazie al ridotto ammontare delle commissioni sugli scambi. Queste, peraltro, sono ulteriormente riducibili attraverso l’acquisto del token di Binance, ossia BNB.
[19] Cfr. compiutamente su AVATRADE, “Cosa sono i CFD”: https://www.avatrade.it/trading-su-cfd/cosa-sono-i-cfd
[20] Per approfondimenti in merito all’attuale regolamentazione fiscale delle plusvalenze derivanti da attività di acquisto/vendita di criptovalute si rimanda a IASELLI G., SANDALO A. (2018), “Criptovalute: plusvalenze e quadro RW in attesa di chiarimenti”, IPSOA: www.ipsoa.it/documents/fisco/imposte-dirette/quotidiano/2018/04/19/criptovalute-plusvalenze-quadro-rw-chiarimenti?fbclid=IwAR3jB1PEXD12YNbIHV1ZSvEV0GZwgmCEqfRa5Vw1Fo0toviaC5qRFmf3TQg
e CAPACCIOLI S., DEOTTO D. (2019), “Bitcoin in RW, il bivio della «chiave»”, IlSole24Ore: http://www.quotidianofisco.ilsole24ore.com/art/persone-fisiche/2018-04-20/le-criptovalute-bivio-quadro-rw-171213.php?uuid=AEi0BCcE

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Avvocato esperto in diritto penale e delle nuove tecnologie. Ex ricercatore in materia di cybercrimes e cryptocurrencies, nel 2018 ho fondato il team Crypto Avvocato e, attualmente, faccio parte di importanti gruppi di lavoro sulle Distributed Ledger Technologies.

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