I nuovi strumenti contrattuali contro la crisi economica: il cd. rent to buy e il prestito vitalizio ipotecario

I nuovi strumenti contrattuali contro la crisi economica: il cd. rent to buy e il prestito vitalizio ipotecario

L’attuale periodo storico è contraddistinto da una grave crisi economica: carenza di liquidità, crollo delle compravendite immobiliari e difficoltà al ricorso al credito bancario costituiscono solo alcuni dei motivi che hanno spinto il legislatore a predisporre misure atte a contrastare il dilagare di tale stasi nel sistema[1].

Il riferimento è a modelli contrattuali “alternativi” rispetto a quelli contenuti nel codice civile (es. mutuo, vendita con riservato dominio, locazione con patto di opzione, ecc.), quali il contratto di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili (cd. Rent to buy, inserito dal decreto Sblocca Italia n.133 del 2014) e il prestito vitalizio ipotecario, figura in un primo momento oggetto di disciplina dell’art. 11-quaterdecies del d.l. n.203/2005 e, successivamente, rinnovata nel 2015 sotto la legge n. 44.

Il cd. Rent to buy è stato introdotto dal d.l. n. 133 del 2014 (convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 11 novembre 2014, n. 164), sebbene fosse noto già da qualche decennio nel mercato immobiliare; esso dà luogo a quell’operazione negoziale in virtù della quale il conduttore si immette nel godimento di un immobile, dietro versamento di un canone periodico, con la facoltà, entro un termine determinato, di decidere se imputare le somme versate a titolo  di compravendita. L’affare contempla, in sostanza, un contratto di locazione, corredato dal patto secondo cui, quando l’importo dei canoni pagati per un certo tempo abbia raggiunto la cifra stabilita come prezzo per la cessione della proprietà dell’immobile, l’iniziale locazione si converte in una compravendita[2].

Il rent to buy rappresenta, inoltre, uno strumento utile anche per il locatore, il quale ha la possibilità, ancor prima di procedere alla vendita dell’immobile, di ricavare da questo una somma a titolo di canone versato per il semplice godimento da parte del conduttore, con prenotazione del futuro investimento, senza bisogno dell’intermediazione di una società di leasing come nel caso della leva finanziaria. In tal modo, il rent to buy consente “disintermediazione” e finanziamento. L’effetto prenotativo della futura compravendita, inoltre, è reso possibile grazie al meccanismo della trascrizione ai sensi dell’art. 2645-bis c.c. (disciplina dettata per i contratti preliminari aventi ad oggetto beni immobili, la cui stipulazione risulti da atto pubblico o scrittura privata autenticata), con un correttivo: la classica efficacia triennale è estesa al più ampio limite di dieci anni.

Lo schema negoziale sopra richiamato non rappresenta l’unico strumento contrattuale contro la crisi economica.

Un meccanismo, di recente tornato alla ribalta, con il quale si consente il ricorso a pronta liquidità è quello del prestito vitalizio ipotecario. Il p.v.i. è un contratto “nato due volte”[3], in quanto il legislatore già nel 2005 tentò di far decollare questa modalità di accesso al credito, attraverso il d.l. 30 settembre 2005, n. 203 art. 11- quaterdecies. Le difficoltà riscontrate nella diffusione di tale strumento di finanziamento – in primis, riconducibili all’età del soggetto finanziato – hanno posto le basi per un secondo tentativo di lancio del prestito vitalizio ipotecario, che ha trovato definitiva consacrazione con la legge n. 44 del 2015, con cui si è provveduti ad una rivisitazione della disciplina.

La disciplina del p.v.i. trae ispirazione da istituti già ampiamente conosciuti e utilizzati all’estero: negli ordinamenti di common law, il riferimento è al reverse mortgage, mentre per la Francia significativi punti di contatto si ritrovano con il prét viager hypothècaire.

Il prestito vitalizio nazionale è un contratto di finanziamento ipotecario, assimilabile ad un credito fondiario ex art. 38 del Testo Unico Bancario, a medio – lungo termine, caratterizzato dalla concessione di finanziamenti, da parte dell’istituto di credito, a fronte della garanzia costituita dall’ipoteca di primo grado iscritta sull’immobile del soggetto beneficiario.

La particolarità del prestito vitalizio, tuttavia, si rinviene nell’alterità dei soggetti finanziato – obbligato: mentre, infatti, chi ha accesso al finanziamento deve essere, necessariamente, una persona over 60, già proprietario di un immobile (sul quale, appunto, costituisce un’ipoteca a favore della banca), obbligato al rimborso del capitale, maggiorato dagli interessi e spese è, invece, l’erede (o gli eredi).

Altra differenza con i principali strumenti di finanziamento ricorrenti nella prassi è quella concernente le modalità di rimborso: nel prestito vitalizio ipotecario, è prevista la capitalizzazione annuale degli interessi (comma 12). Trattasi di una previsione eccezionale, che introduce un’ipotesi di anatocismo, in deroga all’art. 1283 c.c.: essa consente di sommare gli interessi già maturati al capitale, e di calcolare sulla somma così ottenuta ulteriori interessi in virtù del principio dell’autonoma esigibilità degli interessi rispetto alla somma capitale.

Gli eredi, dunque, hanno due possibilità: o rimborsano, in un’unica soluzione, all’istituto l’intero capitale, maggiorato degli interessi (che, dunque, costituiranno l’effettivo lucro dell’attività di finanziamento), oppure consentono alla banca di rivalersi sul prezzo ricavato dalla vendita dell’immobile: l’art. 11 – quaterdecies, al comma 12 – quater, stabilisce infatti che il finanziatore ha la facoltà di vendere l’immobile ipotecato qualora entro 12 mesi dal verificarsi della morte del soggetto finanziato, il debito non sia stato integralmente rimborsato.

A margine la disputa sulla natura giuridica di tale figura, dai più ricondotta nell’alveo del mandato con rappresentanza in rem propriam ad alienare post mortem[4], la norma sembrerebbe introdurre una deroga al norma di cui all’art. 2744 c.c. che sancisce il divieto dei patti commissori.

La norma in questione, principio generale in materia di obbligazioni, sancisce la nullità del patto con cui debitore e creditore convengono che, in caso di inadempimento dell’obbligazione entro il termine pattuito, la proprietà della cosa ipotecata o data in pegno sia trasferita in proprietà a quest’ultimo. Come, invece, sopra rilevato, la disciplina del prestito vitalizio ipotecario consente all’istituto di credito, a fronte del mancato integrale rimborso, alla morte del soggetto finanziato, da parte degli eredi, entro il termine di 12 mesi dall’exitus, di procedere alla vendita del bene ipotecato ad un valore pari a quello di mercato e che, comunque, non ecceda il valore del credito vantato; le eventuali somme rimanenti devono essere  riconosciute al soggetto finanziato o ai suoi aventi causa.

La disposizione, quindi, si inserisce in quel filone di norme volte ad introdurre un’espressa deroga al divieto dei patti commissori sancito dall’art. 2744 c.c. (cfr. l’art. 120 – quinquiesdecies, comma 3, T.U.B.; l’art. 48- bis T.U.B.; l’art. 6, comma 2, d. lgs. n. 170/2004), contemperata dalla presenza del cd. patto marciano, in base al quale la stima del valore dell’immobile è effettuata da un perito indipendente (comma 12 – quater), di talché l’eventuale eccedenza deve essere restituita al debitore (gli eredi).

La tendenza del legislatore, dunque, ad ammettere forme di patto marciano è nel segno di inquadrare il divieto di cui all’art. 2744 c.c. come norma la cui ratio è da rinvenire nell’esigenza di tutela della parte debole del rapporto obbligatorio, esposta al rischio di approfittamento da parte del creditore: la stima compiuta dal terzo consente di scongiurare tale eventualità, giacché la banca non potrà che rivalersi nei limiti della portata del suo credito.

Recessive, dunque, sono da considerarsi quelle tesi, elaborate sul divieto dei patti commissori, volte ad individuare le ragioni fondanti di tale principio nella tutela della par condicio creditorum, i quali potrebbero vedere lese le proprie pretese in conseguenza del soddisfacimento preferenziale della banca, al di fuori delle cause legittime di prelazione.


[1] Russo D., Il prestito vitalizio ipotecario, in Studium Iuris 3/2018; Fratini M., I singoli contratti, Dike Giuridica editrice 2017.

[2]Fusaro, Rent to buy, in Contratto e impresa, 2014, 2, 419.

[3] Utilizza tale espressione A. Bulgarelli, La disciplina del prestito vitalizio ipotecario, in www.ilcaso.it

[4] Fratini M., Il prestito vitalizio ipotecario, I Singoli Contratti, op. cit., pag. 248.


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